domenica 27 giugno 2010

Chiuso per ferie?

Nell'anno dei Mondiali, c'era da aspetterselo... ma che tristezza!
Insomma, dove può andare a sbattere la testa un cinefilo nel mese di giugno? Per non parlare di Luglio e Agosto... non c'è niente da fare: in Italia d'estate è impossibile andare al cinema!
Intanto, perchè la maggior parte sono chiusi (specialmente quelli in centro: e probabilmente nemmeno riaprono. Quando vedo il cartello "chiuso per ferie" mi vengono i brividi). E quelli che restano aperti, invece (le multisale), proiettano sono cavolate cosmiche tipo A-Team oppure (fenomeno della ultima ora) qualche bell'horror in 3D, appassionante come una puntata di Centovetrine, che vai a vedere solo perchè muori dalla voglia di infilarti i famigerati occhialetti. Solo che poi, una volta infilati, non ti servono a niente perchè ti addormenti di noia... e allora risiamo al punto di partenza!

Già, dimenticavo... ci sono le arene estive!! Fenomeno questo tutto italiano (modestamente!), che all'estero non esiste e che, chissà come mai, nessuno ci copia. Certo, una volta esistevano i drive-in, ma quelli erano riservati solo alle coppiette, in quanto erano gli unici posti dove potevi "legalmente" copluare senza essere arrestato per atti osceni in luogo pubblico. Oggi sono spariti perchè sostituiti dagli alberghi a ore: cinquanta euro a botta, e via! Cari, ma vuoi mettere un bell'amplesso in una stanza con gli specchi e le pareti rosso fuoco (le ho viste in Cosavogliodipiù, che andate a pensare??? ) piuttosto che sul sedile della macchina, magari mentre ti stai guardando Z-L'orgia del potere? Maledetti titolisti italiani, uno pensa di vedere un porno, e poi...
Le arene estive, dicevamo. Io cerco di evitarle come la peste, ma alla gente piacciono perchè sono all'aperto e c'è fresco. Ora, a parte che ormai in tutti i cinema decenti c'è l'aria condizionata, io dico: come si fa a vedere un film che, in aggiunta alla propria colonna sonora, è accompagnato da: a) gli schiamazzi della gente in strada b) l'abbaiare dei cani c) i rintocchi del campanile d) il volume alto dei televisori delle case adiacenti e) il volome basso per non disturbare i proprietari delle case adiacenti... provate a vedere Avatar in un'arena estiva e poi mi dite se è lo stesso film!

Scherzi a parte, il problema esiste ed è, manco a dirlo, tutto italiano. Perchè da noi non si riesce a programmare una stagione estiva al cinema come si deve? Con titoli nuovi, intendo, non repliche o fondi di magazzino? In tutto il mondo i mesi estivi sono sfruttati dalle case distributrici per piazzare o i blockbuster di stagione (come in America, dove la stagione estiva è paragonabile al nostro periodo natalizio) oppure quei film che magari non trovano posto durante il periodo invernale. Ci si lamenta sempre perchè in Italia manca lo spazio per i titoli di casa nostra, e allora perchè non dedicare luglio e agosto, che so, al cinema italiano? Solo in Italia la stagione cinematografica dura (se va bene) da settembre a giugno: che senso ha buttare in pasto ai multiplex un titolo di un regista esordiente nel mese di ottobre, per poi tenerlo tre giorni con spettacolo pomeridiano, mentre invece lo si potrebbe programmare comodamente ora? Proprio l'altra sera sono capitato in un multisala della mia zona: su sedici schermi ce n'erano cinque che proiettavano A-Team e quattro The Hole-3D. Che senso ha? E le sale erano vuote...

Si dice che gli italiani amano il mare e non vanno al cinema d'estate nemmeno se li costringi con la forza. E' una grandissima caz**** !! Primo, perchè ormai, purtroppo, sono sempre di più gli italiani che hanno accorciato le vacanze, oppure non le fanno nemmeno. E nelle città c'è molta più gente rispetto a prima. Secondo, perchè in sala si può andare anche dopo cena, tanto la notte è lunga e in discoteca ci vai lo stesso... Terzo, perchè se programmi titoli "giusti" il pubblico ti segue anche col caldo. Tanto per citare delle cifre (documentate), ben dieci anni fa, Mission-Impossible:2, uscito il primo weekend di Luglio, incassò quasi sette milioni di euro... e c'erano molti meno schermi di adesso. E allora?

