sabato 6 novembre 2021

FRANCE

 
titolo originale: FRANCE (FRANCIA, 2021)
regia: BRUNO DUMONT
sceneggiatura: BRUNO DUMONT
cast: LEA SEYDOUX, BENJAMIN BIOLAY, EMANUELE ARIOLI, BLANCHE GARDIN
durata: 133 minuti
giudizio: 



France De Meurs è una cinica giornalista d'inchiesta che non si fa scrupoli pur di portare a casa uno scoop. Un giorno però investe con l'auto un poveretto che fa consegne in scooter e da quel momento la sua prospettiva di vita cambia drasticamente: la donna entra in crisi professionale e personale inanellando un insuccesso dopo l'altro...




E' un momento d'oro per il cinema francese, inutile negarlo. Non tanto e non solo per i premi, che comunque contano (Palma d'oro a Cannes con Titane e Leone d'oro a Venezia con La scelta di Anne, appena uscito in sala) quanto per la qualità, la quantità e la varietà delle sue opere, che ne fanno al momento la cinematografia forse più vitale del pianeta. Un successo non certo casuale, strutturale, che viene da lontano e legittima il superbo patrimonio culturale di un paese che ha saputo investire al meglio le proprie risorse umane e finanziare al servizio della collettività, pur in un contesto storicamente complicato.

E forse non è un caso che il nuovo film di Bruno Dumont esca proprio adesso, nel bel mezzo di una pandemia mondiale, per raccontarci attraverso una sfacciata parodia del Potere quanto sia importante la Cultura in un mondo devastato dall'ignoranza (prima che dalle guerre), che sfrutta i media e la (pseudo)informazione per condizionare le masse. Il titolo, France, è ovviamente ambiguo: France è il nome della protagonista del film (una sorprendente Léa Seydoux) ma anche il nome di una nazione (quella del regista) che prova a mettersi in discussione facendo emergere le tante contraddizioni interne legate alle diversità sociali, classiste, economiche. La France del film, che si interroga continuamente su se stessa dopo un malaugurato incidente che le fa aprire gli occhi, è l'immagine attuale di una Francia ferita e combattiva, un grande paese con tanti problemi e mille risorse che prova a fare i conti con la propria coscienza. 

Ma andiamo con ordine. France de Meurs è una giornalista d'assalto, egocentrica e narcisista, oltremodo spregiudicata, con un'importante carriera alle spalle e una vita privata insoddisfacente, da sempre sacrificata in nome del successo professionale. Il suo programma televisivo, che alterna reportage di guerra a infuocati dibattiti politici, fa ogni settimana un nuovo record di ascolti e introiti pubblicitari, che si traducono in (tanti) soldi per l'emittente e ovviamente per se stessa. Soldi con cui France misura la popolarità, di cui ormai è schiava: per un punto di auditel in più o uno scoop da soffiare alla concorrenza non esita a falsificare (edulcorandoli) i propri servizi, facendo mettere in posa persino i guerriglieri dell'ISIS, ipocritamente spalleggiata dalla sua assistente, Lou (Blanche Gardin), che attraverso i social alimenta a dismisura il suo ego...

I miei venticinque lettori obietteranno che France non è certo il primo film a parlarci della mistificazione dei media, e ciò è senz'altro vero (anzi, si può dire che esiste quasi un sottogenere: da Quinto potere a Dentro la notizia, da Prima pagina a Diritto di cronaca...), ma ritengo che l'intento di Dumont non sia affatto quello di mostrarci le storture del potere mediatico, bensì quello di rappresentare quanto questo sistema ingannevole finisca per alterare la percezione della realtà, della vita vera, anche (soprattutto!) per chi si considera parte integrante del sistema stesso e si illude di poterlo manipolare a piacimento, proprio come se la vita fosse essa stessa un programma televisivo: France (la protagonista) non conosce le conseguenze delle sue azioni e nemmeno s'immagina come possono avere un impatto sugli altri, almeno fino a quando un giorno, per una banale distrazione, finisce per investire con l'auto un giovane rider mandandolo all'ospedale e privando la sua famiglia dell'unica fonte di reddito.

