martedì 12 novembre 2013

LA VITA DI ADELE


(La vie d'Adèle - Chapitres 1 - 2)
di Abdellatif Kechiche (Francia, 2013)
con Adèle Exarchopoulos, Lea Seydoux, Jeremie Laheurte, Salim Kechiuouche
durata: 179 min.


Il cibo, il sesso, l'amore, la routine, la rabbia, il distacco. 179 minuti sono il tempo che serve a Abdel Kechiche per mettere in risalto l'universalità dei sentimenti e la parabola di una relazione. Il fatto che il film racconti una storia saffica è importante ma non totalizzante: La vita di Adele avrebbe potuto raccontare un amore eterosessuale e non sarebbe cambiato poi molto, almeno a livello di narrazione. Sarebbe invece cambiato moltissimo a livello di percezione del pubblico: è chiaro che una storia gay fa molto più scalpore ed ha un impatto mediatico, sociologico e politico ben diverso (e la vittoria della Palma d'oro a Cannes, proprio nei giorni in cui il governo transalpino votava la legge sui matrimoni omosessuali, ne è un esempio lampante: il palmarès della Croisette è stato spesso specchio di rivendicazioni politiche, basti pensare alle vittorie di Michael Moore e Ken Loach negli anni passati...)

Ma limitiamoci al cinema, che è quello che più ci interessa. Molti hanno scambiato La vita di Adele per un romanzo di formazione, ma a ben vedere ci accorgiamo che non è affatto così: nel senso che per come è strutturato il film è più corretto parlare di 'istantanee di vita' della sua giovane protagonista, in quanto la storia raccontata da Kechiche è tutt'altro che fluida e lineare, come del resto si evince fin dal titolo originale che parla di due 'capitoli', come un libro, ognuno narrante un periodo ben preciso e senza alcun collegamento temporale. Due capitoli che anche stilisticamente sono come due film nel film, diversissimi tra loro per registro, toni, e anche qualità cinematografica.

Nella prima parte, la sedicenne Adele è alle prese con i primi turbamenti sessuali: le compagne di liceo, disinibite e scaltrissime, la 'spingono' letteralmente tra le braccia del bello della scuola. Adele ci va a letto, più per far contente le amiche che per lei stessa. E' strano: nonostante sia la liceale più invidiata del suo istituto, Adele non prova alcun entusiasmo nei suoi amplessi con Thomas. E' solo esercizio fisico, mancano l'emozione e il trasporto, la scintilla che accende la passione. Il motivo apparirà poco dopo, nelle fattezze di una strana ragazza dai capelli blu che incrocia il suo sguardo davanti al bancone di un locale gay. Si chiama Emma, è più grande, più esperta, più risoluta, più affamata. Finiscono a letto insieme, fanno l'amore in continuazione: sesso travolgente, selvaggio, uno scambio di corpi e pulsioni che arroventano e cementificano la loro unione.

Il problema è che la passione tra le due protagoniste non è affatto pari a quella dello spettatore. Kechiche è un regista bulimico, invadente, incontenibile (nel bene e nel male) quando si tratta di mettere in scena l'attrazione fisica, quasi come se l'artista (che è validissimo) lasciasse spazio all'uomo, al 'maschio', a una (in)sensibilità che non è certo commisurata alla delicatezza che la storia richiederebbe. E' la stessa sensazione che avevamo avuto in Venere Nera, il suo film precedente, dove la drammaticità della vicenda veniva svilita dalla sgradevolezza dell'impianto di fondo della pellicola. E anche qui Kechiche si muove come un elefante in un negozio di cristalli: ci propina interminabili scene di sesso senza risparmiarci alcun dettaglio, che però finiscono per ottenere l'effetto contrario a quello sperato, ovvero l'assuefazione dello spettatore e la conseguente noia, oltre che al disappunto per non aver invece approfondito aspetti ben più importanti. Mentre infatti infuriano gli amplessi, intere parti vengono abbandonate a se stesse: che succede a Adele quando le compagne di classe scoprono che è lesbica? Che ne è del rapporto con i suoi genitori, molto meno 'progressisti' di quelli di Emma? Risposte che possiamo solo immaginare, guardando quello che succede dopo...


