mercoledì 3 luglio 2013

TO THE WONDER

(id.)
di Terrence Malick (USA, 2012)
con Ben Affleck, Olga Kurylenko, Rachel McAdams, Javier Bardem, Romina Mondello
VOTO: **/5

Parlando del suo film precedente, The Tree of Life (vedi qui) ci eravamo lasciati con un dubbio amletico: capolavoro incommentabile, indecifrabile, o 'solo' un clamoroso esercizio di stile, pur se visivamente affascinante? A un anno e mezzo di distanza (praticamente ieri, per un regista che ha diretto sei film in quarant'anni) torniamo a porci la stessa domanda su Terrence Malick, ovvero: c'è o ci fa? Tradotto: abbiamo sempre sostenuto che Malick non è un regista 'per tutti' (nel senso meno snob possibile, intendendo semplicemente che non tutti - giustamente! - sono in grado di apprezzare il suo stile contemplativo, faticoso, dilatato, che richiede una capacità di 'resistenza' da parte dello spettatore che non sempre si è disposti a concedere).
Però con questo To the wonder... per così dire, il regista texano torna diabolicamente sul luogo del delitto, e allora i dubbi che già si insinuavano in The Tree of Life qui acquistano decisamente forza: ovvero, capolavoro che trascende ogni tipo di sintassi filmica, oppure beffarda presa in giro di un cineasta
che ha ormai poco da dire e si approfitta impunemente dell'aura di 'misticità' che si è guadagnato in questi anni?

La risposta probabilmente non l'avremo mai, o forse è dentro ognuno di noi, in base alla propria sensibilità e formazione cinematografica. Certo è che questo To the wonder appare ancora più 'estremo' di The Tree of Life per capacità di fruizione: due ore di autentico delirio visivo, dove Malick rovescia sul (malcapitato?) spettatore una quantità industriale di immagini surreali e ripetitive, apparentemente (?) scollegate l'una dall'altra, e lo stordisce con dialoghi minimi e ai limiti del paradosso: è già 'cult' l'unica battuta pronunciata (in italiano!) nei suoi unici 4 minuti di scena  da Romina Mondello, una delle tante attrici 'sfigurate' dal montaggio definitivo: "Io sono l'esperimento di me stessa". Ma va detto che anche agli attori protagonisti non va molto meglio: tra Ben AffleckOlga Kurylenko, Rachel McAdams e Javier Bardem, alla fine nessuno di loro pronuncia più di cinquanta parole in tutto il film! La penna 'avvelenata' di qualche critico ha anche scritto che se, per errore, un proiezionista montasse le 'pizze' al contrario, ovvero prima il secondo tempo e poi il primo, non se ne accorgerebbe nessuno...

 Sia chiaro: Malick è ancora un genio dell'inquadratura e delle riprese, ed è impossibile non restare affascinati da certi tagli di scena. Però dopo venti minuti di questa sbornia visiva è difficile concentrarsi ancora su quello che si vede sullo schermo. E se in The Tree of Life si intravedeva almeno una morale di fondo (la capacità dell'uomo di gestirsi e sopravvivere, l'ipotesi di vita dopo la morte, la Natura come unica governante del mondo), questo To the wonder appare abbastanza banale anche come 'trama', ammesso che si possa chiamarla così: è, in fin dei conti, semplicemente la storia di un triangolo amoroso e della solitudine di un uomo (il prete interpretato da Javier Bardem), probabilmente autobiografica. Ma si fa davvero tanta, tanta fatica a vederci qualcosa di cinematograficamente sorprendente, aldilà della 'confezione'.

Olga Kurylenko e Romina Mondello, a Venezia
La verità è che Malick sembra aver perso completamente ogni interesse verso la comunicazione con lo spettatore. Forse lo fa in buona fede, forse è il suo modo attuale di fare cinema e non sa farlo in altro modo. O forse disprezza proprio lo spettatore-medio, non ritenendolo all'altezza dei suoi lavori e fregandosene di ogni logica produttiva e commerciale. Forse.
Però una cosa è certa: il cinema è arte diversa dalla musica, dalla letteratura, dalla poesia e dalla pittura, e Malick non sembra più rendersene conto. Il cinema, a differenza di un libro o di un quadro, 'vive' se c'è un contatto con il pubblico, 'esiste' se ci sono gli spettatori in sala. Perchè un film proiettato in una sala vuota è un film che non esiste. E se Malick intende infischiarsene del pubblico, proseguendo per la sua strada, non sarà più un regista. I suoi lavori saranno sempre arte, ma il cinema è un'altra cosa.

18 commenti:

  1. la cineteca di Bologna proietto' a suo tempo inavvertitamente "the tree of life" al contrario (non e' una bufala giuro..) prima il secondo poi il primo tempo. Nessuno in sala se ne e' accorto..Di Mallick ho visto solo "la sottile linea rossa", mi e' piaciuto ma un po' l'ho patito. Vorrei vedere sia the tree of life sia to the wonder ma ho un po di timore...

