sabato 18 settembre 2021

VENEZIA 78 : IL "PAGELLONE"


Ed eccoci finalmente, anche se un po' in ritardo, al nostro consueto "pagellone" veneziano. E' stata una Mostra particolarmente bella e complicata quest'anno, con tanti buoni e buonissimi film e tanta, tanta bella gente come ai tempi d'oro (cioè quelli pre-pandemia) e un programma che ha messo davvero tanta carne al fuoco... risultato: con le sale al 50% della capienza e un sistema di prenotazione che ha dimostrato più di qualche limite, vedere "tutto" (ma anche in parte) non è stato per nulla semplice. Tuttavia, a suon levatacce all'alba e continui "refresh" del mio fido I-pad, sono riuscito a vedere una quarantina di film di livello più che buono. Nella lista qui sotto mancano titoli importanti (Almodòvar, Schrader, Villeneuve) che ho preferito saltare consapevole che saranno in sala a breve, preferendo dedicarmi a titoli più di nicchia, che (purtroppo) vivono solo nei festival. Buona lettura quindi, e buona visione! (per chi ne ha voglia)



QUI RIDO IO
(di Mario Martone, Italia) - Concorso

La vita esagerata e complicata di Eduardo Scarpetta (padre naturale e non esemplare di Eduardo, Peppino e Titina De Filippo) serve a Mario Martone per costruire un appassionato omaggio al teatro e all'arte in generale (cinema compreso, ovviamente) nonchè alle sale piene, alla bellezza, alla sete di cultura, a un mondo che in un'epoca di pandemia ci appare purtroppo, dopo appena un paio di anni, già così incredibilmente distante. Vedendo la "belle epoque" napoletana di inizio secolo viene un groppo in gola pensando alla realtà di oggi, fatta di distanziamento, prenotazioni e cancelli chiusi. Film emozionante, smisurato, pulsante di arte e passione, caotico e debordante come una Napoli capitale del mondo, che ci ricorda come l'uomo sia fatto per seguire "virtute e canoscenza".


E' STATA LA MANO DI DIO

(di Paolo Sorrentino)

Dicono che Sorrentino o lo si ama o lo si odia, non fosse altro perchè nelle sue ultime opere c'erano parecchi "sorrentinismi", ovvero quei manierismi, quei trip, quei contorcimenti mentali ormai tipici suoi che mandano in sollucchero (qualcuno) o in bestia (parecchi). Per questo stavolta il regista napoletano ha di nuovo sorpreso tutti narrando una storia lineare, emozionante, commovente, perfino nostalgica e senile... siamo (tornati) dalle parti de La Grande Bellezza, solo che questa non è una storia qualunque: è la SUA storia, il racconto intimo e personale di un ragazzino miracolato dalla vita e devoto a essa. E la mano di Dio, in senso lato, non è solo il pugno beffardo di Maradona, ma una mano salvifica protesa dal campione argentino a un ragazzo che, malgrado tutto, sognava di vivere una vita meravigliosa.


UN AUTRE MONDE
(di Stephane Brizè, Francia) - Concorso

Ancora Vincent Lindon (dopo il bellissimo In guerra), questa volta nei panni incravattati di un dirigente d'azienda incaricato di gestire l'ennesimo taglio del personale richiesto dalla proprietà. Il regista Stèphane Brizè chiude la sua trilogia sul lavoro con un film chirurgicamente agghiacciante, girato con un film realistico, volutamente asettico, ovattato e freddo come gli uffici del Potere dove a comandare non sono tanto gli stessi manager quanto il "sistema", lo spietato mondo della finanza che non accetta nessun altra regola se non quella del profitto a tutti i costi. Smettiamola di dire che "Brizè fa sempre lo stesso film": la verità è che di questi film se ne fanno sempre troppo pochi, mai troppi.