Sipario. Capitolo secondo. Sono passati dieci anni. Adele e Emma vivono insieme, la loro relazione è ormai alla luce del sole. E qui, finalmente, abbandonate le ambiguità sessuali e gli istinti pruriginosi, il film decolla. Adesso poco importa se la coppia è omo o etero. E' una coppia, punto e basta, che deve affrontare la vita come qualunque altra. Adele ama Emma, ma i loro caratteri e le loro aspirazioni sono molto diversi: Adele fa la maestra in una scuola elementare, il mestiere che ha sempre desiderato, ma Emma lo considera un ripiego, un lavoro di serie b. Lei è un'artista affermata, laureata alla Belle Arti e pittrice avanguardista di successo. Emma ha molteplici conoscenze, altolocate, snob. Adele sembra sola, solissima. Non si sa che fine hanno fatto la famiglia e le sue amiche. Vive a rimorchio della compagna, ma inevitabilmente le disparità sociali e attitudinali mineranno i loro rapporti.

Da questo momento il film si eleva a parabola dei sentimenti, una specie di trattato sulla capacità di amare e di relazionarsi ai nostri tempi. Le due attrici, l'esordiente Adele Exarchopoulos e la più conosciuta Lea Seydoux, sono bravissime nell'immedesimarsi in due persone unite dalla passione ma divise dal loro ego: Adele ama visceralmente Emma, ma non si capisce se il suo sia amore, ossessione, disperazione o solitudine. Tolto il linguaggio del corpo, infatti, Adele e Emma hanno ben poco in comune: carattere, sensibilità, obiettivi, le rispettive debolezze, sono del tutto diverse... Adele è la più fragile delle due, e anche la più confusa. L'incomunicabilità con il mondo in cui l'ha trascinata la compagna la porta al gesto più banale e drammatico: il tradimento, con un uomo per giunta! Da qui le loro strade si divideranno, non è dato sapere se per sempre o no: il sottotitolo 'capitoli 1 e 2' lascia presagire un sequel, ma il regista nè conferma nè smentisce...

La vita di Adele è un film a due facce: schematico, morbosetto, abbastanza incompiuto nella prima parte, diventa adulto e stringente, profondamente umano nella seconda. Come detto, è una Palma d'oro figlia del momento che Kechiche ha abilmente sfruttato. Ma, anche alla luce di innumerevoli recensioni entusiastiche che abbiamo letto, ci permettiamo di dire che siamo ben lontani dal capolavoro. E' una pellicola-fiume che NON vi inchioderà alla poltrona per 179 minuti (che si sentono tutti) ma vi porterà a discutere, a interrogarvi su voi stessi. Per questo va comunque visto, depurato però da apologie e pregiudizi.

11 commenti:

  1. Io invece non cambierei una virgola: lo trovo meraviglioso, quasi miracoloso anzi per l'equilibrio e la delicatezza con cui racconta questa storia. Ne sono rimasta affascinata. Non mi capita spesso.

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    1. In molti ne sono rimasti affascinati, e non discuto. Questione di sensibilità personale. Io però tutta questa delicatezza non l'ho trovata...

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  2. L'asse di rotazione terrestre si è invertito o per una volta siamo d'accordo su un film?

    D'accordissimo sul fatto che la politica regna sovrana a Cannes. Questa volta però devo dire che mi ha fatto piacere. E' stato bello vedere premiare questo film mentre a Parigi durante le manifestazioni anti-legge i genitori portavano a spasso i bambini (che c'entrano?) con gli striscioni (scena rivoltante).

    A me è sembrato molto delicato il tocco di Kechiche, non capisco l'affermazione dell'elefante nel negozio di cristalli. Ecco, per me il difetto è che vuole dire tutto, mostrare tutto. E sollevo dubbi anche sull'efficacia del film "oltre" la storia d'amore e i personaggi.

    Solo una cosa: scrivi che nel film c'è un ellisse di 10 anni. Io non me ne sono accorto! Come dici che è un arco di tempo così lungo? Forse me lo sono perso, non so. Ah, e sul sequel....naaaa, non credo proprio!



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    1. Ma dai... non è vero che non siamo mai d'accordo! Esagerato! ;-)

      Scherzi a parte, come ho scritto anche a Scarlett (sopra) io non sono riuscito a vederci tutta questa delicatezza: anzi, ho trovato piuttosto morbose le scene di sesso e anche inutilmente prolisse, soprattutto perchè a discapito della storia. Nella prima parte ci sono parecchi passaggi non approfonditi e lasciati cadere nel vuoto. Ma, tornando alla delicatezza, il primo capitolo mi ha proprio fatto tornare in mente Venere Nera: anche lì c'era secondo me un'inutile esibizione della fisicità (in quel caso si rasentava la sgradevolezza, dato l'argomento e il personaggio del film). Qui sinceramente non capisco e non approvo la lunghezza degli amplessi e la loro ostentazione fin nei minimi dettagli. Le stesse attrici si sono profondamente risentite verso Kechiche per il maschilismo e la crudezza di quelle scene (basta leggere una qualsiasi intervista alle protagoniste, che infatti hanno seccamente smentito la loro presenza in un eventuale sequel). Per questo ho parlato di un elefante in un negozio di cristalli: non mi pare proprio che il 'tocco' di Kechiche sia da farfalla! Molto più bella, fluida e compiuta invece la seconda parte, ottima nello scandagliare il carattere delle due ragazze e la difficoltà del rapporto di coppia. Quasi come se fossero due film diversi!

