venerdì 16 dicembre 2016

E' SOLO LA FINE DEL MONDO

(Juste la fin du monde)
regia: Xavier Dolan (Canada/Francia, 2016)
cast: Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, Vincent Cassel, Léa Seydoux, Marion Cotillard
sceneggiatura: Xavier Dolan
fotografia: André Turpin 
scenografia: Colombe Raby
montaggio: Xavier Dolan
musica: Gabriel Yared
durata: 95 minuti
giudizio: 

trama:  Un giovane scrittore malato terminale torna al paese nativo dopo dodici anni per dare la notizia alla mamma, ai fratelli e alla cognata, ognuno dei quali lo accoglierà in modo diverso...


dico la mia: E ora non chiamatelo più enfant-prodige. E' un'etichetta che va troppo stretta a Xavier Dolan, 27 anni, già sei film alle spalle (più uno in lavorazione) e un talento artistico smisurato. Non è il caso di fare paragoni nè di scomodare chicchessia, ma semplicemente considerarlo per quello che è, ovvero un cineasta geniale e sempre sorprendente, specialista nel raccontare e trasmettere emozioni. Dolan non ha mai studiato cinema: i suoi lavori sono realizzati con l'impeto, la passione, le "imperfezioni" e le contraddizioni tipiche dell'autodidatta... che però, in presenza di cotanta genialità, assumono i tratti caratteristici di uno stile inconfondibile, che magari farà storcere il naso ai critici di professione (in molti hanno fischiato la proiezione stampa di Cannes) ma che è capace di colpire al cuore i cinefili soprattutto dal lato umano, andando a scavare proprio nei meccanismi relazionali, quelli che regolano la vita.

Già, perchè a dispetto delle apparenze E' solo la fine del mondo non è affatto un film che parla di morte, come in tanti hanno scritto. La morte è ovviamente presente, in ogni istante, ma a saperlo siamo solo noi spettatori e nessun altro. E' piuttosto un film sulle relazioni interpersonali, sui complicati meccanismi che regolano le nostre vite. Il protagonista, Louis (Gaspard Ulliel), cerca sempre di trovare il momento giusto per annunciare ai familiari la sua condizione di malato terminale, ma la rivelazione è sempre rimandata, fino alla fine, perchè a mancare sono proprio quei rapporti umani che ci costringono, nostro malgrado, ad essere "animali sociali" e ad affrontare il mondo. Quello che ci colpisce subito del film è l'assoluta incomunicabilità tra tutti i componenti della famiglia: tutti parlano, a volte urlano, ma solo per riempire il tempo e togliersi l'imbarazzo di dosso. Tutti parlano, ma nessuno ascolta: e tutti accusano Louis di non essere mai stato troppo presente nella loro vita, ma nessuno di loro, a dire il vero, gliene ha mai dato la possibilità...

Sono 95 minuti di intensità soffocante, fin dai primi fotogrammi: assistiamo infatti all'arrivo a destinazione di Louis, in una località calda e imprecisata del profondo sud, afosa e respingente. Vediamo il viaggio in macchina di Louis dall'aeroporto a casa dei suoi, in un paesaggio ostile e costellato di personaggi inquietanti... vediamo infine l'accoglienza dei familiari, ognuno a modo suo: l'affetto quasi infantile della mamma (Nathalie Baye), il rancore apertamente manifestato dal fratello (Vincent Cassel), l'emozione della sorella minore (Léa Seydoux), che non lo ha mai visto ma lo adora, lo sguardo impacciato della cognata (Marion Cotillard), dimessa e attonita. L'atmosfera è elettrica, agitata, tra cinque persone che si trovano palesemente a disagio tra di loro e non perdono occasione per dimostrarlo, tra impacciati slanci di affetto, accesi scontri verbali, silenzi pesanti come macigni.

E poi, ovviamente, c'è Louis stesso: bello, intelligente, scrittore di successo, gay dichiarato. Se n'è andato di casa presto senza mai far ritorno, nemmeno per Natale, non comunicando mai il suo indirizzo e limitandosi a scrivere cartoline d'auguri per i compleanni. Di lui sappiamo pochissimo: la voce fuori campo ci dice che sta morendo (così come è morto il suo primo compagno), il suo partner attuale lo sprona a dire la verità ai suoi, ma lui (che non pronuncia mai più di tre parole per volta) aspetta sempre il momento giusto, che non arriva mai... nessuno infatti intuisce il suo dolore, neanche la mamma, tutti concentrati come sono a sforzarsi di apparire "normali". Non a caso sarà proprio Catherine, la cognata, anzi l' "estranea" del gruppo, l'unica a capire come stanno davvero le cose: ma il suo animo fragile e dimesso le impedirà perfino di piangere. Louis si rende conto di essere ancora un corpo estraneo in un universo in decomposizione.

