sabato 3 dicembre 2016

SULLY

(id.)
regia: Clint Eastwood (Usa, 2016)
cast: Tom Hanks, Aaron Eckhart, Laura Linney
sceneggiatura: Todd Komarnicki
fotografia: Tom Stern
scenografia: James J. Murakami
montaggio: Blu Murray
musica: Christian Jacob
durata: 96 minuti
giudizio: 

trama:  Il 15 gennaio 2009 l'esperto pilota Chelsey "Sully" Sullenberger riesce a far ammarare il suo aereo in avaria nelle acque gelide del fiume Hudson, nel pieno centro di New York, salvando la vita a 155 passeggeri. Salutato dall'opinione pubblica come un eroe, sarà però costretto ad affrontare un processo per aver disatteso il protocollo d'emergenza "ufficiale"...


dico la mia: Mi rendo perfettamente conto di scrivere sempre le stesse cose quando recensisco un film di Clint Eastwood, ma è davvero inevitabile non ripetersi quando si ha a che fare con l'immensa statura morale e artistica di questo grande personaggio e grande uomo, forse l'ultimo vero rappresentante (insieme a Robert Redford, suo "contraltare" politico) della Golden Age hollywoodiana. Provate infatti a immaginare, anche solo per un attimo, che cosa sarebbe potuto diventare un film come Sully nelle mani di un altro regista americano, per intenderci un Mel Gibson o un Ron Howard qualsiasi: un'apologia stucchevole e retorica dell'ennesimo "uomo forte", degno emblema di un machismo imperante in un paese sempre più disperatamente bisognoso di eroi...

Invece Chelsey "Sully" Sullenberger è tutto tranne che un eroe, almeno nell'accezione più inflazionata del termine: è un uomo semplice e schivo, dedito al suo lavoro, che nel momento di compiere la scelta più difficile agisce con lucida efficacia e perizia, mettendo a frutto l'esperienza di quarant'anni di volo. I media lo esalteranno fino allo sfinimento, eppure lui stesso è il primo ad avere dei dubbi sul suo operato: la responsabilità è enorme, le vite di 155 esseri umani dipendevano da lui e lui, da uomo "normale", non è sicuro, almeno in un primo momento, di aver fatto la cosa giusta. Il suo sonno è permeato di incubi che raffigurano palazzi sventrati ed aerei che precipitano (e dove è impossibile non riconoscere, di nuovo, lo spauracchio delle Torri Gemelle, che nessun americano ha davvero mai rimosso del tutto...). Sully diventa un eroe suo malgrado, ma come in tutti i film di Eastwood il mondo che lo circonda è tutt'altro che perfetto, e ben presto la meschinità degli uomini gli presenterà il conto.

Sully, infatti, più che raccontare i drammatici 208 secondi dell'incidente (che vengono comunque mostrati con impressionante realismo grazie all'uso dello spettacolare formato IMAX) si concentra piuttosto su quello che è successo dopo, ovvero sul "lato oscuro" della storia, per molti sconosciuta: il capitano/eroe Sullenberger dovette affrontare una commissione d'inchiesta costituita allo scopo di far emergere sue eventuali responsabilità nell'atterraggio d'emergenza e i danni riportati dal velivolo, che le compagnie assicurative non intendevano risarcire. Assistiamo quindi alla grande dignità di un uomo che affronta a testa alta un confronto umiliante e irto di difficoltà, l'ennesimo uomo "solo contro tutti", elemento ricorrente nel cinema di Eastwood, emblema di un ex-grande Paese che ora, invece, abbandona i suoi eroi al loro destino (esattamente come in Flags of Our Fathers e American Sniper) frantumando per l'ennesima volta il Sogno Americano.

Eastwood, da sempre coerente con il suo cinema asciutto e sottotraccia, non spettacolarizza mai la storia e non cede mai una sola volta al rischio dell'agiografia: il film è un miracolo di equilibrio, tecnica ed emozioni, forse esteticamente non ineccepibile ma che colpisce dritto al cuore: è infatti impossibile non commuoversi e nel contempo non apprezzare la disarmante sincerità dell'operazione. Sully è un film onesto, rigoroso, solido, senza virtuosismi di regìa e scene madri ad effetto. Non sarà il miglior film del regista californiano (ma d'altra parte dove sta scritto che Eastwood deve girare ogni volta un capolavoro?) ma è uno di quei film che, c'è da scommetterci, riguarderemo ogni volta che passerà in tv... ed ogni volta ci sembrerà più bello di quella prima. E', a tutt'oggi, il film più breve di Eastwood (appena 96 minuti di durata) a testimonianza dell'essenzialità dell'operazione (di questi tempi, davvero un pregio).

Bravissimi gli attori, tutti, a cominciare da un Tom Hanks finalmente misurato e  in parte, probabile protagonista ai prossimi Oscar. Ma anche le prove di Aaron Eckhart (il secondo pilota) e la rediviva Laura Linney (la dimessa moglie di Sully) non sfigurano affatto. Del resto, come (quasi) tutte le pellicole di Eastwood, Sully è prima di tutto un film di uomini.

