giovedì 27 luglio 2017

L' EREDITA' DI FANTOZZI (VILLAGGIO GLOBALE)

Fa impressione rendersi conto che Fantozzi se n'e andato. O meglio, se n'è andato il suo creatore Paolo Villaggio, ma non il suo alter ego: perchè Fantozzi in tutti questi anni è cresciuto con noi, come un vecchio amico (o meglio, come un collega d'ufficio... visto l'argomento), facendoci credere che ci fosse sempre stato. Una di quelle figure familiari, che sembrano non invecchiare mai e che invece, dopo più di quarant'anni (e dopo una visione casalinga recentissima, per l'occasione) ci fanno inesorabilmente prendere coscienza del tempo che passa.

Sì, perchè devo dire la verità: l'altra sera ho rivisto Fantozzi, e non ho fatto nemmeno una risata. Nemmeno una.

Ciò non vuol dire che il film non mi sia piaciuto, anzi.
Fantozzi è un film 'epocale', nel senso letterale del termine: un film che ha segnato un momento storico, delineando un personaggio che, finchè è stato possibile, ha incarnato un modo di essere e una condizione sociale che oggi non esiste più. Fateci caso, per decenni abbiamo riso e (de)riso una figura che rappresentava quanto di peggio potessimo immaginare e desiderare a livello lavorativo e umano: il travet, l'umile impiegato grigio e sottomesso, esponente-tipo del famigerato 'ceto medio', colui che ha un posto fisso, le ferie pagate, la malattia, la casa di proprietà, la macchina... eppure, visto oggi, nell'epoca della precarietà e dell'incertezza, Fantozzi appare quasi un privilegiato, un modello da seguire.

Per questo non ho riso rivedendolo per la milionesima volta: perchè l'ho guardato con occhi diversi, da adulto, o forse da 'vecchio', rendendomi conto che non è Fantozzi ad essere invecchiato ma, al contrario, siamo noi che in tutti questi anni ci siamo lasciati sfuggire l'occasione per diventare migliori, per costruire un futuro che poteva e doveva essere diverso. Quarant'anni fa ridevamo di Fantozzi per scacciare le nostre paure, nella speranza di esorcizzare quello che mai avremmo voluto che succedesse a noi. Fantozzi era l'emblema dell'italiano-tipo, disposto a tutti i compromessi, pronto ad ingoiare ogni boccone amaro pur di sopravvivere, per restare a galla. E forse non è un caso che il primo Fantozzi esca proprio nel 1975, cioè lo stesso anno di Amici miei (metafora - ben più feroce - del disagio inconsapevole di un paese che si apprestava ad entrare negli infausti anni '80) e appena una anno prima di Pasqualino Settebellezze della Wertmuller, altro personaggio a suo modo mutevole e trasformista, nell'accezione peggiore del termine...

E invece adesso ci accorgiamo che, tutto sommato, Fantozzi era molto più 'umano' ed intellettualmente onesto di quanto ci sembrava: era un disadattato sociale, un uomo imbelle e rassegnato all'umiliazione, eppure profondamente genuino e 'puro', capace di voler bene alla sua famiglia e restare fedele alla sua compagna: mai, in nessuno dei dieci film, Fantozzi tradirà davvero la moglie con la signorina Silvani, consapevole dei sacrifici fatti dalla consorte per renderlo felice, così come non rinuncerà comunque ad esprimere le proprie opinioni (celebre quella sulla Corazzata Potemkin, nel Secondo Tragico Fantozzi), col rischio di finire nell'acquario della Megaditta, e nemmeno si tirerà indietro al momento di condividere i surreali hobby del collega Filini. ben più allucinato di lui...

Fantozzi è una maschera tragica del nostro cinema, a vederlo ora trasmette solo grande amarezza. E' allo stesso tempo vittima e carnefice di una società svuotata di ogni barlume di sensibilità e coscienza: ogni suo gesto, ogni sua azione, si rivelano solo tentativi di raggiungere una felicità impossibile, o quantomeno di sentirsi accettato in un mondo dominato dalla vacuità dei rapporti e dal consumismo imperante. E', a suo modo, il simbolo del crollo dell' 'italian dream'.

