martedì 15 gennaio 2019

COLD WAR


titolo originale: ZIMNA VOJNA (POLONIA, 2018)
regia: PAWEL PAWLIKOWSKI
sceneggiatura: PAWEL PAWLIKOWSKI, JANUSZ GLOWACKI, PIOTR BORKOWSKI
cast: JOANNA KULIG, TOMASZ KOT
durata: 88 minuti
giudizio: 

Nella Polonia del secondo dopoguerra un uomo e una donna, di diversa estrazione sociale (lui direttore d'orchestra, lei contadina, aspirante cantante) si amano appassionatamente. Insieme cercheranno di scappare dal regime comunista e cercare fortuna all'estero, ma l'esilio metterà a dura prova il loro amore...

Doveva (e poteva) essere il primo, grande melò di inizio millennio, il Dottor Zivago degli anni duemila. Gli ingredienti c'erano tutti: una storia d'amore universale e profondamente sentita (che si rifà - per sua stessa ammissione - a quella dei genitori del regista), una messinscena più che elegante che rimanda al grande cinema di genere (girato in bianco e nero e in un formato 4:3 fatto apposta per omaggiare i classici del passato), un contesto storico complesso e vissuto sulla propria pelle (sempre del regista) che faceva presagire grande coinvolgimento emotivo e passionale.

Metteteci anche due interpreti fascinosi ed empatici (soprattutto lei) che "bucano" incredibilmente lo schermo e ti restano scolpiti nella mente (guardate la locandina: è la cosa più bella del film). Insomma, eravamo pronti a salutare Cold War come un capolavoro. Invece, per me, è "solo" un buon film, in cui riponevo forse troppa aspettativa...

La vicenda è nota: in una Polonia ancora devastata dalla guerra appena conclusa, la giovane e bellissima Zula (Joanna Kulig, ne risentiremo parlare), contadina con la passione per il canto, viene scelta per esibirsi in una compagnia di canti e danze popolari. Per la ragazza è solo un modo per sfuggire alla fame, invece l'incontro con il maturo direttore d'orchestra Wiktor (Tomasz Kot) le cambierà per sempre la vita: tra i due nascerà una relazione appassionata e contrastata a causa dei loro caratteri ben diversi e, soprattutto, dell'ombra del regime comunista, che li costringerà a separarsi.

Cold War ha una struttura circolare, finisce esattamente dove comincia, descrivendo un cerchio perfetto lungo quindici anni (dal 1949 al 1964) dentro il quale i due amanti si rincorrono e si riprendono per mezza Europa, provando a vivere la loro impossibile storia d'amore: Wiktor proverà per primo a scappare dal suo paese durante una tournée a Berlino, ma Zula all'ultimo momento deciderà di non seguirlo. Si rincontreranno anni dopo, più volte, per i teatri di Parigi, Zagabria, Berlino, Varsavia, uniti da una passione viscerale e distruttiva: lui, esule, si arrabatta di stenti, lei invece diventa una famosa e apprezzata cantante, ma le sue fortune economiche saranno inversamente proporzionali alla sua disastrata vita sentimentale...

Sembra di assistere a una versione ante litteram di A star is born, anche se ovviamente la cifra stilistica e autoriale di Pawel Pawlikowski è infinitamente superiore: eppure, paradossalmente, i difetti di fondo dei due film sono gli stessi. Sono entrambe pellicole artefatte, costruite, manieriste, troppo "finte" per arrivare al cuore dello spettatore. Ma se A star is born è fin troppo prolisso e stucchevole, Cold War, al contrario, è fin troppo schematico e punteggiato. Il racconto procede per ellissi e salti temporali, con segmenti di breve durata e fin troppo statici, privi di empatia. Dura appena 88 minuti e, caso (per me) forse più unico che raro, vorresti che durasse di più, che non si esaurisse in un finale catartico e furbescamente sbrigativo, ma non certo inaspettato.

Premiato all'ultimo Festival di Cannes per la miglior regìa, vincitore di cinque premi EFA (gli Oscar europei), Cold War gode di una considerazione a mio avviso superiore ai suoi meriti: film di una perfezione formale indiscutibile ma anche parecchio "ruffiana", la cui ricercatezza artistica finisce per rendere l'operazione poco spontanea, scarsamente coinvolgente.

