martedì 3 gennaio 2023

THE FABELMANS


titolo originale: THE FABELMANS (USA, 2022)
regia: STEVEN SPIELBERG
sceneggiatura: STEVEN SPIELBERG, TONY KUSHNER
cast: GABRIEL LA BELLE, PAUL DANO, MICHELLE WILLIAMS, SETH ROGEN, JUDD HIRSCH
durata: 151 minuti
giudizio: 



America, anni '50. Il piccolo Sammy si trasferisce (insieme ai genitori e alle sorelle) dal New Jersey all'assolata e desertica Phoenix, in Arizona. Suo padre Burt, ebreo, è un ingegnere elettronico, la madre Mitzi una pianista che ha abbandonato i concerti per occuparsi dei figli. Sarà lei a trasmettere a Sammy l'amore per il cinematografo, che il ragazzo metterà in pratica girando brevi film in 8mm con l'aiuto di amici e parenti. Almeno fino a quando il padre non deciderà di trasferirsi ancora, questa volta in California, per un avanzamento di carriera... 




Steven Spielberg non potrebbe girare un brutto film nemmeno se lo volesse, questo è bene dirlo. E lo dico per mettere in chiaro un concetto: sebbene per me The Fabelmans sia ben lontano dall'essere quel capolavoro di cuore e tecnica che la maggior parte della critica mondiale ha esaltato, rimane comunque un'opera più che dignitosa e degnissima di visione, specialmente in un contesto natalizio. Detto questo, continuo a pensare che Spielberg abbia esaurito da almeno una quindicina d'anni la genialità creativa dei tempi d'oro e ormai si rifugi ogni volta nel manierismo. Comunque d'autore.

Certo però che stavolta le aspettative erano molto più alte che in passato, perchè The Fabelmans non è esattamente un film qualsiasi: è il film più personale di sempre per il regista di Cincinnati, proprio perchè parla della SUA infanzia e del SUO innamoramento per il Cinema, e lo fa attraverso il suo alter ego Sammy Fabelman (Gabriel La Belle), un ragazzino gracile e sognatore cui la Settima Arte lo colpisce in pieno petto alla prima occasione, sotto forma di un treno in corsa che si scontra violentemente contro una macchina e gli toglie il sonno per mesi...  è una sequenza tratta da Il più grande spettacolo del mondo (Cecil B. De Mille, 1952), il primo film visto al cinema, che è allo stesso tempo il simbolo di una passione travolgente ma anche un raffinato omaggio a coloro che il cinema lo hanno inventato, i Lumière, che nella loro storica prima proiezione utilizzarono proprio le immagini di un treno in corsa per sorprendere il pubblico ingenuo di allora. La stessa "tecnica" che la dolce madre di Sammy, Mitzi (Michelle Williams) usa per stupire il figlioletto, segnandolo per sempre.

Il ragazzino infatti rimane marchiato a vita da quella visione, tanto da voler fare del cinema la sua ragione di vita, fin dalla tenera età. Il giovane Sammy/Steven comincia a girare vari cortometraggi con le sorelle, i parenti, i compagni di scuola, per dare libero sfogo alla fantasia e per esprimere attraverso la macchina da presa quello che le parole spesso non riescono a tirare fuori... il cinema diventa così mezzo di ricreazione ma anche di espressione, di sfogo e di denuncia: sarà attraverso l'occhio imparziale della cinepresa che Sammy scoprirà (e distruggerà) i fragili equilibri della propria famiglia, sorretti fino allora da un'omertà più o meno voluta e da occhi (stavolta umani) chiusi di fronte all'evidenza (vedi il tradimento della madre di fronte alla cecità affettiva del marito - Paul Dano, bravissimo - che ama così tanto il suo lavoro da trascurare la moglie, che pure ama sinceramente).

The Fabelmans, lo dice il nome stesso, è la ricostruzione di un pezzo di vita sotto forma di favola, quella di un bambino costretto a crescere troppo in fretta in un contesto famigliare difficile e che cerca attraverso i film di immaginare la vita perfetta che vorrebbe. Le figure di riferimento sono ovviamente i genitori: la mamma, ex musicista di talento che ha sacrificato la carriera per crescere i figli, e il babbo, ingegnere informatico capace e pragmatico, persona buona ma ottusa, incapace di cogliere la frustrazione della  suadolce metà. La logica vorrebbe che, come in tutte le favole che si rispettino, le emozioni soverchino la realtà complicata, colpendoci al cuore e regalandoci tanti motivi di commozione. Perchè al cinema, è risaputo, quando la realtà sfida la fantasia (o la leggenda) prevale sempre la fantasia (non a caso più volte nel film viene citato L'uomo che uccise Liberty Valance di John Ford, titolo fondamentale per il giovane Spielberg).

