venerdì 23 luglio 2021

A CLASSIC HORROR STORY

 

titolo originale: A CLASSIC HORROR STORY (ITALIA, 2021)
regia: ROBERTO DE FEO E PAOLO STRIPPOLI
sceneggiatura: ROBERTO DE FEO, PAOLO STRIPPOLI, MILO TISSONE, DAVID BELLINI, LUCIO BESANA
cast: MATILDA LUTZ, FRANCESCO RUSSO, PEPPINO MAZZOTTA, WILL MERRICK, YULIYA SOBOL
durata: 95 minuti
giudizio: 




Un camper con cinque persone a bordo si schianta di notte contro un animale morto. Nell'impatto tutti perdono i sensi e si risvegliano in mezzo a un bosco fitto e buio, con un'unica abitazione nei paraggi. Che, manco a dirlo, si rivelerà tutt'altro che ospitale...



Curiose coincidenze, ma neanche tanto, di una stagione cinematografica che volge al termine. Al Festival di Cannes vince a sorpresa un film di genere, il francese Titane, un fanta-horror femminista che ha conquistato Spike Lee, il presidente di giuria, tanto da assegnargli la Palma d'oro. Quasi in contemporanea, nelle sale italiane arriva un altro horror psicologico molto atteso, Old, diretto dallo specialista M.Night Shyamalan (quello di The Village e Il sesto senso). E, infine, tra i film più visti della settimana su Netflix c'è A classic horror story, firmato da quel Roberto De Feo (insieme al giovane Paolo Strippoli) che già ci aveva "intrigato" un paio di anni fa con il bellissimo The Nest (che è piaciuto parecchio anche fuori dai nostri confini, cosa - purtroppo - alquanto insolita per un film italiano indipendente...)

Io personalmente alle coincidenze ci credo poco. Intanto perchè è risaputo che da sempre l'horror è il genere che va per la maggiore nei mesi estivi, in particolar modo tra gli adolescenti (in cerca di "brividi" da assaporare durante le vacanze). Ma soprattutto perchè, mi si permetta la piccola digressione sociologica, in questi tempi cupi e gonfi di insicurezza, paura, incertezza generale (sulla salute, sull'economia, sul futuro) è normale, come è sempre accaduto, che queste inquietudini si trasferiscano per osmosi anche nell'arte, nella fattispecie nel cinema, trovando ovviamente nell'horror il genere-principe per esplicitare questo malessere.

Per questo non mi sorprende tanto il fatto in sè, ovvero che sia uscito questo A classic horror story, film di cui ormai tutti parlano in rete e che è già diventato un piccolo "cult" (vedremo se a torto o a ragione), quanto semmai il modo in cui questo film è stato realizzato: De Feo e Strippoli hanno ideato e diretto un film volutamente citazionista e omaggiante un genere e una produzione ormai non troppo battuti in Italia (lo diciamo? Alla Tarantino!) avendo però l'intuizione di adattarlo al pubblico di oggi: A classic horror story da una parte omaggia (a modo suo) i film di Dario Argento, di Mario Bava e di Pupi Avati (come non pensare a La casa dalle finestre che ridono??) ma al contempo sfrutta la sua dichiarata classicità non per una visione "nostalgica" bensì come strumento per arrivare a un pubblico ormai smaliziato e assuefatto alla violenza, certo molto più che negli anni '70. Operazione molto sottile, e a mio parere pure abbastanza riuscita.

Il plot del film lo conoscete tutti, è perfino banale. Volutamente banale (altrimenti, che storia "classica" sarebbe?): cinque persone a bordo di un camper, quattro ragazzi e un adulto, condividono la stessa destinazione (la Calabria). Sono dei "cargiver", cioè persone che non si conoscono e che viaggiano insieme per dividere le spese. E nient'altro: i rapporti tra loro sono infatti tutt'altro che idilliaci... e peggioreranno, manco a dirlo, quando durante la notte finiscono fuori strada per evitare la carcassa di un animale morto. Dopo aver perso i sensi scopriranno - sopresa! - che la strada non solo c'è più, ma che il loro camper si trova adesso di fronte a una sinistra casa solitaria all'interno di un bosco impenetrabile... una casa dove si celebrano strani rituali e i cui "inquilini" non hanno intenzioni molto pacifiche, anzi. 
 
E adesso, inevitabilmente, ognuno di voi si sbizzarrirà a cercare le infinite assonanze con altri celebri horror del passato (chi più ne ha più ne metta: La casa, Quella casa nel bosco, Midsommar, Le colline hanno gli occhi, The Blair Witch Project...). Del resto proprio questa è la sottile provocazione del film: "distrarre" lo spettatore, soprattutto quello cinefilo, invitandolo a guardare al passato mentre invece la storia diventa assolutamente contemporanea, e molto, molto italiana.
 
Pensateci bene: i cinque viaggiatori, che non si fidano l'uno dell'altro, viaggiano verso sud attraverso strade impervie e pericolose. Non è il Sud da cartolina cui siamo abituati, ma un Sud tetro e pieno di insidie, i cui meandri del fitto bosco simboleggiano neanche troppo metaforicamente i gangli della malavita organizzata. Gli individui che si riuniscono nella casa misteriosa sono un'organizzazione clandestina e potente, che ha un codice di comportamento tutto suo e non perdona tradimenti da parte di nessuno, pena orribili esecuzioni punitive. Dulcis in fundo (si fa per dire) a un certo punto ci viene perfino svelata la leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i tre cavalieri della mitologia spagnola che, si dice, dopo una lunghissima prigionia giunsero nel nostro paese e fondarono rispettivamente Cosa Nostra, Camorra e N'drangheta.
 