16 commenti:

  1. Se una volta che si muore ci si può reincarnare allora vorrei tornare alla vita come Clint Eastwood, lo Spirito del West del bellissimo Rango. Sully è stupendo, ti fa tornare speranza nel genere (e fattore) umano. Un film, che come dici tu, non cede mai all'agiografia, ma è rigoroso e poderoso. Sully è uomo a cui spesso viene il dubbio "Sono stato un incosciente oppure no?". Perché quel 15 gennaio 2009 poteva trasformarsi in un disastroso 11 settembre 2001 se solo non fosse entrato in gioco il fattore umano. Correggimi se sbaglio, ma forse questo è il suo film più "ottimista" dato anche dalla bellissima battuta finale. Comunque Clint è una garanzia di Cinema.

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    1. Non sbagli, sono d'accordissimo con te, soprattutto per quello che dici riguardo il finale del film. Che non trovo assolutamente buonista e manicheo come in molti hanno scritto. Io lo trovo semplicemente "umano". del resto il cinema di Clint è da sempre un cinema fatto di persone, spesso ai margini... bellissimo.

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  2. Uno dei migliori film di Clint Eastwood degli ultimi anni. E, per quanto mi riguarda, è già il mio preferito dell'anno. Sceneggiatura, montaggio, effetti visivi e la regia di Clint ci raccontano una storia eccezionale, e che fa davvero pensare. Tom Hanks e Aaron Eckhart davvero meravigliosi.

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    1. Vero, Giuseppe. E' incredibile la capacità di Eastwood di coinvolgere emotivamente il suo pubblico senza nemmeno un grammo di retorica. Poteva farlo, e invece gli sono bastati 96 minuti per colpirci (lo stesso) al cuore...

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  3. Sono appena rientrato dalla visione del film, proprio adesso, e sapevo che avrei trovato la tua recensione: ormai Clint è un marchio di fabbrica, non delude mai. E' incredibile, ci stiamo abituando all'eccellenza (cosa che da noi non accade mai).
    Bella recensione, un caro saluto.
    mauro

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    1. E' vero. Io stesso mi stupisco della sua prolificità, che non va MAI a discapito della qualità. E se "Sully" (forse) non raggiunge le vette dei suoi capolavori, possiamo comunque già inserirlo tra i titoli migliori della stagione...

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  4. Hai ragione, guardando Clint si rischia di ripetersi. Ma come si fa a non amarlo? Mi sono commossa fino alle lacrime!

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    1. Io pure. E il film, lo ripeto per l'ennesima volta, è tutt'altro che ricattatorio. Grandissimo Eastwood.

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  5. Film dignitoso ma lontano anni luce dal miglior eastwood, che negli ultimi tempi, invecchiando, si è involuto in un irreversibile conservatorismo di fondo. Il finale tra "eroici" soccorritori e bandiere americane è un vero e proprio spot per Trump.

    R.P.

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    1. Non sono d'accordo. Ma, aldilà dei gusti personali, contesto decisamente quello che scrivi riguardo il finale... questa storia di Trump non sta nè in cielo e nè in terra: dire che questo film è uno spot per il neo-eletto presidente, permettimi, è una stupidaggine bella e buona. Eastwood ha sempre votato repubblicano, spesso per disciplina di partito (come lui stesso ha ammesso) quando c'erano candidati a lui poco graditi. Il finale rispecchia un sentimento patriottico che in America TUTTI hanno. Noi europei lo siamo molto meno, ma in America tutti hanno il culto della bandiera e della patria, e non va confuso con un patriottismo "di destra" cui noi italiani siamo abituati. Ogni scena va contestualizzata, altrimenti davvero si parla tanto per parlare.

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    2. Beh, non mi pare che Eastwood sia esattamente "di sinistra"

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  6. Quando leggo le tue recensioni di un film di Clint, mi pare di guardarmi dentro.
    Concordo in pieno sia rispetto a Sully che alle tue spiegazioni nei commenti.
    Ad ogni modo, ne parlerò anch'io domani.

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  7. visto (ed aprezzato) ieri sera.
    non avrei potuto evitarlo, perché Tom Hanks, per me, merita sempre una visione, in special modo dopo l'ennesimo riproporsi dello storiografo Langdom, tratto dai romanzi di Browne, che mi aveva veramente logorata.

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    1. Ecco, appunto... "sempre" mi pare eccessivo :) ma d'altra parte anche lui deve campare, e allora gli perdoniamo anche il Codice da Vinci. L'importante è che, una volta incassato l'assegno, si ricordi anche di essere un bravo attore!

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  8. Sono l'unico che lo ha preso così freddamente, mi sa :/ e quel finale mi ha leggermente stranito.

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