sabato 22 febbraio 2014

12 ANNI SCHIAVO


(12 years a slave)
di Steve McQueen (Usa, 2012)
con Chiwetel Ejiofor, Lupita Nyong'o, Michael Fassbender, Benedict Cumberbatch, Paul Dano, Paul Giamatti, Brad Pitt
durata: 134 min.


Se questo è il film che con ogni probabilità la farà da padrone alla prossima notte degli oscar, due sono le considerazioni da fare: la prima, ormai è chiaro, è che la presidenza Obama ha definitivamente sdoganato un genere, lo schiavo-movie, e l'Academy non aspettava altro che una pellicola dura, solenne e sontuosa per la definitiva consacrazione. Gli era andata male l'anno scorso con il prolisso e verboso Lincoln, questa potrebbe essere la volta buona. La seconda, strettamente collegata alla prima, è che l'America si dimostra ancora una volta una nazione storicamente giovane e poco incline ad accettare il proprio passato, e questo film superficiale e ricattatorio, dispiace dirlo, non fa altro che confermare i limiti che (quasi) tutte le pellicole americane denotano in sede di analisi storica, ovvero una certa coda di paglia nel riconoscere gli errori e le atrocità perpetrate dai propri antenati...

Intendiamoci, 12 anni schiavo è un film esteticamente bellissimo: costumi, scene e fotografia sono notevoli. Una confezione impeccabile per un lungometraggio che però si dimostra falso e poco attendibile fin dalle prime battute. Steve McQueen è un regista di colore e può darsi che le sue buone intenzioni e l'innegabile trasporto personale nel trattare l'argomento lo abbiano portato a un'eccessiva caratterizzazione dei personaggi e dei ruoli (un po' come ha fatto Lee Daniels con The Butler, altro 'film a tema'). Ne esce fuori un film stereotipato e semplicistico, dove tutti i 'buoni' (i neri) sono carne da macello e tutti i 'cattivi' (i bianchi) sono spietati assassini livorosi e assetati di sangue, oltre che mentalmente instabili e perfino sessualmente repressi...  Un ritratto portato all'eccesso che finisce per creare un problema ideologico importante: vedendo 12 anni schiavo, infatti, sembra quasi che la schiavitù fosse la conseguenza di una deriva mentale della razza wasp, mentre invece sappiamo bene che si trattava di una questione essenzialmente economica e legata al sistema sociale dell'epoca: gli schiavi erano indispensabili per l'economia degli stati del sud e costituivano un'enorme forza lavoro a titolo gratuito per i grandi proprietari terrieri. Abolire la schiavitù avrebbe significato la bancarotta per molti di loro, e questa fu la vera causa della guerra di secessione che si sarebbe scatenata di lì a poco.

Ma di tutto questo nel film di McQueen non c'è traccia: la storia (vera) di Solomon Northup, musicista di colore rapito dai negrieri nella Washington del 1841 e costretto alla schiavitù per dodici lunghi anni, assomiglia più a uno sceneggiato televisivo piuttosto che a un pamphlet sulla libertà e i diritti umani. La vicenda si dipana in modo lineare e senza sussulti, con scene e situazioni assolutamente convenzionali in cui fatichiamo davvero a riconoscere la regìa virtuosa che avevamo ammirato in Hunger e Shame. Questo è il principale difetto del film, aldilà dell'aspetto politico: 12 anni schiavo è una pellicola didascalica e ordinaria, sembra quasi studiata a tavolino per essere proiettata nelle scuole, senza sussulti e colpi di scena, oltre a una rappresentazione della violenza assolutamente gratuita e sensazionalistica: le numerose scene di pestaggi e torture finiscono più per schifare che indignare, colpendo più allo stomaco che al cuore. Viene il sospetto che siano state inserite più per catturare l'attenzione degli spettatori piuttosto che per effettive esigenze artistiche.

