lunedì 7 novembre 2016

ANDIAMO AL CINEMA - LE USCITE DELLA SETTIMANA (9 -16 NOVEMBRE)

Ben dodici film in uscita tra oggi e domani, e la stagione cinematografica entra davvero nel vivo. Tra questi c'è anche un presunto "cult movie", ovvero Knight of cups di Terrence Malick, pronto già da tre anni e sempre rimandato. Stavolta pare sia la volta buona ma, onestamente, gli ultimi titoli di Malick non è che mi abbiano fatto spellare le mani dagli applausi. Meglio, molto meglio secondo me concentrarsi sul nuovo film di Marco Bellocchio, che rilegge Gramellini per farne il suo testamento artistico. E un film di Bellocchio, per me, merita la visione a prescindere...

Nutro un certo interesse e simpatia anche per il nuovo lavoro di John Carney, un regista che dà il meglio di sè quando si parla di musica (e la si ascolta anche): dopo Once e Tutto può cambiare anche questo Sing Street promette bene e potrebbe chiudere in bellezza la trilogia. E poi attenzione anche a La ragazza del mondo, film che ha sorpreso a Venezia e che potrebbe sorprendere anche il pubblico in sala. L'argomento (le "sette" religiose) è di quelli difficili, ma le impressioni dal Lido sono state in massima parte positive. Staremo a vedere...


FAI BEI SOGNI
(di Marco Bellocchio, Italia 2016)
Un film di Bellocchio è sempre un evento, e non è difficile vedere in questa trasposizione del bestseller di Gramellini una specie di "testamento artistico" del regista di Bobbio: la (ri)scoperta dell'infanzia e del passato, le verità non dette, le difficoltà di comunicare e aprirsi al mondo, il dolore e il rifiuto della perdita. Cast extralusso: Valerio Mastandrea, Berenice Bejo, Fabrizio Gifuni, e il "solito" Roberto Herlitzka.
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KNIGHT OF CUPS
(di Terrence Malick, Usa 2013)
Pare che sia davvero la volta buona: l'ultimo film di finzione di Terrence Malick (dopo ha girato solo Voyage of Time, il documentario visto quest'anno a Venezia) arriva finalmente in sala, con tutta la solita aura di "leggenda" che lo contraddistingue, a volte anche senza effettiva giustificazione. Parlare di trama è un optional, come sempre con Malick, e la storia di Rick (Christian Bale), cacciatore di perle trapiantato a Hollywood, è lo spunto per l'ennesima riflessione sul senso dell'esistenza...
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MASTERMINDS, I GENI DELLA TRUFFA
(di Jared Hess, Usa 2015)
La storia (vera, sembra), sotto forma di commedia, della più grande rapina del XX secolo: nel 1997 una scalcagnata banda di improbabili banditi riesce a rubare 17 milioni di dollari da una banca del Nord Carolina. Verranno acciuffati quasi subito, ma rimarrà per sempre il "mito" dell'incredibile impresa. Una specie di Ocean's Eleven riveduto e corretto, che negli Usa ha fatto sfracelli. Con Owen Wilson e l'immancabile Zach Galfianakis.
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SING STREET
(di John Carney, Irlanda 2016)
Il nome di John Carney forse dirà poco allo spettatore medio, eppure questo eclettico regista irlandese con la passione smodata per la musica (in gioventù faceva il bassista e girava videoclip) ha già diretto due autentici gioiellini come Ones e Tutto può cambiare. Stavolta ci riprova ancora con un film a tema (musicale, ovviamente), raccontandoci la storia di Conor, un ragazzo di Dublino deciso a metter su una rockband e cercare fortuna a Londra. Ve lo consiglio ad occhi chiusi!
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GENIUS
(di Michael Grandage, Usa 2016)
La biografia di Max Perkins, l'editore più famoso della New York degli anni '20, scopritore di grandi autori come Enrnest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald. Il film di Grandage si concentra però sulla vita privata del magnate, in particolare sul rapporto... strettissimo con il giovane Thomas Wolfe, un ragazzo spiantato tutto genio e sregolatezza. Cast da capogiro: Colin Firth, Jude Law, Nicole Kidman, Laura Linney, Guy Pearce.
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LA RAGAZZA DEL MONDO
(di Marco Danieli, Italia 2016)
Giulia, Testimone di Geova come tutta la sua famiglia, conosce Libero durante uno dei suoi giri di proselitismo. I due si piacciono subito, ma le incolmabili differenze familiari e religiose (ai limiti del fanatismo, nel caso della ragazza) renderanno estremamente difficile il rapporto. Film interessante e senza fronzoli, apprezzato all'ultima Mostra di Venezia, che prova a documentare l'ortodossia religiosa di certi ambienti. Con Sara Serraiocco, Michele Riondino, Stefania Montorsi, e un "diabolico" Pippo Delbono. Interessante.
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ESCONO ANCHE :

MORGAN (di Luke Scott, Usa 2016)
A SPASSO CON BOB (di Roger Spottiswoode, Gb 2016)
CHE VUOI CHE SIA (di Edoardo Leo, Italia 2016)
GABO, IL MONDO DI GARCIA MARQUEZ (di Justin Webster, Spagna 2015)
LA LEGGENDA DI BOB WIND (di Dario Baldi, Italia 2016)
I CANTASTORIE (di Gian Paolo Cugno, Italia 2016)

8 commenti:

  1. da vecchia gattara io voglio vedere a spasso con bob... :)

    il film di malick sta facendo polvere da mesi nel mio hd, un po' come la voglia di vederlo... non so cosa aspettarmi da bellocchio, anche perchè lo seguivo molto di più in passato, ma, considerata la mia passione per Mastandrea credo che andrò a vederlo. E pensa, non ho letto il libro di gramellini. Ah ah ah

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    1. Io sono a metà (di Gramellini) ma è durissima... però ormai è una sfida! :D comunque Bellocchio va visto, per me è la "mente" più lucida del cinema italiano. Malick ce l'ho anch'io ma, onestamente, non mi attira per nulla. Specie dopo la "dormita" veneziana!

