domenica 16 ottobre 2011

THIS MUST BE THE PLACE (Italia, 2011) di Paolo Sorrentino

Paolo Sorrentino è un uomo coraggioso, questo  nessuno lo può negare. Siamo onesti: quanti registi italiani di oggi avrebbero il coraggio di realizzare un film come This must be the place, anche avendo a disposizione una star come Sean Penn? Sorrentino è il nostro unico regista di respiro internazionale, il solo capace di realizzare film che sappiano attirare il pubblico anche oltre la dogana di Chiasso, e dobbiamo rendergliene merito. This must be the place è un film che, aldilà dell'aspetto strettamente artistico (forse non eccelso, e vedremo perchè) può essere visto, capito e apprezzato a tutte le latitudini: e va dato atto al suo regista di averlo saputo dirigere senza rinnegare (in nome di Hollywood) il suo talento visionario e l'innata capacità di costruire personaggi stravaganti e sempre memorabili.

Eve Hewson, figlia di Bono Vox  
Lo erano, infatti, sia l'Antonio Pisapia de L'Uomo in più che il Titta de Girolamo de Le conseguenze dell'amore, per non parlare del... mefistofelico Giulio Andreotti ne Il divo. E certamente ci ricorderemo a lungo anche dello stralunato Cheyenne, goffa rockstar in disarmo, che fa la spesa al supermercato vestito come fosse ancora sul palco, e che vive fuori dal tempo e dagli schemi nella sua lussuosa villa dublinese, accudito e sopportato da trent'anni da una moglie capace di amarlo ancora,e che di mestiere fa la vigile del fuoco (!) Merito anche, ovviamente, di uno straordinario Sean Penn, attore immenso, capace di rendere 'vero' perfino un personaggio che più caricaturale non si può, mostrando una fisicità impressionante e, nel contempo, una grande umanità.

Il regista Paolo Sorrentino
Ci voleva coraggio, insisto, nel provare a raccontare in maniera credibile una storia così strampalata: quella che vede un artista in declino e sull'orlo della depressione mettersi alla ricerca di un criminale nazista che ha umiliato in guerra il padre morente... Sorrentino cerca di farlo affidandosi alla struttura sempre fascinosa (ma anche insidiosa) del road-movie, abbandonandosi ad immagini contemplative di rara bellezza e alla dimensione sognatrice di un'America da cartolina, fatta di grandi spazi, paesaggi mozzafiato, percorsi rurali e lunghe distanze, il tutto accompagnato dalle musiche nostalgiche e psichedeliche dei Talking Heads (il cui leader David Byrne compare svariate volte nel film, impersonando se stesso e suonando fino allo sfinimento la canzone che dà il titolo alla pellicola).  E' impossibile vedendo queste scene non rievocare altre pellicole 'sacre' del genere come Paris, Texas di Wenders e, soprattutto, il lynciano Una storia vera. Stesso sguardo, quello di Sorrentino, ovvero lo sguardo incantato e sognatore, quasi 'ingenuo' e tipicamente europeo, di chi  va alla scoperta del 'nuovomondo'.

Frances McDormand
Però i meriti del film finiscono qui. Perchè bisogna ammettere che This must be the place, una volta 'depurato' dell'aspetto scenografico ed emotivo, si presenta abbastanza 'nudo alla meta', pieno di difetti evidenti: la storia è piuttosto banale, già vista, molte situazioni non sono del tutto chiare e certi personaggi sono poco funzionali alla trama, finendo per creare più confusione che intrigo. Le due parti (quella 'irlandese' e quella 'americana') sono piuttosto slegate tra loro, quasi fossero due film diversi: molto 'nevrotica' e sconclusionata la prima, decisamente più fluida (ma assolutamente più convenzionale) la seconda.
Alla fine però l'elemento che più 'disturba' in questo film è la sensazione, abbastanza sgradevole direi, che l'Olocausto diventi quasi un 'pretesto' per imbastire un normalissimo road-movie sull'America 'che piace a noi',  fatto di luoghi comuni e canzoncine anni '80. Lungi da me essere moralista o 'politicamente corretto', ma sarei disonesto se non ammettessi questo disagio. Ma, aldilà di questo, This must be the place si dimostra comunque, nella migliore delle ipotesi, un film molto 'formale' e di poca sostanza. E quasi mai la 'confezione', pur se deluxe, fa gridare al capolavoro.

VOTO: ***

10 commenti:

  1. Quindi peccato?Occasione sprecata?

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  2. No, non sprecata: un film di Sorrentino merita sempre la visione. Però non è un capolavoro e non è nemmeno il suo miglior film. Comunque avercene di registi come lui che, ripeto, riescono ad avere un respiro 'internazionale'... Se la promozione del film in America andrà come deve andare, non mi stupirei se ricevesse diverse nomination agli Oscar.

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  3. Mi è piaciuto, ma anche io ho trovato gli stessi difetti e mi ha lasciato davvero perplesso il modo in cui tratta l'Olocausto e la morale secondo cui diventare adulti significa imparare a fumare, a vendicarsi e a conformarsi alla massa cambiando look..