12 anni schiavo è candidato a ben nove oscar, e molte nomination (soprattutto film e regìa) ci paiono francamente esagerate, comprese quelle agli attori: il protagonista Chiwetel Ejiofor ha praticamente la stessa espressione per tutto il film, mentre il 'tedesco' Fassbender non ci pare troppo a suo agio nel ruolo... il suo personaggio più che a un latifondista del sud assomiglia a quello del gerarca nazista spietato e impotente di Schindler's List (che aveva il volto di Ralph Fiennes) con tanto di giovane schiava immolata a soddisfare le sue pulsioni sessuali (interpretata dalla sconosciuta Lupita Nyong'o, la più brava di tutte). Una grossa delusione, insomma, per una pellicola cui tutti riponevamo grandi aspettative. Con la speranza che McQueen riesca a svincolarsi prima possibile dalle logiche produttive (e commerciali) degli Studios per tornare a girare storie meno ambiziose e certamente più consone alle sue corde. Tradotto: caro Steve, ora che ti sei riempito il portafoglio, torna a fare cinema sul serio...

42 commenti:

  1. Io l'ho trovato invece molto intenso, forse la prova migliore di McQueen come regista.
    I confronti con Cumberbatch e Pitt del protagonista sono di forza decisamente superiore a roba noiosa come Lincoln.

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    1. Lincoln era un film noiosissimo e verboso, ma bisogna riconoscere che analizzava la situazione storica e politica in modo ben più approfondito e sincero di questo melodrammone di stampo televisivo: francamente l'ho trovato davvero insipido... il cameo di Pitt, poi, è davvero presenzialismo spicciolo.

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  2. la struttura del libro è proprio questa: una netta ripartizione fra buoni e cattivi, una cadenza quasi episodica ( nella transizione da un padrone all'altro), un andamento descrittivo e una conclusione anticlimatica: devo ancora vedere il film ma ho la sensazione che alcune colpe, se così vogliamo chiamarle ( il libro è comunque molto bello), siano da ricercare più nel materiale di partenza che in McQueen stesso...

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    1. Beh, se davvero così fosse (non ho letto il libro) è chiaro che il peccato originale sta a monte. La ripartizione tra buoni e cattivi falsa il contesto storico: nell'America di Lincoln le cose erano ben più complesse di come ci mostra McQueen... il problema della schiavitù era prevalentemente economico e creava grossi squilibri sociali tra il nord e il sud del paese: c'erano schiavi di colore che se la passavano molto meglio dei loro connazionali 'liberi', che magari morivano di fame nei vicoli di New York. E, per contro, c'erano schiavisti bianchi che facevano soldi a palate a differenza dei 'colleghi' del nord che non potevano permettersi per legge quella manodopera a costo zero. E che quindi trattavano gli schiavi in maniera dignitosa proprio per non dissipare quella fortuna...
      Con questo sia chiaro (lo scrivo in maiuscolo) CHE NESSUNO GIUSTIFICA LA SCHIAVITU' , la trovo anzi aberrante, ma le situazione politico-economica dell'epoca era questa e nel film di McQueen non è neppure accennata...

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    2. io l'ho letto in inglese e ti assicuro che è proprio così (anzi, mi dicono che in film regala una sottile oscurità anche alla figura di Master Ford che nel libro viene lasciato intendere essere buon al 100%, pensa che addirittura Solomon dichiara che se avesse avuto lì la moglie e i figli sarebbe rimasto ben volentieri al suo servizio per il resto dei suoi giorni! ) c'è da dire che essendo scritta da Solomon la storia offre il suo punto di vista e ovviamente non si sofferma su altre problematiche a lui più lontane come tutte le implicazioni economiche che la schiavitù comportava. Qui si è scelto di osservare gli eventi dal punto di vista degli schiavi e il rischio di generalizzare troppo ovviamente c'è...

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    3. Questo è vero, indubbiamente si tratta di un punto di vista assolutamente personale: che però il regista non è tenuto per forza a rispettare... secondo me c'erano tutti gli elementi per fare di questo film un'opera importante e politica, invece McQueen non ha voluto affatto affondare i colpi. In ogni caso grazie davvero Alessia per essere intervenuta e per le tue precisazioni, che contribuiscono a rendere il quadro più completo. Mi fa sempre piacere quando un lettore arricchisce il dibattito :)

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    4. my pleasure! Conto di vedere il film al più presto per darvi la mia opinione :)

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  3. film superficiale e ricattatorio?
    sceneggiato televisivo?
    penso che abbiamo visto due film diversi.
    solaris, la tua capacità di giudizio mi sa che è affondata insieme alla barca di robert redford ahahah :)

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    1. Ah ah, è possibile! Mai pensato di averne, comunque :) E menomale che abbiamo sempre opinioni diverse io e te, sennò sai che noia! :)

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  4. Stasera vado a vederlo perché sennò la notte degli oscar non ho un quadro completo..chi avrà ragione?

