martedì 28 febbraio 2012

L'OSCAR DEL VINTAGE

Il cast di 'The Artist', compreso il cagnolino Uggie

Cinque statuette a The Artist, altrettante a Hugo Cabret. Ma quelle più 'pesanti' vanno al bel film di  
Michel Hazanavicius, che si porta a casa quelle per il miglior film, regia, attore protagonista, costumi e colonna sonora: un trionfo, insomma. E per niente annunciato, aldilà dei pronostici delle ultime ore: adesso è facile, infatti, additare The Artist come un'opera compiaciuta, patinata, furba, ammiccante, ruffiana, stilosa, eccetera eccetera... però vorrei che chi legge si mettesse nei panni di un produttore che, in tempi non sospetti, si vede proporre un film muto (!), in bianco e nero, con didascalie e proiettato in un anacronistico formato 4:3, che omaggia la Hollywood degli anni '30: secondo voi in quanti avrebbero scommesso su un'opera del genere? E in quanti (soprattutto in Italia) sarebbero stati disposti a rischiare dei soldi in un tale progetto?

Meryl Streep e Jean Dujardin, migliori attori
The Artist è un film senza tempo e senza età, non finirò mai di ripeterlo: è un film che è adatto a tutti, dai bambini agli anziani. E' un film che si basa su una storia semplice, che funziona a ogni latitudine, dall'Alaska alla Nuova Zelanda. E' un film che potremo rivedere tra dieci, venti, cinquant'anni, e ci scatenerà sempre le stesse emozioni. E' la dimostrazione che per fare ottimo cinema non servono nè soldi nè effetti speciali, oggi come allora. Insomma, l'Oscar 2012 ha un degno vincitore, una pellicola che merita ogni elogio possibile, soprattutto per il bel messaggio che propina allo spettatore: in un'epoca dove tutti urlano, tutti alzano la voce sul prossimo, un piccolo film francese ci fa (ri)scoprire il valore del silenzio e il piacere di ascoltare. Giusto così.

Michel Hazanavicius, miglior regista per 'The Artist'
Non sono il primo a farlo notare, ma vale la pena rimarcarlo: l' 84. edizione degli Academy Awards premia due film che volgono lo sguardo al cinema del passato, all'epopea d'oro dell'industria hollywoodiana. Se aggiungiamo anche la statuetta per la miglior sceneggiatura a Midnight in Paris, film delicatamente nostalgico, quella all'eterna Meryl Streep tra le attrici  (non esattamente una ragazzina), e quella all'ottantaquattrenne Christopher Plummer tra i non protagonisti (splendida la sua battuta: 'ho la stessa età dell'Oscar!'), diventa chiaro che questi premi non sono frutto del caso: gli Oscar, aldilà del loro aspetto commerciale e delle 'preferenze' più o meno personali, sono importanti perchè misurano come un 'termometro' la società attuale: l'Academy ha voluto dirci che la Hollywood di ieri era migliore di quella di oggi, e che se non ci sono film e attori 'contemporanei' premiati, questo qualcosa vorrà pur dire...

Non è più un caso, infatti, che ancora una volta le major a stelle e strisce siano uscite con le ossa rotte dalla cerimonia degli Oscar: per il secondo anno consecutivo, un film europeo batte gli americani in casa loro (nel 2011 toccò al britannico Il discorso del Re, ma non bisogna dimenticare anche il successo dell'indipendente The Hurt Locker a scapito del kolossal Avatar, due anni orsono), a testimonianza che negli Studios ormai latitano idee e coraggio... viene da chiedersi, semmai, il perchè in questa Europa che batte Hollywood non siamo compresi noi italiani, ma qui si aprirebbe un discorso troppo lungo, che comunque affronteremo (tenete d'occhio i prossimi post!).

Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, Oscar alle scene di 'Hugo Cabret'
Per il resto, non c'è molto altro da dire: dispiace vedere sconfitto George Clooney sia come attore che come sceneggiatore, ma Jean Dujardin ha meritato la vittoria (pur aiutato, certamente, dall' 'effetto-traino' del film vincitore - cosa che però non ha favorito la sua parner Berenice Bejo), mentre Woody Allen (al suo quarto Oscar!) ha sicuramente molti più 'santi in paradiso' tra i giurati dell'Academy...
Detto poi del 'solito' premio politically-correct assegnato alla nera Octavia Spencer tra le non protagoniste (unico riconoscimento a The Help), spiccano le vittorie di Alexander Payne (Paradiso amaro) tra le sceneggiature adattate (che peccato però la sconfitta di Moneyball...) e del bel film iraniano Una separazione tra i film stranieri. Hugo Cabret si porta a casa quasi tutti i premi nelle categorie tecniche (effetti visivi e sonori, suono, fotografia e scenografie - dove i premiati sono i nostri Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, terza statuetta per loro), mentre c'è gloria anche per Toy Story 3 fra i cartoni.
Appuntamento al prossimo anno !!



3 commenti:

  1. La vittoria di The Artist è stata oltremodo significativa. Mi è dispiaciuto per Martin Scorsese, ma forse meglio così: è un riconoscimento importante quello dato al cinema francese.

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  2. Concordo in pieno su The artist, decisamente più universale ed emozionante di Hugo, operazione talmente costruita da far impallidire anche i più scontati dei classici Disney.

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  3. Mi associo al tuo pensiero su The Artist, totalmente.
    Oggi ti ho pensato: ho scritto la recensione di Tokyo Blues, e proprio tu me lo avevi consigliato mesi fa, ricordi?

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