martedì 15 settembre 2015

IL LEONE LATINO

Lorenzo Vigas, regista di "Desde allà", Leone d'Oro 2015

Trionfa il Sudamerica nella Mostra presieduta dal messicano Alfonso Cuaròn: vince a sorpresa il venezuelano Lorenzo Vigas (prima vittoria assoluta per il suo paese), mentre il Leone d'argento va all'argentino Pablo Trapero. Ben due premi (meritatissimi) al francese L'hermine di Christian Vincent, mentre l'Italia si "accontenta" della Coppa Volpi a Valeria Golino, vincitrice per la seconda volta a trent'anni di distanza. Palmarès tutto sommato giusto, in omaggio ad un cinema coraggioso, sperimentale, indipendente, bel lontano dal marketing


Desde Allà
E' finita con la bandiera venezuelana al vento, calici in aria e cori da stadio: gli ignari spettatori che si erano messi in fila per assistere alla proiezione del film vincitore osservavano sbalorditi quel gruppo di scalmanati che, appena usciti dalla Sala Grande, sembravano in preda al delirio... si trattava nientemeno che dell'intero cast di Desde allà (regista, attori, produttori), il film vincitore del Leone d'Oro, che festeggiava rumorosamente (è un eufemismo) l'inaspettatissimo trionfo: era infatti la prima partecipazione in assoluto del Venezuela alla Mostra del Cinema di Venezia, subito battezzata dalla gloria. E il regista Lorenzo Vigas, emozionatissimo, non ha esitato a dedicare il premio "al mio paese, che sta attraversando un momento difficile, e al quale questo premio spero possa restituire un po' di fiducia".

A dire il vero, la vittoria di Desdè allà ("da lontano", in spagnolo) non ha convinto quasi nessuno dei presenti, nè i critici nè gli spettatori, che avrebbero preferito altri titoli oggettivamente migliori (il "popolo" della rete spingeva per l'adrenalinico 11 minut di Skolimowski, film del cuore anche per il sottoscritto, oppure per i favoriti della vigilia: il russo Francofonia, il cinese Behemoth, l'israeliano Rabin: the last day) ma il verdetto, comunque, non deve far gridare allo scandalo: la pellicola di Vigas è dignitosissima, rigorosa, quasi "pasoliniana". Parla di solitudine, povertà, carenza di affetti, ragazzi di vita e ambiguità sessuali in una Caracas vista dai bassifondi, con uno sguardo lucidissimo e dolente, eppure mai retorico. Il film è stato acquistato dalla Cinema di Valerio de Paolis, e ne riparleremo all'uscita in sala.

"El Clan", di Pablo Trapero
E' chiaro che al Lido le battute si sprecavano: con un presidente di giuria messicano (Alfonso Cuaròn) ha trionfato l'America Latina. Anche il secondo premio, infatti, il Leone d'Argento per la miglior regìa, è andato a un film sudamericano: se lo è aggiudicato l'argentino Pablo Trapero con El Clan, pellicola che invece ha acceso ben altri entusiasmi. Gran bel film, tesissimo, spettacolare, vibrante, con attori in palla e una colonna sonora da urlo, e soprattutto meritevole di aver riportato alla luce una pagina nerissima della storia di quel paese (siamo negli anni immediatamente post-dittatura, durante la famigerata stagione dei sequestri di persona orditi dagli oppositori della democrazia).

