lunedì 6 ottobre 2014

ANIME NERE

(id.)
di Francesco Munzi (Italia, 2014)
con Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Anna Ferruzzo, Barbora Bobulova
durata: 103 min.


Non fidatevi di chi liquida Anime Nere come 'L'ennesima storia di mafia' o 'l'equivalente di una puntata di Gomorra...' Vuol dire che non hanno visto il film, o semplicemente non l'hanno capito. Certo, è ovvio, la 'ndrangheta è presente in ogni momento del film, ed è la vera protagonista del racconto: Anime Nere è la storia di tre fratelli calabresi che non riescono a staccarsi da essa, anche andandosene lontano dalla loro terra. Perlappunto. Più che un film di mafia, il film di Munzi è un cupo ritratto di una società degenerata, che ormai nemmeno cerca più di combattere il male perchè il male è parte integrante (e consistente) di essa. I tre fratelli protagonisti vivono come in un agghiacciante reality-show dal quale è impossibile uscire, un mondo inospitale e lugubre che li avvolge e li condiziona in ogni momento della loro vita.


Anime Nere tecnicamente è un noir, e anche dei migliori (ritmo serrato, fotografia livida e accurata, colori freddissimi, dialoghi scarni), ma finisce con l'assomigliare più a una tragedia familiare (anzi, nazionale) piuttosto che a un film d'azione. Diversamente dagli altri film di mafia, il regista non si mette a fare la morale allo spettatore (non ci sono magistrati incorruttibili, poliziotti coraggiosi, preti combattenti, giornalisti idealisti) ma fissa lo sguardo su un pezzo d'Italia nel quale lo Stato è clamorosamente assente, ignobilmente latitante. Non sto parlando di un luogo fisico, ma di una condizione sociale ben precisa: la 'ndrangheta c'è sull'Aspromonte come nei salotti milanesi, nelle strutture futuribili dell' Expo come nei canali di Amsterdam. Anime Nere è una riflessione lucida sul Male e sulla colpevole apatia delle Istituzioni, radiografate da uno sguardo ravvicinato e tenace al quale, purtroppo, siamo sempre meno abituati.

Anime Nere, dal mio personalissimo punto di vista, finisce con l'assomigliare più a un documentario che a una fiction: la potenza evocativa delle immagini consente, a chi vuole e nella misura in cui lo vuole, di tuffarsi nella realtà che racconta, lasciandolo libero di assumere la propria posizione. Munzi infatti non giudica, non pontifica e nemmeno prova a darci una speranza. Paradossalmente sembra assomigliare più a una puntata di True Detective piuttosto che a Gomorra: la visione d'insieme è infatti disincantata e nichilista, senza alcuna concessione al pietismo, senza farci intravedere una minima via d'uscita. Forse è questo l'unico vero punto debole: l'agghiacciante banalità di chi racconta, fotografa e non propone soluzioni possibili. Troppo facile, dirà qualcuno. Ma siamo davvero sicuri che spetti al cinema proporle?

15 commenti:

  1. Da una parte avevo paura della classica 'terronata' [termine da intendersi come ironico e non offensivo, sia chiaro], però questo film, dalle poche clip che ho visto, a pelle mi sembrava un qualcosa di diverso. Fra qualche settimana lo proietteranno da me, spero di concordare con la tua bella recensione :)

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    1. A me è piaciuto molto: sai che, paradossalmente, è bello proprio perchè non è davvero una 'terronata' (intesa in senso ironico, inoffensivo, ecc...) ma è portatore di un messaggio che interessa tutti: la malavita non è tanto un luogo fisico ma sociale, che va a prendere il posto dello Stato dove questo (colpevolmente) non arriva.

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    2. Finalmente visto e...
      Beh, davvero una sorpresa, nel suo piccolo. Non sono entusiasta come te, però il messaggio lo eleva dai suoi (numerosi) difetti, rendendolo una pellicola davvero meritevole.

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    3. Mi fa piacere che ti sia piaciuto, penso che hai capito perfettamente il perchè ho dato un giudizio più che positivo. Nessuno nega i difetti del film, ma il risultato finale ripaga ampiamente

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  2. Ero molto scettico, ma forte della tua fiducia vedrò di recuperarlo.

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    1. Merita il recupero: a Venezia è stato una rivelazione, malgrado gli zero premi vinti... ma ha conquistato la platea.

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  3. Hai chiuso con una domanda che già di suo mi convince a vedere il film. Poi c'è anche da dire che sto vivendo un periodo piuttosto ricco di visioni italiane e sto ritrovando un po' di fiducia. Mi aspetto qualcosa da questo film, spero di vederlo presto. Ancor di più ora, dopo aver letto la tua recensione. =)

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    1. Io la fiducia nel cinema italiano non l'ho mai persa... certo, noi italiani siamo specialisti nell'autolesionismo e facciamo di tutto per complicarci la vita, soprattutto per colpa di governi inetti che tagliano sulla cultura anzichè investirci sopra (discorso vecchio ma, purtroppo, sempre attuale). Ma è innegabile che quando vogliamo le cose le sappiamo fare, anche se ormai fare il regista o il produttore è sinonimo di pazzia o eroismo (dipenda da che parte lo si guarda). Ma tutto sommato, qual è quel paese che non ha bisogno di eroi?

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  4. Anime nere colpisce duro al cuore e allo stomaco. Oltre gomorra. Quasi un documentario. Più di un film. Chi lo paragona alla bieca fiction italiana sbaglia di grosso. E sono in tanti!!!

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    1. Sì, sbaglia di grosso. Ma sbaglia anche chi lo paragona a serie di innegabile qualità (tipo, appunto, Gomorra) ma che non hanno niente a che vedere con un film come questo che va ben oltre la semplice struttura del noir (comunque anch'essa notevole). Senza ovviamente voler mancare di rispetto a nessuno: semplicemente, è un'altra cosa.

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    2. Infatti, è quello che intendevo scrivendo "Oltre Gomorra".

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  5. E che finale, che finale...ti consiglio di recuperare anche Il Resto della Notte, anche quello un noir improntato di documentario sociale (o viceversa).

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  6. Concordo. Gran film, non sono ancora riuscita a scriverne (a questo punto ho seri dubbi di riuscirci), ma la tua analisi, come al solito, è impeccabile.

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    1. Grazie. Lo spessore del film è anche dimostrato dal fatto che, uscito in pochissime sale, ha raggiunto buoni incassi grazie al passaparola tra gli spettatori (che è il miglior indice di qualità)

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