martedì 19 novembre 2019

PARASITE



titolo originale: GISAENGCHUNG(COREA DEL SUD, 2019)
regia: BONG JOON-HO
sceneggiatura: BONG JOON-HO, HAN JI-WON
cast: SONG KANG-HO, LEE SUN-KYUN, CHO YEO-YEONG, CHOI WOO-SHIK, PARK SO-DAM, LEE JUNG-EUN, CHANG HYAE-JIN
durata: 132 minuti
giudizio: 


Una famiglia coreana, poverissima, riesce con l'astuzia  a sostituirsi alla servitù dei facoltosi Park garantendosi un lavoro sicuro e ben remunerato. L'inganno però avrà vita breve, complice anche l'ex governante della famiglia che non la prenderà affatto bene, scatenando una sanguinosa resa dei conti...



Cannes 2016: lezioni di neorealismo coreano. L'incipit di Parasite non può non ricordare quello di Ladri di biciclette: c'è una famiglia indigente che per mettere insieme qualche soldo piega (male) i cartoni delle pizze, ma rischia di perdere anche quell'umile lavoro perchè privata, per mancanza di soldi, di un mezzo fondamentale per l'attività, in questo caso la connessione a internet indispensabile per ricevere le ordinazioni. E allora vediamo i due figli, i più svegli, fare acrobazie sui muri della loro misera casa-scantinato per rubare il wi-fi dei vicini e fare di necessità virtù...

Non sappiamo se il regista Bong Joon-ho abbia mai visto il capolavoro di De Sica, certo è che anche Parasite fotografa un'umanità disperata, sbattendo in faccia allo spettatore benestante e istruito (cioè noi) una terribile, grottesca rappresentazione del capitalismo, girata però astutamente con toni da commedia, cosicchè da indorarci la pillola e farci sentire meno colpevoli del distacco con cui, da ricchi occidentali, assistiamo al degrado di pezzi di società sempre più ampi. Per certi versi possiamo dire che Parasite non è che la versione estremizzata (ma neanche tanto) della Palma d'oro dell'anno scorso, il giapponese Un affare di famiglia: ma se il film di Kore-eda volava leggiadro, con grazia, sulle disgrazie dei protagonisti, Parasite entra a gamba tesa dentro le nostre coscienze. E le risveglia eccome.

Fin dalle prime inquadrature ci vengono infatti mostrate le storture di un sistema iper-liberista e competitivo: tutti sono in gara (in guerra?) l'uno contro l'altro, tutti aspirano a un posto al sole, al raggiungimento di quel benessere propinato in tutte le salse dai media, qui ben rappresentato dalla facoltosa famiglia Park, padre madre e due figli adolescenti, che vive in una lussuosissima villa in collina progettata da un architetto giapponese e ignora beatamente la condizione di chi abita pochi metri più sotto, nei bassifondi, in mezzo alla puzza delle fogne. Quella puzza che è emblematica della finta apertura mentale dei borghesi: i Park si fidano e apparentemente rispettano i loro domestici, ma non possono fare a meno di far loro presente la puzza che distingue i ricchi dai poveri, quella puzza che rimane appiccicata addosso per tutta la vita, anche se riesci ad elevarti un minimo dalla scala sociale.


Ma la cosa che più sconvolge e più fa male del film è la presa di coscienza di questo distacco da parte dei diretti interessati, ovvero degli ultimi: gli umili Kim, dopo essere riusciti con l'astuzia ad entrare nelle grazie dei loro padroni si sentono realizzati e non portano alcun rancore. Per loro i ricchi Park sono solo uno strumento di lavoro e nulla più, non hanno motivo di odiarli per le loro idee radical-chic. Sono elementi funzionali al progetto, e sanno bene che il benessere raggiunto dipende dalla loro permanenza in quella casa. Trovo perciò sbagliato affermare che Parasite sia un film "sulla lotta di classe", come in tanti si sono affrettati a scrivere, perchè secondo Bong Joon-ho la lotta di classe ormai è morta, seppellita dal capitalismo che si è insinuato anche nelle menti delle classi economicamente inferiori, condizionandole senza rimedio.

Quello che Parasite invece mostra con arguzia è la logica conseguenza di quanto detto finora: la lotta di classe ha lasciato il posto alla guerra tra poveri, alle dispute feroci tra disgraziati, che anzichè unirsi e ribellarsi per far valere i loro diritti combattono l'uno contro l'altro per un pezzo di pane in più o un posto caldo dove dormire... senza spoilerare troppo, possiamo scrivere che il film "vero" inizia proprio da qui, nel momento in cui la vecchia governante, soppiantata dai Kim, torna a bussare di nuovo alla porta della casa dove ha prestato servizio per tanti anni, rendendosi conto che non c'è davvero più posto per lei. E finendo per scatenare, tra colpi scena, trovate geniali e vezzi stilistici, l'inevitabile massacro...

Parasite è un gran bel film, e questo lo sappiamo. E' un meccanismo a orologeria dove tutto funziona alla perfezione, dove ogni dettaglio di sceneggiatura s'incastra dentro l'altro con precisione chirurgica, con un lavoro di cesello che lascia stupefatti. Paradossalmente, però, questo è anche l'unico difetto della pellicola: a differenza del precedente (e altrettanto bello) Snowpiercer, dove la metafora del classismo era evidente e trasparente, esplicitata allo spettatore, in Parasite la perfezione stilistica d'insieme rende il film fin troppo "teatrale", quasi finto, finendo per estremizzarne l'aspetto grottesco e creando un po' di distacco verso chi guarda, più attento a "come andrà a finire" piuttosto che al messaggio insito nelle immagini... avercene però di film così che, male che vada, rimangono nella testa anche dello spettatore più sprovveduto e poco incline al ragionamento, risultando vera gioia per gli occhi. Meritatissima Palma d'oro a Cannes, per una volta accompagnata dalle ovazioni di pubblico e critica.

4 commenti:

  1. Un signor film, che speriamo abbia lanciato definitivamente Bong Joon Ho verso la meritata notorietà!

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    1. Per fortuna sì! Il film è praticamente già certo di vincere l'oscar come miglior film straniero (salvo clamorosi colpi di scena) il che aprirà a Bong Joon-ho le porte del cinema internazionale. Inoltre va detto che è un grande momento per il cinema coreano in particolare: quest'anno abbiamo visto anche "Burning" e "Mademoiselle", davvero altri due gioielli!

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  2. Notevole, veramente notevole. Ho aspettato a leggerne perché è uno di quei film che si gode a pieno senza sapere nulla della trama. Per me, finora, film dell'anno.

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    1. Sì, è davvero notevole e ben realizzato. Sul "film dell'anno" è ancora un po' presto e devo ragionarci sopra, però di sicuro entrerà in classifica: è inevitabile!

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