lunedì 13 maggio 2013

NO - I GIORNI DELL'ARCOBALENO

(No)
di Pablo Larraìn (Cile, 2012)
con Gael Garcia Bernal, Alfredo Castro, Antonia Zegers, Nestor Cantillana
VOTO: ****/5

Nel 1988, sotto la forte pressione della comunità internazionale, il dittatore cileno Augusto Pinochet fu costretto a indire un referendum per chiedere agli elettori di prolungare di altri otto anni il suo regime dispotico che durava da ben tre lustri (esattamente dal 1973, anno in cui fu deposto militarmente il legittimo presidente Salvador Allende). Sulla carta si trattava di un plebiscito-farsa: durante la campagna elettorale all'opposizione furono concessi solo 27 giorni di tempo e appena 15 minuti giornalieri di spazi televisivi in seconda serata, mentre tutto il resto delle trasmissioni era occupato dalla propaganda di regime.


La sfida era apparentemente impari, eppure gli esponenti dell'opposizione non si diedero per vinti e riuscirono a convincere un giovane pubblicitario, Renè Saavedra (un ottimo Gael Garcia Bernal), a studiare una strategia ad hoc affidandosi proprio alle leggi della pubblicità, e trattando la politica esattamente come un prodotto da lanciare sul mercato... L'audace strategia si rivelò vincente: accantonando subito l'idea di mostrare in tv gli orrori della dittatura ("questo paese ha già sofferto tanto, è inutile impaurirlo ancora di più"), Saavedra optò per una campagna elettorale basata sull'ottimismo e la rinascita di una nazione oppressa da troppo tempo, servendosi di facce allegre e spensierate, messaggi positivi, jingle accattivanti e nessuna voglia di piangersi addosso. Sappiamo tutti come finì: tra lo stupore generale, i NO vinsero col 55% dei voti e Pinochet dovette arrendersi, concedendo al Paese la possibilità di andare a libere elezioni dopo quindici anni.  

Tratto da una pièce teatrale di Antonio Skàrmeta (El plebiscito), l'ultimo film di Pablo Larraìn è una folgorante ricostruzione di quei 27 giorni che cambiarono la storia di un paese che pareva ormai rassegnato alla tirannia. Alternando efficacemente fiction e immagini di repertorio, girando il tutto con vere cineprese dell'epoca e montando il film in un anacronistico e 'sporco' formato 4:3 (per ricreare esattamente l'atmosfera), NO racconta in maniera emozionante e senza cadute di ritmo il compimento di un miracolo di comunicazione. Che, intendiamoci, non fu affatto semplice: il regista non indugia affatto nel mostrarci le pressioni e le minacce (anche della sfera privata) a cui furono sottoposti gli esponenti dell'opposizione, nonchè il difficile clima di violenza in cui si svolse il referendum. Ma alla fine la potenza dirompente di quel messaggio positivo portò dritto il Cile verso la democrazia.

Un film bello e coinvolgente, dunque, ma che per noi italiani è qualcosa di ben più importante. E' impossibile infatti non ritrovare in NO analogie e riferimenti alla situazione attuale del nostro paese: anche noi, infatti, viviamo in una dittatura (ovviamente non militare, ma morale e mediatica), anche noi siamo una nazione rassegnata e distrutta dalla corruzione, anche da noi c'è una maggioranza silenziosa di cittadini sfiduciati da una classe dirigente assolutamente inadeguata... La lezione di Larraìn è semplice: per restituire dignità a una nazione occorre che la politica torni a ridare alla gente una speranza, la possibilità di intravedere una luce in fondo al tunnel. Serve una nuova idea di società, che consenta alla popolazione di superare la sfiducia e la paura del futuro.

NO è il primo film di Larraìn in cui si respirano emozione e orgoglio, ben diverso dalle lugubri atmosfere di Tony Manero e Post Mortem. E' la degna conclusione di una 'trilogia della dittatura' che, tuttavia, pur nell'esaltazione della vittoria democratica non rinuncia a metterci in guardia sulle ombre di una deriva (in)culturale e figlia del consumismo: il finale sottilmente inquietante e ambiguo è la degna conclusione di una pellicola che ci fa riflettere in ogni momento su quanto sia difficile, oggi come ieri, conciliare ideologia e speranza, passione e pragmatismo.

8 commenti:

  1. Niente da aggiungere. Da quello che dici va solo visto. E ogni volta che leggo di un film del genere o lo vedo penso alla fortuna che almeno qualcosa delle filmografie di questi paesi i arrivi. Ce lo facciamo bastare anche se del tutto insufficiente.

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    1. Proprio così. D'altronde i Festival del Cinema servono a questo, aldilà delle scelte più o meno opinabili delle giurie. Probabilmente se Larraìn non avesse vinto a Torino qualche anno fa con 'Tony Manero', a quest'ora non lo conosceremmo neppure. E invece meno male che ci sono almeno queste rassegne, perchè altrimenti con la distribuzione che abbiamo in Italia film come questo ce li sogneremmo...

