sabato 8 luglio 2023

LA QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

titolo originale: LA QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO(ITALIA, 2023)
regia: PUPI AVATI
sceneggiatura: PUPI AVATI
cast: GABRIELE LAVIA, LODO GUENZI, EDVIGE FENECH, NICK RUSSO, CAMILLA CIRAOLO, MASSIMO LOPEZ, CESARE BOCCI
durata: 98 minuti
giudizio: 



Bologna, anni '60: Samuele e Marzio, poco più che adolescenti, mettono su un duo canoro chiamato "I Leggenda", carichi di sogni e speranze. Quarant'anni dopo li ritroviamo nella stessa città, sconfitti, incattiviti, ognuno con il suo carico di scorie, rancori e amori passati e finiti...




Un titolo pomposo e criptico che, come il film, non mantiene assolutamente promesse e premesse: La quattordicesima domenica del tempo ordinario è, nel calendario liturgico, la domenica che anticipa l'Avvento, oltre che il giorno (per l'esattezza il 27 giugno 1964) in cui il regista si è sposato. Questo giusto per mettere le cose in chiaro: stiamo per assistere all'ennesimo revival malinconico-nostalgico-giovanilistico di Pupi Avati, che ormai in ogni suo film sembra tenere a farci sapere che si tratta "del più intimo di sempre" (con il breve intermezzo - per fortuna - del più che buono Dante, uscito meno di un anno fa). Intimista ma non autobiografico, come puntualizza lo stesso Avati: per lui infatti la vita ha riservato un destino decisamente migliore rispetto a quello dei due protagonisti della pellicola, ma la triste parabola di Samuele e Marzio rappresenta per Avati quella che probabilmente avrebbe potuto essere la sua Storia se non avesse sfondato nel cinema... 

Tuttavia, nonostante le dichiarazioni di prammatica del regista bolognese, gli accostamenti privati finiscono qui. E qui inizia invece la storia raccontata nel film, quella di due ragazzi amici per la pelle e divisi dall'amore per una donna nella Bologna a cavallo tra gli anni '60 e '70, la cui "epopea" arriverà fino ai giorni nostri. O almeno così ci viene raccontato nella sinossi, dal momento che è quasi impossibile accorgersi del tempo che passa mentre scorrono le immagini: la prima cosa che balza all'occhio vedendo La quattordicesima domenica del tempo ordinario è infatti il suo pressappochismo tecnico, davvero insolito e stridente per un autore che in passato ci aveva sempre abituato quantomeno a una notevole cifra stilistica. Qui invece la ricostruzione storica è talmente sciatta e approssimativa che si fa fatica a capire quando si passa dallo ieri all'oggi (complice anche una sceneggiatura e un montaggio non proprio all'altezza): la fotografia è talmente uniforme che i vari flashback sono quasi indistinguibili, così come lo scarso lavoro fatto su costumi, scene a acconciature, tale da conferire al film un amorfismo tecnico quasi imbarazzante...

Così imbarazzante tanto che alla fine a segnare il tempo sono più che altro le due coppie di attori, anch'esse comunque prive di alchimia: Massimo Lopez (Samuele da adulto) viene scomodato per non più di dieci minuti, in un cameo abbastanza insignificante. Gabriele Lavia (Marzio da adulto) ha invece molto più spazio (è lui il vero protagonista insieme a Lodo Guenzi)  ma il suo ritorno dietro la cinepresa dopo dieci anni appare abbastanza legnoso: è impossibile infatti non notare l'evidente disagio del popolare attore teatrale, forse non più abituato ai diversi tempi del cinema. E poi c'è appunto Lodo Guenzi, il cantante de Lo Stato Sociale ormai intestarditosi - chissà perchè - a fare l'attore e onnipresente in quasi tutti i film italiani di recente uscita: Guenzi interpreta Marzio da ragazzo, anche se nella realtà ha ormai 37 anni e finisce per assomigliare molto più a un adulto viziato piuttosto che a un ventenne immaturo. Vabbè. Avati, non si sa il motivo (personalmente credo solo per marketing e per risparmiare sui cachet) fa spesso scelte di casting piuttosto "inusuali" - diciamo così - ma quasi sempre sbagliate: guardacaso in questo film gli unici a salvarsi sono proprio gli attori meno conosciuti, i giovani Nick Russo (Samuele da ragazzo) e la bellissima Camilla Ciraolo, l'unica a "bucare" davvero lo schermo con il suo luminosissimo volto (ne risentiremo parlare? chissà...)

