sabato 23 settembre 2017

L'INGANNO

(The beguiled)
regia: Sofia Coppola (Usa, 2017)
cast: Colin Farrell, Nicole Kidman, Kirsten Dunst, Elle Fanning, Angourie Rice, Oona Laurence
sceneggiatura: Sofia Coppola
fotografia: Philippe Le Sourd
scenografia: Ann Ross
montaggio: Sarah Flack
musiche: Phoenix
durata: 93 minuti
giudizio: 

trama:  Durante la Guerra di Secessione un soldato nordista ferito viene accolto in un collegio di sole donne. L'uomo verrà curato e rimesso in piedi, ma la sua permanenza scatenerà una terribile gara di seduzione tra le ragazze che lo ospitano, con conseguenze imprevedibili...  


dico la mia:  Le parole sono importanti. I distributori italiani hanno tradotto The beguiled con L'inganno (e poteva andare molto peggio, dato che nel '71 la stessa storia, portata sul grande schermo da Don Siegel, venne ribattezzata La notte brava del soldato Jonathan... sic!) Ma The beguiled letteralmente significa "ingannato", oppure "ingannate", a seconda delle circostanze. E qui sta il bello del bellissimo nuovo film di Sofia Coppola: chi è stato davvero ingannato in questa torbida storia di seduzione in trine e merletti? Il ruvido e subdolo soldato nordista, che scherza col fuoco con le sue salvatrici (o carceriere, che dir si voglia) oppure le stesse padrone di casa, angeliche o streghe, che nel finale per forza tragico (e non rompete per lo spoiler, please) si rendono forse conto di essere prigioniere nella loro stessa dimora?

Si ha un bel dire che Sofia Coppola faccia sempre lo stesso film. Per certi versi è vero, ma è forse un problema per qualcuno? Le verità è che questa splendida figlia d'arte ha uno stile talmente personale, unico, inconfondibile, che lo riconosci subito, tra mille. Il cinema di Sofia Coppola ha un massimo comune denominatore, che è sempre quello: l'incomunicabilità, la solitudine, la noia, le prigioni dorate (reali o simboliche) dentro le quali ci facciamo ingabbiare rinunciando a vedere la bellezza del mondo. Prigioni che possono essere gli appartamenti di lusso delle star in Bling Ring, la reggia di Versailles in Marie Antoinette, il celebre Chateau Marmont Hotel di Somewhere... muri alti, altissimi, che ci costruiamo con le nostre mani e alimentiamo chiudendoci dentro di noi, quasi un contrappasso nella società 2.0, quella dominata dai social network...

In The beguiled la prigione è ben rappresentata da un collegio di sole donne, apparente oasi di pace in un mondo sconvolto dalla guerra. Ci sono solo due donne adulte: l'algida e (f)rigida Martha (Nicole Kidman) direttrice dai modi garbati ma dal pugno di ferro, e la timida e repressa Edwina (Kirsten Dunst) che insegna francese a quattro ragazzine, tra le quali spicca l'adolescente Alicia (Elle Fanning). Un piccolo gineceo che non può non ricordare quello delle sorelle Lisbon ne Il giardino delle vergini suicide: un gruppo di ragazze schiave di un'apparente, insostenibile normalità. Così, tra lezioni, preghiere e lavori domestici, ecco arrivare all'improvviso l'imponderabile, nelle vesti di un soldato mezzo morto che si fa accogliere per curare le ferite. E' l'episodio che farà saltare il tappo, distruggendo il fragile equilibrio su cui si regge la comunità: il mondo "di fuori" entra prepotentemente "dentro", con la forza di un tornado.

Solo che stavolta le "vergini" da suicide diventano omicide. E per la prima volta Sofia Coppola mette in scena la guerra tra i sessi, con conseguenze devastanti per il malcapitato ospite (un efficace Colin Farrell). Che fin dall'inizio gioca sporco con le ragazze, ignaro di scherzare col fuoco: cerca di sedurre le due più adulte e la più grande delle allieve (riuscendoci con la più fragile, Edwina) mentre prova a farsi benvolere dalle più piccole dando l'impressione a ognuna di loro di essere la sua preferita. Fino al momento in cui commetterà il tragico errore di preferire davvero una alle altre, scatenando l'inferno: nei film della Coppola la vera protagonista è sempre la "massa", la comunità, in questo caso il gruppo di educatrici e educande. Il rito, la rivolta, la vendetta, è sempre collettivo. Si agisce tutte insieme, e tutte insieme si va all'inferno o in paradiso, proprio come le sorelle Lisbon.