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    1. Buona visione... e se resti sintonizzata su queste pagine tra un paio di giorni al massimo pubblicherò i miei pronostici sulla notte delle stelle! :)

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    2. Se resto sintonizzata?io ti leggo tutti i giorni....

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  5. Vediamo se questo weekend o il prossimo riesco ad andare a vederlo, anche se, confesso, mi ispira poco e la tua recensione mi fa pensare che non ho proprio torto ad essere prevenuta: noto infatti che sottolinei difetti che ho intuito fin dal trailer, poi magari mi piacerà, eh. Sono andata al cinema tante volte con aspettative zero e poi ho cambiato idea. Trovo interessante la tua bocciatura delle performance di Fassbender, Pitt e Cumberbatch, non ho niente contro questi ultimi, anzi, sono ottimi attori, trovo però irritante che alcuni loro estimatori li ritengono sempre perfetti. Sarò strana io ma quando ammiro qualcuno sono molto severa, forse pure troppo.

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    1. In realtà l'unica performance su cui si può dare un giudizio è quella di Fassbender (che, onestamente, non ho trovato memorabile: non lo trovo adatto al ruolo nè fisicamente nè dal punto di vista recitativo... il che non vuol dire che sia un cattivo attore, anzi! Semplicemente non è tagliato per questa parte). Pitt e Cumberbatch invece fanno solo dei timidi camei e non lasciano affatto il segno. Riguardo Pitt (che è anche produttore del film), lo ripeto, voleva esserci a tutti i costi.

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  6. p.s: giusto per la cronaca anche io stimo molto tutti e tre, ultimamente ho anche una predilezione per Fassbender, però ripeto, se non mi convince in un ruolo, non mi convince.

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  7. Ammazza che stroncatura. Sicuramente non è il miglior film tra quelli candidati all'Oscar, ma a me è piaciuto. Ne parlo lunedì, comunque :)

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    1. La stroncatura è commisurata alle aspettative: non è un brutto film, ma dal regista di 'Hunger' e 'Shame' era lecito sperare in molto meglio. Volevamo un altro film, più di spessore e meno scolastico.

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  8. Non l'ho ancora visto, però oggi ho letto un'altra stroncatura eccellente, quella di Gabriele Romagnoli: "Non è politicamente corretto bocciare un film sullo schiavismo? Vedendo 12 anni schiavo ho rimpianto lo sceneggiato Radici e Kunta Kinte"

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    1. Ma lo sai che anch'io vedendolo ho pensato la stessa cosa? Per carità, è un paragone troppo cattivo (il film è comunque notevole dal punto di vista stilistico ed estetico) ma mi ha fatto pensare proprio a quello 'storico' sceneggiato...

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  9. Hai ragione, ormai con un nero alla presidenza della Casa Bianca è nato un filone, e direi che era prevedibile. Questo film comunque non mi sembra affatto peggiore degli altri, anzi...

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    1. Mah. Io lo trovo scontato e prevedibile. 'Lincoln' era certamente più noioso ma trattava gli aspetti storico-politici in maniera ben più completa e veritiera. Anche 'The Butler', pur essendo melenso e strappalacrime, aveva comunque un soggetto originale alle spalle (il maggiordomo servitore di sette presidenti), mentre 'Django Unchained' non è nemmeno paragonabile per genialità e ritmo... questo l'ho trovato terribilmente convenzionale...

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    2. Ho visto ieri il film e se penso alla gamma di senzazioni che ho provato vedendo django unchained...beh qui siamo lontano anni luce. Non c'è empatia tra lo spettatore e il protagonista, il film risulta freddo, ben raccontato ma superficiale. Con hunger avevo toccato con mano la sofferenza del protagonista ma qui...non è un brutto film ma non mi ha lasciato niente. Gli interpreti...il protagonista ha davvero la stessa espressione tutto il film ( altro che jamie fox) fassbender ( che amo) non mi ha convinto..insomma 9 candidature sono veramente troppe..