Discorso a parte merita invece Edvige Fenech (a proposito di scelte inusuali), forse l'unico personaggio degno di nota di un film pedissequo e molto deludente: la popolare icona della commedia scollacciata degli anni '70 dimostra coraggio nel tornare al cinema dopo quasi un quarto di secolo (a parte la brevissima apparizione in Hostel 2 di Eli Roth) e dobbiamo dire che la sua performance è davvero sentita e profonda, quasi malinconica, pervasa a mio avviso di  nostalgia vera per un mondo che ormai l'aveva pressochè dimenticata. E non nego che nella sequenza, cattivella ma emblematica, in cui non riesce a farsi la doccia (dopo averne fatte tante, ma proprio tante negli anni d'oro) ho provato per lei un qualcosa di simile ad un misto di affetto e simpatia. Del resto per chi ha l'età mia (cinquant'anni o giù di lì) la bella Edvige è un'indelebile ricordo d'infanzia (e mi fermo qui!)

In conclusione, La quattordicesima domenica del tempo ordinario è la summa di tutti i peggiori difetti di un film d'autore malriuscito: è spocchioso, supponente,  inconcludente, non coinvolge mai e non dà mai l'impressione di essere un film uscito dal cuore. Sono ormai tanti, troppi anni (e troppi film) che Avati ci propina la sua visione senile e tardo-romantica del bel (?) tempo passato, senza mai dire nulla di nuovo o darci un motivo, uno spunto per correre al cinema. A questo giro ha avuto pure l'ardire (non so se lui o la distribuzione) di uscire in sala nello stesso weekend di Guardiani della Galassia, restandone ovviamente schiacciato. Delirio di onnipotenza o semplice svogliatezza: in ogni caso la normale fine di un film dimenticabile che troverà, forse, la sua unica giustificazione in un passaggio televisivo tra qualche mese, gettato in pasto al pubblico generalista. 

8 commenti:

  1. In effetti, forse, uno sguardo in streaming. Al cinema mai.

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  2. certo che Avati ti sta proprio sul c4zz0 eh...

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    1. Non è questo, non c'entra niente. Avati ha diretto grandi film in carriera e l'ho sempre scritto quando è stato il caso. Ma se un film è brutto è brutto, c'è poco da fare...

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  3. Mi sa che Avati quello che doveva dare al cinema l'abbia dato tempo fa...

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  4. In effetti non se ne può più di Avati e del suo pervicace ripercorrere i temi della nostalgia e del bel tempo che fu. Film imbarazzante come imbarazzante è la recitazione. Si salva solo una sorprendente Fenech sola figura credibile di questa melensa storiella. Caro Avati, sei stato un onesto regista, fermati prima di precipitare al termine di una dignitosa cariera
    Zac

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    1. Ciao Zac, grazie del commento!! Non potrei essere più d'accordo nel definire Avati un "onesto regista" (sopravvalutato, aggiungo io): ha diretto alcuni ottimi film in principio di carriera (i due horror "La casa dalle finestre che ridono" e "Zeder"), altri discreti ("Regalo di Natale" e "Ultimo minuto), e molti, oserei dire troppi, totalmente sbagliati come quest'ultimo. Dove in effetti non si salva niente, nemmeno il minimo sindacale...

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