mercoledì 25 settembre 2019

C'ERA UNA VOLTA A... HOLLYWOOD



titolo originale: ONCE UPON A TIME IN... HOLLYWOOD (USA, 2019)
regia: QUENTIN TARANTINO
sceneggiatura: QUENTIN TARANTINO
cast: LEONARDO DI CAPRIO, BRAD PITT, MARGOT ROBBIE, AL PACINO
durata: 161 minuti
giudizio: 


Rick Dalton, attore western in declino, e la sua controfigura Cliff Booth (nonchè autista, confidente e factotum) provano ancora a ritagliarsi un posto in una Hollywood che sta cambiando profondamente: siamo nel 1969, quando il giovane regista Roman Polanski (vicino di casa di Dalton) è ormai il nuovo astro nascente e la sua splendida moglie Sharon Tate attira le ammirazioni (e soprattutto le invidie) di opinione pubblica e fan... 


Che Quentin Tarantino ami Sergio Leone è risaputo, tanto che si è sentito in dovere di intitolare il suo utlimo film C'era una volta a... Hollywood, con evidente riferimento al capolavoro del regista romano. Un film che suona in apparenza come una dichiarazione di intenti: se per Leone il suo C'era una volta in America fu infatti (e in tutti i sensi) il suo film-testamento, artistico e personale, è  ragionevole pensare che anche Tarantino, che ha sempre dichiarato di non voler girare più di dieci film in carriera (questo è il nono...)  stia quasi "preparando il terreno" per il suo ritiro dalle scene: è solo una mia ipotesi, eh! Chiedo ai suoi fan più agguerriti di non aspettarmi sotto casa!

Però, insomma, a ben vedere il sospetto c'è: C'era una volta a... Hollywood sembra quasi il film "definitivo" di Tarantino, una specie di scrigno dei ricordi che racchiude tutta la sua idea di cinema e tutte le sue passioni e ossessioni (ne parleremo più avanti). E' un film sincero e molto meno pretenzioso rispetto agli ultimi, di questo gliene va dato atto, ed è soprattutto un film "libero", nella forma e nello stile: è un Tarantino senza più freni inibitori, che rinuncia quasi completamente alla narrazione in nome della fantasia, rompendo ogni schema classico. E non è un caso che il film è stato prodotto interamente dalla Sony, l'unica major che ha accettato di mettere sul piatto cento milioni di dollari senza avere alcuna voce in capitolo sul prodotto finale...

 Il problema è che C'era una volta a... Hollywood, paradossalmente, risente molto dell'assoluta libertà creativa concessa al suo regista, che a mio modestissimo parere in questo caso è inversamente proporzionale a un palese vuoto di idee. Mai come stavolta infatti il film sembra avere il fiato corto: il "vero" Tarantino lo riconosciamo solo nella mezz'ora finale, al solito grottesca, macabra, iperviolenta, molto divertente. E dove ancora una volta il Cinema si fa beffe della Storia e la riscrive, immaginando un epilogo perfino romantico e di sicuro più gradito dagli spettatori. Peccato però che prima di questo finale ci siano oltre due ore di sterile e inconsistente manierismo tarantiniano, che pesano parecchio sullo sguardo d'insieme.

Due ore in cui assistiamo a tutto il vasto repertorio di citazioni, fissazioni e ossessioni del suo autore, qui esplicitate senza misura e senza ritegno e, quel che è peggio, del tutto scollegate dalla trama del film, davvero minimale. Due ore in cui Tarantino rispolvera scene e immagini di repertorio di vecchi western italiani d'epoca, regala ai suoi amici attori innumerevoli e spesso superflui camei (impossibile elencarli tutti: da Kurt Russell a Bruce Dern, da Luke Perry a Michael Madsen, da Emile Hirsch a Rebecca Gayheart, con la "ciliegina" Al Pacino nel ruolo dell'impresario hollywoodiano), soddisfa il suo feticismo inquadrando continuamente e generosamente i piedi dei suoi protagonisti, sfoga il suo nerdismo insistendo nei dettagli macabri delle scene violente... tutto nella norma, niente di nuovo, solo che qui è tutto "esagerato" e il risultato finale stanca davvero oltre ogni misura.

Vediamo infatti un Leonardo Di Caprio (bravo, ci mancherebbe) che per mezz'ora sbaglia le battute di un b-movie e poi svalvola dietro le quinte, un Brad Pitt (altrettanto bravo) che per un quarto d'ora se ne sta a torso nudo sul tetto a riparare un'antenna, a una sempre muta Margot Robbie (bella presenza) che prova a entrare gratis in un cinema che proietta un suo film e si rivede sognante (e ovviamente a piedi nudi) sul grande schermo... senza contare gli estenuanti giri in macchina di Pitt e DiCaprio insieme (ma il film non ha mai il coraggio di esplicitare la relazione omosessuale latente tra i due) e la ridondanza della colonna sonora e delle canzoni (che da sole occupano quasi la durata di un altro film). E qui il troppo stroppia, davvero.