Valeria Golino
La realtà, invece, è forse molto più semplice delle varie teorie "complottiste": i giurati della Mostra hanno ritenuto opportuno premiare un cinema coraggioso, difficile, alternativo, infischiandosene del marketing e delle pressioni commerciali (che avrebbero altresì dirottato i consensi verso titoli come The Danish Girl o Beasts of no nation), e confezionando un palmarès di tutto rispetto (ad opinione di chi scrive) che, a parte i dubbi già evidenziati sul Leone d'Oro, ha assegnato premi sacrosanti: lo sono infatti le due coppe Volpi per i migliori attori, alla nostra Valeria Golino per la sua splendida interpretazione nel bellissimo Per amor vostro di Giuseppe Gaudino (opera viscerale, debordante, appassionante e dolorosa come la Napoli che racconta) e all'ottimo Fabrice Luchini, fiore all'occhiello di una commedia tenerissima, sofisticata, stilisticamente perfetta come L'hermine, che si è portata a casa anche il premio per la sceneggiatura (a testimonianza che - perdonatemi la piccolissima polemica - a differenza di Cannes noi i francesi li premiamo quando se lo meritano davvero...) e poi, come detto, il doveroso riconoscimento, incontestabile, alla regìa di El Clan.

Restano poi i premi "minori", frutto probabilmente di compromessi tra i giurati: il Premio Speciale della Giuria va al turco Abluka (e ci sembra un tantino esagerato, ma in giuria c'era Nuri Bilge Ceylan) mentre il Gran Premio se lo porta a casa Anomalisa di Charlie Kaufman, pellicola molto "femminile" e difatti dichiaratamente molto amata dalle giurate Elizabeth Banks e Lynne Ramsay. (a me personalmente ha lasciato alquanto freddino, ma non nego di avere da sempre poco feeling col cinema di Kaufman). Infine, il Premio Mastroianni per il miglior attore emergente va al piccolo Abraham Attah, protagonista di Beasts of no nation di Cary Fukunaga: attenzione, perchè a volte può essere davvero un trampolino di lancio... nel 2008 se lo aggiudicò una certa Jennifer Lawrence.  

"11 minut" di Jerzy Skolimowski
GLI SCONFITTI.
Ai vincitori fanno da contrappasso, inevitabilmente, gli sconfitti. Il che, sia chiaro, non significa che le pellicole non premiate siano brutte, anzi... probabilmente a livello cinefilo erano le migliori in assoluto, ma non corrispondevano ai canoni di giudizio adottati da Cuaròn & C. Non vincono dunque i film  stilisticamente impeccabili ma emotivamente aridi (e il pensiero va a Francofonia di Sokurov), così come non vincono i film inchiesta e i documentari (troppi) presenti quest'anno al Lido, come Rabin: the last day di Gitai e Behemoth di Liang Zhao (quest'ultimo dato per grande favorito fino alle ultime ore precedenti la premiazione e rimasto clamorosamente a bocca asciutta). E non ha vinto purtroppo (aggiungo io) lo splendido 11 minut di Jerzy Skolimowski, autentica bomba ad orologeria esplosa al Lido in tutta la sua dirompente potenza: probabilmente i giurati lo hanno considerato un esercizio di stile fine a se stesso, un giocattolo da festival, ma in quel giocattolo c'è racchiuso tutto il Cinema. Pazienza. Se mai uscirà in sala, andatelo a vedere e mi direte!

"Sangue del mio sangue", di Marco Bellocchio
GLI ITALIANI.
L'Italia conquista "solo" la Coppa Volpi con Valeria Golino, peraltro strameritata, come si diceva. Troppo poco? No, assolutamente. Il che non significa una bocciatura, intendiamoci: il nostro cinema ha portato al Lido film coraggiosi e importanti, più o meno riusciti ma dignitosissimi, ma non bisogna mai dimenticare che la globalizzazione esiste, eccome, anche anche nel mondo della celluloide. Insomma, non si può vincere sempre e bisogna prendere atto che le pellicole premiate quest'anno erano oggettivamente migliori delle nostre... può succedere! E quindi il premio al film di Gaudino va visto senza ombra di dubbio nell'ottica del bicchiere "mezzo pieno". Certo era lecito alla vigilia sperare in Bellocchio, il nostro nome di punta, ma il film del maestro piacentino, pur notevole, era probabilmente troppo "localistico" e personale per una giuria internazionale, caratteristiche che peraltro lo hanno spesso penalizzato anche in passato. Così come anche A bigger splash e L'attesa non erano realisticamente in grado di impensierire i vincitori: troppo patinato e pretenzioso il film di Messina (quasi irritante, direi), troppo discontinuo quello di Guadagnino, che funziona benissimo per 3/4 per poi naufragare clamorosamente nel finale con lo sciagurato cameo di Guzzanti... Luca, perchè l'hai fatto??

