martedì 8 aprile 2014

C'ERA UNA VOLTA A NEW YORK

(The immigrant)
di James Gray (Usa, 2013)
con Marion Cotillard, Jeremy Renner, Joaquim Phoenix, Angela Sarafyan
durata: 119 min.


New York, 1921. Eva e Magda, sorelle, hanno lasciato la natìa Polonia per affrontare il loro viaggio della speranza verso un destino migliore. Arrivate a Ellis Island i medici scoprono che Magda ha la tubercolosi e la internano in un sanatorio: le loro strade si separano e Eva si ritrova da sola lungo i marciapiedi del Nuovomondo, che scopre non essere così perfetto come s'immaginava. Costretta a prostituirsi, vessata da un amante-padrone e illusa da un prestigiatore dei bassifondi, Eva adesso ha come unico scopo nella vita quello di ricongiungersi con la sorella...

Il commento più ovvio che si possa fare a The immigrant (lasciamo perdere l'ennesima pietosa traduzione italiana) è che è un film classico che più classico non si può, per certi versi spiazzante da parte di un regista che ci aveva conquistato girando due piccoli cult-movie contemporanei come Two Lovers e, soprattutto, lo splendido I padroni della notte. Qui invece James Gray fa un doppio salto mortale all'indietro verso il passato, raccontandoci una storia di ordinaria miseria e sfruttamento che certo siamo sicuri di aver già sentito: i rimandi a Nuovomondo di Crialese e Lamerica di Amelio sono evidenti (tanto per restare nei confini nazionali) e ci sono perfino echi felliniani: la ragazza giovane e sprovveduta che viene 'ammaliata' dall'artista galante non può non ricordare La strada, capolavoro del maestro riminese, e siamo pronti a giurare che non è una coincidenza. Troppe citazioni, insomma, per un film che non ha certo nell'originalità il suo punto di forza: nè nella vicenda che racconta e nemmeno riguardo i contenuti.

Trattasi infatti dell'ennesima pellicola sulla fine del Sogno Americano, accompagnata da una (scontata) riflessione sulla quotidianità: i problemi di allora sono gli stessi di oggi, aggravati dalla mancata presa di coscienza di una società che, dopo quasi un secolo dai fatti raccontati, non ha fatto molti progressi nel campo della tolleranza, dell'accoglienza e dell'integrazione. Gray vorrebbe raccontare una storia dal carattere universale facendone una specie di manifesto del suo cinema, da sempre orientato con attenzione verso l'analisi delle classi sociali. Il risultato però stride parecchio con le intenzioni: per quanto accurato nella ricostruzione storica e nei dettagli tecnici (ottima la fotografia 'sporca' di  Darius Khondij) The immigrant non riesce a a scrollarsi di dosso un certo manierismo di fondo, non insopportabile ma comunque fastidioso, certamente non all'altezza dei titoli migliori del suo regista: ne viene fuori un film patinato e fin troppo 'elegante' per un racconto che vorrebbe essere invece 'sporco', duro, sgradevole per gli occhi e per il cervello.

Dove invece il film funziona meglio è, come dicevamo, nell'analisi dei rapporti umani. E qui viene fuori l'anima innegabilmente melò di Gray, abilissimo nel mettere a nudo i destini segnati dei suoi personaggi attraverso semplici 'attimi' di vita: The immigrant è un incrocio di solitudini diverse, di perdite e riconquiste, di rivelazioni inaspettate e frullati di amore e odio, passione e disillusione. Un cocktail ad alto tasso emozionale sostenuto in buona parte anche delle prestazioni degli attori protagonisti: Marion Cotillard forse è troppo bella per interpretare un'esule polacca che attraversato l'oceano stipata in un bastimento di derelitti, ma la delicatezza e la misura con la quale interpreta il ruolo di Eva ci fanno immediatamente scordare l'aspetto 'estetico'. Joaquim Phoenix (attore immenso, ormai 'feticcio' del regista) e Jeremy Renner sono altrettanto funzionali e credibili nelle loro parti, per certi versi anche più difficili, fatte di passioni e ambiguità, violenza e protezione.

The immigrant ha una struttura circolare, tutto finisce dove è cominciato: a Ellis Island, luogo sospeso e irreale, centrifuga di sogni, speranze, illusioni, desideri. E con la pioggia, catartica e purificatrice, che si porta via allo stesso modo la prigionia e la libertà in un finale difficilmente dimenticabile.
       