E allora niente. Siamo un paese di santi, poeti, navigatori e... pecoroni testardi e rammolliti. Che dobbiamo fare? E' più facile che l'Italia vinca il mondiale (ogni riferimento alle vicende attuali NON è casuale) piuttosto che far cambiare le abitudini a un italiano. E allora accontentiamoci di vedere il faccione ossigenato di Liam Neeson che fa A-Team. Di questi tempi il convento passa questo... che tristezza!

sabato 19 giugno 2010

SCARLETT JOHANSSON

Si dice che perfino Woody Allen abbia perso la testa per lei, non a caso appare ultimamente in tutti i suoi film... "Scarlett è unica, amo tutto di lei. E' una donna bellissima e molto dotata: una meravigliosa attrice". Sono parole di un lustro fa, quando presentando a Cannes Match Point il regista newyorchese confessò di essere rimasto estasiato guardando negli occhi la sua giovanissima musa. E d'altronde chi non perderebbe la testa per una come lei? Labbra rosso fuoco, seno e fianchi da maggiorata, occhi languidi e penetranti e un sederino... beh, non proprio da mannequin ma molto, molto generoso! Una bellezza "imperfetta", molto "cinematografica", non clonabile e quindi da maneggiare con cura: l'abbiamo conosciuta appena diciassettenne ne L'uomo che non c'era dei Coen, per poi rivederla l'anno dopo ne La ragazza con l'orecchino di perla di Peter Webber, dove pur restando vestitissima e pudicissima per tutto il film, riesce ad essere lo stesso una bomba di sensualità (basti vedere la celeberrima scena dello "scioglimento dei capelli" davanti a un imbambolato Colin Firth...). Poi, come detto, è arrivato "zio" Woody che l'ha voluta per Match point, Scoop e Vicky Cristina Barcelona, consacrandola come star di prima grandezza. Ma lei, ovviamente, non si "concede" solo ad Allen: nel frattempo era stata anche Black Dahlia per Brian De Palma ed aveva affiancato due "mostri sacri" come Christian Bale e Hugh Jackman in The Prestige. Tuttavia, almeno per il sottoscritto, il ruolo più bello e importante a Scarlett glielo regala un'altra donna straordinaria, delicata, dolce ma altrettanto forte: sto parlando di Sofia Coppola, che la scrittura per Lost in translation assieme al bravissimo Bill Murray. Un film teneressimo, poetico, amorevole, romantico ma non melenso, che la consacra attrice di prima grandezza.

Ma la Johansson non è certo la classica "bellona" con poco cervello, anzi! E' una diva di prima grandezza, che sembra uscita dalla Hollywood dei tempi d'oro e gestisce la sua immagine da star consumata: scelte professionali azzeccate, poche e oculate interviste e, almeno fino all'ultima Mostra di Venezia, stretto riserbo sulla sua vita privata: di lei si sapeva solo che era stata sposata con il "collega"Ryan Reynolds (da cui si è separata nel 2011) e poi le erano stati attribuiti centinaia di flirt più o meno veri (con Benicio Del Toro, Jared Leto, Josh Hartnett... perfino con Tom Cruise!) ed è lunga anche la lista delle celebrità che... ci hanno provato con lei ma sono state clamorosamente "rimbalzate"! Chiedere a John Travolta o Billy Bob Thornton... ma ora Scarlett, proprio alla vigilia dei trent'anni (età fatidica!) pare proprio essersi 'sistemata': proprio al Lido, lo scorso settembre, ha infatti annunciato sia la sua relazione con il giornalista francese Romain Dauriac che, soprattutto, di essere in dolce attesa: augurissimi!

