domenica 24 luglio 2011

TANTI AUGURI, MESSER ERMANNO !

La prima volta che vidi L'albero degli zoccoli avrò fatto la prima o la seconda media. Fu un trauma: far vedere a un ragazzino toscano di 13-14 anni un film di tre ore parlato in bergamasco stretto, sottotitolato, perdipiù di mattina presto, non contribuisce a promuovere l'arte cinematografica... fortuna che già mi ero già fatto gli anticorpi! E infatti quando dopo svariati lustri ho rivisto quel film sul grande schermo, non ho potuto far altro che constatare e ammirare l'incredibile potenza di quelle immagini: una potenza che nasce da un cinema umile, semplice, diretto, popolare ma certo non per questo meno nobile, come ci insegna il suo regista.

A causa di questo 'trauma infantile', mi sono avvicinato molto tardi al cinema di Ermanno Olmi. Esattamente dieci anni fa, quando mi convinsi ad andare a vedere Il mestiere delle armi. E anche quello fu un trauma, ma stavolta ben più salutare: di solito ci metto un po' per rendermi conto della grandezza di un film, ci devo riflettere, magari necessito perfino di una seconda visione. Invece quella volta fui colpito al cuore e al cervello da quel capolavoro assoluto, un film che andrebbe fatto vedere a tutti gli abitanti del mondo, obbligatorio come le vaccinazioni. Un film che parla di un episodio piccolo, oscuro, ma che cambiò irreversibilmente il destino dell'umanità: quando Joanni de' Medici fu colpito alla gamba dalla prima arma da fuoco della storia, morendo dopo giorni di indicibili sofferenze, il mondo capì che le guerre non avevano più nulla di eroico, e che il valore della vita era tragicamente diminuito. Era quello l'inizio dell'età moderna.
Il mestiere delle armi (2000)

Ecco, nel dvd de Il mestiere delle armi c'è un'intervista a Ermanno Olmi. Dura all'incirca dieci minuti, forse meno. Ed è senza alcun dubbio la più bella lezione di storia che abbia mai ascoltato:


"Le guerre non nascono, come si potrebbe pensare, dal solo interesse economico. Non è sufficiente. Quello che scatena le guerre è la presunzione da parte di alcuni essere umani di essere migliori di altri. Di voler insegnare agli altri come si sta al mondo".


Quanta saggezza e quanta infinita sofferenza in queste parole! E soprattutto quanta umanità! Non avrei mai immaginato che io, da sempre sinistrorso e molto diffidente nei confronti delle religioni e della fede, avessi potuto eleggere quasi come mia 'guida morale' un uomo così profondamente cattolico e  devoto.

L'albero degli zoccoli (1978)
Eppure, chi meglio di Olmi in tutti questi anni  ha predicato l'importanza di vivere nel rispetto degli altri, nell'umiltà, nella consapevolezza che la salvezza del mondo dipende dalla bontà delle azioni quotidiane, nei piccoli gesti che regalano sorrisi: non è forse questa una grande lezione di vita?
Con La leggenda del santo bevitore ci ha convinto a non perdere mai la speranza, aiutandoci a voler bene alla vita.  In Cantando dietro i paraventi ci ha spiegato l'importanza del perdono, come un gesto di riconoscenza e non di debolezza (è molto più facile odiare che perdonare). Ne Il posto ci ha parlato della dignità del lavoro e del valore dell'amicizia, in Lunga vita alla Signora ha rivendicato per ciascuno di noi il diritto all'infanzia e a una giovinezza serena.

E, infine, con Centochiodi ha firmato quello che doveva essere il suo testamento spirituale e artistico, specchio di un uomo puro, integro, coerente con se stesso e deluso (e disilluso) dal mondo. Quel Messia moderno che getta nel fiume i simboli dell'agiatezza e dell'insensibilità dell'uomo moderno è il ritratto fedele dell'aridità della società contemporanea, totalmente basata sull'apparenza e sul denaro.  E anche (anzi, soprattutto!) una ferma presa di posizione verso il Cristianesimo di oggi, retto da una Chiesa ormai totalmente scollegata e distante dai fedeli, ripiegata su rituali antichi e tagliata fuori dalla Storia ("Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico...").
Centochiodi (2007)

Un giudizio duro, senza appello, ancora più netto proprio per il fatto che viene pronunciato da una persona  nata, cresciuta e invecchiata con ideali cattolici e liberali. Ma, proprio per questo, ammirevole per onestà intellettuale e grande statura morale. Dopo Centochiodi Olmi affermò convinto che non avrebbe girato più film di finzione, ma solo documentari. Ma a noi piace immaginarlo lassù, nel suo 'buen ritiro' di Asiago (dove vive da molti anni) ad osservare arrabbiato e triste la società che abbiamo costruito. E decidere che è decisamente troppo presto per andare in pensione ("Siamo un paese che ha perduto l'anima, che ha barattato i sogni col benessere. Abbiamo perduto il senso della realtà perchè non la frequentiamo più.").

Ermanno Olmi, che oggi compie 80 anni, sarà a Venezia con un nuovo film: Il villaggio di cartone. Parlerà di immigrazione e tolleranza, di speranza e amicizia, di una nuova redenzione.
Tanti auguri, messer Ermanno.

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