A PLEIN TEMPS
(di Eric Gravel, Francia) - Orizzonti

In una Parigi paralizzata da giorni da un duro sciopero dei trasporti, una donna separata e madre di due figli rischia di perdere il suo lavoro attuale e anche quello futuro. Un emozionante e tesissimo film sulla lotta per i diritti sociali, ansiogeno e senza fronzoli, con ovvi rimandi al cinema di Ken Loach ma con molta più tensione. Meritatissimi i premi per la regìa e per la miglior attrice della sezione Orizzonti (la brava Laure Calamy), avrebbe meritato anche il premio principale (andato invece al deludente Pilgrims)


IL CIECO CHE NON VOLEVA VEDERE TITANIC
(di Teemu Nikki, Finlandia) - Orizzonti

Jakko è un ragazzo cieco e storpio, che v ive barricato in casa su una sedia a rotelle. Un giorno però conosce in chat Sirpa, anche lei disabile, e se ne innamora perdutamente. Jakko non è mai uscito di casa, ma per amore deciderà di prendere un treno per la prima volta nella sua vita... un piccolo, struggente, intenso film sulla malattia e sull'handicap, girato dal punto di vista del malato: noi "vediamo" (si fa per dire) attraverso gli occhi di Jakko e viviamo in prima persona le sue emozioni e i suoi sacrifici, nonchè le sue disavventure. Originale ed emozionante, una delle più belle sorprese di Venezia 78. Il giovane protagonista, Petri Poikolainen, è davvero portatore di handicap: la sua presenza in sala ha commosso la platea intera.


L'EVENEMENT
(di Audrey Diwan, Francia) - Concorso

Francia, 1963. Anne è brillante studentessa di lettere che sogna di diventare scrittrice e sfuggire a un destino scritto da casalinga. Un giorno però scopre di essere incinta e le crolla il mondo addosso: da quel momento la sua vita sarà un susseguirsi di indicibili sofferenze fisiche e psichiche per cercare di abortire, in un paese dove l'aborto è ancora considerato reato. Il Leone d'oro di Venezia 78 è la storia cruda e asciutta di una donna (e di milioni di altre donne) costrette, oggi come allora, a combattere contro leggi assurde frutto del bigottismo religioso e classista. Ci sono scene (almeno per gli uomini) quasi insostenibili, in un film da cui si esce inevitabilmente segnati.


COMPETENCIA OFICIAL
(di Gaston Duprat e Mariano Cohn, Spagna/Argentina) - Concorso

Una divertentissima, corrosissima, cattivissima parodia della critica cinematografica e dello stesso mondo del cinema e del fare cinema, fabbrica di sogni ma anche di finzione e vacuità. Una regista lesbica e fuori dagli schemi dirige due attori rivali nel film e nella vita: uno è un divo di Hollywood narcisista e sciupafemmine, l'altro un attore di teatro impegnato e progressista. Caratterialmente agli antipodi, ma entrambi invidiosi e meschini, verranno sottoposti agli esilaranti tentativi della regista di creare un feeling tra loro. Antonio Banderas e Oscar Martinez sono geniali nelle loro gag, ma Penélope Cruz (capelli ricci cotonati, peli sotto le ascelle e abbigliamento da fattona) è semplicemente sublime.


ARIAFERMA
(di Leonardo di Costanzo, Italia) - Fuori Concorso

In un carcere fatiscente, ormai prossimo alla chiusura, le sorti dei dodici detenuti rimasti si incrociano, umanamente e pericolosamente, con quelle dei pochi agenti rimasti di guardia. Un film sorprendente, duro, carico di tensione, efficace nel mostrare senza retorica e senza fronzoli lo stato del sistema carcerario italiano, evitando però (giustamente) di prendere posizioni manichee. Non è un film di denuncia, ma una fotografia molto plausibile delle cose. Attori bravissimi, Toni Servillo e Silvio Orlando in primis, coppia di lusso.


DESERTO PARTICULAR
(di Aly Muritiba, Brasile) - Giornate degli Autori

Daniel è un agente di polizia sospeso dal servizio per un "incidente" di lavoro che ha coinvolto un giovane collega. Approfittando della sosta forzata attraversa tutto il Brasile per rintracciare una ragazza, Sara, conosciuta in chat e poi improvvisamente dileguatasi... non si può davvero spoilerare altro per non rovinare la visione di questo bellissimo film che, per bocca dello stesso regista, racconta una storia d'amore e di speranza in un paese devastato dalla politica fascista di Bolsonaro. Un film romantico ed emozionante che ti fa riflettere sul significato dell'amore, sulla scoperta di se stessi, sul bisogno di accettazione, comprensione e fedeltà. Spero che riesca a trovare un distributore anche in Italia, perchè è una pellicola di cui - vedrete - abbiamo un gran bisogno.


