martedì 7 settembre 2010

Venezia 67 / POST MORTEM (Cile, 2010) di Pablo Larrain


Mario Cornejo è un umile impiegato alle dipendenze del dottor Castillo, medico luminare specializzato in analisi autoptiche: in pratica, il compito di Mario è quello di redigere i verbali delle autopsie praticate dal proprio insigne superiore. Un lavoro insignificante e sgradevole, imbarazzante da descrivere, specialmente quando il protagonista s’innamora di Nancy, ballerina non eccelsa e ormai da tempo senza più i riflettori addosso, prigioniera della solitudine.
Siamo nel Cile del 1973 e una sera, all’improvviso, i cadaveri da esaminare aumentano a dismisura, il piccolo obitorio dell’ospedale viene invaso da centinaia di corpi di morti ammazzati, addirittura si vocifera che sotto uno di quei lenzuoli possa esserci nientemeno che la salma di Salvador Allende. E’ il caos, il Cile si consegna nelle mani di Pinochet, e con la morte della democrazia si disintegra anche l’effimera storia d’amore di Mario…
Post Mortem è un film duro, violento, sgradevole, eppure incredibilmente poetico: è l’ideale prosecuzione del precedente Tony Manero, con lo stesso regista e lo stesso protagonista maschile (uno straordinario Alfredo Castro). E’ il compimento di un percorso volto a buttare giù una volta per tutte ogni muro sul colpo di stato più cruento che la storia sudamericana ricordi. Una rabbiosa, disperata, sconcertante escalation di violenza e orrore che lascia sgomenti tanto gli spettatori quanto i personaggi della pellicola, a loro volta travolti dalla follia di una sanguinosa guerra civile. E la scena dell’autopsia di Allende è quanto di più terrificante e emotivamente disturbante possa offrire il film: eppure è un modo assolutamente originale, intimo e pertinente per mostrarci la Storia.
Commovente e agghiacciante insieme è il modo in cui Mario e i suoi colleghi cerchino di rendere ‘normale’ e professionalmente impeccabile la situazione di quelle drammatiche ore, anche a costo di rimetterci la vita. Ma quando, ormai, tutto ciò che sta ‘fuori’ è privo di senso, anche la dignità e la carità cristiana vengono meno: la dittatura rende tutti crudeli e tutti colpevoli, questo è il messaggio amaro che il regista intende comunicare. E lo fa con un’opera di indicibile durezza, ma che a conti fatti ti fa ammettere che ‘questa storia’ non potesse essere raccontata nient’altro che così.
Post Mortem è un film coraggioso, appassionante, disperato e terribilmente bello. Il primo autorevole candidato al Leone d’Oro.
VOTO: * * * *

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