mercoledì 13 maggio 2020

LA VITA NASCOSTA - HIDDEN LIFE



titolo originale: A HIDDEN LIFE (USA/GERMANIA, 2019)
regia: TERRENCE MALICK
sceneggiatura: TERRENCE MALICK
cast: AUGUST DIEHL, VALERIE PACHNER, MATTHIAS SCHOENAERTS, BRUNO GANZ, JURGEN PROCHNOW, MICHAEL NYQVIST
durata: 174 minuti
giudizio:



Allo scoppiare della Seconda Guerra Mondiale, il contadino austriaco Franz Jagerstatter è costretto ad arruolarsi nell'esercito del Terzo Reich, che un anno prima aveva occupato e annesso l'Austria alla Germania. L'uomo però si rifiuta di prestare giuramento a Hitler, consapevole di rischiare la condanna a morte per diserzione e tradimento.



Questa volta nessuno può obiettare nulla. Nè i suoi detrattori (pare impossibile, ma ce ne sono) nè i suoi fan delusi, molti dei quali si sentivano anche traditi e frastornati dalle sue ultime, indecifrabili opere (categoria ala quale, pur non vantandomene, mi sento di appartenere). Terrence Malick torna finalmente a raccontare una storia, rifuggendo i pur splendidi deliri autoreferenziali degli ultimi anni per regalarci una struggente parabola sul sacrificio e sul coraggio, intrisa di quel commovente, sincero, disperato nichilismo che questa volta si fa ancora più assoluto, dove nemmeno la natura (tradizionalmente salvifica, in Malick) ha il potere di volare alto sulla crudeltà degli uomini.

A Hidden Life è un grande racconto pacifista che evoca sentimenti profondi, tanto che è impossibile trattenere le lacrime durante i titoli di coda, quando una citazione di George Eliot ci ricorda che la Storia è fatta anche di episodi oscuri, spesso celati, dal coraggio di persone che si sono immolate a nostra insaputa per regalarci un mondo migliore.

A Hidden Life racconta una vicenda emblematica, oltre che vera: la maggior parte di noi ha saputo dell'esistenza di Franz Jagerstatter solo nel 2007, quando nel centenario della sua nascita fu beatificato da Papa Benedetto XVI. Franz era un umile agricoltore, profondamente cattolico, che nel 1939, al momento della chiamata alle armi, si rifiutò di giurare fedeltà al nazismo: venne ovviamente arrestato e perseguitato dal regime ma non cambiò mai idea, accettandone le estreme conseguenze.

Attraverso la vicenda intima di Franz, il cui gesto eroico rimarrà sconosciuto per oltre sessant'anni,  Malick compone un appassionato eppure rigorosissimo pamphlet contro la follia della guerra, che per certi versi può essere considerato un ideale seguito del suo celebre La sottile linea rossa, se possibile ancora più estremo: qui la guerra, seppur ben presente, non la si vede mai, è solo nominata, non si sente mai sparare un solo colpo di fucile, ma si vedono benissimo le sue conseguenze. E se ne La sottile linea rossa era la Natura ad ergersi indifferente e benigna sopra quei piccoli uomini che si massacravano tra loro, stavolta nemmeno il paesaggio bucolico delle montagne austriache è portatore di speranza e buonsenso. Gli abitanti di Radegund, il microscopico, sperduto borgo rurale natìo di Franz, ormai obnubilati dal totalitarsmo hitleriano, gli faranno terra bruciata intorno abbandonando al suo destino lui e la sua famiglia...

Fin dalle prime immagini (di repertorio) del film, tratte da Il trionfo della volontà di Leni Riefensthal, Malick ci sbatte in faccia l'orrore dell'ideologia nazista, contrapponendolo al sacrificio e all'umiltà di un uomo semplice ma integerrrimo e di una moglie innamorata e convinta delle scelte del marito, a dispetto di tutto. Quello che appassiona è l'incredibile forza di volontà di questa coppia, la cui semplicità, fierezza e bontà d'animo valgono più di mille pellicole sull'Olocausto: attraverso le solite carrellate a pelo d'erba, le riprese del basso verso l'alto (quasi uno sguardo verso il creato...), Malick dà vita a un racconto semplice ed evocativo, fatto di piccoli gesti e sguardi d'amore, con una delicatezza e una potenza di fondo da lasciare sbigottiti. Le voci over dei due protagonisti sembrano voler parlare a noi stessi, farci partecipi dell'immane grazia e delicatezza di questo film, così drammatico ma mai ricattatorio, così miracolosamente equilibrato.