MONA LISA AND THE BLOOD MOON
(di Ana Lily Amirpour, USA) - Concorso

Non ho mai amato il cinema della Amirpour, plastificato e forzatamente eccessivo, ma questa volta sono rimasto piacevolmente sorpreso: un'opera stravagante e lunatica ma (per fortuna) priva di inutili eccessi gore e con un positivo messaggio di libertà: una specie di inno agli ultimi, ai diversi, però mai retorico e decisamente godibile. Una fiaba malinconica e in certi punti perfino romantica, che "arriva" diretta al pubblico. Menzione speciale per Kate Hudson, vista dal vivo al Lido: madre di tre figli e in forma smagliante.


FREAKS OUT
(di Gabriele Mainetti, Italia) - Concorso

Forse c'era troppa aspettativa per questa opera seconda di Gabriele Mainetti, che ha rifiutato ponti d'oro (leggi i sequel di Jeeg Robot) per dedicarsi anima e corpo a questo film bulimico, per certi versi sgangherato, con troppa carne al fuoco e innegabilmente prolisso. Eppure, giuro, nessun altro film di questa Mostra ha saputo mettere dentro tanta umanità e tanta emozione come Freaks Out, che proprio come il circo che racconta riesce a farti trepidare, commuovere, spaventare, impaurirti e indignare, in un crogiuolo di sensazioni che le due ore e mezza di durata riescono appena a contenere. Mainetti non ha paura di esagerare, realizza un film italiano dove FINALMENTE si vedono i soldi sullo schermo, incrocia coraggiosamente il blockbuster con l'anima intimista e progressista tutta italiana, e lancia un gran bel messaggio pacifista e inclusivo.


SUNDOWN
(di Michel Franco, Messico) - Concorso

Un film che non è piaciuto quasi a nessuno, e che invece  ho sentito molto mio. Più che un film è uno stato d'animo, la presa d'atto di una condizione. Un uomo ricco e (teoricamente) felice decide di rinunciare alla vita "normale" da businessmen e abbandonarsi all'apatia, rinunciando a rientrare a casa dopo una vacanza per lasciarsi andare all'indolenza, rifugiandosi nella routine e nella solitudine. Almeno fino al colpo di scena finale che chiarirà tutto... Tim Roth perfetto in un ruolo tutto in sottrazione, in una pellicola che pare la versione drammatica di un film di Sofia Coppola (non a caso tacciato da molti di "inconcludenza"). Per me invece è un film profondamente umano, che mi è "arrivato" eccome.


LA CAJA
(di Lorenzo Vigas, Messico) - Concorso

Altro film messicano in concorso, diretto da quel Lorenzo Vigas che vinse il Leone d'oro con il suo film d'esordio, Ti guardo (2015). Anche qui c'è un ragazzino, Hatzin, ostinatamente alla ricerca del padre scomparso e rinvenuto (pare) in una fossa comune nel nord del paese. Ma davvero quei resti sono del genitore? Un film duro ma anche naif, dove l'innocenza del piccolo protagonista sfuma via via verso un cinismo dettato dalle terribili condizioni del grande paese americano: si parla di desaparecidos, di malavita, di un "sistema" criminale che obbliga chiunque ad aprire gli occhi e crescere in fretta.


OLD HENRY
(di Potsy Ponciroli, USA) - Fuori concorso

Certo, dopo Gli Spietati di Clint Eastwood (1992) qualsiasi altro western "revisionista"  appare come in sovrannumero, già visto. Ma il western, lo sappiamo, è l'anima pulsante dell'America, la sua storia e la sua religione, ed è normale che il genere viva e rinasca dalle sue ceneri. Old Henry non dice molto di nuovo sul tema ma lo dice piuttosto bene: siamo agli inizi del secolo scorso in angolo sperduto dell'estremo Ovest, un uomo ferito e con una borsa piena di denaro viene raccolto da un povero agricoltore vedovo che vive con il figlio in una casupola fatiscente. Naturalmente nè l'uno nè gli altri sono quello che sembrano, e non mi pare giusto rovinare la sorpresa... ma il film è bello, sobrio, pudico, con attori in ottima forma (menzione speciale per Tim Blake Nelson, già ammirato ne La ballata di Buster Scruggs dei Coen).