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    3. Beh, sì... rispetto a Django il paragone è improponibile, ma lo sarebbe stato in ogni caso (chi scrive ritiene che il film di Tarantino sia uno dei più grandi western di sempre). Direi che concordiamo proprio su tutto!
      Ma aldilà di questo cara echse, lo vedi che hai scritto un gran bel commento? E perchè allora non ti decidi a dar vita a quel tuo blogghino che è lì in cantiere? :) Sarebbe bellissimo scambiarci le opinioni direttamente sui nostri siti!
      Mi prometti almeno di pensarci?
      Un abbraccione e in bocca al lupo!!

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    4. Grazie mille..ma davvero non sarei in grado. Comunque amo il cinema , ho una piccola collezione che rinfoltisco mese per mese e sono abbonata a ciak dal 1998...non vedo l'ora sia domenica per gustarmi la notte degli oscar...

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    5. Domenica notte saremo tutti svegli... quest'anno abbiamo un bel motivo in più per fare nottata! Forza Paolino!! :)

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  10. Questo post mi rincuora... non sono l'unico a trovare 12 anni schiavo una macchina da Oscar.

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  11. ho pensato lo stesso per Schindler's list e il comandante del lager Ralph Finnies:)

    gran film, per i miei gusti, una tragedia infinita, di ieri (e di oggi)

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    1. Non sei il solo a parlarne con toni entusiastici (anzi, diciamo che la maggioranza la pensa come te). Eppure io ho fatto davvero una gran fatica ad apprezzarlo... forse è la mia particolare visione della storia e di come viene trattata dal cinema americano a farmi storcere il naso. Però rispetto, ovviamente, ogni opinione.

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  12. Alla fine mi è piaciuto, ma ho notato pure io una certa piaconeria. Tutti sommato, però, buon film.

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    1. Ho visto. Sono già passato dalle tue parti... direi che siamo d'accordo :)

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  13. Non credo onestamente che questo sia il film che aspettasse l'Academy.. dato che pare che molti membri non l'abbiano neanche voluto vedere,e se dovesse vincere,cosa comunque molto probabile,sarà per altri motivi.Penso che in questa analisi del film ci siano un po' di fraintendimenti che sapevo già avrebbe potuto suscitare il film.Il fatto che McQueen abbia mantenuto una sua coerenza stilistica (sono d'accordo con chi sostiene che questo film vada in un certo senso a completare quella che con Hunger e Shame può essere definita la trilogia del corpo) è provato dall'accoglienza che 12 years a slave sta ricevendo qui Italia.Ci sono i cinefili che lo amano e ci sono i cinefili che lo considerano un passo indietro rispetto alle due precedenti opere del regista.Ci sono i critici che l'hanno molto apprezzato e c'è la critica (la stessa che probabilmente poco ha amato anche Shame o Hunger) che l'ha considerato una fredda operazione arty,estetizzante,poco coinvolgente,specificando che quello stile andava bene per Hunger ma non per questo film,e lasciando intendere quindi che qui non ci sia stata alcuna variazione di stile registico.In realtà il suo stile è assolutamente visibile,c'è nel modo di comporre le scene,come se fossero spendidi quadri posti a fare da contraltare all'orrore del racconto,c'è nei lunghi piani sequenza,nell'insistenza dei primi piani sui volti degli attori,nell'uso dei suoni,c'è nella potenza di alcune sequenze che secondo me rimarrano nel tempo.McQuenn però ha dovuto tarare il suo modo di filmare in base alla materia trattata,mettendosi al servizio di una storia a cui voleva rimanere fedele e che non poteva essere messa in secondo piano da inutili virtuosismi e trovate registiche.E' come se avesse proceduto per sottrazione e la direzione di Eijofor ne è in particolare una conferma.Chi si lamenta di una mancanza di approfondimento psicologico, del fatto che sostanzialmente il film non aggiunga niente al tema,o chi si lamenta della suddivisione manichea tra buoni e cattivi,cosa per altro non vera,ha frainteso l'intento dichiarato del regista.Innanzitutto la sceneggiatura è molto fedele all'autobiografia di Solomon,è molto accurata storicamente e se certi personaggi sono tratteggiati in un determinato modo è perché erano nella realtà descritta dal protagonista caratterizzati in quel modo,anzi rispetto al testo si è tentato persino di dare delle sfumature in più (Epps nell'autobografia è descritto ancora più negativamente,se possibile).Se poi il finale è quello è perché l'esperienza da schiavo di Solomon si è conclusa effettivamente così.Non ci si può quindi lamentare di mancate svolte narrative se il regista a priori ha detto di essersi attenuto fedelmente a quei fatti.

