venerdì 14 dicembre 2018

TROPPA GRAZIA


titolo originale: TROPPA GRAZIA (ITALIA, 2018)
regia: GIANNI ZANASI
sceneggiatura: GIANNI ZANASI, GIACOMO CIARRAPICO, MICHELE PELLEGRINI, FEDERICA PONTREMOLI
cast: ALBA ROHRWACHER, HADAS YARON, ELIO GERMANO, GIUSEPPE BATTISTON, CARLOTTA NATOLI, TECO CELIO
durata: 110 minuti
giudizio: 


Troppa grazia è quel che si dice un film coraggioso, e tutto sommato pure abbastanza riuscito: con un soggetto del genere il rischio di scadere nel ridicolo involontario era altissimo, e invece bisogna dare atto a Gianni Zanasi e ai suoi sceneggiatori di aver fatto un buon lavoro per tenere la narrazione entro i confini della commedia fantastica, surreale ma sempre ancorata alla quotidianità. Mi è dunque piaciuto, pur non essendo esattamente nelle mie corde: come i miei (pochi) lettori sapranno, ho sempre avuto una certa difficoltà con questo tipo di cinema, complice forse una mente "da bancario" (il mio vero lavoro) ormai troppo poco allenata al grottesco... anche per questo motivo, pur riconoscendone i meriti appena elencati, ho fatto fatica ad appassionarmi a un'opera certamente anomala nel panorama del cinema italiano attuale.

Lucia (Alba Rohrwacher, bravissima e finalmente valorizzata nella sua vocazione da attrice brillante) è una timida geometra, molto pignola, che viene incaricata dal sindaco del paese (Giuseppe Battiston) di compiere alcuni rilievi su un terreno destinato ad ospitare un grosso complesso immobiliare. Ragazza madre, spiantata, con una figlia adolescente e compagno poco affidabile (Elio Germano), capisce subito che sarà costretta a "chiudere un occhio" per aggiustare le visure catastali e consentire così l'ennesima speculazione edilizia. Almeno fino a quando un giorno non le appare nientepopodimenoche la Madonna in persona, nelle vesti di una giovane profuga (Hadas Yaron) non le darà pace finchè non convincerà i proprietari del terreno a costruirci sopra una chiesa...

Pur non essendo di per sè originalissimo (al sottoscritto, durante la visione, più volte è venuto in mente L'uomo dei sogni, di Phil Alden Robinson) il soggetto del del film ha buon gioco nel mostrare lo spaesamento di una persona (e forse di una parte del nostro carattere, di tutti noi) in apparenza così logica e razionale, a confronto con un fatto inaspettato e disturbante come la Fede. Un' escamotage con cui Zanasi prova a farci riflettere su come ci si dovrebbe porre di fronte agli imprevisti più o meno imponderabili della vita, e su come potremmo compiere un percorso di analisi individuale che ci aiuti a guardare per primi dentro noi stessi anzichè preoccuparci di come appariamo agli occhi degli altri.

Il problema, a mio modesto parere, è che l'idea regge bene più o meno fino a metà del film. Ad una prima parte più comica e frizzante, di sicuro la migliore, fa invece seguito un accumularsi di situazioni e temi diversi, forse troppi, che la sceneggiatura non sempre riesce a tenere insieme, dimenticandosi molti pezzi per strada (su tutti la figura del padre - interpretato dal navigato caratterista Teco Celio - solo abbozzata e frettolosamente archiviata) che conducono la pellicola ad un finale accomodante e poco coerente con quanto si era visto fino allora, oltre che far calare decisamente il ritmo, tanto che nell'ultima mezz'ora più volte si tende allo sbadiglio...

La bella colonna sonora di Niccolò Contessa (che "ospita" anche, tra gli altri, i Radiohead) riesce però a cullarci ben bene fino alla fine, accompagnando con discrezione e puntualità i momenti salienti, anche quando non sono ben legati tra loro. Ne viene fuori un film a due velocità, molto profondo su certi aspetti (la spiritualità, l'autostima, il bisogno e l'opportunità di indagare a fondo nella nostra coscienza), molto meno su altri (la politica, l'ambiente, la moralità), piuttosto incerto su che direzione prendere, ma in ogni caso gradevole da seguire e apprezzabile per la volontà di raccontare qualcosa di diverso e in modo diverso, come già lo stesso regista aveva provato a fare nel suo film precedente (La felicità è un sistema complesso) certamente meno riuscito.

Troppa grazia invece riesce a dosare bene gli ingredienti e a piacere al pubblico, che ha risposto decisamente bene nei primi giorni di programmazione (uno dei pochi film italiani, finora, ad esserci riuscito). Segno che osare paga, almeno in certe occasioni. Di sicuro nell'asfittico e sempre troppo affollato mondo della commedia all'italiana...

4 commenti:

  1. Zanasi l'ho molto apprezzato in Non pensarci e La felicità è un sistema complesso. Qui molto meno, nonostante lo spunto sia coraggioso e interessante. Secondo me si perde e diventa anche ripetitivo. Per me due "tazze" bastano.

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    1. A me è piaciuto più questo... ma, lo ripeto, è un tipo di cinema in cui faccio fatica a identificarmi. E comunque concordo: specie nel finale, il film si perde e si ripete un po'. Restando però tutto sommato godibile.

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  2. Visto ieri sera, davvero carino. E la Rohrvacher (o come si scrive) è bravissima. Ma perchè sta sulle palle a tutti???
    Un abbraccio!
    Mauro

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    1. Ciao Mauro!
      Eh, lo so... è vero: tutti la considerano antipatica, forse per il suo carattere molto schivo e "spigoloso", però come attrice non c'è davvero niente da dire. Alba è bravissima!

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