domenica 7 marzo 2010

SHUTTER ISLAND (USA, 2009) di Martin Scorsese


"La caduta degli Dei"... così potremmo ricordare questo weekend, agognato per l'uscita di due filmoni tanto attesi, che poi si sono rivelati due "flop" clamorosi, a testimonianza che non bisogna mai dare giudizi a scatola chiusa, nemmeno se gli autori si chiamano Tim Burton o Martin Scorsese. Ad "aggravare", diciamo così, la posizione di questi due mostri sacri di Hollywood è il fatto che entrambi si sono cimentati con opere che, per così dire, erano pane per i loro denti: Burton avrebbe dovuto essere davvero a suo agio nella rilettura di Alice in Wonderland, storia bizzarra e fantasmagorica, di quelle che piacciono tanto a lui, mentre Scorsese non avrebbe potuto trovarsi meglio in questo Shutter Island, thriller cupissimo e nero come tanti titoli su cui ha costruito la propria carriera. E invece, quello che è successo a Burton (vedi post precedente), si è ripetuto anche per il "maestro" Martin, al quale le cose, stavolta, non sono girate proprio per il verso giusto, almeno per il sottoscritto.

Tratto dal romanzo omonimo di Dennis Lehane, il film del celebre regista italo-americano è un'opera decisamente irrisolta e incoerente, cosa che non ci aspettavamo da un cineasta capace di sfornare in tanti anni di carriera numerosi capolavori proprio di questo genere: Shutter Island è un modesto incrocio tra giallo, thriller, noir, horror e paranormale, un discutibile calderone di generi che scade nella confusione e nella banalità, molto convenzionale e decisamente prevedibile: nonostante le buona prova degli attori (DiCaprio su tutti, ancora una volta) la trama è piatta, banale e poco incisiva. Non si azzarda a riflessioni difficili e scottanti sul tema della detenzione, dei manicomi, della rieducazione delle vittime (niente a che vedere, per capirci, con Qualcuno volò sul nido del cuculo), e nemmeno si concentra troppo sulla suspance: ne viene fuori uno strano "B-Movie", dignitoso e "cattivo" quanto basta nella prima parte (dove perlomeno ritmo e tensione sono su livelli accettabili), ma che poi naufraga clamorosamente nella parte finale, virando verso un epilogo che più scontato e sconfortante non si può...

Cast stratosferico, confezione extra-lusso, gran dispendio di soldi e energie: Scorsese, dopo l'Oscar con The Departed, ormai può permettersi di tutto, anche film brutti e senz'anima come queto ma che portano svariati milioni di dollari nei botteghini americani. Ci auguriamo solo che non si sia venduto anche l'anima.
VOTO: * *

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