venerdì 28 ottobre 2016

IO, DANIEL BLAKE

(I, Daniel Blake)
regia: Ken Loach (Gb, 2016)
cast: Dave Jones, Hayley Squires
sceneggiatura: Paul Laverty
fotografia: Robbie Ryan
scenografia: Fergus Clegg, Linda Wilson
montaggio: Jonathan Morris
musica: George Fenton
durata: 100 minuti
giudizio: 

trama: Costretto, in seguito a un infarto, a dover chiedere un sussidio di disoccupazione, l'operaio sessantenne Daniel Blake si ritrova a scontrarsi con la folle burocrazia britannica che lo vuole inabile al lavoro ma comunque obbligato a cercarne uno. Durante l'ennesimo, umiliante, colloquio al centro per l'impiego conosce Daisy, una giovane ragazza madre indigente appena arrivata in città. Insieme, proveranno a sopravvivere alle nefandezze di un welfare appaltato a società private che cerca di tagliare i costi a danno della povera gente...  
 

dico la mia: E' sempre piuttosto difficile giudicare il cinema di Ken Loach scevri da condizionamenti emotivi, e forse non è nemmeno giusto farlo perchè la "rabbia", la passione e l'indignazione per le storie che racconta sono componenti essenziali del suo modo di essere artista. Oltretutto, c'è pure una significativa considerazione da fare: Loach aveva deciso un paio d'anni di fa di ritirarsi dall'attività, poi ci ha ripensato... semplicemente perchè ancora troppo "incazzato" per tutte le cose che non vanno nel suo paese e nel mondo in generale. E come si fa allora, di fronte a quest' omino ottantenne, minuto ma mai rassegnato, testardo e lucidissimo nelle sue convizioni, ancora animato dal "sacro fuoco" della lotta di classe, a non essere benevolmente prevenuti?

Così, è senz'altro corretto (ed onesto) scrivere che Io, Daniel Blake non è certo una pietra miliare della sua lunga carriera: è un film didascalico, un po' manicheo, privo di qualsiasi barlume d'ironia e leggerezza, quella leggerezza che avevamo apprezzato tantissimo, ad esempio, nello splendido La parte degli angeli, e che negli ultimi anni sembrava essere diventata un po' il registro dei suoi film, che ci mostravano un cineasta ormai segnato dal tempo e sempre meno arrabbiato, dove la disillusione e il sarcasmo parevano aver soppiantato la "foga" dei tempi migliori. Invece, Io, Daniel Blake è un film durissimo, spietato, che entra a gamba tesa (forse troppo, stilisticamente parlando) nei gangli del welfare britannico mettendone in luce tutta la disumanità e la burocrazia kafkiana, sulla quale nemmeno Loach, evidentemente, è più disposto a scherzare.

Tuttavia, sarà pure un film "minore" ma è pur sempre un film di Ken Loach, nella fattispecie il suo venticinquesimo: non tutti ovviamente sono capolavori, ma tutti, proprio tutti, meritano la visione. Questo forse "zoppica" leggermente dal punto di vista della struttura e della narrazione (complice la sceneggiatura - stavolta meno efficace del solito - del fido Paul Laverty) ma si conferma comunque dignitosissimo ed emozionante, e soprattutto capace ancora una volta di far indignare il "suo" pubblico per le clamorose ingiustizie che si vedono sullo schermo. Si ha un bel dire che oggi altri registi (come i Dardenne o Brizè) hanno maggiormente nelle corde rispetto a Loach i tempi e i ritmi del nuovo neo-realismo, ma nessuno come Loach riesce a colpirti al cuore, a farti tirar fuori tutta la rabbia che hai dentro anche con un singolo frammento, una singola scena che da sola vale tutto il film: quando Daisy, la giovane amica del protagonista Daniel, sviene nel negozio del banco alimentare dopo aver aperto una lattina di pomodori, sopraffatta dalla fame e dalla vergogna, lo sdegno dello spettatore è quasi insostenibile. Oltre ogni immaginazione.

Film cupo, doloroso, dal finale ineluttabile (tanto c'è poco da spoilerare...). L'ennesimo grido di dolore verso un sistema capitalistico-oligarchico contro quale il regista combatte da sempre e da sempre ci offre la stessa, giusta soluzione: il mondo potrà salvarsi soltanto con una più equa redistribuzione della ricchezza e con un maggior rispetto verso la vita umana. E per questo, a prescindere, noi vorremo sempre bene al vecchio Ken.

p.s. non ho fatto, volutamente, riferimenti alla Palma d'oro conquistata a Cannes (e criticata da molti, anche se al sottoscritto fa immensamente piacere). Non ho visto ancora tutti i film in gara e non sono pertanto in grado di giudicare, mi limito però a un'osservazione: a Cannes le Palme d'oro "politiche" si sprecano da sempre, e guardacaso proprio nell'anno del voto pro-Brexit vince un regista che denuncia le nefandezze del welfare britannico... Solo una coincidenza?

