domenica 27 novembre 2016

RADIO AMERICA (ROBERT ALTMAN DAY)


Dieci anni fa ci lasciava Robert Altman, ed è una di quelle assenze che pesano... eccome se pesano. Dieci anni senza un grande Maestro, senza il suo cinema caustico, irriverente, dissacrante, da sempre incurante delle logiche produttive e distributive. Hollywood per questo lo odiava, i suoi attori invece lo amavano perdutamente. La nostra solita "congrega" di blogger amici ha deciso di omaggiare il grande Bob recensendo alcuni dei suoi tanti capolavori. E il sottoscritto ha scelto proprio l'ultimo, il suo canto del cigno...


RADIO AMERICA
(A Prairie Home Companion)
regia: Robert Altman (Usa, 2006)
cast: Woody Harrelson, Tommy Lee Jones, Virginia Madsen, Meryl Streep, Lily Tomlin, Kevin Kline, Lindsey Lohan, Garrison Keillor, John C. Reilly, L.Q. Jones
sceneggiatura: Garrison Keillor
fotografia: Edward Lachman
scenografia: Dina Goldman, Tora Paterson
montaggio: Jacob Craycroft
musica: AA.VV.
durata: 105 minuti

trama:  Uno storico programma musicale radiofonico è costretto a chiudere i battenti per volontà dei nuovi proprietari del network. I protagonisti, gli stessi da oltre trent'anni, decidono quindi di organizzare un ultimo nostalgico show per salutare il proprio (piccolo) affezionatissimo pubblico.


dico la mia: Fa un certo effetto, non c'è dubbio, rivedere Radio America dopo dieci anni e pensare che è stato il film-testamento del grande Robert Altman, che lo ha diretto ben sapendo che di lì a pochi mesi si sarebbe spento per una malattia incurabile. Perchè è innegabile che Radio America sia un film sulla morte, e non solo per la presenza subdola e inquietante della bella Virginia Madsen, splendido angelo sterminatore in impermeabile bianco, ma soprattutto per il tono del film e l'atmosfera che vi si respira, perfettamente in linea con il carattere dissacrante e sarcastico del suo Autore: la morte per Altman è un momento naturale della vita, esattamente come la nascita, l'amore, il sesso, la giovinezza e la vecchiaia. E che dunque va vissuto con serenità e leggerezza, senza fare troppi drammi, perchè alla fine nessuno è davvero così importante in confronto alla buona musica e la bellezza dell'Arte...

Così, quando va in scena l'ultimo spettacolo, nessuno fa drammi o nostalgiche celebrazioni. Nel teatro intitolato a Francis Scott Fitzgerald (che tutti, beatamente, ignorano chi sia) il copione si ripete gioioso, immutabile: tra canzonette, battutacce, doppi sensi e risate, una variegata umanità fatta di persone semplici e oneste, in un lembo d'America rurale e dimenticato dal progresso, mette in scena (e in onda) l'ennesima puntata di un programma senza tempo, fatto di musica country e siparietti comici, tutti rigorosamente dal vivo (perchè qui si è sempre fatto così... il playback e le basi registrate sono dei perfetti sconosciuti) e cristallizzati nell'atmosfera sospesa di un palcoscenico di provincia. Siamo nel Nuovo Millennio ma potremmo anche essere negli anni' 40, oppure, ancora, nella Nashville del '75. Il tempo si è fermato, e con esso anche la vita stessa.


Per questo, nei camerini demodè e impregnati di muffa e ricordi, le vecchie glorie del passato si dividono gli spazi con le nuove leve. Il presentatore Garrison Keillor, alias G.K., introduce le svampite Sorelle Johnson (Meryl Streep e Lily Tomlin), due folksingers litigiose e in disarmo, e poi, ancora, due cowboy intonati e sboccati (John C. Reilly e Woody Harrelson) che fanno impazzire dalle risate la platea, una giovane cantante  con aspirazioni suicide (Lindsay Lohan, bra-vi-ssi-ma, lo voglio sottolineare!) che sorprende e incanta il pubblico, il vecchio Chuck  (L.Q. Jones) ormai quasi senza voce ma sempre pronto a fare l'amore. In questo caotico caravanserraglio la figura del "tagliatore di teste" (Tommy Lee Jones), venuto apposta dalla città per tirare giù il sipario, davvero non fa inquietare nessuno...

