venerdì 28 aprile 2023

IL SOL DELL' AVVENIRE


titolo originale: IL SOL DELL'AVVENIRE (ITALIA, 2023)
regia: NANNI MORETTI
sceneggiatura: NANNI MORETTI, FRANCESCA MARCIANO, FEDERICA PONTREMOLI, VALIA SANTELLA
cast: NANNI MORETTI, MARGHERITA BUY, SILVIO ORLANDO, BARBORA BOBULOVA, JERZY STUHR, MATHIEU AMALRIC, TECO CELIO, VALENTINA ROMANI, BLU YOSHIMI
durata: 94 minuti
giudizio: 



Giovanni è un regista settantenne che sta girando, senza troppa convinzione, un film sulla Rivoluzione Ungherese del 1956 e le ripercussioni sul comunismo in Italia. Il film è prodotto da sua moglie Paola, che pensa di lasciarlo ma non sa come dirglielo, mentre la loro unica figlia, Emma, si è innamorata di uomo che ha più del doppio della sua età... 





La notizia è che Nanni Moretti è tornato, e stavolta è davvero lui (e tiriamo tutti un sospiro di sollievo). Ormai è ufficiale: il suo film precedente, Tre Piani, era diretto da un suo avatar, un sosia che ne faceva le veci e in cui ci auguriamo di non imbatterci mai più... tanto infatti Tre Piani era un film anonimo, impersonale, poco convinto, tratto (per la prima e unica volta, finora) da un soggetto non originale, quanto Il Sol dell'Avvenire è invece un film "morettiano" al 100%, e forse anche qualcosa di più. Anzi, direi molto di più: Il Sol dell'Avvenire ci sembra a tutti gli effetti il film "definitivo" di Moretti, la summa di tutto il suo cinema. Guai però a chiamarlo film-testamento (anche se ne ha tutte le caratteristiche) perchè il Nanni nazionale rifiuta sdegnosamente questa ipotesi, proponendosi addirittura (nel film) di essere d'ora in avanti molto più prolifico ("di solito faccio un film ogni cinque anni... bisogna accelerare", dice, anche se - a onor del vero - Tre Piani risale appena al 2021, ma vabbè).

Il Sol dell'Avvenire,
titolo stupendo, evocativo, assolutamente morettiano, sta a Moretti quanto 8 1/2 sta a Fellini, e non è certo un caso che detto capolavoro venga citato nel film in mezzo a un'altra marea di citazioni: siamo di fronte all'opera più personale e poetica di Moretti, che come spesso gli accade utilizza il metacinema per parlare del suo cinema, e non potrebbe essere altrimenti dal momento che, trattandosi di una pellicola  autobiografica più di ogni altra, non può che parlare del suo lavoro di regista. Il protagonista, Giovanni, è infatti un cineasta che sta ultimando un film sulla rivoluzione ungherese del '56 e le ripercussioni sul comunismo italiano: tra gli attori ci sono Silvio Orlando (che non interpreta nemmeno stavolta il pasticciere trotzkista di Aprile bensì il segretario di una piccola sezione del PCI di periferia) e Barbora Bobulova, la sua compagna, che lo esorta a lasciare da parte la disciplina di partito e condannare con fermezza i carri armati russi che stanno devastando Budapest. La fine del PCI come la fine di un'epoca e (forse) della sinistra, che non riesce più a comunicare con la sua gente e che (intra)vede la figura di Togliatti appena sfumata  in una finestra, lontanissima, aliena.

Come già accadeva in Caro Diario, ma soprattutto in Aprile (piccolo ma significativo film del 1998) anche ne Il Sol dell'Avvenire la politica si intreccia - e come non potrebbe? - con la vita privata e famigliare di Moretti: solo che qui non siamo più di fronte a uno "splendido quarantenne" che ha fatto le scelte giuste, bensì a un settantenne stanco e un po' fuori dal mondo che si è rinchiuso nel suo recinto (il set) e non riesce a vedere quello che gli passa sotto gli occhi: non si accorge che la moglie (Margherita Buy) non lo sopporta più e vuole lasciarlo, anche se non trova le parole per dirglielo, e non si capacita che la figlia trentenne (Valentina Romani) si sia innamorata di un riccone polacco (Jerzy Stuhr) che ha il doppio dei suoi anni. Giovanni, alter-ego morettiano ancor più di Michele Apicella, è giunto ormai a un'età in cui gli piace vedere solo quello che vuole lui, a dispetto dell'evidenza... sogna di dirigere un altro film tratto da Il nuotatore di Cheever (ma nessuno ha il coraggio di dirgli che l'ha già fatto Burt Lancaster) e comincia a fantasticare a un musical romantico, con sole canzoni italiane, dove le peripezie di una giovane coppia del passato si incrociano con la realtà e le difficoltà dei nostri tempi...


