martedì 28 febbraio 2012

L'OSCAR DEL VINTAGE

Il cast di 'The Artist', compreso il cagnolino Uggie

Cinque statuette a The Artist, altrettante a Hugo Cabret. Ma quelle più 'pesanti' vanno al bel film di  
Michel Hazanavicius, che si porta a casa quelle per il miglior film, regia, attore protagonista, costumi e colonna sonora: un trionfo, insomma. E per niente annunciato, aldilà dei pronostici delle ultime ore: adesso è facile, infatti, additare The Artist come un'opera compiaciuta, patinata, furba, ammiccante, ruffiana, stilosa, eccetera eccetera... però vorrei che chi legge si mettesse nei panni di un produttore che, in tempi non sospetti, si vede proporre un film muto (!), in bianco e nero, con didascalie e proiettato in un anacronistico formato 4:3, che omaggia la Hollywood degli anni '30: secondo voi in quanti avrebbero scommesso su un'opera del genere? E in quanti (soprattutto in Italia) sarebbero stati disposti a rischiare dei soldi in un tale progetto?

Meryl Streep e Jean Dujardin, migliori attori
The Artist è un film senza tempo e senza età, non finirò mai di ripeterlo: è un film che è adatto a tutti, dai bambini agli anziani. E' un film che si basa su una storia semplice, che funziona a ogni latitudine, dall'Alaska alla Nuova Zelanda. E' un film che potremo rivedere tra dieci, venti, cinquant'anni, e ci scatenerà sempre le stesse emozioni. E' la dimostrazione che per fare ottimo cinema non servono nè soldi nè effetti speciali, oggi come allora. Insomma, l'Oscar 2012 ha un degno vincitore, una pellicola che merita ogni elogio possibile, soprattutto per il bel messaggio che propina allo spettatore: in un'epoca dove tutti urlano, tutti alzano la voce sul prossimo, un piccolo film francese ci fa (ri)scoprire il valore del silenzio e il piacere di ascoltare. Giusto così.

Michel Hazanavicius, miglior regista per 'The Artist'
Non sono il primo a farlo notare, ma vale la pena rimarcarlo: l' 84. edizione degli Academy Awards premia due film che volgono lo sguardo al cinema del passato, all'epopea d'oro dell'industria hollywoodiana. Se aggiungiamo anche la statuetta per la miglior sceneggiatura a Midnight in Paris, film delicatamente nostalgico, quella all'eterna Meryl Streep tra le attrici  (non esattamente una ragazzina), e quella all'ottantaquattrenne Christopher Plummer tra i non protagonisti (splendida la sua battuta: 'ho la stessa età dell'Oscar!'), diventa chiaro che questi premi non sono frutto del caso: gli Oscar, aldilà del loro aspetto commerciale e delle 'preferenze' più o meno personali, sono importanti perchè misurano come un 'termometro' la società attuale: l'Academy ha voluto dirci che la Hollywood di ieri era migliore di quella di oggi, e che se non ci sono film e attori 'contemporanei' premiati, questo qualcosa vorrà pur dire...

Non è più un caso, infatti, che ancora una volta le major a stelle e strisce siano uscite con le ossa rotte dalla cerimonia degli Oscar: per il secondo anno consecutivo, un film europeo batte gli americani in casa loro (nel 2011 toccò al britannico Il discorso del Re, ma non bisogna dimenticare anche il successo dell'indipendente The Hurt Locker a scapito del kolossal Avatar, due anni orsono), a testimonianza che negli Studios ormai latitano idee e coraggio... viene da chiedersi, semmai, il perchè in questa Europa che batte Hollywood non siamo compresi noi italiani, ma qui si aprirebbe un discorso troppo lungo, che comunque affronteremo (tenete d'occhio i prossimi post!).

Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, Oscar alle scene di 'Hugo Cabret'
Per il resto, non c'è molto altro da dire: dispiace vedere sconfitto George Clooney sia come attore che come sceneggiatore, ma Jean Dujardin ha meritato la vittoria (pur aiutato, certamente, dall' 'effetto-traino' del film vincitore - cosa che però non ha favorito la sua parner Berenice Bejo), mentre Woody Allen (al suo quarto Oscar!) ha sicuramente molti più 'santi in paradiso' tra i giurati dell'Academy...
Detto poi del 'solito' premio politically-correct assegnato alla nera Octavia Spencer tra le non protagoniste (unico riconoscimento a The Help), spiccano le vittorie di Alexander Payne (Paradiso amaro) tra le sceneggiature adattate (che peccato però la sconfitta di Moneyball...) e del bel film iraniano Una separazione tra i film stranieri. Hugo Cabret si porta a casa quasi tutti i premi nelle categorie tecniche (effetti visivi e sonori, suono, fotografia e scenografie - dove i premiati sono i nostri Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, terza statuetta per loro), mentre c'è gloria anche per Toy Story 3 fra i cartoni.
Appuntamento al prossimo anno !!



sabato 25 febbraio 2012

PARADISO AMARO

(The Descendants)
di Alexander Payne (USA, 2011)
con George Clooney, Shailene Woodley, Amara Miller, Nick Krause, Beau Bridges
VOTO: ***

La vita è una lotta contro il tempo. Quel tempo che non passa mai quando le cose non vanno bene e non hai la forza per cambiarle, e che invece viene inesorabilmente a mancare quando ti ritrovi di fronte a scelte ineluttabili, rimpiangendo di non averle fatte prima. Nel lynciano Una storia vera, il vecchio Alvin Straight si metteva alla guida di un tagliaerba per cercare di raggiungere in tempo il fratello gravemente malato. In Paradiso amaro, invece, il brillante e ricchissimo avvocato Matt King si scopre improvvisamente impotente davanti alla morte cerebrale della moglie, in coma irreversibile dopo un incidente in motoscafo. E non ha più il tempo per parlarle, per chiarire il fallimento del loro matrimonio, per chiederle il motivo del suo tradimento...