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    1. Sì, ero a conoscenza di questo fatto: ed è significativo che nessuno se n'è accorto per quasi una settimana! 'To the Wonder' è, se possibile, ancora più dilatato rispetto a 'The Tree of Life'. Insomma, o lo si ama o lo si odia, come (quasi) sempre capita con Malick. In ogni caso ti consiglio di rivederti i primi suoi film (La rabbia giovane, I giorni del cielo) per capire il suo percorso. Evoluto o involuto che sia.

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  2. che bella recensione, complimenti! ecco, hai colto perfettamente il grande dilemma: quando ho scritto di tree of life ho appunto detto di averlo apprezzato in quanto opera d'arte, ma non come film perchè mancando di qualunque intento comunicativo e di qualsiasi linearità nella trama ( la storia delle pizze invertite è vera ed è successa in un cinema di Bologna, pensa che per ben una settimana nessuno si è accorto di nulla!)non può semplicemente definirsi tale. Non ho niente contro Malick, la sua purezza dell'immagine è straordinaria ma se per l'appunto non si accompagna a qualcos'altro allora non so proprio dove dovremmo andare a parare. The New World era un film bellissimo che riusciva a coniugare tutte le domande esistenziali e l'attenzione per l'elemento, la forza e la bellezza della natura tanto cari a Malick, ma lo faceva con assoluta coerenza. Poi, non so perchè, ha deciso che il pubblico è inutile, salvo che non gridi al capolavoro trascendentale.

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    1. Sono completamente d'accordo con te. Hai ragione: 'The new world' era un film difficile e faticoso da digerire, ma alla fine si usciva dalla sala consapevoli di aver assistito a una prova di grande cinema. Se si aveva la costanza di 'resistere' e arrivare in fondo con la visione ci si rendeva conto che Malick è un regista che si prende(va) tutto il tempo a lui necessario per elaborare la sua visione del mondo. Gli ultimi due film, invece, a mio modo di vedere sono bellissimi stilisticamente ma piuttosto poveri come contenuto. O forse nessuno ne ha davvero capito bene il contenuto.
      Ma se nessuno capisce non si può dire che tutti gli spettatori siano cretini...

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  3. a me il film è arrivato.
    e chiamarlo film è limitativo. è poesia pura.
    se poi allo spettatore-medio non è arrivato, cavoli suoi :)

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    1. Ok Marco. Ma chi è lo spettatore-medio? E perchè non contempli l'ipotesi che a qualcuno non possa arrivare? Mi sembra troppo semplicistico parlare di stupidità di chi va a vedere film come questo...

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  4. Non ho ancora visto il film. Ma da quello che capisco ormai occorre fare un distinguo tra film-film e film-arte. Pure i dadaisti giravano film, ma non erano film "canonici", erano esperimenti visivi. Cinema di questo tipo, credo, ci sarà sempre.

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    1. Avete ragione, film così ci saranno sempre. Ma la domanda è sempre la stessa: questa arte (perchè indiscutibilmente è arte) si può chiamare cinema? In un'altra discussione (su facebook) sono stato insultato perchè ho definito il cinema un'arte 'popolare'... ma perchè 'popolare' deve essere sempre usato in tono dispregiativo? Il cinema è per per forza di cose 'popolare' perchè, come ripeto, esiste solo se qualcuno lo va a vedere. Per questo ci deve essere rispetto per il pubblico, e non si può sempre rifugiarsi nella frasetta 'il pubblico non capisce' perchè è troppo facile: se nessuno capisce forse vuol dire che su tu che non riesci a comunicare bene... ma aldilà di questo, la sensazione che si ha vedendo gli ultimi Malick è che questo cineasta, magari in buona fede, magari per timidezza, isolamento, carattere, tutto quello che volete, si è ritirato in un mondo tutto suo e non permette agli altri di entrarci.
      Con questo, badate bene, NON VOGLIO DIRE CHE IL CINEMA DEVE ESSERE PER FORZA DI COSE COMMERCIALE E DI FACILE LETTURA, ma nemmeno deve(s)cadere nell'autoreferenzialità.

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  5. Da grande fan del primo Malick, ho detestato The tree of life, e temo che detesterò anche questo.

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    1. E' questo che sto cercando di far capire ai fan 'integralisti' di Malick: non tutti i suoi film sono uguali! I primi (parlo de 'La rabbia giovane' e 'I giorni del cielo', ma anche 'La sottile linea rossa') erano profondamente diversi: erano pellicole 'toste', dure, ma comprensibili e che lasciavano il segno in chi le guardava. Invece sia 'The tree of life' che 'To the wonder' sono francamente difficili da comprendere. Poi si può discutere se questa sia stata un'evoluzione o un involuzione, ma non si può fare di ogni erba un fascio!

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  6. Non ho visto il film e, magari, lo giudicherò un capolavoro (The Tree of Life non mi era piaciuto per nulla) ma, in ogni caso, ciò che dici alla fine è sacrosanto: il cinema è linguaggio, quindi, comunicazione. Deve saper parlare agli spettatori. A tutti? No. A tanti? Magari. A pochi eletti? Dipende da quanti pochi. Quello che è certo è che non può essere autoreferenziale, altrimenti perde il suo senso più profondo.