10 commenti:

  1. Avercene di registi così lucidi, impegnati, schierati e determinati come Ken Loach. Il mondo e anche il cinema sarebbero migliori. Mi sono precipitata a vedere il film il giorno della sua uscita, e come sempre mi ha emozionato e indignato. I film di Loach colpiscono al cuore e ti fanno usare il cervello, mettendoti di fronte all'evidenza. Il mio giudizio è questo: non riesco ad essere più obiettiva...

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  2. Visto ieri sera, come al solito un pugno (chiuso) nello stomaco. Sarà pure un film minore ma è maggiore di tanti altri...
    Un caro saluto.
    Mauro

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    1. Assolutamente d'accordo caro Mauro: lunga vita al vecchio Ken!

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  3. Il calvario dei benefit è la croce della burocrazia inglese e dei disperati che ne hanno (realmente) bisogno, e un film come I Daniel Blake serve a ricordare che non tutti vengono in UK a mungere la vacca grassa, ma che servono per tirare avanti quanti affoghi nel disagio sociale. Film che andrebbe visto dai posh Tories, anche se troppo impegnati a fare danni con la Brexit...

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    1. Infatti, come ho scritto, penso che la Palma d'oro vinta sia tutt'altro che casuale (aldilà dei meriti artistici). Nell'anno (forse) della Brexit, ci voleva Ken Loach a spiegarci, semmai ce ne fosse bisogno, che l'erba del vicino non sempre è la più verde...

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    2. Visto ieri pomeriggio, la scena in cui Daisy mangia di nascosto perché spinta dalla fame mi ha fatto venire le lacrime agli occhi... Col senno di poi sono andata all'Odeon invece del mio cinema di nicchia, però mi sembrava di essere al Circolone (sai tipo quelle associazioni culturali di sinistra degli anni Settanta) e probabilmente ero l'unica immigrata nella sala... Però mi ha colpito come gli inglesi siano usciti dalla sala commossi, asciugandosi le lacrime e soffiandosi il naso... Film che serve, ma che in realtà non serve a niente: specialmente quando esci dal cinema, vai a prendere il bus che ti porta a casa e passi inevitabilmente vicino a un senzatetto che chiede qualche spicciolo... Paradossalmente Daniel Blake ha pagato benefit per 40 anni (e anche gli immigrati come me li pagano - anche se una cifra irrisoria - tramite trattenute di stipendio, oh, yeah) pagando chissà quanti sussidi a scansafatiche che figliano (non nel caso di Kate, lei è frutto della bacata gentrification attuata da Boris Johnson) pur di non lavorare, ma quanto tocca a lui non c'è trippa per gatti, nonostante quella trippa è sua di diritto. Che dire, con il Brexit la situazione è al limite del ridicolo, con la segretaria di stato che dice 'il lavoro che devono fare gli inglesi lo diamo solo agli inglesi', ignorando quella sacca di povertà che, lo dico pure apertamente, fa schifo a tutti. Da che mondo e mondo è sempre stato così... ;-(

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    3. Eh sì, quella scena è davvero devastante, ti prende allo stomaco, al cuore, al cervello... tutto! Sul fatto, poi, che film del genere servano a poco, ahimè, mi sa che devo darti ragione. Un po' come quando in Italia uscivano come funghi i film contro Berlusconi e il Berlusconismo (da "Il caimano" a "Videocracy"): in pratica li andavano a vedere solo quelli che già erano convinti e a conoscenza di come stavano le cose, mentre gli altri se ne fregavano bellamente. Del resto, almeno nel nostro paese, mai la cultura ha condizionato la politica (magari potesse farlo!).
      Speravo che almeno in GB le cose stessero diversamente, invece vedo che... beh, meglio lasciar perdere :(

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    4. Paese che vai, collasso economico sociale che trovi... Che poi prima del Brexit pensavo l'opposto, che quella Palma d'Oro era una manna e il suo film necessario. Che in realtà lo è, ma per come stanno andando ora le cose, l'urlo che lancia Loach verrà ascoltato da pochi...

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    5. Per questo va ammirato ancora di più, il vecchio Ken: uno che a ottant'anni, malgrado tutto, non si è ancora stancato di urlare!

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