Dieci anni dopo A proposito di Schmidt (con un grande Jack Nicholson nella parte di un vedovo inconsolabile), il regista Alexander Payne torna a cimentarsi con un film che parla di  morte, e di perdite in generale: oltre a quella della moglie, infatti, c'è anche la questione di un pezzo di terra che deve essere venduto. Non è un terreno qualunque: si trova alle Hawaii, appartiene alla famiglia King da intere generazioni,  e dev'essere venduto per ricavarne una montagna di soldi: manca solo firma di Matt, attesa a gloria dallo stormo di parenti più o meno stretti (i discendenti del titolo originale) che non vedono l'ora di mettere la mani sul gruzzolo.

Paradiso amaro è un film che ha il merito di farci ragionare sui valori della vita e del denaro e sull'opportunità di certe decisioni. La pellicola però non è nè originale nè eccessivamente coinvolgente e delicata come il già citato A proposito di Schmidt, o anche del carinissimo Sideways. Però anche qui c'è un attore coi fiocchi, quel George Clooney del quale non avevamo ancora del tutto finito di tesserne gli elogi per la sua brillantissima prova da regista ne Le Idi di Marzo, e che già lo ritroviamo qui, dall'altra parte della cinepresa,  in un ruolo difficile e meritatamente in corsa per l'Oscar: il suo tentativo di dare anima e volto ad un uomo messo improvvisamente di fronte alle proprie responsabilità, marito distratto, genitore 'di riserva' per le figlie adolescenti, può dirsi splendidamente riuscito.

 E il bel George, bravo cineasta e interprete sopraffino, in questo film dà proprio il meglio di se stesso: imbolsito, impacciato, per niente 'glamour', costretto ad indossare  ciabattine infradito e orribili camicie a fiori, è davvero bravo nella sua recitazione misurata e assolutamente priva di 'colpi di teatro'. Avercene (sopratuttto in Italia) di attori così.

martedì 21 febbraio 2012

SETTIMANA DA OSCAR...


L'avevo già detto in sede di commento alle nominations e lo ripeto: comunque vada, la 84. edizione degli Academy Awards (in programma domenica prossima) consacrerà un degno vincitore... e questa è già una gran bella notizia. Poche volte come quest'anno infatti la 'rosa' dei film candidati all'Oscar è stata di un livello così qualitativamente eccelso. Ed è per questo che il mio 'solito' giochino sui pronostici relativi alle dorate statuette stavolta è particolarmente piacevole: ovviamente non mancherò, categoria per categoria, di rivelarvi le mie preferenze in merito (ed aspetto volentieri anche le vostre), ben consapevole però che stavolta il giudizio dei quasi seimila giurati dell'Academy è particolarmente difficile. E ben vengano dunque 'annate' come questa!

MIGLIOR FILM
Due film si giocano la statuetta più importante, e sarà lotta strenua fino all'ultimo voto... difficile fare pronostici su chi prevarrà tra Hugo Cabret e The Artist: sono inequivocabilmente le due pellicole più belle, toccanti e 'cinefile' dell'anno. La favola tridimensionale di Martin Scorsese detiene il maggior numero di candidature (undici), una in più del suo diretto concorrente. Eppure il film di Michel Hazanavicius si fa preferire di un'incollatura, non fosse altro che per la scelta, a prima vista rischiosissima, di omaggiare il cinema della 'dorata' Hollywood degli anni '30 con una sceneggiatura senza dialoghi, gustosamente 'retrò', che certo fa gridare ad un piccolo 'miracolo'. Insomma, The Artist si fa preferire proprio perchè è un film muto, magari un raffinato esercizio di stile, ma certamente di gran classe. Ed ha il merito (tutt'altro che irrilevante) di dimostrare quanto un capolavoro possa essere davvero senza età, e esserlo anche senza il contributo della tecnologia. The Artist ha solo un punto a proprio sfavore: è una pellicola francese, e dopo la vittoria del britannico Il discorso del re nella scorsa edizione, bisognerà vedere quanta voglia avranno i giurati americani di premiare ancora una volta una pellicola 'straniera'... il che 'sconfesserebbe' pericolosamente lo star-system hollywoodiano. Se ciò non accadrà, ecco che Hugo Cabret a questo punto diventerebbe il candidato ideale per la vittoria: curiosamente, anche questo è un film omaggiante il cinema delle origini, quasi a voler sottolineare il lato 'romantico' e sognatore di una Hollywood che rivendica, orgogliosamente, il proprio ruolo di 'fabbrica di emozioni'.
Per questo non credo che film comunque belli e importanti ma senz'altro molto più 'pragmatici' quali Paradiso amaro e The Help potranno inserirsi nella lotta per il premio più ambito. Il 'vento' quest'anno spira dalla parte contraria... ma magari potranno rifarsi sul fronte attoriale. Praticamente nulle invece le speranze per Moneyball-L'arte di vincere di Miller e per Woody Allen col suo Midnight in Paris. Anche queste pellicole importanti ma 'fuori dal giro' che conta, esattamente come The tree of life. Per lo stucchevole War Horse di Spielberg, infine, la nomination è già troppo...
VINCERA': THE ARTIST
IL MIO PREFERITO: THE ARTIST


