venerdì 30 aprile 2021

NOMADLAND

titolo originale: NOMADLAND (USA, 2020)
regia: CHLOE ZHAO
sceneggiatura: CHLOE ZHAO
cast: FRANCES McDORMAND, DAVID STRATHAIRN, LINDA MAY
durata: 107 minuti
giudizio: 


Fern, vedova sessantenne rimasta disoccupata, raccoglie le sue poche cose su un furgone e si mette in viaggio attraverso l'America alla ricerca di un nuovo lavoro. Durante il percorso, però, il suo vagabondaggio si trasformerà da necessità in una precisa scelta di vita.




L'errore più grande che si possa fare vedendo il premiatissimo Nomadland è di scambiarlo per cinema del reale, per una docufiction. Invece appare evidente fin dalle prime immagini che si tratta di un film che fa della classicità (o meglio, della sua epicità) il suo carattere distintivo. Nonostante tutti i suoi elementi contemporanei, infatti, la storia di Nomadland è vecchia quanto l'America stessa. E' un western moderno dove possiamo ritrovare tutti i più comuni archetipi del genere: i grandi spazi, le strade infinite, il Mito della Frontiera. Il sogno dell'Eldorado (sotto forma di un posto di lavoro) inseguito da chi quelle strade decide di percorrerle senza voltarsi mai indietro... strade che una volta erano battute da carovane di cowboys a cavallo, mentre oggi si fanno in camper. Ma poco cambia.

E oggi come allora diverse sono le attitudini di chi si trova a viaggiare lungo le assolate highways degli Stati Uniti centrali: ci sono quelli che lo fanno per bisogno, perchè hanno perso il lavoro e vagano di città in città, di stato in stato, alla ricerca di uno stipendio, e ci sono quelli che invece lo fanno per scelta,  che scelgono il nomadismo come filosofia di vita per la loro impossibilità mentale di piantare radici, e dove il viaggio diventa indispensabile per raggiungere - non è un paradosso - felicità e stabilità.

Del resto la giovane regista Chloé Zhao si era affermata qualche anno fa proprio con un altro western, il bellissimo The Rider, la storia di un cowboy disarcionato da cavallo causa malattia e incapace di abituarsi alla sedentarietà della vita "normale". E pure il suo film precedente, Songs my brother taught me, raccontava la dura realtà di due fratelli costretti a mandare avanti il loro ranch in seguito alla morte del padre... Zhao, cinese trapiantata negli States appena quindicenne e folgorata dal mondo del cinema, è cresciuta prima con l'epopea e poi con il declino del Sogno Americano, e ovviamente la sua produzione rispecchia in pieno la sua visione del Nuovomondo.

Questa volta però il progetto (di Nomadland) non parte da lei, bensì dalla protagonista del film: Frances McDormand vede The Rider al Festival di Toronto e ne rimane affascinata: sta cercando un/una regista disposta a portare sul grande schermo un libro che l'ha particolarmente colpita, Surviving America di Jessica Bruder, saggio sull'universo degli homeless americani. Zhao si convince subito e trasforma il libro della Bruder in un racconto di finzione riservando alla McDormand il ruolo principale, quello di una vedova sessantenne, Fern, che in seguito alla perdita del lavoro lascia la città dove ha sempre vissuto (Empire, nel Nevada) per spostarsi a ovest a bordo di un furgone alla ricerca di un nuovo impiego. Attraverso i suoi occhi scopriamo un microcosmo sommerso di persone che vivono ai margini della società, una comunità in perpetuo movimento capace però di solidarizzare e stringersi insieme nel momento del bisogno ("ci si vede in giro", è il loro motto). Non ci sono solo uomini e donne che hanno perso tutto, anzi: la maggior parte di loro ha scelto il randagismo in nome di una libertà incondizionata, non asservita alle convenzioni del capitalismo.


Nomadland
è meno originale (e anche meno bello) di The Rider, e mio giudizio non è nemmeno il miglior film sul tema (a tal proposito vi invito a rivedervi lo splendido Below sea level, documentario del 2008 del nostro Gianfranco Rosi, per me tuttora inarrivabile) ma abbraccia un'idea di cinema primordiale, bigger than life, che accarezza a modo suo i valori fondanti del cinema americano. Per questo è piaciuto così tanto agli americani stessi e anche all'industria cinematografica, che non ha a caso lo ha premiato con l'Oscar. E' un film affascinante, in certe parti struggente, in altre molto, molto ammiccante verso lo spettatore. E' un film girato in modo superbo ma anche furbo, oltremodo ruffiano, che sollecita l'anima "avventuriera" dell'America e la riversa in panorami mozzafiato, tramonti infuocati in cinemascope e strade solitarie che solcano il deserto: esattamente ciò che lo spettatore americano medio vuol vedere. I passaggi più forti e più belli di Nomadland ricalcano questa struttura picaresca, dove Fern vaga da un posto all'altro alla ricerca di lavori sempre diversi e incontra lungo il cammino personaggi eccentrici che la arricchiscono umanamente e profondamente. 