Ma, in fin dei conti, che Mostra è stata questa 72. edizione (probabilmente l'ultima della gestione Barbera)? A livello artistico direi in linea con gli anni precedenti, vale a dire nella media: livello medio-alto con qualche venatura horror (leggasi film inguardabili, sempre fisiologicamente presenti) e una linea ben definita: autoriale, sobria, quasi "snob", scientificamente refrattaria al glamour (anche se quest'anno con Johnny Depp si è fatta una notevole eccezione) e poco incline al cinema orientale, comunque dignitosa. Le dolenti note provengono invece dal lato organizzativo, che ha denotato le inefficienze di sempre (e anche una certo lassismo nella volontà di risolverle): prezzi fuori controllo, regole assurde (come l'obbligo della prenotazione per gli accreditati, che ha lasciato spesso e volentieri la Sala Grande semideserta), carenza cronica di infrastrutture e servizi e conseguente maggior disinteresse da parte del pubblico, mai così poco numeroso come quest'anno. Ma qui il discorso si farebbe lungo, meglio pensare "solo" ai film...


TUTTI I PREMI DI VENEZIA 72:

Leone d'oro per il miglior film:
DESDE ALLA' (FROM AFAR) di Lorenzo Vigas (Venezuela)

Leone d'argento per la miglior regìa:
EL CLAN di Pablo Trapero (Argentina)

Gran Premio della Giuria:
ANOMALISA di Charlie Kaufman e Duke Johnson (Stati Uniti)

Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile:
FABRICE LUCHINI per L'hermine di Christian Vincent (Francia)

Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile:
VALERIA GOLINO per Per amor vostro di Giuseppe Gaudino (Italia)

Osella per la miglior sceneggiatura:
CHRISTIAN VINCENT per L'hermine (Francia)

Premio speciale della Giuria:
ABLUKA (FRENZY) di Emin Alper (Turchia)

Premio Mastroianni attore o attrice emergente:
ABRAHAM ATTAH per Beasts of no nation di Cary Fukunaga (Stati Uniti)

6 commenti:

  1. Che bello vedere così tanto amore per il cinema, si vede che ogni singola parola trasuda entusiasmo per la settima arte!

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    1. E' il più bel complimento che potessi ricevere, e che mi dà la forza per proseguire. Grazie! Sai cosa dice Brian de Palma nel suo film? "Quando un regista si accorge di ripetere sempre le stesse cose, di non aver più niente di nuovo da dire, è giusto che si faccia da parte". Io per ora la passione e l'entusiasmo ce li ho ancora... è il tempo che manca. Ma per ora in qualche modo me lo ritaglio :)

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  2. Ormai non vado più a venezia da una vita, è diventato impossibile per una persona normale farsi dieci giorni al Lido. I film li vedrò in sala, e se non arrivano pazienza.

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    1. Ti riferisci ai soldi o alla fatica fisica? O forse a entrambi? In ogni caso hai ragione, il Lido ormai ha costi insostenibili per il pubblico pagante (sia per i prezzi dei biglietti che, soprattutto, per quelli degli alloggi) e dieci giorni di mostra sono un salasso. Così come anche fisicamente è difficile da sostenere: troppi film, orari accavallati, corse a perdifiato da una sala all'altra, per non parlare dei servizi (non solo quelli igienici) sempre più carenti. E non a caso il pubblico, nello spazio di pochi anni, si è più che dimezzato...

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