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  14. E poi c'è l'intento principale di McQueen che spesso è stato persa di vista o non è stato pienamente compreso,sviando quindi il giudizio.Se è vero che Mcqueen racconta in modo fedele la storia di Solomon Northup,è anche vero che a interessargli non è il dipanarsi degli eventi.Il tema "schiavitù" può essere trattato in molti modi,è stato già fatto da altri registi in maniera nettamente più retorica e patinata.Quello che fa McQueen di diverso,di importante,ciò che conferisce un notevole peso al film è la messa in mostra della vita di uno schiavo come nessuno aveva mai fatto,nel modo più realistico possibile, e nella sua quotidianità.McQueen non giudica ma osserva dall'alto con lo scopo di far immergere lo spettatore dentro quell'orrore,si limita solo a descrivere,illustrare le debolezze dei personaggi.I bianchi non sono tutti psicolabili,c'è Epps,il rozzo,sadico schavista interpretato per altro benissimo da Fassbender senza scadere nell'effetto macchiettistico a cui la sua scrittura onestamente poteva portare,e c'è poi lo schiavista Ford,apparentemente più umano ma ugualmente conforme alla mentalità dell'epoca .McQueen invece si limita a illustrare le loro debolezze di fronte al primario interesse che è quello economico (Ford),oppure le loro patologie e follie legittimate da un sistema sociale perverso (Epps).Gli schiavi a loro volta non sono esclusivamente carne da macello mossa sempre da spirito altruistico.Solomon stesso non è propriamente un eroe,è spesso un testimone passivo,reprime la disperazione e il terrore (Eijofor è bravissimo nel mostrare questa repressione dell'emotività),cela la sua cultura spinto da un istinto di sopravvivenza,e anche se diventerà in seguito un attivista ,durante il film rivendica soprattutto i suoi diritti di nero nato libero.Il suo intento è quello di far confrontare chi guarda il film con l'esperienza vera di vita di uno schiavo,con la condizione di schiavitù fisica e mentale nella sua essenza più profonda.
    La storia di Solomon,sebbene raccontata fedelmente,si trasforma in un espediente,e il fatto che alcuni personaggi diventino essenzialmente solo funzionali al dipanarsi degli eventi non è importante ai fini del discorso portato avanti da Mcqueen,che non ha mai previsto,secondo me,l'aggiunta di ulteriori punti di vista sul tema(quali poi?).Personalmente non ho visto violenza gratuita (violenza che non eguaglierà mai quella perpetrata nella realtà),non ho riscontrato del compiacimento nel mostrarla a mo’ di escamotage acchiappa-attenzione.Ho riconosciuto solo la necessità sincera di far giustizia a una realtà raccontata in fin dei conti poche volte e in modo distorto.Qui non c'è lo schiavo che collabora felicemente con la famiglia schiavista,non c'è lo schiavitù filtrata dal punto di vista di bianchi illuminati ed eroici,perché se è vero che è il personaggio interpretato da Pitt a permettere a Solomon di tornare libero come è effettivamente narrato nell'autobiografia,è altrettanto vero che non è centrale nel film e alla fine anche lui diventa semplicemente funzionale alla conclusione di una storia già scritta nel titolo.Posto che è la centralità delle immagini con il loro potere visivo la vera colonna portante del film,nella comprensione di tali scelte entrano anche in gioco fattori come la sensibilità individuale e soprattuto fattori culturali .A me ha colpito molto la commozione,il coinvolgimento emotivo di molti afroamericani che discendono da famiglie decimate e brutalizzate dalla schiavitù e che ancora oggi fanno i conti con chi sminuisce quell'orrore e ancora di fatto lo usa come presupposto per una superiorità culturale e sociale.Hanno visto finalmente la loro storia rappresentata per quella che è stata veramente,senza edulcorazioni.Lasciando da parte un giudizio tecnico sul film,che chiunque è in diritto di dare,se devo valutare la bontà delle intenzioni di McQueen preferisco fidarmi di chi ha probabilmente più voce in capitolo di me,di tutti noi.