France rimane sconvolta dall'accaduto, e pur preoccupandosi per la prima volta in vita sua della condizione di un altro essere umano, finirà per combinare disastri su disastri nei goffi tentativi di rimediare al danno e rimettere le cose a posto, sia per il malcapitato che per se stessa. Il rimorso per quando è successo farà da detonatore a una spirale di eventi negativi che condizioneranno pesantemente la sua carriera, facendole perdere il gradimento del pubblico e la sicurezza nel suo lavoro, costringendola a reinventarsi e ricostruirsi sia in campo lavorativo che privato. 

France è come un robot programmato per produrre finzione: essendo del tutto impreparata alla vita vera, i suoi circuiti vanno in tilt e devono essere riprogrammati per far fronte alla crisi. L'operazione si rivelerà più difficile e complessa del previsto ma costringerà la donna a guardarsi finalmente dentro, a fare pace con la propria coscienza, a riflettere sulla vacuità dei propri sentimenti. Non tutto il mare vien per nuocere, quindi? Sì, no, forse... qui sta l'intelligenza di un regista da sempre provocatorio come Dumont: tutto è comunque finzione, apparenza, superficie, sia da parte di chi guarda che di chi mostra. Ci sarà quindi un lieto fine nella storia di France? Nessuno può dirlo: vediamo la protagonista cambiare sotto i nostri occhi, anche profondamente, ma ci si chiede se questi cambiamenti siano autentici o facciano anch'essi parte del gioco, di una specie di realtà virtuale in cui France (e la Francia) sono solo un simulacro...

Per capirlo bisogna vedere il film, un gran bel film che grazie (anche) alla bravura della Seydoux ti inchioda queste domande nella testa, costringendoti a cercare le risposte. Il finale, livido e assurdo, forse ci schiarirà le idee, o forse no, forse aumenterà i nostri dubbi o forse irrigidirà i nostri preconcetti, sfidandoci ad ammetterli. Certo è che il cinema di Dumont, sarcastico, cinico, folle, ma anche dolente e nichilista, ben si addice a un mondo confuso e squinternato come il nostro.

10 commenti:

  1. Dopo aver visto Hors Satan e la miniserie P'tit Quinquin (se non l'hai vista te la consiglio) ho grande stima per Dumond e un'aspettativa altissima per questo film .

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    1. Grazie! Purtroppo non ho visto la serie che dici, non guardo quasi nessuna serie tv perchè non ho tempo... ad ogni modo non dubito che sia meritevole di visione. Spero invece che tu riesca a vedere presto questo film perchè merita davvero: Dumont è un grande regista contemporaneo, niente da dire.

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    2. in realtà P'tit Quinquin è un film da 200 minuti, per la tv diviso in 4 parti.

      io l'ho visto tutto in una volta, tempo ben speso.

      https://markx7.blogspot.com/2015/01/ptit-quinquin-bruno-dumont.html

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    3. @Ismaele: grazie! Infatti mi sembrava... però non ero sicurissimo. Non dubito che sia tempo ben speso, ti credo in parola!

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  2. Di film sul potere mediatico ne abbiamo visti migliaia, da Quarto Potere in poi: questo che avrebbe di diverso??

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  3. Gran bella recensione Kris, e non era così banale spiegare questa pellicola.
    Condivido anche la riflessione sul cinema Francese di cui ,in questo momento, facciamo molta fatica (come Italia) a leggerne i numeri di targa

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    1. Grazie davvero. Non è affatto semplice "spiegare" un film come questo, io ho provato a dire la mia...
      Riguardo il cinema francese, il confronto con il nostro purtroppo nemmeno si pone (e lo dico in una stagione dove l'Italia ha sfornato davvero tanti buoni film): da noi ci si affida ancora al coraggio, all'estro e soprattutto alla tenacia di quei pochi che ancora credono nei nostri film. In Francia il cinema si insegna nelle scuole, c'è un'industria strutturale che beneficia di cospicui investimenti statali e c'è un pubblico che, quasi a parità di popolazione, stacca il doppio dei biglietti rispetto ai nostri. Il confronto è quasi imbarazzante

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