sabato 4 luglio 2015

LOUISIANA

(Louisiana - The other side)
di Roberto Minervini (Italia, 2015)
con Mark Kelley, Lisa Allen, James Lee Miller
durata: 92 minuti


C'è uno spacciatore/tossico/squilibrato che vive di espedienti e lavoretti saltuari, sufficienti per comprarsi la dose quotidiana.
C'è la sua compagna, cui pare voler bene, che sposa in pieno questo "mood".
Ci sono la sua mamma e la sua nonna, che paiono anch'esse voler bene a questo ragazzino scavezzacollo, col vizietto di bucarsi.
Ci sono gruppi di esaltati, armati fino ai denti, che vivono in Texas e ce l'hanno a morte con Obama. Se potessero lo ucciderebbero seduta stante.

Che relazione c'è tra loro? Non è dato saperlo...
Roberto Minervini è un regista marchigiano, poco più che quarantenne, che vive da tempo negli Usa e gira documentari. L'anno scorso è sbarcato a Cannes con Stop the pounding heart, che non ho visto, passato fuori concorso. Quest'anno con Louisiana è stato selezionato per Un certain regard, sfiorando (si dice) addirittura qualche premio.
E in tutta sincerità mi domando perchè, considerato che questo Louisiana, additato dai soliti bastiancontrari come "il miglior film italiano sulla Croisette" è, a mio modesto parere, una pellicola deludente, platealmente compiaciuta e tendenziosa, smaccatamente ruffiana, oltre che moralmente poco onesta verso lo spettatore.

Vediamo Mack, il "protagonista", ripreso durante le sue giornate-tipo, tra fiumi di droga, vagabondaggi, spogliarelliste incinte che si bucano le tette, momenti di auto-analisi che durano frazioni di secondo... e poi, ancora, questi pseudo-militari pronti a combattere contro non si sa chi. Forse, sottolineo forse, lo scopo del regista era quello di mostrare uno spaccato poco conosciuto, poco invidiabile, poco dignitoso di una grande nazione piena di contraddizioni. La Patria delle grandi opportunità che abbandona a se stessi pezzi interi di popolazione, quelli che nei film nessuno ti fa vedere. Esattamente come avevano fatto, con risultati ben migliori, sia Gianfranco Rosi con il magnifico Below Sea Level, sia Alexander Payne con il rigoroso e autoriale Nebraska, perfino l'esordiente Benh Zeitlin nel grezzo ma efficace Re della Terra Selvaggia. E molti altri ancora.

Niente di nuovo dunque, il che non è necessariamente un difetto. Solo che Louisiana inciampa clamorosamente in un voyeurismo quasi morboso, falso, che indugia sullo squallore di un personaggio come Mack solo per sorprendere e colpire basso lo spettatore, senza nemmeno tentare un'analisi ad ampio spettro della società in cui vive. La cinepresa segue Mack nelle sue idiozie, ma non allarga mai il campo, insistendo in una visuale fin troppo parziale e soggettiva. Così come, analogamente, i gruppi paramilitari che inneggiano alla rivoluzione vengono mostrati più per il loro folklore piuttosto che per stimolare una seria riflessione sociale.

E dopo aver assistito a 92 minuti pieni di iniezioni, overdosi, bocche sdentate, corpi nudi e sfatti, cervelli (dis)umani completamente bruciati dalla droga, ci chiediamo che cosa resta impresso di un film come questo allo scorrere dei titoli di coda.
Personalmente solo una gran voglia di aria fresca e una bibita gelata.

10 commenti:

  1. A me è piaciuto molto, quasi moltissimo.
    L'unico appunto che gli ho fatto è quello di affidarsi troppo alla fiction in alcuni frangenti.
    Ma è un ficition che riproduce comunque la realtà.
    Sono uno di quelli che, forse, lo ritiene il miglior film italiano presente a Cannes anche se, in realtà, per me sono tutti e 4 sullo stesso livello (tra il 7.5 e l'8) con, sempre forse, solo Garrone mezzo passo indietro.
    Bello anche Stop the pounding heart che a questo punto non ti consiglio di vedere...

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    1. Beh, se lo trovo invece lo guardo volentieri "Stop the pounding heart"... magari mi piace, chi può dirlo? Cerco sempre di essere meno prevenuto possibile nei miei giudizi: non è che se un film non mi piace "bollo" per sempre quel regista :)
      Questo l'ho trovato, appunto, troppo "fiction" e poco documentario per i miei gusti, aldilà della qualità artistica (per me, comunque, non eccezionale)

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  2. Questa volta sono in disaccordo, ed in accordo con Caden.
    L'ho trovato toccante ed onesto, nonostante l'aura autoriale.
    Ne parlerò anch'io prossimamente.

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    1. Non è un problema di autorialità, ma di veridicità. Un documenatrio, secondo me, deve essere il più possibile onesto e non nascondere pezzi di verità ad uso e consumo della propria tesi... e qui mi pare che si cada proprio in questo errore.

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  3. Il mondo è bello perchè è vario. Hai fatto una critica molto personale e poco "cinematografica" (non ti sto contestando, eh!) e direi che il fattore emotivo qui conta parecchio. Ovviamente non ho visto il film e quindi non mi permetto di dare giudizi.
    Buon weekend!
    Mauro

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    1. Guarda Mauro, hai perfettamente ragione... come sai ho sempre basato i miei giudizi sull'aspetto emozionale lasciando indietro quello tecnico-stilistico (anche perchè, da dilettante, non sono assolutamente in grado di giudicarlo). E qui in effetti ciò che mi ha "disturbato" è proprio il fatto che il regista cerchi di condurti per la strada che vuole lui mostrando immagini "ad effetto" che ti ricattano emotivamente. E questa, ovviamente, è una sensazione personale.

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  4. L'ho visto anch'io, grazie alla lodevole iniziativa di My Movies e Repubblica. Nonostante sapessi a cosa stessi andando inconto, la visione è stata una mazzata forte. Non ho ancora maturato un'opinione onestamente, ma la scena (verso l'inizio) del "nonno" pro armi e contro Obama che butta volontariamente a terra la bambina mi ha fatto male. Tanto. Non ho capito più nulla dopo. Quello che mi chiedo però è: mi ha fatto involontariamente male, come dovrebbe fare un documentario, o voleva farmi fare, come farebbe una sceneggiatura?

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    1. Appunto: il dilemma è tutto lì. E quella è una di quelle "scene-madri" che citavo come esempio, e che a mio modo di vedere "distraggono" lo spettatore dal vero senso del film... che secondo me è troppo "fiction" per essere documentario. D'altra parte non ho mai amato i film che vogliono portarti per forza dove vogliono loro, senza farti ragionare.

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  5. Sono riuscita a vederlo anch'io grazie a MyMovies: non l'ho trovato così fazioso come dici, pur avendo apprezzato ben altre pellicole sul tema. Certo gli elogi sperticati di Cannes mi paiono davvero eccessivi

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    1. Anche a me.
      Riguardo le "altre pellicole sul tema", dai un'occhiata (se ti va) alla playlist che sto per pubblicare :)

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