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    1. Accidenti, hai scritto un autentico saggio sul film... non posso che farti i miei complimenti, sul serio, per aver commentato quello che scrivo. Non ho niente contro chi si cela dietro l'anonimato ma in questo caso mi piacerebbe che ti qualificassi per sapere chi sei. Da come scrivi mi sembri un addetto ai lavori o qualcuno molto dentro le cose, non certo un appassionato dilettante di cinema come il sottoscritto.
      Detto questo, però, lasciami dire che concordo solo in parte con la tua opinione: condivido infatti l'assoluta buona fede e la bontà delle intenzioni di McQueen nel girare questo film (probabilmente ogni regista nero lo considera quasi un dovere) ma non riesco a convincermi che questo non sia un film patinato e politicamente corretto: paradossalmente è fin troppo bello a livello visivo, e questa fotografia stride molto col tono drammatico della pellicola. Non ci si riesce a immedesimare, si nota sempre il distacco tra lo spettatore e quello che passa sullo schermo. Certamente il fatto di essere molto 'lineare' nella struttura è voluto (probabilmente McQueen voleva portare il messaggio del film a più gente possibile, quasi fosse una 'missione') ma insisto sulla didascalicità e sulla gratuità di certe scene: a me a ricordato molto (purtroppo) La Passione di Mel Gibson, dove l'indugiare sui brandelli di carne strappati dalla frusta finisce più per schifare e annoiare chi guarda piuttosto che scatenare indignazione. Sul fatto poi che sia molto fedele al romanzo non discuto, non avendo letto il libro. Dico però che a mio avviso poteva essere un film ben più complesso e ideologicamente corretto di quello che è venuto fuori.

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    2. Ciao,scusami se ti rispondo un po' in ritardo.Sono anche io una semplice appassionata di cinema,niente di più.Sto seguendo questo film da quando è stato presentato al Telluride Film Festival perché mi incuriosiva molto il progetto di McQueen e le possibili reazioni al suo approccio verso una tematica di per sé delicata,ma che lo è ancora di più per gli afroamericani.Ho avuto modo di leggere numerosi punti di vista critici sul film proprio dalla prospettiva afroamricana,e questo,devo dire,mi ha convinta ancor più di come questo film possa essere importante e di come le scelte fatte da McQueen siano state sostanzialmente giuste e innovative per la materia trattata.Illustrare nel modo più realistico possibile non solo la condizione di schiavitù ma farlo anche attraverso la prospettiva di un uomo nato libero e improvvisamente ridotto brutalmente in schiavitù, illustrarne il dolorosissimo percorso di accettazione (ci sono delle sequenze simbolicamente significative a riguardo) è la forza del film,la scelta che McQueen fa per rendere il suo film diverso da altri sul tema,come ho già tra l'altro avuto modo di spiegare.
      Ero curiosa di vedere poi il tipo di accoglienza che avrebbe ricevuto qui in Italia e ,dando per scontato che la percezione del film è strettamente influenzata dal gradimento dello stile di McQueen,mi sono soffermata di più sulle impressioni di chi aveva apprezzato i due lavori precedenti Hunger e Shame.La tua analisi del film mi ha particolarmente colpito perché in un certo senso coniuga il giudizio dello spettatore allergico al suo stile che ritiene troppo estetizzante,poco empatico (con l’aggravante in questo caso del'uso di violenza considerata appunto gratuita) e quello dello spettatore "fan" dei precedenti lavori ma che considera invece questo film troppo classico,inquadrato in logiche commerciali.La cosa che io ho voluto puntualizzare con i miei commenti-fiume :) è che a prescindere dal proprio legittimissimo parere sul prodotto finale,vanno considerate delle premesse che sono di fatto delle scelte indirizzate a un preciso intento autoriale,che non era fare un film “spielberghiano” ma continuare in un certo senso il lavoro cominciato con Hunger e Shame nell'analisi della sofferenza e cattività fisico-psicologiche dell'essere umano.McQueen ha volutamente trascurato il contesto sociale ed economico per dare sostanzialmente spazio al potere illustrativo delle immagini ed evocativo dei suoni,per creare un film che diventasse una specie di esperienza fisica per lo spettatore .L'adesione fedele della sceneggiatura all'autobiografia di Solomon poteva diventare un limite,ma
      ciò che rende la narrazione tutto sommato classica di una storia un film personale sono poi le sue scelte autoriali.La scelta di far diventare la storia di un uomo un modo per mettere letteralmente in scena l'orrore della schiavitù intesa come condizione sia fisica e mentale,girare un film esteticamente bellissimo per far risaltare ancora di più tale orrore,la creazione di sequenze altamente simboliche come quella dell'impiccagione o della cattura di Solomon,ecco questi sono tutti elementi distintivi a mio parere di un film personale,non di un film ordinario che,pur con buone intenzioni,si adegua alle logiche del mainstream.Il gradimento del film,il coinvolgimento emotivo poi sono ovviamente dettati dalle proprie sensibilità personali,e le opinioni in merito sono rispettabilissime,ci mancherebbe.Come ho avuto modo di constatare e come ho tra l‘altro già scritto, entrano poi in gioco fattori cultutrali assolutamente non trascurabili nella percezione del film.