La passione dei due protagonisti fatica ad uscire dallo schermo, ad emozionare a tutto tondo, lasciandoci alla fine piuttosto freddi. Vedrete che ci ricorderemo di questo film solo per aver lanciato la carriera di Joanna Kulig, lei sì capace davvero di scaldare i cuori, soprattutto dei maschietti!

14 commenti:

  1. Già sai come la penso. E comunque hai ragione, la locandina è la cosa più bella del film! :)

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    1. bellissima e ingannatoria… come il trailer, del resto ;)

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  2. Sono fra quelli che invece il film l'han sentito parecchio. Certo, ho faticato soprattutto in quell'inizio troppo folcloristico, troppo musicale, ma più si andava avanti, più osservavo questi due amanti sfortunati, e gli volevo bene. Quel finale è stata una mazzata che mi ha lasciato senza parole, tanto bello quanto doloroso.

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    1. Io il finale me l'aspettavo… non lo immaginavo proprio in quel modo, ma diciamo che non mi ha colto di sorpresa vedendo il film ;) insomma, ero preparato: del resto, come ho detto, le freddezza formale di quest'opera lasciava presagire una cosa del genere (molto furbescamente secondo me, per chiudere un film inopinatamente troppo breve).
      Poi, ovviamente, l'empatia con i personaggi varia a seconda della sensibilità personale. Però ti dico che io sono solitamente facile alla commozione (vedendo "Old man and the gun", per dire, ho pianto copiosamente) ma qui, proprio, zero coinvolgimento.

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  3. noooo! e io che volevo piangere come una fontana! :D :D
    ora non lo so mica se lo voglio vedere!

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    1. eh, se il tuo scopo è quello… non so che dirti, ma credo che rimarrai un po' sconcertata (come me, del resto). colpa forse dei trailer e di certe critiche che ti fanno venire aspettative che poi non corrispondono all'opera in sé. comunque fammi sapere ;)

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  4. Ne ho sentito parlare anche molto positivamente, io amante del bianco e nero. Cercherò di non perderlo anche se tu descrivi con la tua accuratezza le pecche che questa pellicola ci mostra.
    Solo le foto che hai postato però sembrano affascinare lo spettatore anche se la trama non è una vera novità, a parte l'ambientazione che per fortuna ha un'altra locazione.
    Lo vedrò.
    Grazie mio caro, abbraccio serale!

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    1. Ciao Nella,
      Da questo punto di vista penso che possa piacerti davvero: come ho scritto, a livello visivo, estetizzante, il film è di una bellezza assoluta. Fotografia e montaggio straordinari. E' l'anima a mancare, secondo me, ma qui si entra assolutamente nel gusto personale.
      Fammi sapere: ricambio l'abbraccio!

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  5. Io l'ho adorato. Ma va detto che non riuscivo a staccare gli occhi dalla protagonista!

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    1. eeeeehh... a chi lo dici! Attenzione, annunciazione! Di questa biondina si parlerà molto, molto presto ;)

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  6. Bello, particolare. Interessante soprattutto per il periodo, l'epoca, che questo regista riesce sempre a delineare, raccontare così bene. Una fotografia meravigliosa, nel complesso lo promuovo. Il suo film precedente mi era piaciuto di più, ma anche questo ha il suo perché.

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    1. Ti riferisci a "Ida"? Condivido, film senz'altro più riuscito. Di questo a cosa che più mi rimane impressa è la bellezza esagerata :) della sua splendida protagonista!

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  7. Assolutamente!
    Si, mi riferivo a Ida. Questo regista, un po' come i registi russi, realizzano film che quasi sempre in me hanno un effetto come un medicinale a lungo termine. Macerano, restano lì come un buon vino. È strana sta cosa, è soprattutto con questi registi queste storie (scusa la banalità della scrittura ma non sono un recensore), dicevo questi film mi restano, a volte resto anche perplessa tipo La ragazza d'autunno di Balagov, non so se l'hai visto, restano nella mia testa, col tempo mi piacciono ancora di più. Spero di essere stata chiara ☺️.
    Ida è stato immediato, ci sono scene di una bellezza, nonostante il tempo trascorso le ricordo ancora.
    Di questo regista ho visto anche Agnus dei e anche questo mi è piaciuto. È un regista interessante.

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    1. Lo ammetto, di quelli che citi ho visto solo "Ida"... più per pigrizia che per altro, ma il tuo discorso lo trovo assolutamente condivisibile.

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