lunedì 19 aprile 2010

A cosa serve l'intervallo nei cinema?


Mi fanno semplicemente inc****re quelli che al cinema giudicano un film durante l'intervallo: "il primo tempo non è stato male", "per ora niente di che", "aspettiamo il secondo tempo"... neanche fosse una partita di calcio! Così come quelli che nelle recensioni scrivono frasi come "dopo il primo tempo ti vien voglia di uscire dalla sala, ma poi diventa un'altra cosa..." Ma quale primo tempo? Ma per caso credete che il regista, quando gira un film, si preoccupi di dividerlo in due per assecondare la vostra irrefrenabile e ansiogena vena critica, che non vi consente di aspettare i titoli di coda per dare un giudizio, ma dovete per forza stroncarlo o incensarlo a metà proiezione? Oppure, meno prosaicamente, per venire incontro ai vostri bisogni corporali? Dai, siamo seri!

l'Italia è proprio un paese strano. E mi limito a parlare di cinema per carità di patria. Abbiamo delle abitudini che non esistono in nessun altro paese al mondo o quasi, e di cui andiamo persino fieri. Una di queste è il doppiaggio (e qui si aprirebbe una discussione atavica e complessa, magari ne parliamo un'altra volta...), l'altra è l'intervallo nei film. Navigando su internet scopro che solo noi e la Grecia, nel mondo occidentale, tronchiamo un film a metà. Negli Stati Uniti, addirittura, il contratto che il proprietario di una sala cinematografica firma con il distributore contiene una clausola che proibisce qualsiasi modifica o interruzione dell'opera proiettata. Pare che perfino Stanley Kubrick, mossosi a compassione di questa "usanza" tutta italiana, fosse stato costretto a "considerare" nei suoi film dove collocare le pause per poi indicarle espressamente ai nostri esercenti.

L'intervallo è un'usanza antica, che aveva una propria logica agli albori della Settima arte, dove per motivi tecnici l'operatore aveva bisogno di cambiare, fisicamente, i rulli e a volte anche il proiettore: a quel punto l'interruzione serviva anche agli spettatori per sgranchirsi le gambe o andare in bagno. Oggi però questi inconvenienti non ci sono più: le moderne tecnologie consentono di proiettare un film anche per quattro volte di seguito senza alcun problema; inoltre le poltrone dei cinema sono ormai comodissime, ergonomiche, regolabili in altezza e dotate di portabibita. E, per quanto riguarda la pipì, non prendiamoci in giro: nessuno, a meno che non abbia problemi di prostata, è incapace di trattenere i propri bisogni per un paio d'ore! O forse gli italiani vanno a pisciare più di ogni altro cinefilo del globo terrestre? Ma per favore... Perchè allora da noi l'intervallo resiste? Semplice, perchè gli spettatori italiani sono maleducati e ignoranti. Lo dico senza giri di parole. Si preferisce "interrompere un'emozione" (slogan inflazionato ma efficace) per avere la possibilità di fare una telefonata col cellulare (chi avrai mai da chiamare mentre sei al cinema????), oppure per rimpinzarsi di popcorn e patatine (ma perchè la gente al cinema ha sempre una fame da lupi?), oppure ancora per conversare amabilmente col compagno/a di visione di cose che non hanno niente a che fare col film che si sta guardando.

E' proprio così. L'intervallo è una cosa innaturale, che snatura un film, fa calare la tensione, interrompe il ritmo e fa violenza a chi lo guarda. E solo il malcostume del nostro paese lo tiene in vita, non ultima quella del proprietario della sala, che non fa ripartire la proiezione finchè non gli hanno svuotato il bar. E' ovvio che a lui più interruzioni ci sono meglio è: ogni intervallo è un'occasione per rifilare alla gente quegli orridi snacks che vengono venduti a peso d'oro e sui quali ricava lauti guadagni: si sa che da noi la logica del profitto viene più di ogni altra cosa...
Chissà se non sia possibile adottare una situazione di compromesso: introdurre l'intervallo solo quando i film hanno una durata straordinaria (tre ore o più) e dove, effettivamente, i bisogni fisici possano legittimamente pretendere la prevalenza sull'Arte.
Vedremo, ma non sono affatto ottimista.

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