sabato 7 gennaio 2017

IL GGG - IL GRANDE GIGANTE GENTILE

(The BFG)
regia: Steven Spielberg (Usa, 2016)
cast: Mark Rylance, Ruby Barnhill, Penelope Wilton, Rebecca Hall, Rafe Spall
sceneggiatura: Melissa Mathison
fotografia: Janusz Kaminski
scenografia: Rick Carter
montaggio: Michael Kahn
musica: John Williams
durata: 117 minuti
giudizio: 

trama:  Una notte, nell'orfanotrofio in cui vive, la piccola Sophie viene rapita da un gigante che la porta a casa sua, in un posto dove vivono altri giganti più grandi e più cattivi, che mangiano carne umana e sono una minaccia per gli uomini. Invece il gigante che ha rapito Sophie è vegetariano e anche affettuoso: il suo mestiere è quello di catturare i bei sogni per regalarli ai bambini mentre dormono. Sophie si affeziona subito al suo "rapitore" e deciderà di aiutarlo a liberarsi dall'oppressione degli altri giganti...


dico la mia: Era l'anno dei Mondiali e non solo, quel fantastico 1982: nello stesso anno Steven Spielberg usciva al cinema con il suo successo più grande, E.T. l'extraterrestre, mentre lo scrittore inglese Roald Dahl pubblicava il suo libro-capolavoro, il GGG (The BFG - Big Friendly Giant - in originale), destinato a diventare un'icona della letteratura infantile. Due fuoriclasse destinati ad incontrarsi per forza, anche se solo molti anni dopo, in quanto depositari di un sentire comune: preservare il lato fanciullesco che è dentro di noi, sforzarsi di vedere il mondo con gli occhi dei bambini per renderlo migliore, cercare di lasciare sempre spazio all'incanto, alla capacità di stupirsi e di stupire.

Logico, dunque, che non potesse essere altro che Steven Spielberg a portare sul grande schermo questa storia che è, perlappunto, un inno allo stupore e alla meraviglia. Non solo: per scrivere la sceneggiatura Spielberg ha richiamato proprio l'autrice dello script di E.T., quella Melissa Mathison che, purtroppo, è scomparsa tragicamente nel 2015 senza riuscire a vedere il film compiuto. E Il GGG spielberghiano è un vero e proprio omaggio alla fanciullezza e all'innocenza, una bella favola antica riveduta e corretta con la tecnologia digitale, che ha permesso di rendere realistici i personaggi e creare suggestione autentica, senza però prevaricare la storia e mantenendone tutti gli aspetti-chiave.

Il GGG infatti non è altro che l'ennesimo racconto di solitudine ed emarginazione, aspetti che Spielberg ha trattato innumerevoli volte nella sua ormai lunghissima carriera. Anzi, possiamo dire che la diversità, intesa come risorsa, unita alla resistenza, al coraggio, alla voglia di evadere da un mondo "adulto" e terribile, sono un po' il manifesto di tutto il suo cinema, e anche la lezione del GGG non poteva che essere in linea con la filosofia del regista: resistere, sforzarsi di sorridere anche nei momenti peggiori e trovare sempre la forza di reagire, perchè la felicità può essere davvero dietro l'angolo se solo si è in grado di coglierla... e l'incontro tra Sophie e il gigante buono è proprio l'incontro di due solitudini "resistenti": Sophie resiste alla tristezza del collegio dove è richiusa, Il GGG alle angherie degli altri giganti, più grossi e più cattivi, che lo umiliano in continuazione.

Non solo: Il GGG è anche un film sui sogni e sull'importanza della fantasia, l'invito ad abbandonarsi ad una realtà "alternativa" fatta di mondi subacquei, bollicine che vanno in basso, ampolle che contengono bei sogni e incubi terribili (da conservare sottochiave e utili per difendersi e vendicarsi di qualcuno che ci ha fatto male), un universo parallelo nel quale immergersi completamente e sentirsi a proprio agio, tanto da cercare (attraverso i sogni, appunto) di "esportarlo" anche nella vita reale...

Steven Spielberg viene spesso accusato di "buonismo", e il più delle volte anche a ragione. Solo che mentre negli anni '80 il suo impareggiabile genio riusciva quasi sempre a coprire la melensaggine delle storie che raccontava, col passare degli anni e con il conseguente fisiologico calo di creatività (certamente agevolato dal successo, i soldi, gli oscar, la bella vita) il suo cinema si è sempre più involuto finendo per appiattirsi su stucchevoli prodotti diabetici e melassosi (vedi l'insopportabile War Horse) oppure, per contrappasso, su filmoni "impegnati", serissimi ma davvero faticosi nella visione (vedi Munich, Lincoln, Il Ponte delle Spie). Per questo ritengo che la scelta di dirigere Il GGG sia stata, da parte del regista di Cincinnati, anche un'abile mossa per riappacificarsi con il proprio pubblico e mascherare la crisi creativa, scegliendo un soggetto che, per peculiarità e caratteristiche, non poteva che sdoganare il buonismo.


