lunedì 26 agosto 2019

THE RIDER


titolo originale: THE RIDER (USA, 2017)
regia: CHLOE ZHAO
sceneggiatura: CHLOE ZHAO
cast: BRADY JANDREAU, WAYNE JANDREAU, LILY JANDREAU, CAT CLIFFORD, LANE SCOTT
durata: 103 minuti
giudizio: 


Brady è un giovane cowboy che si guadagna da vivere partecipando ai rodei, dove la sua abilità  nel domare i cavalli più difficili lo ha reso celebre. Quando però, dopo una brutta caduta, i medici gli impongono di interrompere l'attività, per lui inizia un non facile periodo di ambientamento alla sua nuova condizione...


A volte può succedere che un film nasca dentro un altro film, ed è uno degli aspetti più affascinanti del cinema. Succede che nel 2015 la regista Chloe Zhao, mentre si trova nel Sud Dakota per girare il suo film d'esordio, ambientato in una riserva indiana, incontra un giovane cowboy del posto di nome Brady Jandreau, un ragazzo timido e silenzioso che vive con una placca di ferro dentro la testa e soffie di terribili emicranie, dovute ad una caduta da cavallo durante un rodeo e al conseguente, delicato intervento chirurgico. Brady era un asso dei rodei, un professionista che si guadagnava da vivere cercando di non farsi disarcionare dai cavalli che montava, cosa che gli era sempre riuscita fino a quel brutto, maledettissimo giorno...

Da quel momento la vita di Brady cambia per sempre. Niente più gare, niente più lavoro, niente più cavalli, perchè un'altra caduta potrebbe essergli fatale. Provate solo a immaginare cosa possa significare tutto questo per un ragazzo nato e cresciuto in un territorio paesaggisticamente splendido ma anche arido e desolato, lontano anni luce dell'America delle metropoli e della mondanità, dove i cavalli non sono solo "strumenti" di lavoro ma soprattutto amici fidati, a volte inseparabili, molto spesso gli unici con cui condividere per lunghi periodi la solitudine del cowboy. E' un rapporto ancestrale quello che si sviluppa tra cowboy e cavallo, basta guardarli: è un gioco di seduzione, di rispetto, quasi un rituale magico che ogni volta fa gridare al miracolo. E ogni volta il miracolo si ripete.

The Rider parla (anche) di questo, ma soprattutto di quello che accade quando la magìa si spezza, quando gli eventi imprevisti ribaltano completamente la prospettiva, obbligandoti a ricominciare daccapo, a reinventarti, a dimenticare quello che è impossibile dimenticare. Alla sofferenza di chi giocoforza deve arrendersi e prendere coscienza dei propri limiti.

A questo punto mi dispiace dover "spoilerare" quello che è l'assunto chiave del film (e chi vuole può fermarsi qui con la lettura), ma è impossibile recensire The Rider senza rivelare il suo punto di forza: gli attori del film sono i veri protagonisti della vicenda, che interpretano loro stessi e raccontano le loro vere storie.

Non è certo la prima volta che accade al cinema e non sarà nemmeno l'ultima (di recente lo ha fatto anche Clint Eastwood nel suo 15:17 attacco al treno) solo che qui il  connubio tra il neo-realismo western e la poesia della tragedia "epica" si incastrano alla perfezione, restituendoci una pellicola dura, spicciola, eppure allo stesso tempo commovente e toccante, mai retorica, mai ruffiana, mai ricattatoria, mai falsa (e come potrebbe?) capace di spronarti e farti riflettere sulle priorità della vita, su come sia indispensabile e salutare non smettere mai di rincorrere i propri sogni.

La scommessa di Chloe Zhao può dirsi felicemente vinta anche dalla nostra parte dell'oceano, dove è certamente più difficile appassionarsi a un mondo (quello dei rodei) che è quanto di più distante dalle nostre tradizioni. Vediamo un' America rurale e profonda, perfino rozza ai nostri occhi, l'America retrograda che vota Trump, che non vede oltre il palmo del proprio naso, che ama gli spazi sconfinati, la polvere, la puzza di letame, i ranch e gli animali, ma che forse ha uno sguardo molto più pulito e disincantato di noi europei: la scommessa (vinta) della regista è proprio quella di abbattere il (nostro) pregiudizio e far diventare una storia tipicamente americana una storia universale di caduta, riscatto e faticosa redenzione, facendoci empatizzare subito con il suo splendido e dolente protagonista. E lo fa attraverso un approccio genuino e minimalista, del tutto onesto, senza omettere niente.


