martedì 17 novembre 2015

KREUZWEG, LE STAZIONI DELLA FEDE


(Kreuzweg)
di Dietrich Bruggemann (Germania, 2014)
con Lea Van Acken, Franziska Weisz, Florian Stetter, Lucie Aron, Moritz Knapp
durata: 110 minuti


Non avrei mai voluto scriverlo, ma questo è un film (purtroppo) straordinariamente attinente ai tragici fatti di questi giorni, una terribile coincidenza voluta dal destino. Un film importante e rigoroso, senza fronzoli, che entra a gamba tesa sulle nostre coscienze costringendoci a riflettere sul difficile rapporto tra la religione (intesa nel suo significato più alto, dogmatico), coloro che la esercitano e coloro che la praticano, e obbligandoci ad aprire gli occhi, comunque la si pensi riguardo la propria spiritualità, su una verità incontrovertibile: le religioni non uccidono, non scatenano le guerre, non condizionano le menti. Mentre le responsabilità verso tutti i crimini commessi nel nome di Dio, qualunque esso sia, sono sempre terrene, umane, di chi interpreta a modo suo, a proprio piacimento (o per proprio tornaconto) quanto scritto nei testi sacri.


Kreuzweg in tedesco significa Via Crucis: il regista Dietrich Bruggemann costruisce una durissima metafora contro l'integralismo religioso e l'insensatezza di chi esercita arbitrariamente, approfittando della (buona)fede dei seguaci, l'insegnamento di teorie folli e totalmente deviate, stravolgendo i dettami che vorrebbero la religione come un mezzo per unire (e non dividere) le persone, amare (e non odiare) il prossimo, spingere i fedeli a convincersi della bellezza della vita e non, al contrario, condurli verso il baratro della morte. Così, mostrandoci il personale calvario della quattordicenne Maria (Lea Van Acken, bravissima), che attraversa una ad una le quattordici stazioni della Passione di Cristo, immedesimandosi nel Redentore e convincendosi di voler consegnare a Dio la propria vita sacrificandosi per un bene superiore (la salute del fratellino malato), Bruggemann ci mette in guardia, con raggelante realismo, di come si possa arrivare, in nome di assurde convenzioni imposte ed artefatte, ad annullarsi completamente nella suggestione della propria Fede.

Maria è una ragazzina intelligente e sveglia, eccelle a scuola, ha un coetaneo che le fa il filo. Tutto normale per una della sua età, non fosse che per la presenza una madre dispotica, cattolica integralista, devota alla fantomatica Società Fratellanza Pio XII (nome inventato), una sorta di setta cristiana che non riconosce nè il Papa nè il Concilio Vaticano II, ed interpreta alla lettera le Scritture. Così, Maria non è libera di cantare nel coro della parrocchia, che suona musiche "sataniche" (jazz e gospel), non può incontrare il ragazzino che le piace, non può provare per lui la minima attrazione, il minimo piacere (che il prelato locale bolla come "impurità"), non può permettersi neppure di fare ginnastica in palestra con le compagne "svergognate". La cosa agghiacciante è che Maria si auto-convince della giustezza di tutto ciò, flagellandosi e conducendo se stessa verso la morte, da lei interpretata come il normale sacrificio richiesto per l'ottenimento della Grazia...

Kreuzweg è un film dolorosissimo, soffocante, ineccepibile anche stilisticamente: è diviso in quattordici capitoli, ognuno chiamato col nome della corrispondente "stazione" della Via Crucis, aperti da un'inquadratura fissa e raccontati quasi tutti in lunghi piani sequenza, alcuni davvero interminabili per tensione e carica emotiva, al limite della sopportazione. E' una pellicola volutamente opprimente e claustrofobica, impostata in un drammatico crescendo di rabbia e incredulità man mano che ci si avvicina all'ultima stazione (e chi ha letto un poco la Bibbia sa qual è...), nella quale, finalmente, la macchina da presa guarda il cielo plumbeo "rullando" verso la terra, dando la sensazione della svolta e della liberazione, in un finale tutto sommato aperto e possibilista, che strizza l'occhio a Dreyer e Bergman. Troppo ambizioso? Forse. Ma alla luce di ciò che accade nel mondo reale, quasi necessario.


16 commenti:

  1. Film bellissimo, anche se decisamente pesante nei contenuti. Mi è piaciuta moltissimo la telecamera fissa e il fatto che non sia palloso, richio che film di questo tipo corrono sempre...

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    1. Esatto, pesante nei contenuti ma armonioso nella forma. Carico di tensione e suggestione. Il senso di inquietudine ci accompagna dalla prima all'ultima (liberatoria) scena... non era facile.

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  2. Una pellicola da far vedere nei catechismi e nelle ore di religione.
    Anche se sarebbe meglio non frequentarli, catechismi e ore di religione... :)

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    1. Nelle ore di religione senza dubbio, anche se credo in Italia nessuno lo farà mai! Sul catechismo, io non mi permetto di criticare chi ha fede e chi crede in Dio, magari hanno anche più forza interiore ed esteriore rispetto agli atei. E' giusto però che venga dato spazio anche a chi, legittimamente, denuncia i rischi di una deriva ideologica e fondamentalista della religione

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  3. Si è un film estremo e bellissimo, fa accapponare la pelle ma la visione la merita di sicuro :)

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  4. Sarà una delle mie prossime visioni.
    E dopo aver letto il tuo pezzo, sono ancora più curioso.

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    1. Come sempre, fammi sapere cosa ne pensi... aspetto il tuo commento!

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  5. Mi ha ricordato molto Lourdes per il rigore e l'equidistanza nel trattare l'argomento. Film notevole, anche dal punto di vista tecnico-stilstico

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    1. Sì, anche a me è venuto a mente "Lourdes", che però era molto più poetico e fatalista di questo. Qui la denuncia è chiara ed esplicita, sebbene il regista non condanni apertamente chi trae forza dalla propria fede, mentre invece punta il dito sulla deriva estremista che è tutta umana. Film importante, non c'è dubbio.

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  6. Io sono un po' più freddina di voi. E' facile prendersela con una setta, come giustamente dici te, agli estremi del fondamentalismo cattolico. Sarebbe stato un film più coraggioso se avesse parlato della Chiesa Cattolica, la Chiesa del Papa, a mio avviso non immune da comportamenti di questo tipo... aver rappresentato il paradosso non mi sembra indice di coraggio. Spero di essermi spiegata

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    1. Io credo che vediamo il film sotto diversi punti di vista. Il regista, a mio avviso, non voleva girare un atto di accusa contro una chiesa in particolare, ma metterci in guardia sulle pericolose interpretazioni che possono stravolgere il senso di qualsiasi religione. Qui si parla del fondamentalismo cattolico perchè è senz'altro il più vicino alla conoscenza del regista, ma il messaggio (universale) può estendersi a qualsiasi dottrina. Il film è simbolico, non penso che si rivolga a una religione piuttosto che a un'altra

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  7. Interessante, anche se non mi ha entusiasmato (cinematograficamente); comunque Sauro dello stesso argomento ti consiglio fortemente di guardarti "Hadewijch" di Bruno Dumont. Molto, ma molto meglio.

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    1. Lo confesso... di "Hadewijch" ignoravo l'esistenza! Ma se me lo consigli te cercherò in tutti i modi di procurarmelo: grazie per la dritta, Stefano!

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  8. Bella recensione, che come al solito mi ha fatto venire voglia di vederlo (e come al solito non lo farò: hai visto mai che questo film trovi uno straccio di distribuzione). Complimenti!
    Mauro

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