MIGLIOR REGIA
Sarà un problema mio, ma questa categoria mi lascia sempre un po' perplesso, nel senso che proprio non capisco bene quale possa essere la differenza tra miglior film e miglior regia: mi sembrerebbe scontato che se un film viene votato come il più bello dell'anno, non vedo come non possa non venire premiato chi lo ha diretto... forse è un escamotage tutto americano per consegnare un Oscar anche al produttore, o forse un modo per dare un 'contentino' alla pellicola perdente nel caso di votazioni molto 'sofferte'... mah. Ad ogni modo, è chiaro che se preferisco The Artist spero che il migior regista sia Michel Hazanavicius. Con buona pace di Martin Scorsese che il suo Oscar lo ha già vinto qualche anno fa (con un film, va detto, molto più brutto di Hugo Cabret). Woody Allen e Alexander Payne dovranno limitarsi ad applaudire. L' 'alieno' Terrence Malick non si farà neppure vedere...
VINCERA': MICHEL HAZANAVICIUS
IL MIO PREFERITO: MICHEL HAZANAVICIUS

MIGLIOR ATTORE
A memoria d'uomo, poche edizioni degli Oscar hanno potuto vantare una cinquina di attori così 'stratosferica' come quest'anno: competizione di altissimo livello, tanto che a farne le spese sono stati tre interpreti non proprio 'pivellini' quali Leonardo DiCaprio, Michael Fassbender e Ryan Gosling. Ma ormai è una polemica vecchia... Parliamo invece di chi c'è: George Clooney, marito tradito e vedovo inconsolabile in Paradiso amaro, alla fine potrebbe spuntarla (e sarebbe forse l'unico Oscar possibile per questo film) ma è chiaro che in caso di  successo 'clamoroso' di The Artist il cosiddetto 'effetto domino' potrebbe dirottare la statuetta verso Jean Dujardin. E non sarebbe certo uno scandalo. Così come meriterebbe il premio la 'spia' Gary Oldman nel bel filmone di spionaggio La Talpa. Di Damien Bashir, onestamente, sappiamo poco o nulla, ma dovrebbe essere già contento per la nomination. Chi manca ancora? Un attore bello e sottovalutato. O forse sottovalutato proprio perchè è bello... chissà. Fattostà che, a mio modestissimo parere, Brad Pitt offre una prestazione magistrale in Moneyball-L'arte di vincere. Un ruolo misurato, senza eccessi, volutamente sotto le righe, difficilissimo da rendere credibile. A me è piaciuto da matti. Non vincerà, ma dipendesse da me la statuetta sarebbe già sua...
VINCERA': GEORGE CLOONEY
IL MIO PREFERITO: BRAD PITT

MIGLIOR ATTRICE
Due attempate signore si contendono la statuetta più ambita: Meryl Streep e Glenn Close si daranno battaglia senza esclusione di colpi. La prima è alla diciassettesima candidatura (record da Guinness dei Primati), la seconda alla sesta. Ma mentre la Streep è già stata 'oscarizzata' due volte, Glenn Close non ha mai vinto e questa, forse, è l'ultima occasione... Eppure, anche qui, tra le due litiganti potrebbe inserirsi la... terza, a sorpresa. E la Viola Davis di The Help ne è l'identikit perfetto. Staremo a vedere. Nessuna speranza invece per Rooney Mara di Uomini che odiano le donne, e nemmeno per la Michelle Williams di My week with Marilyn. Che però, consentitemelo, delle cinque è davvero la più bella e la più brava. Un talento enorme in un corpicino da allodola... ma che grinta che ha! E' alla seconda candidatura consecutiva, e prima o poi la vedremo salire sul palco. E' solo questione di tempo.
VINCERA': MERYL STREEP
LA MIA PREFERITA: MICHELLE WILLIAMS

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
A conferma che a Hollywood i ruoli maschili sono (purtroppo) sempre preponderanti rispetto a quelli femminili, ecco la cinquina dei non protagonisti dove, diversamente dalle 'colleghe' donne, troviamo anche qui fior di attori, al livello degli interpreti protagonisti. Anzi, qulitativamente parlando, forse addirittura superiore. Qui il grande favorito è l'ottantatreenne Christopher Plummer, che abbiamo ammirato in Beginners (film tanto carino quanto 'invisibile' da noi... misteri della distribuzione) in cui ruba la scena al 'divo' Ewan McGregor. Suo principale rivale è il coetaneo (!) Max Von Sidow, attore 'feticcio' di Bergman e, da tempo, 'maschera' da caretterista hollywoodiano: notevole il suo apporto in  Molto forte, incredibilmente vicino di Stephen Daldry. E ancora, ecco altri due 'pezzi da novanta' come Nick Nolte e Kenneth Branagh. e scusate se è poco... Alla fine, però, il più bravo di tutti è il debuttante Jonah Hill, davvero superlativo in Moneyball-L'arte di vincere (è il consulente 'matematico' di Brad Pitt). Io tifo per lui.
VINCERA': CHRISTOPHER PLUMMER
IL MIO PREFERITO: JONAH HILL
 
MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA
Qui la vincitrice pare già scritta, nel nome di Octavia Spencer (la domestica afroamericana di The Help). Ben poco a mio avviso potranno fare le pur brave Jessica Chastain, Melissa McCarthy e Janet McTeer. A meno che l'Academy non decida di premiare la Berenice Bejo di The Artist... nonostante proprio non si capisce che cosa ci faccia in questa categoria (guardate il film e ditemi se non è protagonista al pari di Jean Dujardin... ma ormai alle scelte cervellotiche dei giurati degli Oscar ci siamo abituati.
VINCERA': OCTAVIA SPENCER
LA MIA PREFERITA: BERENICE BEJO

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
Qui Woody Allen si presenta in pole position per lo script del suo Midnight in Paris. Potrebbe farcela, sebbene al sottoscritto il film appena citato non abbia certo entusiasmato. Però Allen è Allen e gode di molti 'santi in paradiso' in seno all'Academy. A meno che l' 'effetto domino' di cui parlavamo poco fa non faccia scivolare l'Oscar verso (eddaje) Michel Hazanavicius, anche sceneggiatore di The Artist. Solo 'ornamentali' le candidature de Le amiche della sposa e Margin call. Occhio, infine, alla Asghar Fahradi di Una separazione: forse lo script più bello dell'anno è proprio suo. Ma l'Academy non mostrerà mai tanto coraggio....
VINCERA': MICHEL HAZANAVICUS (THE ARTIST)
IL MIO PREFERITO: ASGHAR FAHRADI (UNA SEPARAZIONE)