Le tre ore di durata, va detto, non passano lievi. Ma stavolta la lunghezza è funzionale al progetto, volutamente proporzionale allo straniamento dello spettatore che assiste inerte al lento calvario del protagonista, un uomo semplice e perbene, un anti-eroe pieno di dubbi che decide di non rassegnarsi a un'ideologia violenta, restando ostinatamente mite e pure lui incredulo di fronte all'insensatezza degli eventi. La sua discesa agli inferi non ha niente di apologetico o sensazionale, non si vedono scene madri o lacrime a comando, come (quasi) qualsiasi altro regista avrebbe fatto con un soggetto del genere. Malick ci consegna invece una storia umanissima e delicata, interpretata da validi attori: August Diehl sa rendere efficacemente il personaggio di Frank, ma ancor più brava è l'austriaca Valerie Pachner, nel ruolo della moglie Franziska. In un piccolo ma importante cameo compare anche il grande Bruno Ganz, alla sua ultima apparizione.

Un film di infinite attese, mai compiaciuto, sofferto, commovente. Una riflessione etica e spirituale sulla purezza e sull'istinto di conservazione, anche nei giorni più bui dell'umanità. Ma soprattutto il felice ritorno a livelli eccelsi di un maestro del cinema che temevamo di avere colpevolmente smarrito. Perdonaci, mister Malick.
 

8 commenti:

  1. Mi hai messo una gran voglia di vederlo: dici che arriverà mai in Italia?
    Un caro saluto.
    Mauro

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  2. E chi lo sa, caro Mauro? Sarebbe dovuto uscire al cinema il 9/4, poi il Covid ha bloccato tutto... io mi auguro di sì, anche perché un film di Malick non si può vedere sullo schermo di una TV o di un computer: la fotografia, le inquadrature, le carrellate "a pelo d'erba" tipiche del suo cinema le puoi apprezzare solo in sala. Speriamo davvero che esca prima o poi

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  3. Azzo, mi era sfuggito che durasse così tanto. Bisogna trovare il momento giusto allora. La sottile linea rossa per me è un capolavoro e questo sembra essergli idealmente vicino.

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    1. Sì, bisogna trovare tre ore libere perché non si può interrompere un film come questo... però dai, in tempi di lockdown non è impossibile ;) hai ragione La sottile linea rossa è un capolavoro assoluto, l'ultimo Malick ad avermi pienamente convinto. Questo in apparenza non ha molte affinità (qui la guerra non si vede mai, o quasi) ma idealmente sì, è la prosecuzione di un discorso naturista e nichilista. Da vedere!

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  4. Io, da The tree of life in poi, ho massacrato Malick che fino a The New World avevo considerato intoccabile. Spero davvero di poter tornare a quei tempi.

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    1. Anch'io ho "massacrato" (artisticanente) gli ultimi Malick, che mi lasciavano sconcertato. Tenevo sempre grande rispetto per la persona ma le sue opere mi sembravano francamente dei languidi esercizi di stile utili solo a lui, quasi una cura per la sua introversione. Questo invece mi ha riconciliato (eccome!) con il cinema

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  5. Si, anche 2001 space odyssey (senza voler mancare di rispetto), alla prima, lasciò molti sbigottiti e molti critici uscirono dalla sala anzitempo.
    Senza parlare delle feroci critiche che ricevette Pulp Fiction, detto questo sono contento anch'io del ritorno di Malick ad un cinema più 'convezionale' e non vedo l'ora di godermelo.

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    1. Credo che sia anche una questione di sensibilità: in molti hanno amato anche i precedenti film di Malick, visionari (per gli ammiratori) e inconcludenti (per i detrattori). Questo in effetti è molto più convenzionale e narrativo, e di sicuro lo preferisco perché più nella mia indole. Però credo che sia OGGETTIVAMENTE un bellissimo film.

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