Dal punto di vista strettamente cinefilo, Fantozzi è un film di assoluto valore, capace non a caso di aver fatto da capostipite a una delle saghe comiche più amate dal nostro pubblico, influenzando perfino il modo di parlare e comunicare (pensiamo all'aggettivo 'fantozziano', ormai di uso comune, oppure a certe espressioni tipiche quali 'com'è umano lei', 'salivazione azzerata', 'spigato siberiano'...).  Paolo Villaggio, dal canto suo, è stato abilissimo e capace nell'impersonare il suo ruolo della vita, ma gran merito del successo del film va anche alla straordinaria professionalità dei numerosi personaggi di contorno, così ben caratterizzati da risultare poi veri e propri protagonisti: difficilmente avremmo avuto Fantozzi senza Gigi Reder (il ragionier Filini), Anna Mazzamauro (la signorina Silvani), Liù Bosisio e Milena Vukotic (le 'signore' Fantozzi), Plinio Fernando (la bruttissima figlia Mariangela) e Giuseppe Anatrelli (il subdolo geometra Calboni). Figure indelebili di un cinema (e un mondo) che non c'è più.  

VILLAGGIO GLOBALE è un'inziativa che vari blogger (tra cui il sottoscritto) hanno messo in piedi per celebrare a modo loro il comico genovese. Questi sono gli altri contributi:

SUPERFANTOZZI su Combinazione Casuale
SISTEMO L'AMERICA E TORNO su La Bara Volante
FRACCHIA LA BELVA UMANA su Non c'è paragone
FANTOZZI su Mari's Red Room
FRACCHIA CONTRO DRACULA su Il Bollalmanacco di cinema
FANTOZZI IN PARADISO su Gioco Magazzino
IL SEGRETO DEL BOSCO VECCHIO su La fabbrica dei sogni
IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO su In Central Perk



21 commenti:

  1. Complimenti innanzitutto per l'analisi estremamente lucide del fenomeno Fantozzi, che mi pare sia in gran parte condivisibile. Era un periodo, quello di riferimento dei film, che molti di noi non hanno vissuto se non attraverso il cinema, ma nonostante ciò non sono sicuro che le cose sia cambiate... diciamo che "hanno cambiato faccia" (per citare Corrado Farina).
    Oggi l'attenzione si è spostata (giustamente) sui giovani e sul precariato, ma il mondo del lavoro di noi cinquantenni non è molto diverso... anche noi abbiamo i nostri Cobram e i nostri Semenzara... che, dall'alto delle loro poltrone in pelle umana, fanno del più bieco ricatto il loro stile di vita.

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    1. E' verissimo. Per chi è lavoratore dipendente non è difficile riconoscersi (ancora) nel ragionier Fantozzi. Io stesso mi sento ancora ogni tanto dare del "ragioniere" dai clienti e non so mettermi a ridere o piangere! Giusto per far capire quanto questi film e questo personaggio ci abbiano condizionato...

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  2. Personalmente non mi sono mai resa conto di quanto fosse "vero" Fantozzi finché non ho cominciato a lavorare per un'azienda. Diciamo che manca solo la statua della vecchia all'ingresso e poi c'è davvero tutto, ed è triste vedere quanto il modello di ricco dirigente sdoganato da Villaggio sia diventato quello da seguire per qualsiasi parvenu ignorante (gente che sbaglia veramente i congiuntivi o i nomi dopo anni perché convinta che FantoCCi sia quello giusto... follia). Che amarezza!

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    1. Vedi sopra (la risposta a Obsidian).
      E' tutto drammaticamente vero. Non bancari poi, sempre in "divisa" (giacca e valigetta... solo in estate qualche timida concessione alle polo) siamo il top del "fantozzismo"! Ma ormai ci siamo abituati :)

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  3. Analisi estremamente centrata, Fantozzi come personaggio e come serie di libri e film, ha saputo sottolineare le dinamiche del mondo del lavoro che ancora oggi sono tristemente valide in certi ambienti, motivo per cui il personaggio non ha perso un millimetro della sua popolarità. Quando ti giri e ti trovi circondato da colleghi identici a Calboni, un po’ ti viene da ridere, un po’ da riflettere sul fatto che forse il ragioniere Fantozzi sei proprio tu, risate amare. Cheers!