Insomma, una vera "femme fatale", che ha saputo conquistare Hollywood e l'ha fatta inchinare ai suoi piedi. Assolutamente unica e certamente non imitabile. Anzi, diciamo non-replicabile: come in The Island, opera sicuramente non memorabile ma dove Scarlett appare in tutto il suo splendore, fasciata in una tutina bianca aderentissima che lascia ben poco spazio all'immaginazione: lei è Jordan2, stupenda replicante alla ricerca della libertà e di un mondo più giusto. Replicare Scarlett? Magari fosse possibile...

domenica 13 giugno 2010

IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI (Argentina, 2009) di Juan Josè Campanella


A volte è meglio fare come gli struzzi e mettere il capo sotto la sabbia, piuttosto che ricordare. Perchè spesso i ricordi sono rimpianti, e possono generare ossessioni. Ma si può cancellare la memoria? Si può far finta di niente, dimenticare il passato, in un paese che non sembra avere alcun futuro davanti? E' quello che si chiede Joaquim Esposito, oscuro magistrato in pensione che, dilaniato dal ricordo, decide di scrivere un romanzo su un brutto caso di omicidio accaduto un quarto di secolo prima, nella Buenos Aires del 1974... Attenzione alle date, perchè sono fondamentali: il 1974 è l'anno in cui muore Juan Domingo Peròn, che lascerà un paese in preda al caos e prossimo al colpo di stato militare, avvenuto due anni dopo.
Il film di Juan Josè Campanella (che nome magnifico, sembra quello di un personaggio di Garcia Marquez!) comincia da qui, in un ufficio disordinato, vetusto, dove la sacralità della Legge viene sopraffatta da montagne di scartoffie e assurdi rituali burocratici... è solo il primo dei tanti simbolismi di cui è piena questa grandissima e avvincente pellicola, capace di aggiudicarsi a sorpresa l'Oscar come miglior film straniero sconfiggendo il ben più quotato Il nastro bianco di Haneke. Un film dalla doppia lettura: una, scontata ma validissima, è quella di un ottimo film di genere, un thriller serrato e appassionante dai mille colpi di scena. L'altra, ben più importante, ci ricorda che le dittature, i regimi totalitari, non nascono assolutamente per caso: Campanella sfrutta il pretesto cinefilo del "caso non risolto" per rievocare gli anni oscuri e terribili di "quella" Argentina: una nazione in preda alla paura, che cominciava a rimuovere i ricordi, a falsificare la realtà, a compilare liste di proscrizione, ad assoldare e rimettere in libertà delinquenti incalliti purchè utili per eliminare presunti sovversivi. Nel romanzo di Esposito, insomma, ci sono evidenti i prodromi di una rivoluzione violenta, c'è l'incubazione di un male oscuro che di lì a poco avrebbe portato il paese nel terrore e nella miseria. E, pensiamoci bene, non sono forse queste anche le caratteristiche del film di Haneke? E poi diciamo che i giudici dell'Academy non capiscono niente di cinema... In realtà hanno voluto premiare, forse, un film meno "perfetto" dal punto di vista stilistico, ma ugualmente agghiacciante e brutale, pur se con un filo di speranza in più: e il finale appena appena un po' "posticcio" non disturba più di tanto in una vicenda che pare volerci ricordare che, in ogni caso, l'unico modo per esorcizzare le proprie paure è quello di affrontarle, anche se tardivamente.

Ma Il segreto dei suoi occhi è anche un film sentimentale, sulla difficoltà dei rapporti umani, sulle occasioni perdute, sul tempo che passa, sul passato che non si cancella... e tutto questo non è forse un'altra grande metafora? Quella di un paese dove, passata la grande paura e il dramma di un orrore collettivo, ci si chiede se sia giusto dimenticare, se rimuovere un passato scomodo sia il modo più sbrigativo per affrontare un presente difficile. Nel film di Campanella la risposta è chiara. E anche per questo sarebbe un delitto non vedere questo film, malgrado il caldo e i mondiali di calcio (vero oppio dei popoli).
VOTO: * * * *

L'ANNO IN CUI I MIEI GENITORI ANDARONO IN VACANZA (Brasile, 2006) di Cao Hamburger

giovedì 10 giugno 2010

Era l'anno dei mondiali...