Il messaggio ci pare chiaro: il Male insito nella società (qui rappresentato dalle mafie) dipende dalla capacità degli uomini di non chinare la testa di fronte alla violenza e alle ingiustizie. Se lasciamo perdere, se ci giriamo dall'altra parte, se facciamo finta di niente, se non ci fidiamo l'uno dell'altro (come i protagonisti del film) non potrà mai esserci un futuro pacifico ma solo dolore e prevaricazione. E soprattutto, se anestitizziamo la nostra capacità di indignazione, se perdiamo la nostra sensibilità di fronte al malcostume, se ci assuefacciamo alle ingiustizie, se lasciamo correre tutto... allora finirà esattamente come finisce il film (cioè in un modo che non possiamo assolutamente rivelare!), diventando vittime inconsapevoli della società stessa.
 
Non sono un grande esperto di horror, è risaputo. Però questo film mi è piaciuto, anche se, inevitabilmente, chi non è "del settore" farà (come me) un po' fatica a districarsi nel mare di citazioni che ne sono alla base. Aldilà di questo, trovo comunque che A classic horror story sia un film piuttosto intelligente e molto meno banale di quello che appare, oltre che portatore di sani princìpi. E per un piccolo film di genere (e per giunta italiano!) devo dire che non è affatto poco.       


12 commenti:

  1. Mi è piaciuto parecchio, un vero bignami di tutto il cinema horror eppure per niente fine a se stesso. De Feo si conferma un maestro del genere.

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    1. Indubbiamente De Feo dimostra di saperci fare con il genere. Due film, due piccoli "cult". Forse non è ancora un maestro ma... diciamo che promette bene :)

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    2. Ho dimenticato la firma!
      Sono io, Mauro.
      Buona serata!

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  2. L'horror mi infastidisce da sempre, ho voluto visionarlo col fast forward per vedermi 'sto finale celebrato un po' da tutti, fermandomi ogni tanto a seconda della curiosità visiva. Ecco, sulla tavolata, invece di fermarmi, avrei dovuto raddoppiarla, la velocità. ;)

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    1. Non è nemmeno il mio genere preferito, ma quando ci sono film ben fatti li vedo volentieri. Questo mi è piaciuto e l'ho visto tutto a velocità "normale" :) non mi è parso assolutamente noioso nè ripetitivo, nè fine a se stesso, anzi. E' un buon prodotto di cui, come ho scritto, ho apprezzato molto il messaggio di fondo.

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  3. Carino.
    Non son tanto d’accordo quando scrivi che si ispira a Quella casa nel bosco.
    Includerei pure il film di Goddard tra i film che vivono o meglio omaggiano i vecchi horror.
    Solo che “ Quella casa ..cita più che altro i classici horror americani.
    A Classic horror story come scrivi te si rifà’ ai classici del genere italiani.
    Per lo più.
    Son contento per il successo che sta ottenendo.
    Visto che Franco ha visto il film con il FF direi che il suo giudizio è abbastanza approssimativo.
    In comune con i detrattori del film ha quella scena che sottolinea lui , la tavolata.
    Molti l’han trovata esagerata , fuori luogo mah..?
    A me non ha fatto né caldo ne freddo .
    La trovo “ giusta” nella sceneggiatura di quel film.
    Quelli seduti a quel tavolo che stanno a mangiare son tutti mafiosi con a capo la sindaca.
    Aggiungo mafiosi decerebrati ( come zombi , stiamo pur sempre parlando di un film horror) rappresentano l’omertà di quei paesi dove regna la mafia.
    Purtroppo è qualcosa di reale .
    Basta pensare a quel paese in Sicilia dove son più di 14 anni che è sparita una ragazzina di cinque anni e tutti sanno e nessuno parla..nonostante siano passati degli anni.
    Purtroppo quella tavolata è una fotografia reale di quello che ancora oggi rappresenta la mafia in certi luoghi Italia .
    Ciao Sauro e buone vacanze

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    1. Quella tavolata è importante per far capire dove va a parare il film, per me è una scena assolutamente necessaria. Senza quella scena la narrazione avrebbe poco senso. Come dici giustamente è lo specchio (purtroppo) reale di una parte del paese, non si poteva lasciar fuori.
      Sulle citazioni accolgo la tua critica: non sono esperto del settore e ho riportato i titoli dei (pochi) film che conoscevo sul tema, ma di sicuro ce ne saranno di più appropriati. Di sicuro.
      Un cortese saluto anche a te... e ricambio il "buone vacanze", anche se io lavoro tutto agosto :)

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  4. Bello. Direi che si conferma la teoria di Midsommar: gli horror "al giorno" sono molto più inquietanti di quelli al buio. L'ho trovato intelligente e moderno, nonostante la struttura classica. Sono d'accordo con te.

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    1. Non ci crederai ma non ho ancora visto Midsommar (ebbene sì!). Approfitterò (spero) di agosto per colmare la lacuna. Stay tuned, come dicono a Oxford!

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  5. Come sai, mi è piaciuto ma con riserve - per quanto io plauda sempre per prodotti simili nel nostro panorama.
    Unica cosa...
    Ma la protagonista non scendeva per una cosa che poi viene bellamente dimenticata?

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    1. Ma sai... alla fine il motivo per cui scendono non è poi essenziale ai fini della storia, quello della protagonista e quello degli altri intendo. Certo, con una mezz'ora (e parecchi soldi) in più si poteva approfondire meglio anche questo aspetto :)

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