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE:
Bellissima lotta tra bellissimi film: Paradiso amaro è un film di sceneggiatura, e il premio ad Alexander Payne (con altri suoi due colleghi) sarebbe un giusto riconoscimento per un film tutto sommato non eccelso ma riuscito. Sarebbe decisamante generosa, invece, la statuetta a John Logan di Hugo Cabret (che non ha certo la penna 'scoppiettante' del collega appena citato). Non male nemmeno la nomination ai writers de La Talpa (film dalla trama complicatissima, un lavoro di 'cesello' ) e nientemeno che a George Clooney (proprio lui!) per lo script de Le idi di marzo , in gara anche come sceneggiatore insieme al fido Grant Heslov.
Anche se però, a mio modo indiscutibilmente, il copione più bello resta quello del sottovalutatissimo Moneyball-l'arte di vincere, scritto dal grandissimo Aaron Sorkin, già vincitore lo scorso anno con The Social Network e probabilmente il miglior sceneggiatore al mondo. Non vincerà, ma ci andrà molto molto vicino.
VINCERA': ALEXANDER PAYNE (PARADISO AMARO)
IL MIO PREFERITO: AARON SORKIN (MONEYBALL-L'ARTE DI VINCERE)


LE ALTRE CANDIDATURE:
C'è anche un po' d'Italia agli Oscar 2012: salvo 'cataclismi' , i nostri Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo dovrebbero vincere a mani basse la competizione tra scenografi: le mirabolanti ricostruzioni della Parigi di inizio secolo in Hugo Cabret valgono da sole il prezzo del biglietto. A mio avviso non hanno rivali. Sarà più dura invece per per il giovane Enrico Casarosa, in gara per il miglior corto animato: ma per lui è già tantissimo esserci. Bravissimo.
Quasi scontata, poi, la vittoria dell'iraniano Una Separazione nella gara per il miglior film straniero, e del simpaticissimo Rango tra i film d'animazione. Ci si aspetta poi molti premi per Hugo Cabret nelle categorie tecniche, compresa in quella del montaggio dove è presente la 'mitica' Thelma Schoonmaker, editor di tutti i film di Scorsese e già premiata tre volte. Per lei sarebbe un 'poker' da favola... mentre ci dovrebbe essere un po' di gloria anche per The tree of life, indiscutibilmente miglior fotografia.

E voi? Che aspettate a fare i vostri pronostici? Forza, buttatevi nel giochino... c'è tempo fino a domenica.
Buon Oscar a tutti !

sabato 18 febbraio 2012

DUE FRATELLI


Confesso che quando ho sentito la notizia (due ore fa, al telegiornale) mi sono sentito felice come un bambino. E ho sorriso di gioia per Paolo e Vittorio Taviani, 164 anni in due, cineasti di lungo corso che, a dispetto di chi li riteneva da ospizio, hanno trionfato alla Berlinale. Dopo oltre vent'anni di astinenza dall'ultima vittoria italiana e a quasi trenta dall'ultimo loro premio importante, il David di Donatello ricevuto per La notte di San Lorenzo (1983).

'Cesare deve morire'
Toscani burberi e orgoglosi come il sottoscritto (concedetemelo), i Taviani hanno scritto pagine importanti del nostro cinema: da Padre padrone (Palma d'oro a Cannes nel 1977), a San Michele aveva un gallo, al già citato La notte di San Lorenzo, a La masseria delle allodole. Film importanti, difficili, girati quasi sempre in economia e quasi mai attenti all'aspetto commerciale. Forse anche per questo la critica li ha spesso invisi, se non maltrattati a volte in maniera quasi ignobile, specialmente negli ultimi anni, insinuandone la senilità e la loro presunta incapacità di adattarsi al cinema 'moderno'.

E invece il loro ultimo film, Cesare deve morire, ha messo tutti d'accordo a Berlino, riscuotendo una commossa standing-ovation e un applauso durato dieci minuti... film girato tutto negli interni del carcere di Rebibbia, con protagonisti i detenuti stessi che cercano di allestire una riduzione teatrale del Giulio Cesare di Shakhespeare. Di più non sappiamo, il film non lo abbiamo visto e ci auguriamo che esca presto nelle sale. Ma tantlo basta per togliermi il cappello di fronte a questi due 'toscanacci' duri e puri che esportano nel mondo l'Italia migliore.

'Cesare deve morire'
Vi lascio con un pezzettino di un film che ho visto durante la mia infanzia, e che ho amato profondamente. Si chiama Good Morning Babilonia, e forse non sarà il film più bello dei Taviani, ma è un film che omaggia amorevolmente la mia terra, ed è stato girato con dedizione ed orgoglio. Non lo rivedo da tanto tempo, ma penso che stavolta, davvero, è venuto il momento di rispolverare il dvd...




 

WAR HORSE

(id.)
di Steven Spielberg (USA, 2011)
con Jeremy Irvine, Emily Watson, Peter Mullan, David Thewlis
VOTO: **

C'era una volta Steven Spielberg. C'era una volta un superbo regista, un fabbricante di sogni, di belle favole raccontate mirabilmente attraverso le immagini, capace di far entusiasmare grandi e piccini, di tirar fuori il 'fanciullino' che è dentro di noi (tanto per citare Pascoli) e regalarci storie edificanti e convincenti con classe sopraffina: chi dice di non aver mai versato nemmeno una lacrimuccia con E.T., Incontri ravvicinati, Indiana Jones o Lo squalo è un bugiardo matricolato...
Poi però sono arrivati i soldi, il successo planetario, lo star-system. E inevitabilmente è venuta meno anche la 'fame', la voglia di raccontare storie. Eppure, nonostante tutto, il regista di Cincinnati ha saputo ancora stupirci con qualche altro piccolo gioiello, sebbene sempre più raro: penso a Minority Report e a Prova a prendermi, forse il suo ultimo vero capolavoro.