Sbaglierò, ma la mia sensazione è che a Tarantino non importasse più di tanto di parlare dell'omicidio di Sharon Tate, della Manson Family, della perdita dell'innocenza dell'America... C'era una volta a Hollywood racconta l'America vissuta dal regista nella sua infanzia, l'unica che conosce e in cui è cresciuto. C'è chi dice che abbia costruito un film intero, un film nel film, solo per arrivare a girare la mezz'ora finale, quella che gli interessava veramente e in cui davvero lo si riconosce. Io dico solo che in questo film ci sono anche sequenze di grande cinema (la visita di Pitt alla comune degli hippies è da antologia, quasi un cortometraggio horror) ma tutto viene stemperato da una melassa malinconica e da favoletta dark (del resto il titolo è eloquente) che alla fine finisce per annoiare lo spettatore che non sia esattamente un "fan".

Lungi dall'essere un film "definitivo" sulla vecchia Hollywood, e comunque abbastanza in ritardo sulla tabella di marcia (ci sono state pellicole ben più incisive sul tema, pensiamo solo a Boogie Night di P.T. Anderson), l'ultimo Tarantino scivola via non proprio indolore per 161 lunghi minuti, molti dei quali noiosissimi, nei quali ci si interroga se davvero si possa scrivere una recensione negativa su un cineasta che ormai è cult a prescindere. Certo, un film "minore" di Tarantino è ben "maggiore" di tanta spazzatura che infesta le nostre sale, ma è innegabile che qui si vola molto più basso rispetto ai suoi livelli consueti. Che poi lo si possa amare incondizionatamente, da veri addicted, ciò rientra nel campo sentimentale. Ma questo è un altro discorso.

12 commenti:

  1. Devo dirti che a me è piaciuto molto: non ho patito la lunghezza nè la mancanza di trama, mi è parsa una lunga favola che Tarantino volesse regalare agli spettatori. Sono d'accordo sul fatto che è un po' il suo film simbolo e anche per questo forse mi ci sono affezionato.
    Buonanotte!

    Mauro

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    1. Neanche a me generalmente la lunghezza dà fastidio, diciamo che in questo caso ho sofferto più che altro l'inconcludenza: tuttavia a molti è piaciuto tanto quanto te, quindi una volta di più si può dire che il gusto è tremendamente soggettivo! :D

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  2. Il mio parere lo sai... 😅 E anzi, più ci ripenso, più ne vorrei ancora - e sai che non sono un superfan del Quentin internazionale.
    Ma questo per me, insieme a Kill Bill, è la sua personale vetta.

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    1. E' un film molto diverso da Kill Bill, quasi agli antipodi direi... comunque non c'è dubbio che sia il film più personale di Tarantino. A molti (te compreso mi par di capire) è piaciuto soprattutto questo aspetto

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  3. Per la prima volta Tarantino rifà se stesso, anche se devo dire con altri film è riuscito a personalizzare meglio e andare oltre il citazionismo cinefilo (Vedi Jackie Brown per esempio o Django Unchained)

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    1. Esattamente, Arwen! Non a caso "Jackie Brown" e "Django" sono in assoluto i miei preferiti di Tarantino. E qui a mio avviso siamo a livelli enormemente inferiori

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  4. Non è certo il miglior film di Quentin, però avercene di registi come lui che sanno trasportarti in altre dimensioni, altre epoche, con classe e leggerezza. Forse è vero, è un po' troppo lungo, ma non mi è pesato assolutamente e sono riuscita ad amarlo comunque.

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    1. Come ho scritto sopra, non è la lunghezza a darmi fastidio, ma il girare a vuoto, l'eccessivo "loop" di situazioni e ossessioni già viste. Per me questo film è tutt'altro che leggero, pur riconoscendogli una sincerità di fondo che spesso manca in Tarantino.

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  5. mi è piaciuto, ma da Tarantino ci si aspetta molto di più: godibile ma troppo compiaciuto

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    1. Compiaciuto direi di no, però... anzi: mi è parso il suo film più personale e genuino. Sotto questo aspetto (e pochi altri) mi è piaciuto.

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  6. A me spiace solo di non essere riuscita a rivederlo, tra gite fuori porta e impegni vari.
    Attendo saltellando il bluray, per riguardarlo come merita, cogliendo tutto quello che mi sono persa con l'agitazione della prima visione e l'adattamento italiano.

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    1. Anch'io acquisterò il dvd, ma giusto per collezione: Tarantino è sempre Tarantino... e magari tra un po' lo rivedrò, quando sarà sedimentato meglio. Chissà: del resto, solo gli ottusi non cambiano mai idea! ;)

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