La musica è finita. Lo spettacolo pure. Gli amici se ne vanno senza drammi. Chi ha ancora voglia di divertirsi proverà a metter su un'altra compagnia, organizzare un nuovo tour, cercare un nuovo teatro. Gli altri faranno qualcos'altro, magari i parcheggiatori o i venditori di popcorn, ben consapevoli che la vita continua e che sarebbe un peccato sprecarla a rimpiangere il passato. Anche Robert Altman sta per salutarci, ma lo fa a modo suo, come se niente fosse, alla solita maniera dissacrante e lontanissima dalla retorica: la morte è l'altra faccia della vita e va trattata come un evento normale, prevedibile e tutt'altro che nefasto o traumatico. E' un episodio, un battito di ciglia, come la durata degli amplessi del vecchio Chuck (evidente alter-ego del regista). Ma in quell'attimo c'è tutto il suo splendido, indimenticabile cinema.


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14 commenti:

  1. Bellissima recensione! Il film l'ho visto solo una volta al cinema e non l'avevo mai considerato sotto questo punto di vista! Altman era un grande e come dici tu, rimane la bellezza dell'arte e quanto è bella la sua!

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    1. Grazie. Sì, rivisto oggi fa venire davvero il magone... è indubbio che gli artisti, quelli veri, davvero hanno un fuoco dentro che li rende immortali. Questo film, bellissimo, comico, commovente, irriverente, lo dimostra. So long, vecchio Bob!

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  2. Un film che mi aveva commosso molto anche allora, quando il vecchio Bob ancora non ci aveva lasciato.
    Ottima scelta.

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  3. Questo è uno dei pochi di Altman che ho visto e devo dire che lo adoro abbastanza. Bella recensione e buon Altman >day!

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    1. Grazie mille. Come ho scritto, "Radio America" è per evidenti motivi il film-testamento di Altman e, ovviamente, rivisto oggi fa ben altro effetto. E molta nostalgia...

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  4. Questo è sempre stato l'Altman che preferisco: nostalgico, irriverente, vitale anche quando parla di morte. Complimenti, ottimo pezzo.
    Buona giornata.
    Mauro

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    1. Sempre troppo gentile, Mauro: il merito è del grande Altman, che fa sembrare belle le mie recensioni! :)

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  5. Cavolo, fa davvero effetto pensare che questo sia stato il suo ultimo film. Purtroppo mi manca anche questo ma, a maggior ragione, conto di recuperarlo prima o poi!

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    1. E' il bello di questi "days", no? Alla fine tutti impariamo sempre qualcosa... e siamo sempre stimolati alla visione! Sì, questo è l'ultimo film di Altman ed ha un sapore tutto particolare: se riesci, merita di essere recuperato.

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  6. Eccomi! Scusa se commento solo ora, ma ieri mi trovato ad animare un giornata di gioco XD
    Allora...
    Radio America l'ho visto come "Amante della musica". Ero curioso di vedere di cosa parlasse. Mi è piaciuto davvero tanto... E mi fa strano sapere che è l'ultimo lavoro di Altman...

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    1. Ti ringrazio... non preoccuparti, i complimenti non "scadono" mai! :) Tra l'altro hai centrato un aspetto che ammetto di aver trascurato nella recensione, ovvero la musica: in effetti le canzoni sono bellissime, un vero e proprio tuffo nel passato, in un epoca-country che, incredibilmente, da qualche parte negli Usa esiste ancora.

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