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  2. Film coinvolgente e molto interessante, a mio parere il migliore di Larrain proprio perchè sentito e "di cuore".
    Ottimo pezzo, anche se io sarei stato un pò più basso con il voto.

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    1. Ma sai... ho sempre giudicato i film più col cuore che con la testa: molti mi hanno scritto dicendomi che 'Post Mortem' e 'Tony Manero' sono superiori a questo. Io non sono d'accordo, li metto tutti e tre sullo stesso piano (anzi, semmai faccio scendere di un gradino 'Tony Manero', il più 'grezzo' dei tre). NO è un film dal registro totalmente diverso, in linea con le emozioni e la storia che racconta. Non l'ho trovato affatto più 'semplice' degli altri due. Ed è anche un film validissimo dal punto di vista tecnico: l'idea di girare con vecchie cineprese per rendere più realistica la storia è geniale nella sua semplicità.

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  3. Ed è proprio di questo che si parla di fronte a NO. Di un miracolo della comunicazione, ed è il messaggio più importante lanciato da Larraìn. Il tutto condito poi da un filo di inquietudine dovuto al delicato passaggio dalla dittatura di Pinochet a quella inconsapevole, forse, dei media e della pubblicità che oggi governano le nostre vite. Non il solito dramma politico, un racconto per immagini di una grande campagna elettorale capace di coinvolgere anche lo spettatore più distante rispetto alle vicende politiche. Io parlo come una di quelle che ignora i veri ideali politici, forse perché non li ho mai vissuti e nemmeno conosciuti per poterlo fare. Non mi coinvolge nulla più del dovuto quando parlo di politica, una cosa è certa però, vedevo questo film e desideravo di essere parte dei membri della campagna, anche solo per vedere dal vivo come ci si muoveva e ci si adoperava per girare quei 15 minuti di spot all'insegna dell'allegria. Tornata a casa canticchiavo Ciiile, nanananananana...=D
    Grande film!!!

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    1. La politica in se è una cosa non solo bellissima, ma indispensabile. perchè oltre la politica, come purtroppo si è visto, ci sono solo spari e sangue. Purtroppo per troppo tempo nel nostro paese la politica è stata esercitata da mestieranti dediti solo al loro misero interesse di parte, senza rendersi conto che oltre al danno strettamente economico hanno provocato anche la disaffezione dei cittadini verso le Istituzioni. Questa è la loro colpa più grande. Bisogna tornare alla politica VERA, bisogna tornare a rendere i cittadini partecipi della costruzione del Paese. In poche parole, bisogna dar loro una speranza, oltre che una dimostrazione di serietà. Obiettivo apparentemente impossibile, lo so, ma è l'unica speranza che abbiamo.

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  4. Bellissimo film, il primo per quanto mi riguarda della trilogia di Larrain. Una pellicola dalla notevole fluidità narrativa, con un'onestà e una leggerezza che mi hanno piacevolmente colpito e che probabilmente dovevano essere le stesse che guidavano anche quelle donne e quegli uomini nel 1988. E il rischio della retorica c'era eccome, dopotutto il film si concentra sulla preparazione del referendum focalizzandosi, come avete scritto, sull'aspetto mediatico. E anche a me ha sorpreso quanto sia attuale, nonostante racconti di un avvenimento di 25 anni fa, usando oltretutto anche la tecnologia di allora. Il NO ha vinto appunto non mostrando gli errori e l'orrore degli avversari, ma puntando su ciò che di positivo ci sarebbe nel caso di vittoria. E la politica di oggi, italiana ma non solo, cos'è in definitiva? Al 90% solo offese, insulti e denunce reciproche, quasi mai qualcosa di propositivo. E la gente si stufa. Anche se non bisogna mai arrivare a pensare che l'anarchia sia la soluzione, la politica è indispensabile. Ma, come per tutte le cose, c'è modo e modo. E la conclusione di "No" è emblematica, proprio pensando all'oggi e al potere di un'altra "dittatura", mediatica questa volta. Anche se trovo sarebbe semplicistico paragonare quella della lattina di Coca Cola a quella militare/politica. Soprattutto dalla prima ci si può difendere con una semplice arma (più potente di altre, e per questo spesso osteggiata), la Cultura. Ciao!

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    1. Già, la politica è indispensabile, non bisogna mai dimenticarlo. Perchè i generali assumono il potere proprio quando è la politica a mancare, sfruttando il malcontento popolare e la fragilità delle istituzioni. Per questo bisogna avere fiducia nella politica (so che detta oggi sembra quasi una bestemmia ma è così). Bisognerebbe però che chi fa politica ci mettesse un po' più di impegno e determinazione, e darebbe già una grossa mano. Perchè nel nostro paese, purtroppo, tra politici e politicanti il passo è breve...

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