Perchè Il GGG è per forza di cose, e giustamente, una storia buonista: è insita nella sua natura (la natura delle favole) e Spielberg ha avuto buon gioco nel dirigerla, non a caso restando estremamente e rispettosamente fedele al libro (d'altra parte perchè stravolgere un capolavoro?), impreziosendola però con momenti di altissimo cinema come ancora riesce a fare (la sequenza del sogno del bimbo attraverso le ombre sul muro, tenero e splendido omaggio al cinema degli albori, strappa l'applauso e anche qualche lacrimuccia...)

In patria Il GGG non ha riscosso il successo sperato, non riuscendo neppure a recuperare i costi di lavorazione. Colpa della Disney, che lo ha distribuito in pratica senza promozione, convinta che il nome di Spielberg bastasse e avanzasse a richiamare il pubblico, senza invece riflettere sul fatto che questo è un film pensato e realizzato soprattutto per i bambini, e che difficilmente riesce ad entrare nel cuore di un adulto (a differenza, ad esempio, di Oceania o Star Wars). Spielberg ha girato una pellicola bella e significativa, infischiandosene delle logiche produttive e rispettando l'architettura del libro, mantenendone i passaggi chiave e i tempi volutamente dilatati (vedi la lunga ma bellissima parte pre-finale, dentro Buckingam Palace) che gli conferiscono un fascino unico. Lui può permetterselo. E noi tutti ci auguriamo di vederne altri mille di "flop" come questo...        

14 commenti:

  1. Spielberg quando gira film per i più piccoli non tradisce mai, e infatti questo l'ho adorato. Le favole devono per forza essere buoniste, altrimenti non sarebbero favole... io non sono più una bambina ahimè però mi ha "rapita" lo stesso :)

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    1. E' esattamente quello che penso io: Spielberg ha portato sullo schermo il film in questo momento a lui più congeniale. Furbizia, umiltà, raziocinio? Forse tutte e tre le cose insieme. Di sicuro il risultato è bellissimo...

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  2. Dahl ormai è stato sfruttato fino all'osso e mancava quasi solo il GGG.
    Sono molto combattuto sul fatto di vederlo o lasciare stare. Se avessi figli piccoli non esiterei (Dahl era una delle letture serali preferite di mio figlio). Insieme a "Le streghe" un mito della letteratura infantile.
    Ho letto pro e contro. Mi hai quasi convinto, in effetti qui Spielberg gioca in casa.

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    1. Penso che sia arrivato al cinema solo adesso perchè la tecnologia finora non lo permetteva... e in effetti la computer-graphics in questo caso è sublime. Io credo che puoi benissimo andare a vederlo: Spielberg può fare film deboli, didascalici, ma mai brutti. Insomma, non è l'ultimo arrivato. E in questo la retorica è perfino necessaria!

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  3. Avercene di film che fanno flop tutti di questa fattura, sono molto d'accordo con te ;-) Cheers

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  4. Io apprezzo e ammiro ogni sforzo di Spielberg, anche quando si fa più "impegnativo" e gli gridano buonista e retorico. Mi manca Il ponte delle spie e pure questo grande gigante gentile, che spero di recuperare presto. La verità è che a me zio Steven parla sempre dritto al cuore, che sia con gli occhi di un bambino che vuole fuggire dal mondo dei grandi, che sia in sella a un cavallo in trincea. Mi mancavano le tue recensioni, bello tornare a leggerti.
    Un abbraccio caro Sauro. E a presto.

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    1. Anch'io sono felicissimo che sei tornata a scrivere, cara Valentina! Anche te mi sei mancata! :)
      Quanto a "zio" Steven, devo dire che nelle ultime opere ho faticato a vederci proprio quel "parlare al cuore" che dici te... mi erano sembrati film fatti con la testa e senza cuore, frutto di tanta tecnica ma poche emozioni. Questo, se non altro, riesce a coinvolgere molto di più, e il vecchio "Spielby" sembra essere tornato!

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  5. Non so, continua a non attirarmi per niente.
    Non ha quel qualcosa che mi fa scattare la scintilla, la voglia di dire "ecco, ci vado!". Mi dispiace molto, l'unica cosa figa è l'involontario 666 del titolo italiano^^

    Moz-

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  6. Non è il mio genere, e non nego che in certi punti mi sono anche annoiata. Però ho visto i bambini in sala ridere e stupirsi, quasi come ai tempi di E.T., e allora mi sono detta che il film funziona: forse sono io ad essere invecchiata :(

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    1. Come ho scritto, è soprattutto un film per bambini e fatto per i bambini. Bisogna tenerlo presente quando lo si va a vedere. E quello che mi dici (lo stupore dei piccoli spettatori) è la riprova che il film funziona...

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  7. Devo ancora vederlo... Ma apprezzo la tua analisi, l'ho trovata molto profonda

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    1. Grazie mille, davvero! Appena lo hai visto fammi sapere che ne pensi, così ne parliamo...

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