E infine è arrivata anche la vecchiaia... perchè, sapete, anche Spielberg è un essere umano! E con essa la bella vita, il fisiologico rilassamento. E l'ancora più fisiologica mancanza di ispirazione, più che comprensibile in un cineasta che, davvero, non può chiedere niente di più a Hollywood e a se stesso, proprio perchè ha già avuto tutto.
Ma perchè allora non godersi una dorata e privilegiata pensione e vivere sugli allori, piuttosto che propinarci film come War Horse, pellicole che nella migliore delle ipotesi rischiano di farci dimenticare tutto il fulgido passato di questo grande (ex?) cineasta?

Insomma, inutile girarci intorno: Spielberg non è più Spielberg, e War Horse è un film davvero brutto. Interminabile nella sua lunghezza e inguardabile per la sua mielosità, quasi letale per chi soffre di diabete. Un'opera stucchevole per il suo buonismo a comando, prevedibile, sdolcinata, melensa, quasi irritante per il tronfio culto dei 'buoni sentimenti', ipocrita e falso fin dalle prime inquadrature.
Chi, davvero, potrebbe prendere sul serio una sceneggiatura talmente inverosimile e sciatta? Il film è di un sentimentalismo che sfiora il ridicolo, l' 'happy end' talmente scontato che, quasi quasi, stimola nello spettatore la cattiveria più becera, tipo sperare in un infarto del cavallo, giusto per ravvivare un po' la trama... 

Ovviamente scherzo. Ma davvero c'è ben poco da salvare in  questo film. Giusto le scene di battaglia, che ricordano un talento mai venuto meno. E anche le interpretazioni degli attori, tutti buoni professionisti (soprattutto il giovane Jeremy Irvine, al suo primo ruolo importante). Tutto il resto, dalle ridondanti musiche di John Williams alla stra-classica fotografia di Janus Kamisnki (patetici i suoi tentativi di 'omaggiare' il technicolor di Via col vento), è assolutamente da dimenticare. E anche in fretta.    

giovedì 16 febbraio 2012

QUANDO LA TECNOLOGIA NON FA MIRACOLI...


Chi mi conosce bene sa che Guerre Stellari è stato il primo film che ho visto in vita mia. E quindi figuriamoci se non sono 'legato' a questa pellicola che mi ha fatto da battesimo nel meraviglioso mondo della Settima Arte. Sono un 'lucasiano' di vecchissima data, e non posso non amare alla follia l'intera saga (e per intera intendo proprio tutta l'esalogia, con gli episodi vecchi e nuovi).

Per questo molti di voi si sono stupiti vedendo che non ho recensito nè diffuso alcuna notizia sulla riedizione in 3D del primo episodio in ordine temporale, ovvero La minaccia fantasma. Il motivo è molto semplice, perfino banale: non me ne frega niente. E visto che ci sono, vi spiego il perchè.

Intendiamoci: non me ne frega di questa operazione, non certo del film in sè. Che comunque non andrò a vedere al cinema. Nè ora nè mai. Sono infatti del tutto contrario a questi tipi di 'restyling', che non hanno altro fine se non quello spudoratamente commerciale. Ed è inutile girarci intorno.
Questo perchè per me i film veri sono quelli che escono al cinema nella loro versione originale. Punto. Sarò 'talebano' in materia ma io la vedo così. Non capisco cioè il senso (se non, appunto, quello commerciale)  di rieditare in 3D pellicole che non erano certo nate con questo formato, e alle quali il nuovo formato stesso non aggiunge assolutamente niente.


Il 3D infatti, a mio modestissimo parere,  ha uno scopo e una rilevanza se i film vengono pensati e concepiti in tale logica, e se questo effetto è funzionale (e non invadente) al film stesso. Ne è uno straordinario esempio, per dire, Hugo Cabret, film che a mio modo di vedere non può essere visto in altro modo che in 3D. Ma andare (anzi, tornare) al cinema per vedere Guerre Stellari o Titanic con gli occhialetti, pagando un biglietto peraltro assai salato (3-4 euro in più del normale) per vedere lo stesso film 'gonfiato' tridimensionalmente, lo trovo abbastanza assurdo.


Come ho detto più volte, infatti, il 3D è un mezzo e non un fine per realizzare un film. E la 'magìa' di certe pellicole certo non viene accresciuta da quest'ultimo. Guerre Stellari per me è e resterà quello uscito nel 1977, con gli effetti speciali goffi, traballanti, magari pacchiani, sicuramente ingenui, certamente più 'genuini'.

domenica 12 febbraio 2012

LE DUELLANTI


Ho cominciato a sentir parlare di Meryl Streep quando ancora avevo tutti i capelli in testa (e ne è passato di tempo...): 'Lady Oscar' il suo soprannome preferito. E lo credo: diciassette candidature, due vittorie, svariati trionfi ai Golden Globes e una miriade di altri premi cinematografici. Non penso che esista al mondo un'attrice più premiata di lei. Autentica 'signora' di Hollywood, mito senza tempo, esempio per le giovani attrici di tutto il mondo, eccetera eccetera...

Ovviamente non si può eccepire nulla sulla bravura artistica della Streep. Sarebbe come dire che l'acqua è bagnata. Eppure, lo dico, non mi ha mai particolarmente emozionato. Sapete perchè? Perchè l'ho sempre considerata una 'cannibale' del grande schermo: vale a dire un'attrice bravissima ma talmente egocentrica da fare il vuoto attorno a sè e 'costringere' lo spettatore a guardare nessun'altro che lei, quasi volesse ogni volta 'ricattarlo'!