Ma alla fine chi esce davvero vincitore, ammesso che un vincitore ci sia, da questo gioco pericoloso? In apparenza non certo il "maschio", il presunto ingannatore/seduttore, che subirà le macabre conseguenze della sua spavalderia. Ma forse nemmeno le "femmine", che alla fine si ritrovano di nuovo rinchiuse nella loro casa/prigione, dove certamente nulla sarà più come prima: hanno assaporato il desiderio, la carne, hanno scoperto che "fuori" non ci sono solo dolore e pericoli, ma la vita vera. Quella che non c'è dentro le mura del collegio. E forse sono proprio loro ad essere state ingannate per tutta la vita, vivendo in un ambiente finto e opprimente. E si torna così al significato del titolo del film, il discorso che facevo all'inizio...

Il film è esattamente come le sue protagoniste: bello e terribile, ammaliante e crudele, lugubre ma incredibilmente fascinoso. Il lavoro su fotografia e arredi è davvero enorme, di una cifra tecnica altissima. Ma a scuotere noi spettatori è soprattutto la rappresentazione dell'orrore tipica della sua regista: non si vedono mai immagini efferate (tranne, forse, una ferita suturata senza anestesia) ma il disagio e l'odore di morte sono presenti in ogni fotogramma. E anche il cast ovviamente è sublime: alle "solite" attrici-feticcio della Coppola (Kirsten Dunst e Elle Fanning) si aggiungono Nicole Kidman e Colin Farrell, perfetti nei loro ruoli. Come perfetto è tutto il film, che ha anche il gran merito di esaurirsi in 93 agili minuti. Non uno di più non uno di meno. La storia si chiude come non potrebbe chiudersi in altro modo. E dopo non c'è proprio bisogno di aggiungere altro.

10 commenti:

  1. Risposte
    1. Ciao Arwen, spero che riuscirai a vederlo presto: poi ne parliamo!

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  2. Visto ieri sera. Sinceramente mi è parso abbastanza prevedibile come trama, però è davvero accuratissimo nei particolari. La fotografia è da oscar. Grande tecnica, davvero.
    Buonanotte.

    Mauro

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    1. Prevedibile lo è di sicuro: in fin dei conti è un remake di un altro film (anche se la Coppola preferisce parlare di una nuova versione del romanzo) tratto, appunto, da un libro degli anni '60... quindi la storia non è certo nuova. Ma lo è per come viene trattata e per le implicazioni relative allo stile della regista. Sulla bontà della confezione sono assolutamente d'accordo con te :)

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  3. Recensione bellissima, Sauro.
    Ti confesso che, Lost in Translation a parte, poco amo la Coppola. Elegantissima, ma fa fatica a far breccia di solito. Vado martedì.

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    1. Grazie. Capisco benissimo i problemi che si possono avere con questa regista. Ha uno stile particolarissimo, che a molti stufa o annoia (specialmente i maschi, devo dire...) proprio per la (finta) vacuità della messinscena. Molti dicono che i film della Coppola non parlano di nulla, e in un certo senso è vero :) ma in quel nulla c'è tutto lo straniamento della nostra società.
      Questo comunque, se può aiutarti, a differenza di "Somewhere" o "Bling Ring" ha una storia e una trama ben definite. Prova a vederlo, e poi ne riparliamo...

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  4. E' inutile, la Coppola non riuscirà mai a piacermi. Ormai è proprio questione di "pelle". Non reggo i suoi ritmi lenti, le atmosfere soffuse, la pesantezza e l'inconcludenza dei dialoghi. So che ha molti estimatori, e li rispetto, ma è un cinema che non mi convince da sempre.

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    1. No problem: come ho scritto ripetutamente, capisco benissimo che questo tipo di cinema possa non piacere. Anche se, a dire il vero, di solito sono gli uomini ad avere questi problemi... ;) scherzo ovviamente. Opinione rispettabilissima, ci mancherebbe.

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  5. Una guerra tra sessi in cui non ci sono né vincitori né vinti.
    Forse il film bellico dell'anno è questo...

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    1. Esatto! Oppure, più amaramente, sono tutti perdenti... condivido in pieno!

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