21 commenti:

  1. Sono d'accordo, bella recensione, un film di impianto classico svolto però non banalmente, l'unica cosa su cui non sono d'accordo è lo status di cult per Two lovers, un mio personalissimo scult, un film di un fastidioso così fastidioso che fatico a ripensarci. :-)

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    1. 'Two Lovers' è un film scomodo, che ti obbliga a guardarti dentro. Per questo è fastidioso e disturbante. Ma è cinema vero e coraggioso, almeno secondo me ovviamente, lontanissimo dalle storielle sentimentali e patinate della nuova Hollywood. Per me è 'cult' a tutti gli effetti.

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  2. se non avesse girato gli altri film questo ne guadagnerebbe nel giudizio, ma questa volta è andata così.
    avevo scritto: quello che non mi convince è la storia, Joaquin Phoenix che fa il protettore delle sue donne, e si innamora dell’ultima arrivata, è un cuore d’oro, Marion Cotillard che si prostituisce per far guarire e riscattare la sorella, un sacrificio di un cuore d’oro.
    la ricostruzione della New York di un secolo, e tutta la storia, sembrano da operetta, senza troppa forza.

    ps: a me "Two lovers" mi aveva conquistato, sono di quel partito:)

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    1. Sono assolutamente d'accordo con la tua disamina: un passo indietro rispetto alle due (bellissime) opere precedenti. 'Two Lovers' compresa ovviamente! :)

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  3. Non mi ha convinto. Non posso dire che sia un brutto film, ma l'ho trovato poco coinvolgente, oltre ad aver trovato che il ruolo di Renner non sia stato sviluppato in tutto il suo potenziale.
    (Mi asterrò dal dire cosa penso di two liovers...)
    :)

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    1. L'astensione è una comoda poltrona per chi non vuole sporcarsi... forza!! :)

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    2. ah ah ah ah!
      farò di più: ti riporto qua la recensione che scrissi all'epoca! :)

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    3. Così va meglio, che mondo sarebbe se tutti la pensassimo allo stesso modo?
      Comunque dalle mie parti il passaparola negativo non è mai arrivato... giuro! :)

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  4. l'ho visto pure io e mi è piaciuto molto :) si non sarà il classico capolavoro, non avrà quella perfezione che si chiede a un grande film, ma colpisce emotivamente e questo è un punto di forza che in parte salva il film :)

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    1. Dipende. Personalmente l'ho trovato molto patinato, ma gli riconosco la sincerità e l'onestà di fondo. E in certe scene indubbiamente emoziona, grazie soprattutto alla bravura degli interpreti.

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  5. Gray sa usare sapientemente l'epicità, io non l'ho trovato assolutamente patinato anzi: il contesto è volutamente classicheggiante proprio per affermare l'universalità della storia, che potrebbe essere ambientata in qualsiasi epoca come giustamente hai detto.

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    1. Sì, però questa epicità è molto di maniera e poche volte ti cattura davvero: a me personalmente non ha scaldato il cuore, pur riconoscendogli una gran cura nei particolari.

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  6. Una frase che condensa benissimo il film (non mia, purtroppo, ma di Federico Gironi):

    "emerge una natura vagamente museale in tutto l’impianto estetico e narrativo del film, come se si dovesse contemplare C’era una volta a New York con la stessa malinconia con cui si guarda una cartolina ingiallita dal tempo; come se la calibratissima geometria degli spazi potesse restituire il vero e vivo calore di un sentimento antico eppure presente. Ma quel sentimento, per come la vedo io, Gray l’ha cristallizzato nell’ambra per contemplarlo in eterno, e così facendo l’ha ucciso"

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    1. Eh... questi sono i 'critici' veri: in quattro righe riassumono il film. Sintesi perfetta, non c'è che dire. Ovviamente sono d'accordo con Gironi.
      p.s. a proposito, complimenti per il vostro blog (anzi, il vostro sito): è fatto davvero bene, ultra-professionale! Appena riesco ad avere una mezz'ora di tempo libero in più ne farò una scansione approfondita :)

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    2. Grazie! Ma sai, tutto quello che c'è sopra è comunque il materiale del blog.

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    3. Sì, infatti, ma la nuova veste grafica invoglia di più alla lettura e alla ricerca... :)

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  7. sono andata al cinema convinta di vedere una cosa, ne sono uscita con tutt'altra visione.
    però personalmente, non ne sono stata delusa.
    non è, chissà quale grande opera magistrale, ma è un bel film dai...
    senza troppi criticismi o dietrologie

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    1. No, infatti: non è nè una delusione nè un'opera magistrale. Semplicemente, mi aspettavo di più, ma è comunque un buon film. Avercene di 'prodotti medi' come questo!

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