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  2. Spero di vedere sing Street, mi intriga parecchio. Si parla di musica :D
    Un caro saluto!
    Mauro

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    1. "Once" e "Tutto può cambiare" (con la splendida Keira :D ) erano molto, molto carini. Speriamo in una distribuzione decente.
      Buona serata, Mauro!

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  3. Ciao Sauro, come puoi immaginare invece io non vedevo l'ora di vedere Knight of Cups e, finalmente, ne ho avuto l'occasione. Mi è piaciuto parecchio, anche se credo che Tree of Life resterà il suo capolavoro. Mi sembra però la naturale evoluzione di uno stile e una poetica che ha preso una strada precisa e che personalmente mi piace molto. Da studioso di Tarkovskij, vedo in Malick il proseguimento di una ricerca artistica con diversi punti di contatto. Malick fa i film che servono a lui per portare aventi una sperimentazione artistica infischiandosene di ció che il pubblico pensa che debba essere un film, e questo è coraggioso, personale e istintivo (beato lui che se lo può permettere!). Malick sta facendo con il suo medium ció che Kandinskij ha fatto con la pittura.
    Detto questo, lo spettatore ha tutto il diritto di non gradire questa direzione di sperimentazione, ci mancherebbe!
    Un caro saluto,
    Daniele

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    1. Ciao Daniele! Sì, capisco quello che vuoi dire e sono assolutamente d'accordo con la tua teoria: Malick va avanti per la sua strada (evidentemente può permetterselo, beato lui!) proseguendo il suo percorso artistico e infischiandosene beatamente del pubblico. Però mi permetto di fare due considerazioni: la prima è che il coraggio di questo suo percorso non significa necessariamente che vada di pari passo con la qualità (ma qui è questione di gusti, e quindi soprassediamo). La seconda è che, secondo me, il cinema è un'arte ben diversa dalla pittura o dalla letteratura, nel senso che prevede un rapporto con il pubblico molto più stretto. Un film proiettato in una sala vuota non è un film, non serve a niente. Malick ha il diritto di fare ciò che vuole, ci mancherebbe, ma la sua idea di cinema si va allontanando sempre di più dal cinema stesso...

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    2. Sono molto d'accordo con la tua prima obiezione; coraggio non è necessariamente sinonimo di qualità e qui siamo indiscutibilmente nel campo del gusto. Non credo per nulla alle teorie "se non ti piace è perché non lo capisci" che vanno molto di moda tra chi pensa di avere sempre la verità in tasca. Si può e si deve concepire che, per fortuna, alcune cose ci piacciono, altre no.
      Inoltre, la tua frase "la sua idea di cinema si va allontanando sempre di più dal cinema stesso" mi ha dato parecchio da pensare, e concludo infine che sono concorde. In un'arte contemporanea che va sempre di più verso la multidisciplinarità, Malick probabilmente si sta allontanando da essere un regista per essere un artista di videoinstallazioni. Probabilmente non fa più film per fare cinema, ma ha scelto il mezzo audiovisivo per condurre un'analisi personale, quasi psicanalitica, per se stesso (e rinnovo quindi la mia comparazione con Kandinskij). Sono parzialmente d'accordo invece con ciò che dici sul rapporto dell'arte con il pubblico: anche Van Gogh avrebbe potuto smettere di dipingere in seguito al totale rifiuto del pubblico ad acquistare le sue tele. Probabilmente il costo di tele e colori o di carta e penna nel caso della letteratura è più a buon mercato rispetto alla produzione di un film (e di conseguenza sono mezzi più accessibili rispetto al cinema per quanto riguarda la ricerca artistica, in quanto si hanno delle responsabilità economiche verso colori i quali ti finanziano l'opera). Anche questo tema fu trattato da Tarkovskij in "Scolpire il Tempo". Probabilmente però Malick sente la necessità di esprimersi attraverso immagini, suoni, memorie e riflessioni e di conseguenza adotta un mezzo che gli permette di sperimentare con questi ingredienti. Lo stesso "Knight of Cups" è un non-film: l'audio è spesso non sincronizzato alle immagini, il montaggio non lineare, i dialoghi flussi di coscienza. Probabilmente hai ragione quindi, ma la sua videoarte non fa che influenzarmi nella sua direzione.
      D

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    3. La mia riflessione sul cinema era più generale, non tanto rivolta a Malick... non so, magari sbaglio, ma penso che il cinema sia, per sua natura, un'arte più "popolare" rispetto alla pittura e alla letteratura. Credo che il cinema non possa sopravvivere senza condivisione, i film sono fatti per essere proiettati al pubblico (mentre un quadro o una poesia sono, secondo me, espressioni artistiche molto più intime e personali). Ma, ripeto, è solo una mia teoria...

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