sabato 4 aprile 2020

IL TEMPO DEI LUPI



titolo originale: LE TEMPS DU LOUP (FRA/AUT/GER, 2003)
regia: MICHAEL HANEKE
sceneggiatura: MICHAEL HANEKE
cast: ISABELLE HUPPERT, BEATRICE DALLE, PATRICE CHEREAU, RONA HARTNER, LUCAS BISCOMBE
durata: 110 minuti



In seguito a una non ben identificata catastrofe mondiale, una famiglia borghese scappa dalla città per rifugiarsi in mezzo ai boschi, ma dovrà fare i conti con una comunità inospitale e violenta, impoverita, prigioniera delle proprie paure e dei propri egoismi.



Provate a immaginare un pianeta malato, afflitto da un nemico invisibile, dove ogni abitante vive rinchiuso nelle proprie case e il ha terrore di uscire fuori, odiando ogni altro essere umano che viene a chiedere aiuto. Un mondo ridotto in miseria dove è proibito muoversi e spostarsi, dove chi viaggia lo fa a proprio rischio e pericolo camminando lungo i binari e aspettando un treno salvifico, simbolo di redenzione, che probabilmente non arriverà mai... per quanto incredibile non è cronaca di questi giorni ma la trama di un film discusso e dimenticato, che conferma la straordinario talento visionario di Michael Haneke, uno dei cineasti più lucidi ed estremi nel rappresentare l'aridità umana e la deriva di una società sempre più votata all'egoismo e al personalismo.

L'inizio è folgorante: una famigliola borghese (lo si capisce dalle provviste stipate nel bagagliaio dell'auto) arriva in uno chalet in mezzo al bosco, trovandolo però occupato da un'altra famiglia di disperati. Il confronto non è amichevole, il marito rimane ucciso da un colpo di fucile, costringendo la moglie e i due figli piccoli a scappare senza mèta lungo le rotaie di una ferrovia probabilmente dismessa, senza incontrare nessuno disposto ad aiutarli ma, al contrario, scontrandosi con la grettezza, la paura e l'indifferenza della gente, specchio di un paese sprofondato nella barbarie.

Per centodieci minuti Haneke trascina lo spettatore in un incubo che oggi ci pare di toccare con mano, mettendoci davanti alle possibili estreme conseguenze di una deriva sociale abbandonata(si) alla xenofobia e all'intolleranza. Nulla a che vedere con tanti altri altri film "catastrofici" sul tema (non aspettatevi l'ennesimo 28 giorni dopo o lo spettacolare Virus letale). Qui il nemico non si vede mai, non ci viene mai detto che cosa è successo al pianeta e perchè, non c'è nessun sensazionalismo o nessuna scena ad effetto, l'orrore è solo percepito ma profondamente radicato: Haneke gira con il solito, chirurgico rigore formale, che non significa affatto bieco sadismo come in molti troppo frettolosamente liquidano. E' invece un pessimismo cupo e inesorabile, che non lascia dubbi sulla propria personale visione del genere umano, ma prova almeno a metterci in guardia su quello che potrebbe essere il futuro (e forse lo è già...)

Vediamo madri che si prostituiscono per sopravvivere, uomini che lasciano morire i bambini pur di accattare un sorso d'acqua, carcasse di animali bruciate in piazza da gente in preda alla follia, scene di isteria collettiva che qualificano un'umanità depravata e hobbesiana, dove la miseria e l'egoismo rendono gli uomini cinici e feroci come i lupi, costantemente in battaglia per sopravvivere. Eppure Haneke non si rifugia mai in un troppo facile nichilismo: esiste sempre una possibilità di scelta, se solo si è in grado di vederla. Si può scegliere di continuare a vivere azzannando il prossimo, oppure gettarsi nudi nel fuoco sacrificandosi per la vita degli altri (come cerca di fare nel finale il figlio della protagonista) provando così a scalfire l'indifferenza degli astanti...

Il problema è che quasi mai, tutti noi, scegliamo la soluzione più coraggiosa. E' troppo più facile e comodo adeguarsi alla massa, rifugiarsi nel nostro possessivo egoismo. Il finale fintamente aperto e speranzoso non deve trarre in inganno, malgrado i finestrini di un treno aperti su una natura tranquilla lascino immaginare il contrario. L'uomo, anche quando ne ha la possibilità, quasi mai sceglie la redenzione.