E' un film magnifico e atroce l'ultimo Dolan, di un'umanità straziante, disperata, che ti prende per la gola e per lo stomaco, senza mollarti mai: il climax è sempre altissimo, anche nei rari momenti di apparente serenità, che in realtà sono nient'altro che il preludio a nuovi scontri. Ci sono sequenze quasi insostenibili per tensione filmica e drammaticità (il viaggio in macchina con il fratello) che collassano nell'ultimo fotogramma (che non vi sveliamo, e che forse è l'unico momento troppo "telefonato" dell'intera sceneggiatura). Ma per il resto è cinema puro, di qualità sublime. Tratto dall'omonima piéce teatrale di Jean-Luc Lagarce, musicato sapientemente da Gabriel Yared, scritto, montato e diretto dallo stesso Dolan, E' solo la fine del mondo è l'opera più matura e importante del giovane regista canadese, ormai entrato a pieno diritto tra i "big" del cinema contemporaneo.

Un cinema, il suo, fatto di lacrime, sangue e passione, di donne dimesse, di mamme combattive e disordinatamente amorevoli (ricordiamoci della splendida Anne Dorval in Mommy), di figli problematici e coraggiosi, di amanti e di sentimenti spezzati. Solo una categoria, quella dei padri, non trova posto (per ora?) nella filmografia di Dolan... e sarei curioso di sapere il perchè. Scelta personale, professionale o inconscia? Se sapete, o se immaginate, parliamone pure.

23 commenti:

  1. Gran recensione per un regista celebratissimo che ancora mi manca completamente. Chissà, forse inizierò con questo.

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    1. Grazie mille, caro Ford. Sinceramente non saprei se consigliarti di partire da questo o meno, i sei film di Dolan fanno parte di un percorso di maturità generale (considerando la giovane età del suo autore). Certo è che la lacuna deve in qualche modo essere colmata, questo sì!

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  2. Che bella quest'ultima riflessione, non ci avevo pensato in realtà...
    Bravo!

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  3. (ah, alla fine ho visto anche Il cittadino illustre: l'ho praticamente adorato ed è uno dei miei preferiti di questo 2016!)

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    1. ti capisco, a Venezia ci ha "stregato" tutti... io continuo a trovarlo parecchio ruffiano, però è innegabilmente adorabile!

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  4. visto stasera, d'accordo parola per parola

    ormai è uno dei grandi registi viventi, sta scalando le posizioni :)

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    1. Sì, possiamo dirlo. Sarà giovane, sbruffone, impertinente... ma quanti registi "moderni" alla sua età avevano un curriculum come il suo? Spero solo che prima o poi se ne accorga anche il grande pubblico, o almeno che i suoi film ottengano distribuzione decente.

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  5. Ottima recensione e, da parte mia, tanta invidia.
    Vorrei riuscirlo a vedere entro l'anno, ma dalle mie parti non lo danno.
    Nel mentre, mi recupero Laurence Anyways. :)

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    1. Lo so, e ti capisco. Infatti il problema delle sale d'essai nel nostro paese è ormai conclamato. Io penso che sia ingiusto che un Autore come Dolan resti "invisibile" al grande pubblico: la media incassi di questo film, rapportata alle sale in cui viene proiettato, è altissima: ciò significa (e ne sono certo) che questo film fosse distribuito a dovere farebbe lauti incassi. E' solo la miopia della distribuzione italiana a non permetterlo...

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  6. Sono finalmente riuscito a vederlo: è indubbiamente un film atroce, nel senso che fa stare male, e sinceramente non credo che avrò la forza per rivederlo ancora. Troppo dolore per me, anche se condivido il fatto che è un film assolutamente sincero. Spero solo (per lui) che non sia un racconto personale.
    Buona giornata.
    Mauro.

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    1. Ti capisco Mauro. Questo film non è certo una passeggiata. Ma a volte la sofferenza ci aiuta a capire le cose... sono contentissimo che l'hai visto.
      Buona giornata e buon weekend!

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  7. E' incredibile come un regista così giovane riesca a dirigere senza sbavature un cast così portentoso come questo. Finora nei suoi film precedenti non c'erano attori famosi, qui dimostra invece grande perizia e nessun timore reverenziale. Genio assoluto questo Dolan!

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    1. Indice, anche questo, di una maturità ormai raggiunta. Nient'altro da aggiungere!

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  8. Film sovraccarico e sovraeccitato. Non è questione di "sentirlo" con il cuore o con la testa, qui è proprio la tecnica a mancare: sceneggiatura asfittica, tutti urlano, tutti piangono, tutti litigano, senza sapere davvero il perchè. Per non parlare del protagonista (un pigmeo, rispetto agli altri quattro attori) totalmente inadeguato al ruolo. Vado controcorrente, ma a me non è piaciuto per nulla.

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    1. Rispetto ogni giudizio, chiaramente. E provo a dare una spiegazione a quello che scrivi: secondo me la sceneggiatura non è asfittica ma "trattenuta", a voler rimarcare l'incomunicabilità... non a caso Louis viene definito "uno che non riesce a mettere insieme più di tre parole", e Ulliel è perfetto nel ruolo. Quanto ai dialoghi "urlati", è evidente la scelta registica nel voler far risaltare il fatto che, come ho scritto sopra, tutti parlano ma nessuno ascolta. E allora tutti (o quasi) si mettono a urlare, e la tensione sale alle stelle...