E' ovvio che a noi morettiani della prima ora un film come Il Sol dell'Avvenire ci manda in brodo di giuggiole, nel senso che ci regala proprio il Moretti che vogliamo vedere, quello che abbiamo sempre visto e che ci piace, tanto da giocare a riconoscere soddisfatti i continui rimandi a tutti i suoi film precedenti: ne sono un esempio la coperta con cui Giovanni si mette davanti alla tv con moglie e figlia a vedere Lola, che è la stessa di Sogni d'oro; oppure il circo ungherese Budavari, che porta lo stesso nome del temibile pallanuotista magiaro di Palombella Rossa... e così si potrebbe andare avanti per ore in un film che - lo diciamo? - quasi come quelli di Tarantino si lascia narcisisticamente cadere nell'autocitazionismo sfrenato e diverte a prendere in giro se stesso (e forse anche noi). 

Perchè questo è il punto: Il Sol dell'Avvenire è un film che manda in visibilio gli "ultras" di Moretti ma, automaticamente (volutamente?), esclude tutti gli altri: quelli che non hanno visto altro della sua filmografia, il pubblico non strettamente cinefilo, i ragazzi che non hanno vissuto i tempi di Io sono un autarchico e Ecce Bombo e che faticano a comprendere certi passaggi. C'è infatti ben poco di nuovo ne Il Sol dell'Avvenire, nulla che lo faccia aprire all'attualità, null'altro che le ossessioni di sempre, seppur tratteggiate con la consueta, divertente, amarissima ironia: ci troviamo le "solite" invettive contro la violenza nei film, contro la critica cinematografica, contro le coppie litigiose, contro il cinema moderno in generale... si sorride, e anche parecchio, per poi però riflettere se dietro questi siparietti comici ci sia effettivamente qualcos'altro aldilà di certi tormentoni da boomer.

E poi, mi tocca dirlo, c'è anche qualche paraculata di dubbio gusto. La crociata, telefonatissima e anche poco divertente, contro Netflix e il cinema mainstream mi pare davvero deboluccia, oltre che anacronistica e abbastanza ipocrita. Ipocrita perchè, immagino, Moretti sapeva benissimo che il film sarebbe andato a Cannes (e anche se non lo sapeva certo lo immaginava, dal momento che quasi tutti i suoi film sono sempre andati a Cannes), e guardacaso Cannes è l'unico Festival al mondo che non accetta in concorso film distribuiti in piattaforma... come dire: una bella leccata di c**o (perdonate il francese, perlappunto) per ingraziarsi le giurie e il plauso di una manifestazione cui evidentemente Moretti, a dispetto delle sue dichiarazioni di circostanza, ci tiene parecchio a farne parte.

Ma forse, parlo sempre a me stesso, non è il caso di essere troppo cattivi o malfidati verso un Autore che riesce comunque ancora, a settant'anni suonati, a farti correre al cinema e farti provare emozioni vere. Come nello splendido finale, con quella "marcia su Roma" assolutamente sincera, commovente, che ti riempie il cuore, dove (quasi) tutti i protagonisti dei suoi film, compresi quelli passati, camminano verso una serenità ritrovata e (forse) verso un futuro meno fosco di quello che appare. E in mezzo alle bandiere rosse c'è lui, Nanni, in maniche di camicia e rilassato, che tende una mano verso la cinepresa, verso il mondo, verso di noi...
Che sia un semplice saluto, o un commiato, un arrivederci o un addio, lo scopriremo solo vivendo.
  

6 commenti:

  1. Ho sempre adorato Nanni, compreso Tre Piani che a molti non è piaciuto. Eppure paradossalmente ho apprezzato più il film precedente di questo, che come dici te è un bignami di tutto il suo cinema ma non dice niente di nuovo. Poi, certo, Moretti lo vedo sempre volentieri però stavolta non mi ha "preso" come speravo

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    1. Guarda, per me Tre Piani è stato un fallimento totale. Non ci ho trovato niente del cinema e della filosofia di Moretti, sembra davvero girato da un altro... Invece Il Sol dell'avvenire se non altro è un film sentito, convinto (forse anche troppo) di sicuro fatto con passione autentica

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  2. È tornato il "vero" Nanni, alleluia alleluia! ;)
    Scherzo ovviamente: a me i suoi film sono piaciuti tutti, compreso Tre Piani. Ma questo è proprio impossibile non amarlo.
    Un caro saluto, buonanotte.
    Mauro

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  3. Io penso che dopo Tre Piani gli "ultras" di Moretti, come li chiami tu e fra i quali mi metto anch'io, sentissero davvero il bisogno di ritrovare Michele Apicella: che qui addirittura si chiama Giovanni e mai si mette a nudo come stavolta. Gran film e grande coraggio di Moretti, che si mostra per quello che, con tutti i suoi difetti e la sua idiosincrasia da settantenne. Lo adoro.

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    1. Chiarisco una cosa: ho usato la parola "ultras" in senso assolutamente positivo, non dispregiativo: anch'io nel mio piccolo mi sento un trà di Nanni...

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