giovedì 15 settembre 2016

PAGELLE VENEZIANE : FUORI CONCORSO E SEZIONI COLLATERALI

"One more time with feeling" di Andrew Dominik

Come ogni anno, in attesa delle pagelle "definitive" sul Concorso veneziano, diamo uno sguardo anche alle sezioni collaterali della Mostra, purtroppo mai "battute" come meriterebbero dal sottoscritto per problemi logistici e di tempo (leggi orari accavallati e corse frenetiche da una sala all'altra). E anche quest'anno, per l'ennesima volta, non posso far a meno di sottolineare quanto molte di queste pellicole avrebbero di gran lunga meritato il Concorso principale, cioè quello che assegna il Leone d'Oro. Queste sono solo alcune tra quelle che sono riuscito a vedere... 


ONE MORE TIME WITH FEELING
(di Andrew Dominik, Usa - fuori concorso) 
In apparenza, un semplice documentario: Nick Cave ci apre le porte del suo studio di registrazione, dove sta incidendo il primo disco dopo la morte del figlio Arthur... e qui si compie il miracolo: l'artista si confessa a cuore aperto, sinceramente. senza retorica e senza ricatti per lo spettatore. Ne viene fuori un ritratto di grande intensità e commozione, emozionante, coinvolgente, dove i momenti più intimi vengono intervallati dalle registrazioni delle (splendide) canzoni dell'album. Un film di incredibile atmosfera e di rara potenza cui il 3D, per una volta, conferisce un fascino unico.


THE AGE OF SHADOWS
(di Kim Jee Woon, Corea del Sud - fuori concorso) 
Il nome di Kim Jee Woon forse dirà poco ai non appassionati di cinema orientale, ma il maestro coreano ancora una volta ci regala una pellicola di incredibile fascino e suggestione: uno sfolgorante noir d'altri tempi sotto forma di pamphlet storico-politico, dove attraverso le vicende di un gruppo rivoluzionario coreano il regista ci immerge nella Shanghai degli anni '20, teatro della resistenza all'invasore giapponese. Dramma, azione, thriller, horror, il tutto shackerato in un mix di devastante potenza.


DAWSON CITY: FROZEN TIME
(di Bill Morrison, Usa - Orizzonti) 
L' "oggetto" più inclassificabile e affascinante della rassegna veneziana: un documentario sulla febbre dell'oro d'inizio secolo, ovvero l'epopea dei cercatori delle preziose pagliuzze che risaliva il fiume Yukon per cercare fortuna... un film costituito al 100% di filmati d'epoca, tutti ritrovati per puro caso e scampati miracolosamente alla distruzione. Nessuna voce off, nessun commento, solo una partitura musicale continua e (volutamente) ossessiva, a sottolineare la tenacia di quei pionieri. Un gioiello per veri cinefili, un atto d'amore verso la Settima arte.


REPARER LES VIVANTS
(di Katell Quillevere, Francia - Orizzonti) 
Il giovane Simòn, in seguito a un grave incidente, finisce in coma irreversibile ed i genitori autorizzano l'espianto di organi. Contemporaneamente, una donna aspetta il trapianto di cuore che potrebbe salvarle la vita... il titolo del film dice tutto: "riparare i viventi", non solo fisicamente ma anche nell'anima, cercando umanità al posto della morte, e proseguendo la catena vitale. Il film è rigoroso, asciutto, non specula minimamente sul dolore e mostra, letteralmente, ogni particolare degli interventi chirurgici: chiaro il riferimento alla "riparazione" intesa come atto meccanico, propedeutico a una nuova rinascita. Bello e toccante, una delle migliori proposte della sezione Orizzonti.


KING OF THE BELGIANS
(di Peter Brosens e Jessica Woodworth, Belgio - Orizzonti) 
Ricordate la coppia Brosens-Woodworth? Nel 2012 stupirono il Lido con l'inquietante e cupo La Quinta Stagione, apocalittico fantasy che ammoniva contro i rischi d'inquinamento ambientale... quest'anno invece tornano a Venezia cambiando completamente registro, presentando una commedia grottesca e pungente sul problema dell'integrazione tra i popoli e le difficoltà dell'Unione Europea verso i rifugiati, prendendo sarcasticamente in giro le leggi e le resistenze culturali del Vecchio Continente. Ironico, pungente, spassoso, dissacrante. Non bello come La Quinta Stagione, ma comunque divertentissimo.


THE JOURNEY
(di Nick Hamm, Irlanda - fuori concorso) 
La questione nordirlandese vista attraverso uno spunto d'immaginazione: il regista Nick Hamm si rifà al "compromesso storico" del 2006 quando, su invito del premier britannico Tony Blair, il leader cattolico Martin McGuinness e il pastore protestante Ian Paisley rompono un silenzio trentennale e provano, faticosamente, a parlarsi e capirsi... l'incontro, segretissimo, ci fu veramente e nessuno sa cosa si dissero i due capi di stato, che in seguito diventarono perfino grandi amici. Hamm prova a immaginare quell'incontro, prendendo a pretesto un improbabile viaggio in macchina condiviso. Tipico humour anglosassone, intelligente e pungente. Bravissimi i due interpreti (Colm Meaney e Timothy Spall).



THE MAGNIFICENT SEVEN
(di Antoine Fuqua, Usa - fuori concorso) 
Sontuoso remake del classico western del 1960 diretto da John Sturges: intelligentemente, il regista Antoine Fuqua firma un perfetto prodotto di puro intrattenimento, rinunciando a girare un ennesimo western-verità e confezionando invece una perfetta operazione-nostalgia, senza pretese autoriali e puntando unicamente a divertire il pubblico in sala, riuscendoci appieno. Gran cast (Denzel Washington, Chris Pratt, Ethan Hawke e Vincent D'Onofrio).

4 commenti:

  1. Con quelli visti, concordo in tutto, anche sul fatto che fossero più meritevoli del concorso rispetto ad altri (sì, gli italiani) che in concorso erano.
    L'unico disappunto su DAWSON CITY: FROZEN TIME, film in cui è difficile entrare, e che ho trovato pesante nel suo ripercorrere troppa storia americana, uscendo dai confini di Dawson City.

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    Risposte
    1. "Dawson City" in effetti è il più faticoso da seguire, ma solo per la nostra scarsa attitudine ad operazioni di questo tipo (e alla storia americana!) però la cura e l'amore per il cinema dimostrati me lo hanno fatto amare :)
      Sul cinema italiano a Venezia sfondi una porta aperta... mi riprometto di riparlarne presto più diffusamente.

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  2. Il documentario su Cave dev'essere qualcosa di grande...

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