      Riguardo l'ellisse di dieci anni, sì te lo confermo: tra i due capitoli c'è uno spazio temporale di un decennio, l'ho letto in più di una recensione. Ma fossero anche cinque anni o due cambierebbe poco: in ogni caso non sappiamo cosa è successo nel mezzo, per precisa scelta del regista (che non contesto, ci tengo a precisarlo).

      Hai pienamente ragione, poi, riguardo la vittoria a Cannes: anche a me ha fatto piacere, aldilà del giudizio artistico sul film. C'è da dire che i francesi sono bravissimi nel 'fiutare il momento' e di conseguenza assegnare i premi politicamente 'giusti'. Tanto di cappello.

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    2. Sarebbe interessante sondare il limite, in termini di minutaggio, di una scena di sesso, allo scopo di capire qual'è il confine tra vera autorialità e ricerca dello scandalo. E' questione di un minuto in più o un minuto in meno? Difficile a dirsi. Tu puoi dire che il limite è di due minuti, un'altro può dire che il limite è di quattro minuti. Ad ogni modo è una perdita di tempo. Si finisce per scadere nel solito, reiterato, sfiancante discorso della soggettività.

      P.S. Sauro, io ho grandi aspettative per un altro concorrente a Cannes di quest'anno, Il Tocco del Peccato (esce a fine mese). Ci vuole un bel film "definitivo" sulla Cina, nella nostra epoca.

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    3. Non è questione di minuti... certo non li ho contati, però credo che complessivamente le tre scene di sesso durino quasi mezz'ora e occupano buona parte del primo capitolo. Non mi sembra poco, e oggettivamente credo che si poteva rendere lo stesso effetto anche con meno dovizia di particolari. Ora però a forza di parlare di questo non vorrei essere etichettato come moralista (che non sono). Dico semplicemente che appesantiscono la narrazione senza alcuna necessità e rubano spazio alla sceneggiatura (in un film di tre ore è il colmo!). Tutto qui.

      Riguardo Cannes, anch'io aspetto 'Il tocco del peccato' (che però le prime critiche lo giudicano molto più 'commerciale' rispetto a 'Still Life') ma, soprattutto, due film americani di cui si dice un gran bene: 'Nebraska' di Payne e, soprattutto, 'Inside Llewyn Davis' dei Coen... A proposito: come ha fatto il tuo collega di blog a vederlo così prima di tutti? :)

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    4. E' uno dei vantaggi di vivere oltreconfine!

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  3. Le scene erotiche sono a mio avviso assolutamente necessarie: è giusto mostrare il sesso avido e selvaggio dell'adolescenza e la sua carnalità. Vogliamo ancora i film dove i protagonisti si tirano il lenzuolo sotto l'ascella? Oltretutto le riprese di Kechiche non sono nè volgari nè morbose ma assolutamente funzionali alla storia.

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    1. Cara Helena, io non ho detto che le scene di sesso non sono necessarie, anzi! Sono fondamentali ai fini della trama, ci servono per capire quello che succede 'dopo'. Ho detto che sono inutilmente prolisse e un tantino morbosette: perchè insistere sui particolari con tale dovizia? Perchè farle durare dieci minuti l'una? Sarebbe cambiato qualcosa per la comprensione dello spettatore? Io credo di no, e magari si poteva usare quel tempo per approfondire aspetti della trama che vengono 'abbandonati'. Non credo di essere moralista nè 'bacchettone', semplicemente non vedo l'utilità di tanta 'esposizione', tutto qui.

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  4. A me è piaciuto ma l'ho trovato un tantino lungo. So che un film non si giudica dal minutaggio ma queste tre ore non mi sono passate d'un fiato. Non dico per le scene di sesso ma in generale, secondo me in certe parti il ritmo scende vertiginosamente, fermo restando che ci troviamo di fronte comuqnue a una bella storia.
    Mauro

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    1. Ciao Mauro, è la stessa sensazione che ho avuto anch'io...

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