The Rider infatti non fa sconti alla figura di Brady Jandreau: lo vediamo disperarsi, piangere, umiliarsi nell'anima e nello spirito, flagellarsi nel ricordo, tentare di ripararsi da un mondo che gli crolla addosso e non gli appartiene più. Ma lo vediamo anche reagire e provare a reinventarsi una vita, contro tutto e contro tutti, non rinunciando a inseguire il suo sogno. Non è un eroe, e neppure un pazzo psicopatico, e nemmeno un illuso. E' semplicemente un uomo attaccato alla vita, come tutti noi, che nel momento più drammatico si ricorda di essere un "animale sociale" e di non essere fatto per la disperazione e la solitudine.

Un film affascinante, commovente, girato con un mestiere e una cura nei particolari impensabile per una produzione quasi indipendente, a corto budget, eppure capace di vincere a Cannes il meritato "Art Cinema Award" nella sezione Quinzaine de Réalisateurs.

La trama non sarà forse originalissima ma è ovviamente sincera, a dimostrazione che questa America e queste storie esistono davvero, e il lavoro della Zhao può perfino considerarsi un omaggio a un cinema del reale che non ci stanchiamo mai di vedere (al sottoscritto ha ricordato molto, per soggetto e atmosfere, The Wrestler di Aronofsky). Ci ha messo due anni per venire alla luce e altri due anni per arrivare in Italia, grazie alla coraggiosa distribuzione di Wanted.
Adesso però tocca a voi: non perdetelo... sarebbe un peccato!

10 commenti:

  1. è uno dei film che mi sogno segnato di vedere anche perché custodisco un sogno irrealizzabile di andare un giorno da quelle parti.

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    1. I sogni ci aiutano a vivere... sono stato in America diversi anni fa, ma non in quei territori: credo sarebbe un'esperienza unica. Non demordere! :)

      p.s. il film te lo consiglio davvero: è bellissimo, commovente. Se lo vai a vedere poi ne parliamo.

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  2. Un film che ho amato, mi è piaciuto davvero tanto, uno dei più belli visti in sala quest'anno.
    La cosa più bella: l'amicizia e il cameratismo tra lui e i suoi amici.
    La cosa più spettacolare: un panorama che invita alla meditazione, una solitudine così vasta nella quale ti perdi, sopra di te solo le stelle!

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    1. Molto bello, sì. Soprattutto se lo vedi senza informarti prima, scoprendo dai titoli di coda che quelli che vedi sullo schermo sono i VERI protagonisti che raccontano se stessi, la LORO storia. Notevole. Ho avuto il privilegio di recensirlo in anteprima grazie a una mia cara amica di Wanted Cinema che lo ha prodotto, e da allora l'ho consigliato a tutti quelli che conoscevo. Quest'anno la regista, Chloe Zhao, ha vinto il Leone d'oro a Venezia con "Nomadland": si vedeva che la stoffa c'era eccome!

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  3. Pensa che io invece ho voluto vederlo a tutti i costi perché non sapendo niente del film, su YouTube ho sentito l'unica recensione che c'era al tempo e quella recensione è stata così bella che dovevo assolutamente vederlo, sapevo degli attori che sono loro i protagonisti della storia anche nella vita e per me è stato un motivo in più per vederlo.
    La regista aveva già girato un film in quella riserva, ma non credo esista ancora il DVD.
    Sì, ho saputo della sua vittoria a Venezia, a te è piaciuto? Così, a pelle, mi attira meno.