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    3. Io non posso che ringraziarti per la tua splendida analisi, che è riuscita a farmi vedere il film sotto un altro punto di vista, sviscerandone aspetti che avevo completamente trascurato quando ho scritto la mia recensione (scritta abbastanza 'a caldo', come tutte quelle di questo sito). Hai detto bene: aldilà delle proprie opinioni il film va inquadrato nel percorso artistico del regista, e qui si potrebbe discutere per ore...
      Non posso che chiederti, sinceramente, di continuare a seguirmi e scrivere i tuoi commenti, che arricchiscono davvero molto questo blog.
      A presto!

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  15. Ciao Kelvin ti rispondo anche qua al commento lasciato nel mio blog, perchè è giusto confrontarsi. Secondo me l'aspetto politico della vicenda non viene proprio trattato, non per superficialità, ma perchè ciò che interessa a Mc Queen è la persona e la sua sofferenza. C'è l'umanità al centro, quello è ciò che gli interessa. E' una prospettiva diversa. L'interesse è spostato da un'altra parte. Anche in Hunger, del resto, non è che venisse raccontata bene la vicenda politica. è soltanto di contorno. Interessava Bobby Sants, il suo dolore, il suo corpo che si deteriorava... qui è lo stesso. Riguardo il contrasto bianchi / neri, scrivi "tutti i 'buoni' (i neri) sono carne da macello e tutti i 'cattivi' (i bianchi) sono spietati assassini livorosi e assetati di sangue, oltre che mentalmente instabili e perfino sessualmente repressi..." Non è mica vero... in fin dei conti, i bianchi come li descrivi te sono solo alcuni, molti altri bianchi sono raffigurati diversamente. Non vorrei sbagliarmi, ma ce ne sono di personaggi positivi tra i bianchi. e non mi riferisco a quello interpretato da Brad Pitt, che è imbarazzante e fuori luogo... E' vero Mc Queen ha fatto un film che potesse essere apprezzato da un vasto pubblico, ma non penso l'abbia fatto per desiderio di guadagno o per conquistarsi la statuetta. Preferisco pensare che da nero, gli stesse a cuore l'argomento e volesse per questo "arrivare" a molti. E comunque pur adeguando il suo stile di regia a canoni più "Hollywoodiani" la sua impronta è presente eccome. Senza rancore, Vittorio.