Perchè dico questo? Fateci caso: provate a scorrere l'immensa filmografia della Streep e ditemi, oggettivamente, quanti sono i grandi film che ha interpretato. Attenzione, non i film in cui è più brava, ma i film che possono essere considerati capolavori del cinema, o quantomeno degni di essere ricordati. A mio avviso, si contano sulle dita di una mano: Il cacciatore di Cimino (1978), Manhattan di Allen (1979), I ponti di Madison County di Eastwood (1995). Stop. Ad essere generosi potremmo aggiungere quel gioiellino di comicità tagliente e corrosiva che è Il diavolo veste Prada (2006). Ma, davvero, ci fermiamo qui.

Che cosa significa? Che questa grande attrice, da sempre, sceglie di interpretare non i film più belli, ma quelli in cui è la protagonista assoluta, per non dire l'unica. Film, cioè, anche mediocri, ma che consentono la classica 'prova d'attore', indipendentemente dalla qualità. Ne è un tipico esempio anche The Iron Lady, che è ancora in sala e che con buona probabilità le farà vincere il terzo Oscar. E' un bel film? Assolutamente no: si tratta di un biopic scontatissimo e banale, completamente fuorviante per chi vuole conoscere davvero il personaggio di Margaret Thatcher.

Nella pellicola di Phyllida Lloyd infatti l'attività politica della 'lady di ferro' passa quasi in secondo piano a vantaggio della caratterizzazione 'umana' della protagonista: ne viene fuori così un ritratto privato di una donna che sembra quasi un' 'eroina' del gentil sesso, una specie di 'icona' del femminismo, che deve farsi a spallate in un mondo di uomini. Inutile cercare un qualsiasi serio approfondimento storico su una figura che ha caratterizzato più di ogni altra la politica europea degli anni '80. Il film viene così ancora una volta 'divorato' dalla Streep, a questo punto unico motivo per pagare il biglietto. E la diva americana ci ripaga certamente da par suo, non fosse per il fatto che... beh, insomma, quella che si vede sullo schermo non è certo la Thatcher, ma la Streep che ne dà un'interpretazione 'perfetta' quanto si vuole ma totalmente personale. E chissà mai quanto lontana...

Ma Hollywood è questa, prendere o lasciare. E se vuoi l'Oscar devi sottostare a certe regole. Sarà per questo che la principale antagonista della Streep è un altrettanto attempata signora, con un percorso artistico però, nettamente diverso. Eppure anche Glenn Close, che avevamo finora sempre ammirato (al contrario della Streep) in pellicole 'difficili', alternative, persino politicamente scorrette (pensiamo a Le relazioni pericolose, Il mistero Von Bulow, Attrazione fatale, Il mondo secondo Garp) questa volta, per dare l'assalto a quella statuetta dorata per ora sempre sfuggitole, si ricicla anch'essa in un ruolo molto 'sentito' (da lei interpretato anche a teatro) ma cinematograficamente molto modesto... che però le consente di attrarre a sè tutti gli sguardi dei giurati. Se sarà un bene o un male, poi, lo vedremo solo il prossimo 26 fabbraio...

Anche Albert Nobbs, infatti, non è certo un film esente da difetti. Anzi. Funziona bene per tutta la prima parte, quella dedicata al 'travestimento' e alla paura di rivelare la propria identità: un corpo di donna imprigionato in abiti maschili che soffocano anche le pulsioni emotive e sessuali, costringendola a rinunciare alla propria passione amorosa per conservare lavoro e condizione sociale (in questo il film assomiglia molto all'ivoriano Quel che resta del giorno). Quando però compare sulla scena la giovane Mia Wasikowska nel ruolo della camerierina che 'sconvolge' l'esistenza della protagonista... la pellicola di Rodrigo Garcia ondeggia pericolosamente verso il ridicolo involontario, in quanto la 'confusione' sessuale della pur brava Glenn Close risulta ben difficilmente credibile, non aiutata certo in tal senso da una sceneggiatura quantomai lacunosa.

Due film mediocri, insomma, che consentono alle due protagoniste ruoli 'da Oscar'. La sfida per la miglior interpretazione femminile quest'anno è tutta qui. Indice, ancora una volta, di una certa penuria di ruoli femminili in una Hollywood ancora molto 'conservatrice' e avara verso il gentil sesso, quando non si tratta di blockbuster fracassoni e signorine giovani e discinte. Del resto, basti vedere la cinquina (e soprattutto i film) delle cinque attrici candidate e confrontarla con quella maschile, che la differenza è evidente. La vecchia cara Hollywood non è più un paese per donne, specie se sopra gli 'anta'...

venerdì 10 febbraio 2012

HUGO CABRET

(id)
di Martin Scorsese (USA, 2011)
con Ben Kingsley, Asa Butterfield, Chloe Moretz, Sacha Baron Coen
VOTO: *****

Un film per ragazzi, che piacerà immensamente agli adulti. E che farà commuovere tutti i veri cinefili, i quali non potranno non versare fiumi di lacrime mentre scorrono le immagini di uno dei più bei omaggi al cinema della storia recente. Hugo Cabret è infatti un film che tanto più piace quanto più uno ama il cinema: e io, da cinefillo-sentimentalone quale sono (eh, sì...) durante la proiezione non potevo esimermi dal guardare qualche ragazzino seduto vicino a me, che non sapeva (ovviamente) chi fosse Georges Méliès, e quasi mi rammaricavo per lui, che non poteva provare in quel momento quello che stavo provando io...