Corsi e ricorsi. Una volta, tanti, tanti anni fa, le sale cinematografiche proiettavano "Lascia o raddoppia" o i cinegiornali Luce per combattere l'invadenza di una vicina molto pericolosa, chiamata televisione... Oggi siamo nel 2010 e il tempo non sembra essere passato: è di queste ore la notizia che una ventina di cinema sparsi in tutta la penisola proietteranno nel nuovo formato 3D le partite più importanti dei Mondiali di Calcio.
Niente è cambiato, dunque. L'atavica passione italiota per il pallone fa sì che tutte le attività della Nazione dovranno fare i conti con questo ingombrante avvenimento: i luoghi di lavoro si svuoteranno, le strade saranno come sempre deserte, nelle case non volerà una mosca durante le partite, per un mese non si parlerà di altro.
E quanto i Mondiali siano totalizzanti per la nostra gente lo si può vedere, per l'appunto, dalla programmazione cinematografica di questa estate, che si può riassumere con una massima calcistica divenuta ormai un tormentone: ZERU TITULI. Superfluo spiegare che i "tituli" in questione sono quelli delle uscite estive, pressochè azzerate in una stagione che, anche in condizioni normali, è già asfittica di suo.
Abbiamo ancora in sala, se siamo fortunati, l'apocalittico The Road, ci rifaremo gli occhi con l'elegante e femminile Bright Star della Campion (che, forse, intende intercettare le mogli rimaste "orfani" dei loro esaltati coniugi), ci permetteremo due risate (forse) con l'atteso A-Team... e poi?
Nulla. Il Nulla più assoluto.

Ecco perchè i cinema trovano molto più conveniente proiettare le partite in sala anzichè i film. Possiamo lamentarci e lanciare tutti gli epiteti che vogliamo agli esercenti che "profanano" i loro schermi con le immagini di Ronaldo & co., ma i realtà c'è poco da fare... come dargli torto? Il calcio travalica ogni passione, ogni interesse, ogni desiderio. Il calcio è un sport totalizzante e aggregante, e troppo spesso (purtroppo) fagocitante. Ed è uno sport che scatena pulsioni ed emozioni forti e immaginifiche, proprio (eh, sì!) come il cinema. Il calcio è bello da vivere, da gustarsi in diretta, magari su un bello schermo gigante in 3D dove sarà come "essere in campo".
Sarà per questo, forse, che il pallone al cinema non ha mai fatto gol. Certo, film sul calcio (e sui mondiali in particolare) ne sono stati fatti, ma quasi nessuno memorabile, a testimonianza di quanto sia complicato trasporre sulla celluloide storie di calcio. Spesso, anzi, i film più riusciti sono quelli che trattano il calcio solo incidentalmente, usandolo come metafora della vita.
Eccone alcuni esempi.

1) Il colore della vittoria.
Le immagini del Mondiale del 1934 fanno da sfondo ad un Paese che era ormai ad un passo dalla catastrofe, sull'onda della dittatura fascista.
2) Il miracolo di Berna.
La Germania batte la stra-favorita Ungheria ai Mondiali del '54. Pesanti nubi si celano ancora oggi su quel torneo. Lo spettro del doping fa capolino per la prima volta.
3) L'estate di Bobby Charlton.
La sconfitta con la Corea è l'emblema della generazione raccontata del film.
4) Italia-Germania 4-3.
Un titolo che è tutto un programma, un amarcord, un pezzo di storia.
5) La meglio gioventù
Il trionfo di Spagna'82 resta in secondo piano in una delle scene più strazianti del filmone di Giordana.
6) La coppa.
Spassoso e d'altri tempi. Le peripezie di un gruppo di monaci tibetani "contagiati" dalla passione...
7) L'anno in cui i miei genitori andarono in vacanza.
Il titolo più bello e simbolico dei tre. Mentre tutto il Brasile impazziva per Pelè, un colpo di stato faceva piombare il paese nella dittatura. Ma all'inizio non se ne accorse nessuno...