giovedì 29 agosto 2013

VENEZIA 70


Settant'anni, e per certi versi li dimostra tutti: per le strutture (che sono ancora le stesse dai tempi del Duce), per l'ospitalità (idem come sopra), per le file interminabili (per tutto: proiezioni, biglietti, ristoranti, bagni...), per l'organizzazione in generale,  ma anche per quel sapore antico di grande evento che ancora si respira per le strade del Lido. Insomma, Venezia è sempre Venezia, nel bene e nel male: certo, i tempi sono cambiati e il cinema è ormai sempre più globalizzato, anche a livello di festival, e giocoforza è sempre più arduo portare in laguna grandi titoli e grandi star: la concorrenza è sempre più forte (pensiamo al festival di Toronto, dove i film si comprano con pacchi di dollari sonanti, o a quello di Locarno, piccolo ma vicino e vitalissimo); aggiungiamoci poi le 'solite' difficoltà logistiche (collegamenti in primis) che certo non facilitano il compito del presidente Barbera, e il cerchio si chiude.


Per questo chi si aspettava un'edizione 'speciale' della Mostra del Cinema in virtù del settantesimo anniversario è rimasto forse un po' deluso... sulla carta infatti il concorso appare un po' deboluccio, con pochi titoli e pochi cineasti di grandissimo richiamo. Certo, niente a che vedere in confronto al bulimico Festival di Cannes, che quest'anno ha fatto davvero il pieno di grandi nomi (ed è risaputo che quando Cannes è forte la Mostra è debole, e viceversa). Però è anche vero che non sempre i grandi nomi assicurano un livello eccelso: l'anno scorso al Lido avevamo gente come Malick, Anderson, Kitano, De Palma, Mendoza, però alla fine hanno deluso tutti o quasi (Bellocchio a parte). E allora prepariamoci a vivere comunque questa 70. edizione con la speranza di assistere a dei bei film e, magari, a scoprire nuove proposte e nuovi autori. D'altronde i festival servono a questo. O no?

Concorso. Sono venti i titoli che si contendono il Leone d'oro. Su tutti spicca il film più atteso, The Zero Theorem, che segna il ritorno in Laguna del visionario Terry Gilliam: che, in verità, negli ultimi tempi è apparso un po' 'bollito', ma un suo lavoro è comunque un evento. Oltretutto condito da un cast stellare (Chris Waltz, Matt Damon, Tilda Swinton, Mélanie Thierry), staremo a vedere. Habituè del Lido sono invece Amos Gitai (con Ana Arabia, sull'ennesimo confronto tra Israele e Palestina), Stephen Frears (Philomena, con Judi Dench) e Hayao Miyazaki (col suo nuovo cartone, Kaze Tachinu, che tante polemiche ha provocato in patria per presunta 'istigazione' alla guerra - il film racconta la storia di un kamikaze - ma noi non ci crediamo). Nutrita anche la pattuglia americana: a cominciare dal debutto alla regia di James Franco, che si cimenta con la trasposizione cinematografica dell'ennesimo romanzo del saccheggiatissimo Cormac McCarthy, Child of God, con Scott Haze e Tim Blake Nelson. Curiosità anche per il ritorno in versione drammatica di Nicolas Cage con Joe, di David Gordon Green,  e per il nuovo lavoro di Kelly Reichardt, che torna al Lido dopo il debutto di due anni fa (non troppo felice, a dire il vero) con Meek's Cutoff. E ancora Parkland, di Peter Landesman, che ricostruisce l'omicidio Kennedy da dentro l'ospedale che accolse il presidente morente, e il documentario The Unknown Known di Errol Morris, che tratta la biografia di Donald Rumsfeld, l'architetto della guerra in Iraq sotto la presidenza Bush. Curiosità anche per l'australiano Tracks di John Curran, una specie di Into the Wild in versione femminile con una bravissima (pare) Mia Wasikowska e per la Scarlett Johansson 'aliena' in terra scozzese in Under the Skin di Jonathan Glazer. A questi vanno poi aggiunti due film francesi (La Jalousie di Philippe Garrel e Les Terrasses di Merzak Allouache), uno tedesco (Die frau des polizisten), uno greco (Miss Violence) e 'solo' uno cinese (Stray Dogs di Tsai Mig-Liang). E l'Italia? Ne parliamo tra poco...
Bernardo Bertolucci, presidente di giuria

