domenica 11 novembre 2012

AMOUR

(id.)
di Michael Haneke (Austria/Francia/Germania, 2012)
con Jean-Louis Trintignant, Emmanuelle Riva, Isabelle Huppert
VOTO: ***/5

"La cosa più brutta della vecchiaia è il ricordo di quando si era giovani", faceva dire David Lynch al suo anziano protagonista in quel film magnifico che è Una storia vera. La stessa cosa la pensa Anne (Emmanuelle Riva) quando, ormai paralizzata e inferma, sfoglia i vecchi album di fotografie che ritraggono immagini della sua giovinezza perduta. E' l'unico momento di Amour dove, davvero, la commozione si ritaglia un po' di spazio in un film che, nel consueto stile Haneke, è tanto perfetto e rigoroso nella messinscena quanto glaciale e livido a livello emotivo.

Certo, era impossibile aspettarsi da Haneke un qualcosa di diverso: il suo è da sempre un cinema disturbante, asettico, cupo, espressione di un mondo ingiusto e senza vie d'uscita. Ma se questi elementi facevano del suo film precedente, Il nastro bianco, un capolavoro di rigore storico e assoluto valore sociologico, in Amour le stesse caratteristiche 'spengono' un film che, fin dal titolo, vorrebbe essere una dichiarazione di amore estremo, totalizzante, tra due persone che si sono giurate fedeltà eterna e che invece la malattia costringe a separarsi.

Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva
Amour, banalmente, dovrebbe parlare di amore. Invece mostra solo sofferenza: per oltre due ore ci viene mostrato, senza omettere niente, il progressivo disfacimento fisico e mentale di una persona fino a pochi istanti prima capace di intendere, volere e, soprattutto, amare. Intendiamoci, non è che l'amore non sia presente in questo film: la dedizione e l'affetto che il marito Georges (Jean-Louis Trintignant) dedica all'amata consorte sono struggenti. Ma Haneke anzichè far uscire un solo vagìto di umanità e commozione dalla camera-prigione in cui è rinchiusa Anne, indugia ossessivamente sui macabri rituali che la allontanano progressivamente dal marito: infermiere più o meno insensibili, stanchi e inutili esercizi di riabilitazione, pasti non consumati, medicine sul comodino, piaghe da decubito...

Isabelle Huppert
Con questo non voglio dire che il regista speculi sul dolore, questo no. Del resto già il prologo del film, ancora prima dei titoli di testa, mette le cose in chiaro su quello che vedremo da lì in poi. Però Haneke ha la pretesa, insensata, di volerci 'sorprendere' con drammi che ognuno di noi, più o meno direttamente, almeno una volta nella vita ha vissuto sulla propria pelle. Amour non ci racconta niente di nuovo, e nemmeno la straordinarie interpretazioni dei due attori protagonisti bastano a farci amare (perlappunto) un film stilisticamente perfetto ma, al solito, gelido e cinico verso lo spettatore.  

10 commenti:

  1. Visto ieri e devo ancora riprendermi del tutto. La feroce realtà che trasuda da ogni inquadratura non può lasciare indifferenti. Il distacco con cui è girato è compensato proprio dalla normalità che il film racchiude.

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    1. Secondo me è proprio la normalità che nuoce. Propinarci solo sofferenza e scene di malattia a ripetizione, stanchi rituali di morte per due ore e dieci minuti, francamente è un po' troppo... manca la commozione vera, quella che altri film sullo stessa tema (non originalissimo, per altro) mi hanno scatenato. Come il già citato 'Una storia vera', oppure 'Umberto D', perfino l'hollywoodiano 'A spasso con Daisy' mi hanno fatto piangere. Questo 'Amour', invece, non mi ha suscitato la minima emozione.

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  2. non l'ho ancora visto ma avevo il sospetto che fosse il tipico film di Haneke, perfetto ma freddo, elegantissimo e distaccato...Potrò dare conferma o smentita alle tue parole e alle mie sensazioni solo dopo averlo visto (sempre se dalle mie parti lo mettono in programmazione!)

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    1. Per onestà, devo dire che il 99,9% delle recensioni di questo film ne parlano come di un capolavoro. E anche come un film di grande umanità e commozione.
      Non so. Forse non l'ho capito io, o forse (come dico spesso) la sensibilità cambia da persona a persona ed è una cosa molto soggettiva.
      Fattostà che io non ho versato nemmeno una lacrima per questo film. E nemmeno mi ha 'disturbato' più di tanto. Quelle che racconta 'Amour' sono situazioni che, lo ripeto, tutti abbiamo visto o vissuto in prima persona almeno una volta nella vita. Elevarle a dramma epico, a mio avviso, è sbagliato.

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  3. Io sono una di quelle che ha pianto dall'inizio alla fine davanti a questo film. E proprio per i motivi riportati nella recensione e nei commenti. La quotidianità descritta per accumulo scava sempre di più e finisce per ferire in profondità. L'amore è costantemente presente nei gesti che, minuto dopo minuto, il marito dedica alla moglie e negli sguardi, solo apparentemente assenti, che la moglie dedica al marito. Il dolore profondo cementifica un'unione da cui tutti gli altri sono volontariamente esclusi (paradigmatico, in tal senso, il rapporto con al figlia) come se, alla fine, solo chi si è amato profondamente potesse condividere profondamente anche il dolore della perdita progressiva. Per me un film straziante, pur nella freddezza della messa in scena.

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    1. Straziante di sicuro. Come ripeto probabilmente sono io che non ho il cuore troppo 'aperto' a certe situazioni. Probabilmente il carattere c'entra anche qui. Eccome. Rispetto ogni opinione, peraltro tutte bellissime. E ringrazio te per avermi 'illuminato' aprendomi gli occhi sul punto di vista della figlia, che in questa recensione ho trascurato del tutto. Riesci sempre a farmi vedere le cose da un'altra angolazione, e ti sono molto grato per questo. Davvero. Apprezzo moltissimo le tue parole!

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  4. L'ho visto ieri sera. E' vero, c'è tanta, tantissima sofferenza in questo film, però secondo me racconta anche una storia d'amore bellissima e assoluta, che come dice giustamente hestchaap è così totalizzante da escludere chiunque, perfino i figli. Ma non diciamo che è amore "estremo" in senso negativo, perchè quando si arriva a quell'età è giocoforza stringersi intorno a chi ti è rimasto accanto per tutta la vita.
    Mi ha fatto male, però mi sono commossa. Molto.

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    1. Mi ci vorrebbe una seconda visione, per molti film è necessaria... ma per adesso proprio non me la sento. Comunque il valore del film non si discute, aldilà dell'aspetto emozionale.

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  5. Sarà che ho vissuto un'esperienza similare (conclusasi felicemente) ma questo film l'ho amato. Un pugno nello stomaco, e proprio la normalità che critichi lo rende così bello e duro. Haneke è riuscito a cogliere, per me, l'essenza stessa ell'amore.
    A fine visione ho asserito che è stata una delle pellicola D'AMORE più belle che io abbia mai visto.

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    1. Io invece ho ci visto solo freddezza e sofferenza, eppure anch'io ho vissuto la stessa esperienza con mia nonna. Probabilmente è una questione di sensibilità: considero Haneke un cineasta straordinario nel descrivere atmosfere e personaggi, molto meno nel mostrare i sentimenti. Ma è solo la mia visione.

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