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  4. Sagge parole, reputo Sorrentino il miglior regista contemporaneo in Italia, non ha nè eguali, nè concorrenza. Detto questo dico che si, This Must be the Place è un gran bel film ma assolutamente non il migliore e non un capolavoro nonostante i grandi e nomi e le rispettive grandi interpretazioni. A parte la trama, un pò scarna e le morali che si lasciano intuire e presagire sul finale quello che mi ha dato fastidio è proprio lo stile registico di Sorrentino. E' chiaro, lui è un virtuoso, un maniaco della ricerca dell'inquadratura e maania per i cranes, niente di più giusto e sacrosanto, era più o meno la stessa prerogativa di Stanley Kubrick, però a sto giro ha esagerato a mio parere, a maggior ragione in vista del suo esordio internazionale con un cast internazionale.
    La regia è un inno allo stupore e alla ricerca di applausi ad ogni inquadratura (sopratutto riferita agli addetti ai lavori dei reparti tecnici) ed ad ogni dolly. Poi probabilmente per colpa dello stile di un road movie e appunto dello stile che ha deciso di adottare, alcune sequenze sono praticamente degli spot pubblicitari, tipo tutta la sequenza del Pick Up. Se fosse apparso il marchio DODGE io personalmente non mi sarei stupito, quindi alcune sequenze poco veritiere, peccato perchè sono davvero il primissimo sostenitore di Sorrentino. Colonna Sonora stupenda e sublime, ennesima conferma dei buonissimi gusti del regista napoletano.
    In conclusione, non un capolavoro ma un gran bel film (un pò paraculo) con alcuni nei di "presunzione", però può essere l'effetto MEGALOMANE dell'America..

    A presto!!

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  5. @Oneworld: d'accordo con te al 100% ;-) grazie del commento, a presto!!

    @persogiadisuo: come ho detto, non mi ritengo affatto un moralista, e non credo nemmeno che Sorrentino abbia voluto davvero usare l'Olocausto come un pretesto per dare un senso al suo film... ho parlato di 'sensazione' ed è proprio questo che disturba: magari il regista napoletano è in buonafede, ma l'impressione che si ha vedendo il film è proprio quella. Sul resto (fumo, look, ecc.) non penso che sia compito del cinema dare lezioni di questo tipo. Però su questo tema ognuno la vede a modo suo, è questione di sensibilità...

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  6. "Le due parti sono piuttosto slegate tra loro, quasi fossero due film diversi"

    Scelta voluta e sottolineata dallo stesso Sorrentino. Dividere il film in due atti, come si fa a teatro, è stata un'ottima cosa. Io la vedo come una rivoluzione delle strutture diegetiche classiche; tra l'altro anche la seconda parte, quella on the road, è molto interessante da un punto di vista narrativo, con un frammentismo di rimando letterario, perfettamente funzionale al concetto di road movie.

    "Alla fine però l'elemento che più 'disturba' in questo film è la sensazione, abbastanza sgradevole direi, che l'Olocausto diventi quasi un 'pretesto' per imbastire un normalissimo road-movie sull'America 'che piace a noi', fatto di luoghi comuni e canzoncine anni '80."

    La scena del criminale nazista vale da sola il prezzo del biglietto. Affascinante il contrasto tra rockstar infantile e Shoah. I luoghi comuni non li ho visti. Canzoncine anni 80 i Talking heads??

    Concordo comunque su alcune situazioni e personaggi non funzionali alla trama. La scena dell'indiano che si perde nel deserto è un po' una paraculata per mostrare la bellezza del paesaggio. A volte ha esagerato col grottesco. Peccato per 2-3 scene scritte frettolosamente e in maniera un po' banale. Sarebbe potuto essere un capolavoro. Rimane comunque un gioiello sperimentale che rompe col suo cinema passato e in generale col cinema, per così dire, convenzionale. Voto 8.

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  7. Caro anonimo, vedo che aldilà dei 'distinguo' da te riportati alla fine non siamo troppo in disaccordo... ;-)
    Vorrei comunque farti i complimenti per la tua disamina del film e, soprattutto, ringraziarti per il commento puntuale e preciso. E' un sogno avere dei lettori attenti come te!
    Mi piacerebbe però che tu ti 'palesassi' senza timore, così da poterti riconoscere e continuare a scambiarci idee e opinioni, pacatamente e in piena libertà. A me farebbe piacere, tu pensaci.

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  8. Se provo a mettere un nome non riesco a postare..lol sono obbligato a mantenermi anonimo..

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  9. Per poter mettere il proprio nome bisogna registrarsi a blogger (e quindi a Google). Però puoi benissimo firmarti in calce ai messaggi, anche con uno pseudonimo... ovviamente non sei obbligato, però almeno saprei con chi sto parlando. In ogni caso, nessun problema ;-)
    Ciao, e continua a seguirmi.

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