Orizzonti. Tanti titoli in questa sezione, da sempre la più interessante e 'sperimentale' della Mostra. Ne segnaliamo i più attesi: dal giapponese Sion Sono, autore 'cult' per legioni di cinefili, al nuovo lavoro di Lucas Moodysson (vi ricordate le due ragazzine lesbiche di Fucking Amal?), alla 'nipotina d'arte' Gia Coppola... e poi tanti, tanti esordienti, dai quali ci aspettiamo almeno una nuova stella.

Antonio Albanese e Gianni Amelio, le nostre speranze per il Leone d'oro
Fuori concorso. La Mostra si apre col nuovo film di Alfonso Cuaròn, Gravity, con George Clooney e Sandra Bullock dispersi nello spazio. Ci sarebbe da aspettarsi seriamente la bidonata, ma Cuaròn è quello de I figli degli uomini... diamogli una chance. Altro titolo 'di culto' (per gli appassionati) è il ritorno al cinema di Capitan Harlock, portata sullo schermo dallo specialista 'anime' Shinji Aramaki: si attendono folle di ragazzini e ragazzi più attempati per una delle serie televisive più amate di sempre. Da non perdere nemmeno l'ultimo film di un regista 'maledetto' come Paul Schrader, di nuovo a Venezia con lo scabroso The Canyons (con una strafatta Lindsay Lohan, la parte non dovrebbe averle richiesto troppa fatica...). Il cinema francese è rappresentato da Une promesse di Patrice Leconte (anche lui ospite fisso al Lido), mentre destano curiosità due documentari: quello su Frank Zappa dell'italo-americano Salvo Cuccia e, soprattutto, quello sul ciclista Lance Armstrong diretto da Alex Gibney, all'indomani della confessione sull'uso di doping da parte del discusso atleta texano. E, ancora, il prequel di Heimat del tedesco Edgar Reitz (ormai un tutt'uno con la sua opera) e, invece, il sequel di Wolf Creek diretto da Greg McLean.

Alberto Barbera
L'Italia. Il nostro cinema piomba in forze al Lido, e non poteva essere altrimenti. Ma (lo diciamo a bassa voce...) questa volta ci azzardiamo a dire che la selezione potrebbe essere stata fatta coi criteri 'giusti' e non da Prima Repubblica come d'uso... lo diciamo perchè troviamo nelle varie sezioni titoli interessanti e non banali, che proprio per i loro argomenti e i rispettivi registi parrebbero non rispondere a criteri 'lottizzatori'. Staremo a vedere... certo che era da tempo che non si vedevano in concorso tre titoli italiani interessanti e particolari 'a prescindere', aldilà dell'aspetto qualitativo. Troviamo infatti coraggiosa la scelta di buttare nella mischia l'esordiente (al cinema) Emma Dante, apprezzata regista teatrale e debuttante in laguna con Via Castellana Bandiera: storia di un duello rusticano al femminile nei vicoli di Palermo. Così come ci piace moltissimo la presenza in concorso di Gianfranco Rosi, bravo documentarista che vive tra l'Italia e gli Stati Uniti: tre anni fa il suo Below sea level (presentato fuori competizione) fu, a nostro modestissimo parere, il più bel film dell'intera rassegna veneziana. Stavolta ci riprova con Sacro GRA, dove GRA sta per 'Grande Raccordo Anulare'... meriterebbe un premio solo per il titolo! Scherzi a parte, le maggiori chanches italiane per il Leone d'oro sono affidate in massima parte a Gianni Amelio, già vincitore nel 1998 con Così Ridevano e uno dei nostri cineasti più apprezzati a livello internazionale. Il suo nuovo film si chiama L'Intrepido e poggia per buona parte sulle spalle del protagonista Antonio Albanese, nel ruolo di un poveraccio schiacciato dalla crisi che si adatta a 'sostituire' clandestinamente, per pochi spiccioli, colleghi bighelloni più fortunati di lui. Incrociamo le dita!

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