Invece, inopinatamente, le emozioni in The Fabelmans non arrivano. Sebbene il film scorra egregiamente e non si guardi mai l'orologio (due ore e mezza non sono uno scherzo, ma davvero non ci si annoia mai) è proprio l'aspetto sentimentale a venire meno in un'opera che invece è stata dichiaratamente costruita proprio su questo. Spielberg si conferma il regista buonista e didascalico degli ultimi anni, mettendo in scena un film tecnicamente "perfetto" ma che non smuove una lacrima, autoindulgente, non ruffiano ma comunque artificioso, che vorrebbe (forse) essere un toccante melò di vita vissuta ma che si riduce invece a una nemmeno troppo straziante cronaca di una separazione (quella dei genitori) che ci viene raccontata senza alcun climax emotivo. Spielberg come al solito ci spiega tutto (vanificando in questo modo anche alcune brillanti intuizioni di regìa) ma non coinvolge mai davvero, senza mai arrivare davvero al cuore. Ed è un peccato mortale per un'opera che invece avrebbe dovuto riempire i fazzoletti...

The Fabelmans è un buon film di mestiere che però non sorprende, non coinvolge, si lascia vedere meccanicamente ma da cui non traspare affatto la genialità, l'estro, la fanciullezza, la brillantezza (perduta?) dello Spielberg che più amiamo (quello di E.T. e Incontri Ravvicinati, giusto per citare i titoli più affini a questo), che intravediamo solo alla fine, nell'ultima scena, in un cameo di lusso (che non riveliamo, ma tanto ormai lo sapete tutti...) dove il piccolo Sammy incontra il grande John Ford, da cui riceve la lezione più bella: l'occhio della cinepresa deve sempre sapere dove puntare: in alto o in basso, mai in mezzo. Mai fare le cose a metà, al cinema come nella vita.
  

8 commenti:

  1. Mi ritrovo nella tua recensione tuttavia proprio non riesco a volere male al vecchio "zio" Steven. Non è certamente il suo miglior film ma io l'ho visto comunque con grande piacere. Manierista sì ma di gran classe.
    Un caro saluto e buon 2023.
    Mauro

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    1. Nessuno vuole male a zio Steven :) anzi... quello che mi dispiace è che, a mio parere, i suoi ultimi film non hanno più la genialità di un tempo. Ma d'altronde è anche normale per un regista di 76 anni che certamente ha passato da un pezzo la sua fase più creativa. Fermo restando che, come ripeto, sono ancora godibilissimi e tecnicamente eccellenti.

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  2. Oddio, onestamente senza climax emotivi la separazione... a me un paio di sequenze e dialoghi hanno spezzato il cuore e, in effetti, mi sono lasciata più trascinare da Michelle Williams che dalla storia del piccolo Spielberg. Comunque sì, anche io speravo in uno tsunami di emozioni che, purtroppo, non è arrivato.

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    1. È vero, qualche scena toccante c'è (come quella che hai citato) però, appunto, per un film basato dichiaratamente sul coinvolgimento emotivo non è un film che a mio giudizio arriva al cuore... anche se, ovviamente, le emozioni sono sempre diverse a seconda del soggetto che guarda

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  3. Io invece occhi a cuoricione... piaciuto un sacco. Come essere a una messa tenuta da Dio.

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  4. Caro Sauro stasera ho visto il film; concordo sul fatto che non sia come i suoi primi film, però l'ho trovato molto intimo e a parte qualche calo di ritmo, mi ha trasmesso emozioni. Le prove attoriali di Paul Dano e di Michelle Williams mi sono piaciute molto. E il cameo finale beh, l'ho molto apprezzato..

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    1. Sono d'accordo con te! Come ho scritto, Spielberg è incapace di girare brutti film e ogni suo nuovo lavoro lo si vede sempre volentieri. A me non ha emozionato molto (a parte l'ormai celeberrimo cameo finale) ma questo fa parte del proprio stato d'animo. Le interpretazioni della Williams e (soprattutto) di Fano sono eccellenti. Niente da dire.
      Un carissimo saluto!

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