Asa Butterfield e Chloe Moretz
Sì, perchè Hugo Cabret è un film che, come tutti i capolavori per ragazzi, si presta a due diversi livelli di lettura: il primo è quello più concreto, ossia un film meraviglioso, nel senso letterale del termine: una pellicola che affascina per quello che racconta e per come lo racconta, stupendo continuamente lo spettatore e stimolando la sua propensione a sognare, a 'lasciarsi andare',  a liberare la propria fantasia e la propria creatività, riscoprendo allo stesso tempo l'importanza della memoria e dei ricordi, e il loro valore assoluto: ciò che per noi può sembrare senza importanza, o addirittura da rimuovere in seguito a determinate circostanze, in realtà fa parte della nostra vita, della nostra storia, ed è comunque da salvare. Sempre. Impossibile non pensare, riguardo a questo, all'incessante attività che Martin Scorsese svolge nel recupero e restauro di grandi film del passato, da lui reputata una 'missione', ovvero quella di tramandare ai posteri il valore della Cultura.

Ben Kingsley
Ma aldilà di questo (che è già tantissimo!) la magìa del film (e il vero motivo di commozione per noi spettatori più grandicelli) sta soprattutto nella figura di Georges Méliès, che nella seconda parte ne diventa il protagonista assoluto, colpendoci irrimediabilmente al cuore: tutti gli appassionati sanno infatti che Méliès fu il primo regista di finzione della storia del cinema, 'padre' della fantascienza moderna, colui che prima di ogni altro intuì le immense potenzialità della neonata Settima Arte. Pochi sanno però che finì i suoi giorni in disgrazia, povero e dimenticato, ripudiato proprio perchè incompreso, a causa del suo sguardo troppo proiettato verso il futuro, troppo d'avanguardia per il suo tempo... Insomma, ciò che ci fa davvero commuovere è il fatto che la storia che Scorsese racconta è drammaticamente e incredibilmente vera: solo i due giovani protagonisti sono inventati, il resto è tutto documentato. La storia di un uomo che dedicò tutta la vita ad un sogno, e al quale dobbiamo essere enormemente grati: se non ci fosse stato Meliès, probabilmente non sarebbe esistito il cinema come 'fabbrica dei sogni'. Chapeau.

Il regista Martin Scorsese, in un 'cameo' del film
Ecco perchè Martin Scorsese, giunto alla fatidica boa dei settant'anni, ha sentito la necessità di girare questa storia: Hugo Cabret è il suo film-testamento, il manifesto di una carriera intera di un cineasta che conserva ancora l'onestà intellettuale e la genuinità d'animo degli esordi, e che sembravano essersi un po' appannate con le ultime poco felici opere. Scorsese riesce ancora a sognare e a stupire girando un film bellissimo e sincero, quel film che, ad esempio, Steven Spielberg non sa più girare, fagocitato e inaridito dallo star-system hollywoodiano.

Hugo Cabret è una chicca per cinefili, girato in un formato 3D una volta tanto necessario (e che sarebbe piaciuto moltissimo a Méliès), tecnicamente superlativo sotto tutti gli aspetti (comprese le mirabilanti scenografie di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, che puntano all'Oscar) ma che deve la sua forza in primis alla passione di un regista che ama il suo lavoro come pochi altri al mondo. Lo si capisce dalla scena-chiave del film: quando la ragazzina appassionata di libri, che ama David Copperfield e Cime Tempestose, grazie a Hugo 'scopre' il cinematografo, restando attonita di fronte ad una vecchia pellicola di Harold Lloyd. La 'nuova' arte ha preso il sopravvento, e da allora il futuro non sarà più lo stesso.
Ben Kingsley e Asa Butterfield
Perchè i film (forse) non cambiano la vita, ma di sicuro ci fanno vivere meglio.

sabato 4 febbraio 2012

A.C.A.B. - ALL COPS ARE BASTARDS

(id.)
di Stefano Sollima (Italia, 2011)
con Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro, Marco Giallini
VOTO: ****

'Tutti i poliziotti sono bastardi'. Era l'inno degli hooligans inglesi negli anni '80 (quelli dell'Heysel,per capirci), è diventato uno slogan di battaglia, un grido bestiale di lotta in tutti gli angoli del pianeta. Viviamo strani giorni, diceva Battiato, un'epoca dove tutti sbranano tutti, in senso figurato e anche letterale (è il caso del film), come bestie feroci, e dove si fa sempre più fatica a distinguere il bene dal male, i buoni dai cattivi, i marci dagli onesti: questo perchè l'umanità stessa è peggiorata, e chi cerca di sopravvivere in un mondo marcio è costretto, giocoforza, ad adattarsi a quel mondo pena l'estromissione. 

Mazinga, Negro e Cobra sono tre 'bastardi', appunto. Tre poliziotti della Celere, odiati dagli ultrà e addestrati a loro volta a odiare. A.C.A.B è infatti un film sull'odio, sull'assurda esistenza di chi è costretto ogni giorno a combattere una guerra altrettanto assurda, totalmente inosservata e dimenticata, impregnata di retorica a fiumi  e lassismo dei potenti. Sono tre poveracci cresciuti nel culto della destra fascista e poi disillusi proprio da quei 'fascisti' con le teste rasate che cercano di ucciderli. Sono tre persone che si scoprono ingranaggi di una macchina impazzita che non riescono più a controllare: sono come gli ultras, gli extracomunitari, gli skinheads, i drogati, i violenti e tutti gli altri a cui danno la caccia, vittime di una società ormai votata all'autodistruzione.

Stefano Sollima, dopo essersi 'fatto le ossa' con la serie tv Romanzo Criminale (ormai 'cult' nei palinsesti televisivi) approda al grande schermo con un film durissimo, sgradevole, destinato per antonomasia a far discutere. Andate a vederlo e giudicatelo liberamente.