9 commenti:

  1. Inquietante.
    Non lo conoscevo.
    Non hai scelto momento migliore per parlarne.
    Sai a volte ho paura che la realtà possa superare la fantasia.
    Comunque sul genere ho visto The road di Hillcoat e mi è rimasto veramente dentro.
    Ciao Sauro

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    1. Dici? Secondo me invece il periodo è perfetto: quello che si vede nel film è un'allegoria, nemmeno troppo estremizzata, di quello che stiamo vivendo. Anch'io ho visto "The Road", ma questo è un film diverso: Haneke non spiega niente, non sappiamo nulla di cosa è successo e di quello che ne è scaturito dopo la catastrofe... è un film, come tutti i suoi, basato sull'inquietudine, la paura, girato con uno stile sottrattivo che poco mostra e demanda tutto alla percezione dello spettatore. Mi è piaciuto molto.
      Un caro saluto.

      Sauro

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  2. Un ottimo suggerimento per la quarantena!
    Scusami per l'assenza di questi giorni ma un po' la noia un po' la preoccupazione non mi fanno essere troppo presente.
    Un caro saluto e speriamo in tempi migliori.
    Mauro

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    1. Ma di che ti scusi Mauro? E' il sentimento un po' di tutti noi, siamo esseri umani e ovviamente suscettibili al momento. Hai tutta la mia compensione: ti ringrazio anzi del messaggio, mi ha fatto molto piacere.
      Coraggio: torneranno il cinema, le belle giornate, i tempi migliori.
      Un abbraccio sincero.

      Sauro

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  3. Salve Sauro,
    Ho scoperto da poco questo blog e ci tenevo a complimentarmi con te per la competenza e, perché no, per la grande passione che ci metti.
    Mi trovo quasi sempre d'accordo con te e anche nella fattispecie ritengo che tu abbia veramente colto nel segno muovendoti con disinvoltura in un territorio angusto e spinoso come il cinema di Haneke obbliga a fare.
    Personalmente ritengo che questa non sia tra le migliori pellicole del cineasta Austriaco e, probabilmente, anche una delle meno "presuntuose" ma ce ne fossero...
    Vi seguirò con interesse
    Un caro saluto,
    Paolo

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    1. Innanzitutto ti ringrazio per i complimenti, che per un blogger dilettante come me sono la linfa per andare avanti in questi tempi difficili, grazie davvero!
      Hai ragione: "Il tempo dei lupi" non è il miglior Haneke, tant'è vero che questo film ebbe ben poche critiche favorevoli alla sua presentazione a Cannes e alla sua uscita in sala. Diciamo che mi ha colpito per la sua incredibile attinenza con quello che stiamo passando oggi e per lo sguardo sempre lucidissimo con cui questo cineasta mette in scena la sua visione del mondo. Ma è indubbio che come qualità siamo un po' al di sotto delle sue opere migliori (Niente da Nascondere, Il Nastro Bianco, La Pianista). Però, come si dice, un Haneke "minore" è sempre meglio di tante altre opere "maggiori" di tanti pseudo-autori... ;)
      Grazie per l'attenzione. Se vuoi esprimi pure le tue opinioni, a me fa molto piacere!

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    2. Si certo, soprattutto la pianista per me
      Ma I film che ho amato di più sono stati Caché e Amour

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    3. "Niente da Nascondere" (Caché, in originale) secondo me è di gran lunga il più bel film di Haneke, e anche quello più marcatamente politico: parla della paura del diverso, dell'ipocrisia degli stati occidentali verso quella parte del mondo più debole e povera, punta il dito contro la classe borghese e liberale che si nasconde dietro buoni propositi ma poi pensa solo a mantenere i propri privilegi.
      "Amour" invece, ti dico, non mi ha colpito più di tanto. Ci sono, certo le gigantesche interpretazioni dei due protagonisti, ma l'ho trovato in certi punti un po' troppo moralista, oltre al tentativo (per me riuscito solo in parte) di toccare emotivamente lo spettatore con una storia, una situazione che invece, inevitabilmente, prima o poi tocca a tutti quanti. Però, insomma, si ritorna al punto di partenza: avercene di film così...

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    4. Beh, il regista era mosso anche da motivi personali quando ha scelto di raccontare questa storia, ho trovato interessante(in questo caso) anche la teatralizzazione scenografica con la conseguente rinuncia a pilotare lo sguardo dello spettatore.
      Per il resto si entra nella sfera emotiva personale, a me, ad esempio, il film non mi ha lasciato indifferente

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