sabato 8 ottobre 2016

CAFE' SOCIETY

(id.)
regia: Woody Allen (Usa, 2016)
cast: Jesse Eisenberg, Kristen Stewart, Steve Carell, Blake Lively
sceneggiatura: Woody Allen 
fotografia: Vittorio Storaro
scenografia: Santo Loquasto
montaggio: Alisa Lepselter
musica: aa.vv.
durata: 96 minuti
giudizio: 


trama: sul finire degli anni '30 il giovane ebreo Bobby si trasferisce da New York a Los Angeles per sfuggire agli opprimenti genitori e inseguire il mito di Hollywood. A dargli una mano saranno lo zio Phil, potente impresario cinematografico che proverà ad introdurlo nella Fabbrica dei Sogni, ma soprattutto la giovane Vonnie, di cui Bobby s'innamora perdutamente. Vonnie però è contesa (all'insaputa di Bobby) dallo stesso Phil, e il triangolo amoroso si rivelerà, ovviamente, di difficile soluzione...

dico la mia: gli ultimi film di Woody Allen sono una delizia per gli occhi ma un anestetico per il cuore, e forse anche per il cervello. Intendiamoci: sarebbe ingiusto e anche poco serio sostenere che Cafè Society sia un brutto film, ma è ormai evidente da tempo che il vecchio Woody è "prigioniero" di una paralisi creativa che lo porta, inevitabilmente, ad appiattirsi sempre sugli stessi vecchi, stanchi clichè. E certo il fatto di sfornare film a getto continuo, anche più di uno all'anno, non giova a smaltire l'assuefazione. Tuttavia, è altrettanto ovvio che questa eccessiva prolificità non è certo legata ai soldi o alla fama. Allen, lo ammette anche lui stesso, fa film per sentirsi vivo e non rassegnarsi alla senilità: e chi siamo noi per digli di smettere? Ci mancherebbe altro! Vedere un film di Allen è come invitare a cena un vecchio amico: lo conosci a memoria e sai già come andrà la serata, forse ti annoierai, ma proprio non è possibile metterlo alla porta...

Cafè Society è stato prodotto nientemeno che con i soldi di Amazon, e il budget importante si vede eccome: dal punto di vista stilistico il film è un piccolo gioiello, di innegabile atmosfera, e non potrebbe essere diversamente dal momento che per la realizzazione sono stati scritturati fior di professionisti, a cominciare dal "mago" della fotografia Vittorio Storaro, capace di "illuminare" in maniera sublime sia la Hollywood che la New York degli anni '30 e conferendo alla pellicola un fascino unico ed esclusivo, proprio come la Cafè Society dell'epoca. Una stagione "magica" che Allen rievoca sempre con grande affetto, raccontandola con stile e deferenza: sono gli anni del glamour, dei "telefoni bianchi", delle grandi feste a Beverly Hills, della musica jazz e della gioia di vivere... un decennio magico eppure malinconico, sontuoso ma decadente, dove le persone provavano a scacciare la paure che si affacciavano all'orizzonte, gli spettri di una guerra sempre più vicina (un'inquietudine descritta mirabilmente da Francis Scott Fitzgerald ne Il Grande Gatsby, da cui quel "geniaccio" di Baz Luhrmann saprà trarre un film meraviglioso).

I meriti dell'ultimo Allen però si fermano qui. Sfrondato della confezione, infatti, Cafè Society è un film poco appassionante e ripetitivo, la cui trama (di una semplicità imbarazzante) finisce ancora una volta con l'adagiarsi sui luoghi comuni che il regista ci propina da una vita: le solite - stanchissime - battute sull'ebraismo, le solite idiosincrasie sentimentali, la consueta, scontata e trita parodia sull'aristocrazia e sul denaro che non rende felici. Non si ride praticamente mai in questo film, nè ci si lascia coinvolgere e appassionare da quello che accade sullo schermo, anche perchè accade davvero poco: tutti i personaggi sono esili e stereotipati, funzionali al compitino che gli è stato chiesto. Sono al servizio della sceneggiatura ma non brillano mai di luce propria, finendo per mortificare anche le prove degli interpreti (perfino un grande attore come Steve Carell rimane ingessato in un ruolo poco interessante e non ben approfondito).

Con un'unica fulgida eccezione, però. E qui spendo ben volentieri tre righe per elogiare la bravissima Kristen Stewart, ormai attrice vera e capace di far ricredere tutti quei critici che l'avevano maltrattata in passato (o almeno tutti quelli che avranno l'onestà intellettuale di farlo). La sua Vonnie, personaggio languido, ambiguo, fintamente ingenuo, forse l'unico nel film capace di catturare emotivamente lo spettatore, grazie proprio ai sentimenti contrastanti che sprigiona, risulta credibile solo per merito della performance della giovane attrice americana, maturata enormemente negli ultimi anni, umile e determinata nello studio e nel sacrificio, cui va il merito di non essersi adagiata sugli allori di produzioni giovanilistiche e commerciali ma di essersi rimboccata le maniche e aver salito pian piano i gradini della credibilità. Se di Cafè Society, una volta riaccese le luci in sala, ci ricordiamo qualcosa, probabilmente è proprio la sua faccia.