THE POWER OF THE DOG
(di Jane Campion, USA) - Concorso

Un western diretto da una donna potrebbe sembrare un ossimoro per tutti coloro che "non sono maschilista, ma..." e che, guardacaso, sono proprio quelli cui guarda il film, un cupo melodramma che disinnesca a uno a uno i clichè machisti del genere e li mette di fronte ad ambiguità inaccettabili per l'epoca (sessismo, omosessualità, sentimenti repressi). Jane Campion non girava un film da più di dieci anni e per il suo ritorno dietro la mdp decide di adattare un noto romanzo di Thomas Savage che, vedrete, tutti paragoneranno a Brokeback Mountain di Ang Lee. Non tutto funziona, ma il film è da apprezzare per coraggio e essenzialità.


LEAVE NO TRACES
(di Jan P. Matuszynski, Polonia) - Concorso

Quasi tre ore per raccontare un episodio di malagiustizia occorso durante la dittatura comunista di Jaruszelski. Siamo nel 1983, a Varsavia, quando un giovane attivista di Solidarnosc viene picchiato a morte dalla polizia, che ovviamente farà di tutto per insabbiare il caso malgrado la coraggiosa testimonianza di un compagno di scuola del ragazzo. Classico film di inchiesta e denuncia, piuttosto pedissequo e stereotipato ma emotivamente coinvolgente  (non si guarda mai l'orologio).


ULTIMA NOTTE A SOHO
(di Edgar Wright, Gran Bretagna) - Fuori concorso

Non particolarmente innovativo ma seducente quanto basta per arrivare al pubblico questo revenge-movie femminista di Edgar Wright, che porta a Venezia una favola dark di ottima fattura. Una giovane studentessa appassionata di moda corona il sogno di studiare da stilista trasferendosi in una Londra seducente e tentacolare: il suo percorso le farà scoprire la tragica storia di Sandy, una cantante vissuta cinquant'anni prima e morta in circostanze oscure. Tra le due donne si stabilirà una strana e sinistra connessione... Gli anni '60 non erano poi così magici, sembra dirci il regista, carichi di illusioni e intrisi di volenza. Ma tutto il contorno (musica, scene, abiti) era (è) indubbiamente iconico. Così come il viso di Anya Taylor-Joy, ormai lanciatissima verso lo star-system.


MA NUIT
(di Antoinette Boulat, Francia) - Orizzonti

Parigi, oggi. Un ragazzo fin troppo "posato" e una ragazza con un gran dolore nel cuore si incontrano per caso, in una sera d'estate. Trascorreranno insieme una notte intera per le strade della metropoli, cercando loro stessi. Uno di quei tipici "piccoli film francesi" che ti fanno tanto irritare per il loro spocchioso minimalismo ma che, bisogna ammetterlo, funzionano maledettamente bene. Attenzione alla ventenne Lou Lampros, spirito selvaggio e occhi da cerbiatta triste: ne risentiremo parlare...


THE LAST  DOUGHTER
(di Maggie Gyllenhaal, USA) - Concorso 

Non è mai semplice tradurre in immagini la prosa articolata di Elena Ferrante, in particolar modo per una debuttante alla regia come Maggie Gyllenhaal. Che, va detto, se la cava discretamente raccontando questa torbida storia di amore morboso e iper-materno. Gran parte del merito va alla sempre brava Olivia Colman, ma anche la bellissima Dakota Johnson si difende più che bene. Alla fine le atmosfere insalubri del romanzo originale restano più che altro sulla carta, tuttavia la pellicola si fa apprezzare per impegno e umiltà di approccio. Per essere un'opera prima, sufficienza piena.


