giovedì 14 novembre 2013

PRISONERS

(id.)
di Denis Villeneuve (USA, 2013)
con Jake Gillenhaal, Hugh Jackman, Maria Bello, Terrence Howard, Viola Davis, Melissa Leo, Paul Dano
durata: 153 min.


Due bambine vengono rapite davanti a casa, in un attimo, approfittando della disattenzione dei rispettivi genitori che stanno festeggiando il Giorno del Ringraziamento. Il padre di una di loro, diffidando della polizia locale, decide di indagare per conto suo e punta il dito contro un giovane instabile e disadattato: lo sequestra, lo nasconde in un luogo abbandonato e inizia a torturarlo per estorcergli un'ammissione di colpa di cui è convinto fino all'esasperazione. L'altra famiglia disapprova il metodo ma non muove un dito per liberare il malcapitato, mentre nel frattempo le forze dell'ordine brancolano nel buio, per niente facilitate dall'omertà dei diretti interessati, tutti con qualcosa (o qualcuno) da nascondere.


Il canadese Denis Villeneuve, al suo debutto 'hollywoodiano' dopo il bellissimo La donna che canta, mette in scena un robusto thriller psicologico di stampo classico, avvincente, ben oliato e soprattutto senza svendersi più di tanto al cinema mainstream. In Prisoners infatti non troverete scene d'azione, sparatorie ed effetti speciali: il regista punta tutto sull'intrigo e sulla tensione, prendendosi tutto il tempo che vuole (due ore e mezza di durata non sono uno scherzo per un film del genere) e disorientando gli spettatori con continue rivelazioni e colpi di scena. L'occhio dello spettatore è lo stesso del detective incaricato di svolgere le indagini: la verità emerge a poco a poco, faticosamente, giocando sull'angoscia dell'attesa e sul disagio di chi, per professione, deve immergersi in un mondo malato e marcio dove non sembrano più esistere pietà e consapevolezza.

Lo spessore del film, infatti, sta più che altro nell'atmosfera putrida che si respira, che ci obbliga a interrogarci sulla ragione di tanto dolore, tanta efferatezza, tanta violenza. Domande scomode ma inevitabili: è lecito farsi giustizia da soli nella convinzione di essere nel giusto? Può esserci pietà di fronte a situazioni così atroci? Il parallelo con la politica a stelle e strisce è fin troppo facile: senza scomodare Zero Dark Thirty della Bigelow, qui vediamo un padre accecato dalla vendetta che sevizia un poveraccio malato di mente (non vi diciamo, ovviamente, se è davvero lui l'assassino). Traslando l'equazione ai massimi sistemi la domanda diventa: può un paese civile affidarsi alla tortura per far emergere il marcio che ha dentro? Il fine giustifica sempre i mezzi?

Chi ha paragonato Prisoners a Mystic River lo ha fatto con cognizione di causa. Certo, Villeneuve privilegia molto la trama rispetto agli aspetti 'sociologici', e non raggiunge le vette di tensione insostenibile come nel capolavoro di Eastwood. Qui siamo più dalle parti del cinema di genere, il che non vuol dire sminuire la portata di una pellicola che per almeno 3/4 gira su livelli altissimi, aiutata anche da attori in stato di grazia (davvero notevole la performance di Hugh Jackman, che finalmente si scrolla di dosso l'etichetta di 'Mr.Wolverine'). Peccato che il finale sia solo appena un po' convenzionale e telefonato, e certi personaggi risultino abbastanza stereotipati (vedi la zia del ragazzo, che sembra presa direttamente da Psyco), chiaro dazio da pagare all'industria cinematografica. Ma è davvero l'unica pecca di un thriller che, ne siamo certi, troverà moltissimi estimatori.

17 commenti:

  1. Concordo. Una delle cose migliori che il genere abbia riservato negli ultimi anni.

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    1. Già. Quando un regista indipendente fa il grande passo verso Hollywood c'è sempre da avere paura. Invece Villeneuve, almeno per ora, si conferma ad ottimi livelli.

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  2. ma scomodiamo pure zero dark thirty, che i punti di contatto ci sono... :)
    e per me è anche superiore a mystic river

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    1. Infatti l'ho scomodato! :)
      Superiore a Mystic River però non direi... questo è un film molto meno 'sociologico' del capolavoro di Clint: si concentra molto più sull'intrigo. Ma è un bellissimo film di genere, che conferma Villeneuve come regista da tenere sempre d'occhio!

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    2. ok, è meno sociologico, però è molto più politico. e a me i film che sanno essere politici pur essendo apparentemente altro piacciono particolarmente. pur non amando la politica di per sé... :)
      quindi è sì un film di genere, ma in realtà è anche qualcosa di più...

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    3. Esatto. Come tutti i bei film di genere... :)

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  3. la cosa migliore del film è che Villeneuve è rimasto Villeneuve, ti aspetti un bel film, lo è ancora di più.

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  4. anche io avevo paura che il talento di Villeneuve fosse ingabbiato dalle" tagliole " hollywoodiane ma per adesso pare che non sia così. Concordo al 200 % con quanto hai scritto, anche su Zero Dark Thirty...

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    1. Grazie bradipo. Ho letto anche il tuo commento e stavolta direi che siamo perfettamente d'accordo. Ma direi che tutta la critica è d'accordo nell'elogiare (giustamente) questo film.

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  5. sembra molto interessante, voglio vederlo (reperibilità permettendo!).

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    1. Lo è Margherita, credimi. E non dovrebbe essere difficile reperirlo: nonostante Zalone ci sono molte sale che lo proiettano, almeno qui dalle mie parti...

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  6. Come già detto un po' ovunque (e da chiunque) uno dei migliori film visti nell'ultimo periodo.

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    1. Indubbiamente sì. Recensioni unanimemente buone e così anche i gusti del pubblico: non capita spesso.

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  7. Davvero bello, anche se non grido al capolavoro. Jackman poi ha riservato una delle sue migliori interpretazioni.

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    1. "Capolavoro" è una parola grossa, abusata, e con poco senso. Almeno per me. Infatti non la uso quasi mai. Ecco, depurata da questo, diciamo che è un gran bel film. E Jackman sì, fa la sua bella figura...

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