Lo ripeto: liberamente. Vuol dire che dovrete cercare di non farvi 'condizionare' dalla parte per cui 'fate il tifo': il film infatti è bello proprio perchè non prende posizione, mostrando la cruda realtà da una parte e dall'altra. Si vedono poliziotti violenti che adoprano violenza senza motivo, poliziotti non-violenti costretti ad adoprare violenza per non farsi sopraffare, poliziotti esaltati e guerrafondai accanto a poliziotti padri di famiglia che vomitano disgusto per quanto avviene intorno a loro.

A.C.A.B. è un film di genere che come tutti i buoni film di questo tipo ci fanno ragionare e riflettere. A patto di essere disposti a farlo. Sollima è bravo a non farsi prendere la mano e a girare ogni scena d'azione con taglio quasi documentaristico, attento a non farsi mai 'prendere' la mano. In questo difficile lavoro è validamente aiutato dai tre attori protagonisti, che fanno davvero un bel gioco di squadra.

I SETTE POST

Non credevo che nella 'blogsfera' (si dice così?) fiorisse così tanto la moda delle 'catene'... e sinceramente non mi appassiona. Però quando qualcuno arriva ad apprezzare il tuo lavoro, oppure ti propone un modo per valorizzare, sviscerare, conoscer(ti) e far conoscere la tua 'creatura', come ha fatto Valentina di Liquida (una persona a cui devo molto, per mille e più motivi...), davvero non posso esimermi.
E allora, sotto con il giochino!

Il gioco consiste nell’indicare 7 post che abbiano le caratteristiche che trovate di seguito ed è carino per far conoscere un po’ di cose riguardo le statistiche del proprio blog ma anche le proprie opinioni sui post scritti (della serie i più apprezzati non è detto che siano quelli che consideriamo personalmente i più belli). Provate un po'.
Intanto ecco le mie risposte per quanto riguarda Solaris:

1. IL POST IL CUI SUCCESSO MI HA PIU' SORPRESO
Nessun dubbio: quello su Leelee Sobieski: uno dei miei amori cinefili. Un'attrice che mi piace molto per bellezza e talento, ma pressochè sconosciuta al grande pubblico. E invece i 'freddi' numeri dicono 2.300 visualizzazioni, e un 'trend' di crescita che non accenna a diminuire... ma la cosa più sconvolgente è che la maggior parte di esse provengono dall'estero, addirittura da Canada e Stati Uniti! Niente male per un blogghino sconosciuto e scritto nella lingua di Dante!

2. IL POST PIU' BELLO
Non sono la persona più imparziale per dirlo... e 'giudicarsi' è terribilmente difficile! Ma il bello del gioco è proprio questo, e allora giochiamo! Dovendo proprio scegliere, dico la mia recensione di The Social Network. Sì, mi è venuta proprio bene... merito di un film 'pazzesco', vero evento-simbolo di inizio millennio, che mi ha ispirato alla perfezione. Mi sono piaciuto!

3. IL POST PIU' POPOLARE
Anche qui non lo avrei detto, ma il post di Solaris che ha raccolto il maggior numero di visite in assoluto è quello su Transformers 3: peraltro uno dei titoli più brutti che mi sia mai capitato di recensire in questi primi tre anni di blog... però quello che ho scritto ha scatenato una piccola ma 'pepata' discussione, che ha contribuito senz'altro a farlo conoscere.

4. IL POST CHE NON HA AVUTO IL SUCCESSO CHE MERITAVA
Circa due anni fa eravamo agli inizi... e non c'era molta gente che capitava su questo blog (non che adesso si faccia la fila, eh!), ragion per cui questa mia riflessione sulle sale che chiudono passò praticamente inosservata: parlavo di quanto è accaduto nelle realtà cinematografiche della mia zona, provando a fare un ragionamento generale sulle crisi delle piccole sale e l'espansione dei multiplex. Risultato sconfortante: zero commenti e pochissime visite. Eppure la discussione per me è interessante... e se qualcuno volesse (ancora) intervenire....

5. IL POST PIU' CONTROVERSO
Un anno fa, più o meno in questi giorni, moriva Mario Monicelli, e non nego che il suo modo di morire (gettandosi dalla finestra, a 95 anni) mi colpì e mi disturbò non poco. Scrissi queste parole di getto, ma con cognizione di causa, e sapevo che qualcuno avrebbe dissentito o si sarebbe risentito. I temi erano molto delicati: il suicidio, il diritto a disporre del proprio corpo, il coraggio, la disperazione... roba 'pesante'. Molti mi hanno contattato, molti mi hanno anche contestato (qualcuno pesantemente), ma diciamo che era da mettere in conto. Scrivo quello che penso, e per ora non me ne sono mai pentito.

6. IL POST PIU' UTILE
Beh, parlare di 'utilita' in un blog tematico come questo viene quasi da ridere... però, attenendomi al tema (appunto!) diciamo che la mia recente carrellata sul cinema che verrà ha avuto diversi estimatori... e sono soprattutto queste piccole soddisfazioni a darmi la forza di continuare!


7. IL POST DI CUI VADO PIU' FIERO
Qui si esagera davvero! Son ben altre le cose di cui ognuno di noi può (deve) andare fiero... però anche qui, attenendomi alla stretta tematicità di questo blog, potrei dire che sono soddisfatto di come ho trattato in questi due anni l'argomento Oscar e le premiazioni dell'Academy in senso stretto. Volente o nolente, gli Oscar sono indissolubilmente legati al cinema ed è inutile far finta di niente: e credo che qui sopra avete sempre trovato commenti esaustivi sulle magiche statuette.

Ecco, a questo punto il giochino vorrebbe che io indicassi altri sette blog a cui 'passare il testimone'. Ma non lo farò, perchè voglio che ognuno di voi che legge si senta libero di parteciparvi o meno, e lo faccia esclusivamente per puro piacere.
Perciò... adesso tocca a voi!