Persone, ad esempio, come Linda May e Swankie, due vere nomadi che nel film "interpretano" loro stesse, felici della loro diversità. Oppure come Dave, personaggio immaginario (con le sembianze di David Strathairn), un anziano pensionato che cerca di soffocare lungo la strada gli errori che lo hanno allontanato dalla sua famiglia. Questa commistione tra finto e reale, ben amalgamata da una sceneggiatura semplice ma efficace, lineare e senza sbavature (scritta dalla stessa Zhao), conferisce alla pellicola un tono autoriale tale da spacciarla per un film apparentemente indie, quando invece è palese che si tratta di un'operazione a medio budget costruita a tavolino per i premi e scientificamente promossa in quasi tutti i festival internazionali (non a caso ha vinto il Leone d'oro all'ultima Mostra di Venezia). 

Alla fine, infatti, l'unica cosa che stona in Nomadland è proprio questa falsa aura da prodotto indipendente che, al contrario, nasconde neanche troppo bene certe forzature di budget che, almeno dal mio punto di vista, danno alquanto fastidio: Zhao infatti sta ben attenta a non andare mai a fondo sui motivi del perchè in America ci siano così tante situazioni di indigenza (qualcuno dirà che sono scontati, in realtà non è affatto così... e comunque ripeterlo non fa mai male) oltre alla deferenza, nemmeno troppo nascosta, verso i potenti: la "beatificazione" di Amazon, uno dei maggiori finanziatori del film, descritto come un luogo ameno e accogliente per sessantenni bisognosi, è piuttosto irritante oltre che poco credibile...


Nomadland
è una pellicola astuta e seducente, interpretata da un'attrice immensa che però "fagocita" verso di sè l'attenzione del pubblico distogliendolo - seppur parzialmente - dall'aspetto sociale del film. Merita tutti i premi che ha vinto? Probabilmente sì, se rapportati al periodo che stiamo vivendo: ha avuto la fortuna di uscire al posto giusto nel momento giusto (sfruttando cioè un anno disgraziato in cui tanti film di richiamo sono rimasti in naftalina) e produttori e distributori sono stati abili a cogliere l'attimo. Se poi Nomadland resterà impressa nella memoria degli appassionati, solo il tempo ce lo dirà.


6 commenti:

  1. L'ho visto ieri sera, purtroppo in streaming (mia moglie mi ha "obbligato" da tempo ad abbonarmi a Disney Plus, per ovvi motivi familiari) e devo dire che mi è piaciuto molto, anche se capisco le tue critiche. A me non è sembrato ruffiano, mi è parso che la regista abbia voluto privilegiare l'aspetto intimo della storia, non credo volesse fare un film politico. E poi c'è la McDormand che comunque si è sempre schierata dalla parte dei più deboli e qui interpreta l'ennesimo grande ruolo della sua carriera. Forse è un po' lento in certe parti ma nel complesso l'ho trovato un ottimo film.
    Buon weekend e buon primo maggio!
    Mauro

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    1. Ci mancherebbe, Mauro. Nessuno discute che sia un bel film: la Zhao è davvero talentuosa e la sua filmografia (soprattutto quella precedente) sta lì a dimostrarlo. Tecnicamente siamo di fronte a un'opera superba, nessuno lo nega, i miei dubbi nascono sul versante etico che, per i motivi che ho scritto, non mi permettono di non vederci una certa "ruffianeria" di fondo. Peró condivido, come dici te, che la regista racconti la vicenda secondo il punto di vista di Fern, quindi molto personale (del resto è stata la stessa McDormand a volerlo). Ad ogni modo stiamo comunque parlando di un prodotto di alta qualità: su questo non ci piove.

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  2. Mi sarei aspettata più emozione e coinvolgimento. E' un film elegante ma alquanto cerebrale, difficile provare empatia con i protagonisti salvo qualche sequenza. Ad ogni modo girato con grande classe, senza dubbio.

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    1. Non si tratta di un meló, ma di un film molto intimista girato con stile da documentario, quindi a mio avviso l'aspetto emozionale è adeguato. Paradossalmente peró devo dire che nemmeno io l'ho trovato troppo toccante anche se per motivi diversi dai tuoi (e che ho scritto nella recensione).

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  3. Hai ragione, film maledettamente leccaculo. Se vuoi fare un documentario sui nomadi americani (lo aveva già fatto Rosi, peraltro) perchè ci metti dentro una tre volte premio Oscar? Ridicolo. Non andrò mai a vederlo.

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    1. Sei un po' troppo drastica ;) il film in realtà merita, però ci sono degli aspetti che personalmente non me lo fanno amare... tra questi però non ci metto la McDormand: è stata lei a volerlo realizzare, l'ha prodotto ed è ovvio che ha anche voluto interpretarlo. E sulla sincerità di questa grande attrice non ho alcun dubbio.

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