20 commenti:

  1. Io ho amato tantissimo "Café Society"... non vorrei fare troppi paragoni ma certamente è tra i migliori film di Allen degli ultimi venti anni. La sceneggiatura non è il punto migliore, però ho trovato brillanti sia l'intreccio fra i personaggi che i dialoghi. Dal punto di vista della regia Woody ha tanto da insegnare ancora e lo dimostra (alcuni movimenti di macchina sono sublimi) e poi l'aspetto tecnico, la scenografia e i costumi sono meravigliosi. E hai ragione: finalmente abbiamo apprezzato Kristen Stewart, bravissima!

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    1. Ciao Giuseppe, sull'aspetto tecnico sono d'accordo: del resto Amazon ha scucito 30 milioni di euro per questo film, mi parrebbe il minimo che fotografia e sceneggiatura siano accurati... però, oggettivamente, le situazioni e le battute del film sono le stesse che Allen fa da trent'anni: io mi sarei anche stufato. Certo la Kristen è brava, ma da sola serve a poco...

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  2. Sul fatto che ormai Allen giri film-fotocopia ti dò ragione. Però a me sta bene anche così :) perchè sono una gioia per gli occhi. Amo Woody, che ci posso fare...

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  3. A 80 anni è utopistico pretendere originalità, ma la ripetitività di Allen è deliziosa: concordo con chi dice che è il suo miglior film degli ultimi vent'anni. Una vera delizia per gli occhi.

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    1. Allora: come ho risposto anche a Giuseppe, sul fatto che il film sia visivamente bellissimo non ci piove, d'altronde un largo budget (per produzioni di questo tipo) facilita le cose... Oltretutto, è ben diretto e gli attori sono bravi (Stewart in testa). Però, mi permetto di dire, per uno come Allen questo è il minimo sindacale: è un film "carino" e "stiloso", ma soggetto e sceneggiatura sono più che deludenti e io sinceramente mi stufo nel rivedere un loop certe battute e situazioni. Poi, per carità, sempre meglio un Allen d'annata di tante ciofeche che infestano i nostri schermi, ma questo è un altro discorso

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  4. Ormai con Woody l'appuntamento è annuale e anche sapendo di trovare lo stesso menù, lo si va a vedere. Questa volta qualcosa di buono c'è, ma sì, la sceneggiatura è così esile che si dimentica subito.
    La Stewart è tanto brava, ma per me non era l'attrice adatta al ruolo o l'attrice adatta ai film in costume, vuoi la fisicità, vuoi gli abiti, ma l'ho sentita fuori posto.

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    1. Indubbiamente la sceneggiatura, per decenni "cavallo di battaglia" di Woody, in questo film è davvero minimale... e questo sintetizza in due parole tutto quello che ho scritto sopra.
      Riguardo la Stewart, a me è parsa ottima però è vero che il mio è un punto di vista "maschile", riguardo abiti e fisicità di sicuro le mie sensibilità sono diverse.

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    2. Secondo me Woody sta portando avanti un suo modo di vedere le cose e quindi necessariamente sono tutte uguali a prima vista. Io ci sto rimuginando su da un bel po', mi devo svegliare e scriverla questa recensione! XD

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    3. Forza Alessandra, allora! La aspetto con grande interesse :)

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  5. "Vedere un film di Allen è come invitare a cena un vecchio amico: lo conosci a memoria e sai già come andrà la serata, forse ti annoierai, ma proprio non è possibile metterlo alla porta..." applausi! La sintesi perfetta che mi porta a vedere ogni anno i fil di Woody!
    Questo ancora i manca, ma finora fra quelli che ho letto sei quello che lo ha trattato più freddamente. Sta piacendo molto e sono fiducioso.

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    1. Sì, forse sono stato un po' troppo "cattivo" però credo di aver esposto bene le motivazioni: non dico che sia un brutto film, ma mi ha lasciato dentro soprattutto noia...
      Che stia piacendo è indubbio, soprattutto al pubblico: ha già incassato 3 milioni di euro ed è nella top ten stagionale. Per Woody sono dei numeri più che notevoli.

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    2. Ti dirò, alla fine concordo in parte col giudizio. Ma quella scena finale... mio Dio, mi ha ucciso...

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    3. Sì, questo è vero. Il finale è degno di un grande Autore :)

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  6. Finalmente qualcuno che riconosce i meriti della Stewart. Pensavo di essere l'unico!

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    1. Io non ho mai capito perchè è così odiata... in fin dei conti ha fatto la gavetta come tante sue illustri colleghe, cimentandosi prima nei classici teen-movie e poi dedicandosi a produzioni più serie (con ottimi risultati, mi sembra)

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  7. Sull'esilità della trama concordo, ma è accompagnata così bene dal cast, dalla fotografia, dalle atmosfere, che il risultato per me è ricchissimo. Mi sono innamorata di questo film e non mi capitava dai tempi di Midnight in Paris.

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    1. Certo, come ho scritto anche sopra nessuno nega la bellezza della "confezione" (e, lo ripeto, sarebbe profondamente scorretto parlare di brutto film), è solo che... lo ripeto, a me Woody ha stancato. Opinione personalissima e discutibile :)

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  8. Finalmente l'ho visto anch'io, e l'ho trovato carino carino! ;);)

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    1. Mi piaci quando sei così "profonda" nei commenti!! ;) ;)

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