    Ieri sera ho fatto le ore piccole per vedere due film di seguito su Rai 4: "The gangster, the cop, the Devil" mi è piaciuto parecchio, Corea del Sud tanto per cambiare, fatto davvero bene!
    Poi ho visto The hateful eight di Tarantino che è durato tantissimo. Al cinema nonostante Tarantino mi piaccia molto ho avuto paura di andarlo a vedere, avevo sentito fosse un po' violento. Mi aspettavo peggio, dai, sono arrivata alla fine. Prolisso, non il miglior Tarantino ma insomma si riconosce la sua firma. Ok, anche questo l'ho recuperato.
    A proposito devo avvisarti che è sparito un altro film tuo: "Tito e gli alieni", l'avevo perso al TFF e anche nelle poche sale in cui è uscito, volevo leggerti, ma anche questo...puff! 😁 Provvedi. Ciao buona domenica!

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    1. Quest'anno purtroppo non sono riuscito a andare a Venezia nè ad tri festival. È stata la mia prima assenza dopo tanti anni... c'erano troppe incognite e troppe complicazioni per un evento che va programmato con largo anticipo, e a giugno la situazione non lo permetteva. Pazienza. Comunque di "Nomadland" hanno parlato tutti benissimo, ho buone aspettive.

      Su Tarantino... potremmo stare qui a discutere per giorni. Confesso di non essere un suo fan sfegatato, alcuni suoi film mi sono piaciuti molto (come "Django" e "Jackie Brown", altri cosi così (come l'ultimo o come, perlappunto, "The hateful eight") ma è di sicuro un regista geniale, nonchè molto furbo. Mi fermo qui :). Il film coreano di cui mi parli invece non l'ho visto, ma ti credo in parola: è un dato di fatto che la cinematografia coreana sia ormai la più vitale al mondo, e per distacco...

      p.s. non so perchè blogger mi cancella le recensioni! ora provo a ripristinare "Tito" ;)

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    2. Si, quest'anno bisesto per la prima volta lo ricorderò come funesto. Quest'anno non sono andata via neanche un giorno.... capisco la tua sofferenza, anche per me la pausa Festival è importante, Torino poi lo aspetto per un anno, adoro staccare la spina, camminare per Torino, che mi piace moltissimo, ci sono anche tornata anche senza l'occasione del Festival. Così come anche Bologna sono due città che hanno davvero la cultura del cinema, inoltre in tutte e due queste città le sale o multisale le hai in centro, mentre cammini, non in zone periferiche dove sei costretto ad avere un mezzo. Va bè, ci rifaremo, almeno che riaprano le sale, che tanti film sono lì parcheggiati in attesa. Amo la sala, per me è il massimo.
      Tarantino per me è KillBill e Django Unchained soprattutto, ma anche l'ultimo mi è piaciuto parecchio.
      Cinema coreano 👍, come tutto il cinema orientale, io lo amo.

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    3. Torino è una città meravigliosa: l'ho sempre trovata elegante, sobria, austera, poco incline alla frivolezza... va benissimo per il mio carattere. L'unico problema è che da dove abito io è parecchio lontana, altrimenti ci andrei molto spesso. Però è tra le città italiane che preferisco. Bologna invece la trovo un po' impersonale dal punto di vista architettonico, ma è una delle città più accoglienti che conosca... forse la più accogliente di tutte. Per non parlare, banalmente, della cucina: a Bologna mangiare male è praticamente impossibile! :D

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  4. Mi trovi d'accordo, i bolognesi sono persone incredibili, di un'ospitalità che non ha davvero eguali. La cucina non ne parliamo. Poi c'è l'università del cinema e questo contribuisce a una formazione diversa. Andai proprio a Bologna a vedere "Il traditore" e mi meravigliai di vedere la sala piena di ragazzi giovanissimi, una cosa incredibile, da noi (abito in provincia di Varese), questo film non ha riempito le sale e certamente i giovani vanno a vedere altro....

    Visto che Blogger ogni tanto imbroglia, ti dico che ho lasciato solo una riga al tuo post di Hugo Cabret (ho il DVD) e mi sono ritrovata assolutamente con la tua recensione. Poi ho lasciato due righe al resuscitato post di Tito e gli alieni, non si sa mai spariscano anche i commenti😊

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    1. Grazie per i commenti. No, per fortuna quelli non spariscono :) ed è un piacere leggerli. Anch'io adoro Hugo Cabret: lo vedo almeno una volta l'anno, sotto Natale. È il film perfetto per le feste

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