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    1. Esatto. In fin dei conti, non dimentichiamoci che se i Lumière non avessero proiettato davanti a un pubblico terrorizzato il loro 'arrivo del treno' a quest'ora non esisterebbe il cinema. C'è poco da fare.
      Riguardo Malick, la mia sensazione è nei suoi ultimi film abbia davvero poco da dire... se in 'Tree of life' c'era almeno una riflessione sull'Universo e la vita terrena, questo, diciamola tutta, è un banale triangolo amoroso e stop. A me onestamente ha fatto due palle cosi'... La mia opinione è che Malick giochi molto sulla sua fama di regista 'mistico' e maledetto per propinarci deliri visivi strettamente personali che molti scambiano per capolavori assoluti perché... Malick non si discute a prescindere. Io invece rivendico il diritto di criticare anche un mostro sacro se i suoi film non mi piacciono. Poi ognuno dice la sua.

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  7. Ho assistito senza intervenire allo scambio di opinioni su feisbuk, io sono per lo scambio di opinioni in maniera civile e riconosco quando un regista seppur nella sua grandezza sappia arrivare o no, allo spettatore. Malick è uno di questi. Io non lo osanno ma c'è del fascino nelle sue opere...ti dirò non appena l'avrò visto. E complimenti per il tuo modo di esprimere la settima arte, come sempre. ;-)

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  8. Purtroppo quando un regista diventa 'di culto' bisogna mettere in conto un certo numero di fans 'talebani che lo difendono a prescindere e non accettano alcuna altra opinione che sia diversa dalla loro. Succede. A me è dispiaciuto solo il fatto di essere stato insultato senza motivo (in quanto avevo espresso la mia opinione in un tono oggettivamente più che conciliante) solo per aver insinuato che anche il 'divino' Malick possa prendere un granchio... ma mi sono già buttato il tutto alle spalle.
    Parlando strettamente del film, non ho mai negato che certe scene e certe situazioni siano affascinanti, ma la visione d'insieme, a mio avviso, è estenuante e complicata. Comunque ben diversa, lo ripeto, da quella delle sue opere migliori (le prime).

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    1. Ne so qualcosa di talebani. Li ho scoperti osando mettere in discussione il genio di Sorrentino qualche settimana fa...Purtroppo, capita spesso che la distinzione significativa non sia tra quelli a cui il film è piaciuto e quelli a cui non è piaciuto (alcuni dei quali con argomentazioni valide e ragionevoli), ma tra commentatori gentili e disponibili al confronto (tu rientri nella categoria) e altri...come dire...non ci esprimiamo.
      Su questo sono d'accordo con te su tutto tranne che su una cosa: Dire che non è cinema è un super-azzardo; io sono convinto che il cinema sia espressione prima che comunicazione; e l'espressione non implica necessariamente una risposta da parte dell'interlocutore, casomai comprensione, se serve pazienza, poi riflessione. Non devo "capire" necessariamente un film per giudicarlo positivamente. Non è meccanica. E' qualcosa a mio avviso che agisce più sull'inconscio (aspetto che costituisce una delle più belle qualità del cinema, e dell'arte in generale). In forza di ciò secondo me Malick E' puro cinema, un cinema che esprime sempre, anche troppo. Che poi questo nello specifico non sia riuscito, e che faccia acqua da molte parti, mi trovi d'accordo al 110%.

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    2. Secondo me espressione e comunicazione vanno di pari passo. L'arte è fatta per essere mostrata, altrimenti non ha scopo. Che arte è se nessuno la vede? Si dice (secondo me giustamente) che il cinema è la summa di tutte le arti (immagine, letteratura, musica) e allora a maggior ragione deve essere mostrato al pubblico. E il pubblico merita rispetto: sono d'accordo con te quando dici che un film per piacere non necessariamente debba essere capito (mi sta accadendo da quasi trent'anni con '2001:Odissea nello spazio') però mi sembra evidente che a Malick, a differenza di Kubrick, non gliene frega niente di chi va a vedere i suoi film. Lui gira solo per se stesso, come un diario, quasi compiacendosi della sua autoreferenzialità, quasi come se volesse 'punire' lo spettatore per aver messo il naso nelle sue cose. Esattamente l'opposto di quello che dovrebbe essere il cinema.

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  9. Qualcuno ha scritto che "non ti è arrivata" tutta quest'arte... molto dipende dalla nostra predisposizione sicuramente. Per quanto mi riguarda dubito mi giungerà mai qualcosa di cotanti artisti, come è successo per Il cavallo di Torino. Un limite del fruitore? Una diga all'insondabile? "la seconda che ho detto"...

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    1. Ciao Lampur! Che piacere! E' un onore ritrovarti qui dalle mie parti... Che dire ancora su questo film: non so se sono io a non essere 'predisposto' (può darsi), certo è che questo non è il Malick che avevo conosciuto, ammirato, adorato. Un mio limite? Forse. Nel tempo si cambia, ma questo non vale comuque solo per me...

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