SPENCER
(di Pablo Larraìn, USA) - Concorso

Diciamolo chiaramente: Kristen Stewart è davvero brava, è un'attrice coi controfiocchi. Paradossalmente, il problema di Spencer è proprio lei: si guarda lei, la sua interpretazione, perdendo di vista un film purtroppo poco convincente (ed è il primo film di Larraìn che mi convince poco). Sarà perchè questa istantanea di Lady D (il film mostra solo tre giorni di vita , un momento particolare della principessa) racconta poco a parte la dorata infelicità di un personaggio di cui, in tutta onestà, mi è sempre importanto il giusto (ma questo è un problema mio). Però la Stewart ha la strada spianata verso l'Oscar, e lo meriterebbe anche.


AMERICA LATINA
(di Fabio e Damiano D'Innocenzo, Italia) - Concorso

Forse sono io ad avere problemi con i film dei
gemelli D'Innocenzo, che dopo il convincente debutto con La terra dell'abbastanza si sono poi incartati (per me) in un cinema che, nelle intenzioni, VORREBBE prendere di mira la società borghese e benpensante, attraverso un registro che VORREBBE essere inquietante e disturbante ma che, di fatto, riesce ad essere solo sgradevole, per nulla provocatorio e anche noioso. E anche se America Latina mi è comunque piaciuto più di Favolacce, i difetti sono gli stessi: film pretenzioso, irrisolto e prevedibile (il colpo di scena finale lo si capisce dopo dieci minuti). Non basta girare film cupi per emulare Haneke...



IL BUCO
(di Michelangelo Frammartino, Italia) - Concorso

Classico oggetto da festival: un mockumentary di 93 interminabili minuti praticamente muto, dove gli unici suoni che si odono sono i grugniti di un vecchio pastore e i rumori di una natura arcigna e maligna che qualcuno (forse dopo aver bevuto il decimo spritz) ha paragonato nientemeno che a Malick. Nel 1961 un gruppo di speleologi piemontesi raggunge l'Abisso del Bifurto, in Calabria, una cavità sotterranea di quasi 700 metri fino allora inesplorata e non riportata nemmeno sulle carte. Il film è il resoconto di quella storica spedizione, girato con stile contemplativo, lento, misurato, rigorosissimo. Immagini splendide, ma di una noia mortale. Stefano Disegni ne ha fatto l'ovvio bersaglio della sua striscia satirica. Commento: un attentato alla fertilità maschile. Difficile dargli torto.  

LA SCUOLA CATTOLICA
(di Stefano Mordini) - Fuori concorso

Film orrendo. Punto.


8 commenti:

  1. Credo che IL CIECO CHE NON VOLEVA VEDERE TITANIC mi piacerebbe un sacco, anche se probabilmente piangerei a più riprese.

    Il fatto che il film su Lady Diana riguardi solo tre giorni della sua vita (non ho letto quali) non mi convince. In generale non sopporto i film troppo prolissi nel descrivere un determinato momento. L'unico che perdono e che mi porto nel cuore è John Q.

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    1. "Il cieco che non voleva vedere Titanic" è stata la sorpresa più bella di questa Mostra: il film è certamente commovente (fino alle lacrime) ma non edulcorato e ricattatorio: c'è perfino spazio per l'azione e la commedia... insomma, si riesce pure a ridere!
      "Spencer" racconta invece i tre giorni antecedenti l'ultimo Natale in famiglia di Lady D, quando la rottura con Carlo era ormai conclamata.

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  2. Su La Scuola Cattolica sei stato molto coinciso :D

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    1. È un film ignobile e morboso, l'unica vera ciocca di questa rassegna. Non vale la pena sprecato molte parole...

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  3. Splendida carrellata che terrò presente per i prossimi mesi. Sono contento perché finalmente ha riaperto la sala a pochi metri da dove abito e di sicuro parecchi di questi film li vedrò lì.
    Non sei l'unico ad avere problemi con D'Innocenzo: il tanto esaltato Favolacce a me non ha convinto per niente.

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    1. A me i D'Innocenzo paiono sempre più una copia sbiadita di Haneke... di gran lunga peggiori dell'originale!

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  4. Una perfetta guida alla visione, preziosa come sempre! Grazie per i consigli.
    Buona settimana.
    Mauro

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    1. Grazie Mauro, sempre troppo buono. Ricambi di cuore gli auguri!!

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