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  4. Ottima analisi, mi ritrovo d'accordo con tutto.
    Penso che oggi i vari "Fantozzi", "Filini", "Calboni", "Balabam", "Cobram" e "Semenzara" non ci siano più... Quelle figure di quegli italiani sono ormai sparite. Ma rimangono ancora vive quelle abitudini, quegli atteggiamenti e le stesse ambiguità. Fantozzi (e Villaggio) sono più vivi che mai!

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    1. No, guarda... i Filini e i Calboni ci sono ancora, in carne ed ossa. Garantito! ;) Io lo vedo nella mia filiale, dove siamo una quarantina di persone, ognuno con i propri vizi, virtù e passioni. Da sitcom!

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    2. Anche secondo me ci sono ancora, e la figura dell'impiegato viene vista ancora come quella dell'arrivato. Che poi deve essere ancora più di successo dove devi avere chissà quale svolta nella vita, perché che senso ha andare a Londra per andare a fare il barista o il cameriere? Ma se fai lavoro di ufficio, allora sì che hai rispetto. Paolo Villaggio la sapeva lunga, eccome!

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  5. Un omaggio era dovuto, a questo attore, che, anche se personalmente non mi è mai piaciuto, ha fatto la storia del nostro cinema. Per questo ho partecipato. ^_^

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    1. Hai fatto benissimo, Arwen. Il bello di quest "days" è proprio il fatto di ritrovarsi (virtualmente) e confrontarsi, ognuno scopre sempre cose nuove-
      E' un'iniziativa che andrebbe ripetuta più spesso!

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  6. Analisi interessantissima sulla Figura di Fantozzi e su ciò che ha rappresentato in generale. Non facendo parte della generazione che ha visto il film nel periodo in cui è uscito, vivo la cosa in maniera molto diversa. Sinceramente mi fa ancora ridere moltissimo, pur con i vari sottotesti malinconici che contiene.

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    1. Beh, il discorso generazionale indubbiamente c'entra. Un neofita ride a crepapelle, non faccio fatica a crederlo. Siamo noi quarantenni che ci rispecchiamo, nostro malgrado, a dei modelli cui non vorremmo mai assomigliare. E quanto ci assomigliamo...

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  7. bellissimo articolo su un personaggio fondamentale del nostro cinema. però la domanda del titolo non ha risposta: chi raccoglierà secondo te l'eredità di Fantozzi?
    Un abbraccio e buona giornata.
    Mauro

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    1. Ciao Mauro, il titolo è rivolto più che altro a chi legge: "L'eredità di Fantozzi" va intesa nei confronti della società, vale a dire che cosa abbiamo ereditato (appunto) da quell'Italia lì.
      Tu invece mi chiedi, se ho capito bene, chi raccoglierà l'eredità artistica di Paolo Villaggio? Beh, su questo non ho il minimo dubbio: CHECCO ZALONE. Chi meglio di lui impersona l'italiano medio di oggi?

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  8. Riflessione più che giusta la tua, anche se in ogni caso io lo ricorderò soprattutto per le sue tante risate che mi ha fatto fare ;)

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    1. E ci mancherebbe altro! In fin dei conti stiamo parlando pur sempre di un comico ;)

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  9. Devo dire che non sono proprio d'accordo sulla "scomparsa" di Fantozzi nella nostra società. Perché i tempi sono cambiati, è vero. Noi siamo cresciuti, è vero. Ma Alla fin fine questa figura si è trasformata ed evoluta. Alla fin fine è una maschera che incarna ancora molti vizi e costumi. Sì, è una figura che non rappresenta più pienamente la nostra epoca, ma trovo che in molti casi rispecchi determinati modi di fare sopravvissuti.

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    1. Ma infatti io ho parlato sempre al presente ;) non ho mai detto che Fantozzi è sparito, bensì che la sua figura oggi rischia di apparire quasi "privilegiata" nei confronti della precarietà di oggi. Lui è rimasto lo stesso, è il mondo che (purtroppo) è cambiato. In peggio.

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  10. Grande analisi e gran pezzo, come sempre.
    Io ormai vedo Fantozzi come una sorta di ribelle nascosto, un anarchico che, a fronte della coscienza di essere la minoranza totale, affronta con le armi che ha i potenti.
    Una specie di rivoluzionario, a modo suo.

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    1. Grazie a te caro Ford! Ma tua analisi è ben più appropriata: in tre righe hai riassunto perfettamente un personaggio, complimenti!

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