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    1. Non sono d'accordo caro Vittorio. E' una mia personalissima opinione, ma non credo che film come questi possano prescindere dall'analizzare il periodo storico che rappresentano, non fosse altro che per correttezza ideologica nei confronti di chi guarda: come ho scritto, credo che lo spettatore che non sa niente di storia americana finisca col credere che i bianchi schiavizzassero i neri solo per tirannia o dispotismo, mentre invece le ragioni erano ben diverse e storicamente più significative: fermo restando che NESSUNO VUOLE GIUSTIFICARE LA SCHIAVITU' (SIA CHIARO), è bene sapere che CERTI schiavi neri all'epoca vivevano meglio e più dignitosamente di molto loro 'colleghi' liberi che pativano la fame nei bassifondi di Washington o New York. Non m'importa se il romanzo da cui è tratto il film non ne parla, perchè credo che se fai un film di storia devi rispettare la storia. Punto. Il 'Lincoln' di Spielberg, pur verbosissimo e noioso, e certamente più brutto, da questo punto di vista era senz'altro più corretto. Condivido poi la buona fede del regista e la sua umanizzazione dei personaggi, ma nessuno mi può togliere dalla testa il fatto che la semplificazione della vicenda abbia finito per stereotipare nettamente i protagonisti principali, relaizzando una pellicola didascalica e fin troppo schierata. Io la penso così, assolutamente senza rancore :) ci mancherebbe! Anzi, grazie per il tuo intervento che ha stimolato un bel dibattito!

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    2. La tua opinione è interessante, non l'avevo ancora vista. Il romanzo di Solomon Northup non l'ho letto e quindi il mio giudizio sarà sicuramente incompleto, ma stereotipi di cui parli, effettivamente, ci sono come di fatto non si accenna minimamente alla situazione economica del tempo che favoriva la ricchezza dei grandi proprietari terrieri a discapito dei poveri schiavi che però, a volte, come dici anche tu nei commenti sopra, se la passavano meglio dei loro connazionali liberi. Detto questo, penso che Steve McQueen abbia più puntato allo scuotere gli animi davanti ad una situazione di diseguaglianza che ha veramente macchiato non solo la storia americana ma di tutto il mondo e che, in parte, continua a farlo ancora oggi, meno esplicitamente, quasi giustificata e coperta. Come in Hunger e Shame, McQueen concentra tutto se stesso sul corpo e sul suo progressivo deterioramento ma anche sulla violenza fisica e psicologica, sulla sofferenza dell'anima e sull'alienazione dell'uomo che si trova solo, davanti all'annullamento di se stesso e della propria individualità. E quel lamento continuo, angosciante, quel violino che sembra quasi piangere davanti a tutta quella brutale miseria anche sentimentale è forse la dimostrazione che a salvare Solomon Northup è stata proprio la sua cultura. Le frustate sono frustate al cuore e lo sguardo di Lupita Nyong'o mi ha lasciato qualcosa di incancellabile nell'anima: quel saluto disperato, quella richiesta di mettere fine alla sua sofferenza una volta per tutte ti strappa le viscere. Un film straordinario, a mio modestissimo parere, immensamente umano nella sua grande, eccessiva disumanità. Insomma, mi sono spiegata molto peggio di lui, ma condivido quanto detto da Vittorio :)

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    3. Ciao Benedetta! E benvenuta su questi lidi, è un piacere! :)
      So benissimo che a te questo film è piaciuto tantissimo e non sarò certo io a cercare di smontare la tua opinione (e non ne avrei nemmeno il diritto). Io posso solo sostenere il mio punto di vista... che, paradossalmente, non è proprio dissimile dal tuo: nel senso, sono perfettamente d'accordo sul fatto che McQueen abbia voluto un approccio più 'umano' e personale al film a discapito di quello più politico e razionale. Solo che, questo che per te è un punto di forza per me è invece una debolezza. Dipende dall'occhio con cui si guarda il film: io credo (magari sbaglio) che un film storico, personale o meno che sia, debba avere obbligatoriamente una veridicità storica (altrimenti che storia è?). Ecco, io penso che '12 anni schiavo' non sia un film storicamente attendibile, per le ragioni che ho esposto sopra) e quindi non possa ritenersi un film riuscito. Poi sul fatto che sia un film emozionante e ben recitato, costruito e realizzato, qui dipende molto dalla sensibilità personale. Io l'ho trovato parecchio patinato e non mi ha scaldato il cuore, ma su questo chiaramente non discuto il gusto personale...
      Grazie per il tuo intervento comunque!

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