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  9. Comincio a preoccuparmi... credo di essere uno degli ultimi a non considerare Dolan geniale/super/magnifico e chi più ne ha, prego, s'accomodi.
    Sinceramente non riesco a capire come certi difetti al solito messi alla berlina, nel cinema di Dolan si trasformino in pregi... mah.

    Certo la giovane età gioca dalla sua parte ma non per i "capolavori" che ha già girato ma per la speranza che il nostro riesca a migliorarsi che le basi, lo riconosco, ci sono.

    A mio avviso dovrebbe evitare di girare un film all'anno perché il rischio "dispersione" è alto.

    I miei migliori saluti
    T.S.

    P.S. in effetti la distribuzione d'essai è ormai alle corde... infatti questo ultimo film non sono riuscito a vederlo in sala e spero di recuperarlo in home video.
    Però è anche vero che ormai la schizofrenia distributiva va a toccare anche il cinema più di superficie con scelte sconclusionate di tempistiche e proposte.
    A salvarsi pare siano solo i blockbuster proposti e sovrapposti senza criterio...

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    1. Ognuno è giusto che si faccia la propria opinione, ci mancherebbe. Come ho scritto, sono il primo a ritenere i film di Dolan piuttosto "acerbi" dal punto di vista tecnico (normale, considerato il fatto che è praticamente autodidatta), così come non ho mai detto che sono "capolavori" (parola abusata e quasi sempre fuori luogo). Ribadisco però che questo è un Autore (sì, per me lo è, con la A maiuscola) che ha una capacità innata, insuperabile nel coinvolgere emotivamente lo spettatore: in ogni suo film si arriva ai titoli di coda "spossati" per l'impegno mentale ed emozionale profuso... sono film che prendono prima al cuore e poi alla gola, e solo per ultimo al cervello. E quando un film ti "prende" così tanto al regista gli si perdona tutto. Io almeno la penso così. Sul fatto che sbagli a girare un film l'anno non so che dirti: indubbiamente il rischio di ripetersi c'è, anche se finora se l'è sempre cavata alla grande (altro segno di genialità), però è anche vero che quando un artista si sente in piena fase creativa è difficile trattenerlo... e magari a 27 anni di idee se ne possono avere a bizzeffe!

      Riguardo le sale d'essai sfondi una porta aperta. Questo ormai sta diventando un problema non di poco conto, dato che la continua emorragia di schermi sta mettendo in seria difficoltà il cinema d'autore. Le sale d'essai "muoiono" perchè sono quasi tutte nei centri storici delle città (e quindi difficili da raggiungere, stritolate da ZTL, ZTC, ZTV e chi più ne ha più ne metta), sono frequentate in maggioranza da persone di mezza età o anziani (che spesso hanno difficoltà a spostarsi), e di conseguenza il pubblico giovane, frequentatore principale dei multiplex, perde completamente il contatto con questo tipo di cinema, ignorandolo e rifuggendolo. Se oggi chiedi un ventenne chi è Dolan (praticamente un suo coetaneo) questo ti guarderà come un marziano. E le cose non paiono destinate a migliorare.

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    2. Sulla distribuzione ti dirò: vero che il cinema d'essai sta morendo insieme alle sale che eran solite proiettarlo... ma pure il cinema "di mezzo" fa fatica a trovar spazio sommerso da pochi titoli che scalciano via tutto il resto.


      I miei migliori saluti
      T.S.

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  10. Film, a mio avviso, deboluccio ma salvato dalle performance degli attori. Anche se riconosco, come dici te, un certo piglio nel dirigere un cast così altisonante.

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    1. Sì, dai. Almeno questo glielo dobbiamo riconoscere :)

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  11. Ciao, a certi film arrivo purtroppo in ritardo. Visto stasera, in una parola: devastante. Mi ritrovo perfettamente nella tua rece/spiegazione, qua siamo in perfetta sintonia. Grande film che ha toccato le mie corde più sensibili; della sua filmografia ho visto solo tre film e questo mi è entrato sotto pelle, al momento ha la mia preferenza. Mommy il più acclamato non ha suscitato in me la stessa forza. Ci avviciniamo ai film con la nostra cultura, il nostro vissuto, le nostre esperienze e non solo cinematografiche, e ogni film ci cattura per un verso o per l'altro, allo stesso modo può renderci meno partecipi in situazioni in cui altri gridano di entusiasmo e questa è la sua bellezza.
    Un saluto.

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    1. Sì, film clamorosamente bello e straziante, mai edulcorato, mai retorico, eppure ansiogeno quasi come un thriller. Vorresti urlarla la tua rabbia (tu che "sai") verso questa famiglia che invece non ascolta e non capisce, che vive in un mondo parallelo. Anche per me questo film è superiore a "Mommy", che pure avevo anch'esso molto apprezzato. Peccato che dopo Dolan si sia incartato in titoli ripetitivi e un po': standardizzati, lontanissimi dalla potenza delle sue prime opere. Ma "È solo la fine del mondo" può ben dirsi il punto più alto (finirà) della sua carriera.

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