venerdì 3 maggio 2019

I FRATELLI SISTERS


titolo originale: THE SISTERS BROTHERS (FRANCIA/USA, 2018)
regia: JACQUES AUDIARD
sceneggiatura: JACQUES AUDIARD, THOMAS BIDEGAIN
cast: JOHN C. REILLY, JOAQUIN PHOENIX, JAKE GYLLENHAAL, RIZ AHMED, RUTGER HAUER
durata: 121 minuti
giudizio: 


America, fine '800. Far West. Eli e Charlie Sisters sono due banditi mercenari che uccidono per lavoro. Quando il potente boss locale offre loro un incarico ben remunerato (scovare ed uccidere un presunto cercatore d'oro) i due ingaggeranno una folle caccia all'uomo che li porterà dall'Oregon fino alle rive del fiume Yukon...



Eravamo in tanti, all'ultima Mostra di Venezia, a non avere idea di cosa aspettarci da un film del genere: insomma, Jacques Audiard, proprio quel Jacques Audiard, l'impegnato autore di Un sapore di ruggine e ossa e Il Profeta, nonchè Palma d'oro a Cannes con Dheepan, ruvido affresco sulle banlieues parigine, che si mette a girare un vero western sulla Frontiera e il mito dell'Eldorado? C'era da ben restare increduli e scettici. Tutto questo, ovviamente, prima di aver visto il film... perchè poi, sui titoli di coda, tra commozione e applausi scroscianti, nessuno nutriva più alcun dubbio sul fatto di aver assistito a un film emozionante, uno dei più belli dell'anno, e perfettamente coerente con la cinematografia del regista francese.

Eli e Charlie Sisters (ovvero John C. Reilly e Joaquin Phoenix) sono due fratelli cresciuti senza padre che di mestiere uccidono gente per soldi. Ma se il primo, più anziano e malleabile, lascia intravedere qualche barlume di umanità (oltre alla voglia, o forse la stanchezza, di farla finita prima o poi con quel "mestiere"), l'altro, più giovane e irascibile, più matto e ubriacone, non immagina una vita diversa da quella selvaggia e violenta del West. Insieme, per ordine del loro bieco "impresario" (il Commodoro Rutger Hauer) dovranno inseguire e ammazzare il fuggiasco John Morris (Jake Gyllenhaal), un cercatore d'oro che fa coppia con uno strano tizio, un certo Herrman Kermit Warm (Riz Ahmed) che pare aver inventato una formula scientifica capace di far rilucere in acqua, anche di notte, le preziose pagliuzze...

Sembrerebbe uno sviluppo che più scontato e lineare non si può. Eppure da questo momento nulla più andrà come lo spettatore s'immagina, e col senno di poi notiamo che Audiard ci aveva avvertito fin dal titolo: i due fratelli spietati che di cognome fanno Sisters, cioè sorelle,  femminucce, sono l'esatta antitesi dei fuorilegge senza macchia e senza paura, icone di tanti stereotipi hollywoodiani, che ci aspetteremmo di vedere. I fratelli-sorelle sono due individui goffi e pasticcioni, violenti e attaccabrighe, che con la loro stessa natura demistificano e fanno a pezzi il genere, seppur omaggiandolo con sincerità.


Ma attenzione:  non siamo affatto dalle parti de Gli Spietati di Eastwood o Il mucchio selvaggio di Peckinpah. Questo è un film profondamente e segnatamente europeo, visto attraverso gli occhi da neofita di un regista che, per sua stessa ammissione, non è nemmeno troppo amante del cinema western. Audiard rilegge e ribalta completamente la struttura tipica del genere, pur mantenendone intatta la confezione: così facendo realizza un film solo in appaenza classico, dove però lo sguardo d'insieme è quello di uno "straniero" che descrive con i propri occhi un Paese e le sue origini (l'America), mettendone in discussione la sua stessa essenza, ribadendo che il mondo (quello di allora, come quello di oggi) non ha bisogno di eroi ma di fratellanza, di persone che sanno ascoltare e perdonare, di riconciliazioni e ritorni a casa, di compassione e ripudio delle armi.

I Fratelli Sisters è un film umanissimo e dolente, interpretato da tre attori straordinari, cui si aggiunge un "quarto" protagonista, fondamentale: quel Riz Ahmed, evidente alter ago del regista, il cui personaggio incarna un uomo idealista e senza ambiguità, che sogna una società utopica, democratica, più giusta, più attenta ai diritti umani, l'unica strada possibile per costruire un mondo migliore. Che poi sono i temi che Audiard ha sempre affrontato in ogni suo film.

E quel finale, che non vi racconto per non togliervi il piacere della visione, che non immaginereste mai, ma che una volta riaccese le luci in sala vi sembrerà l'unico possibile, non è che la logica conclusione di un bellissimo racconto sulla necessità di avere sempre una spalla su cui piangere, una mano da stringere, un sorriso da portare.

10 commenti:

  1. Bella recensione: sono assolutamente d'accordo con te, è un western americano fino al midollo ma visto con gli occhi di un europeo, e di conseguenza più umano e commovente. Il film più bello visto quest'anno, per me.

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    1. Non saprei dire, al momento, se sia il più bello... di sicuro però è quello che mi ha emozionato più profondamente. Se poi, come me, adori il western, allora hai gioco facile! :)

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  2. Con i western vado sempre sul sicuro: e dopo questa recensione non posso non vederlo!
    Buon weekend!
    Mauro

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    1. Grande Mauro! Corri a vederlo e poi raccontami: sono sicuro che apprezzerai!

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  3. Audiard mi è sempre piaciuto, adoro il Western, la tua recensione è decisamente interessante: vedo di recuperarlo in tempi brevi.

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    1. Se adori il western e adori Audiard, questo film mette sorprendentemente insieme le due cose: ne viene fuori un film dalla struttura classica, nostalgica, che tocca temi profondamente attuali. Sono sicuro che potrai apprezzarlo.

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  4. Visto, finalmente: davvero un gran film, e te lo dice una che come sai ha grossi problemi col genere... ma questo è tutto tranne che un film di genere, e davvero ci ho rivisto il miglior Audiard!

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    1. E' un film di genere (almeno nella confezione) che però, come ogni grande film, sa aprirsi all'attualità. Il fatto, poi, che sia girato da un regista europeo e da sempre impegnato socialmente non fa che aggiungere valore al messaggio che porta. Condivido in pieno la tua analisi.

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  5. Molto bello, appena visto! (adesso per curiosità vado a vedere quando hanno inventato lo spazzolino da denti e lo sciacquone 😏

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    1. ah ah! sì, le gag con lo spazzolino sono esilaranti ma anche ben studiate: è chiara l'intenzione del regista di rappresentare una società barbara eppure, per certi versi, capace di provare anche umanità. Basta aiutarla ad uscire, la cosa più difficile... nel west come nella vita di tutti noi.

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