sabato 25 settembre 2021

TRE PIANI


titolo originale:
TRE PIANI (ITALIA, 2020)
regia:
NANNI MORETTI

sceneggiatura: NANNI MORETTI, FEDERICA PONTREMOLI, VALIA SANTELLA
cast: NANNI MORETTI, MARGHERITA BUY, RICCARDO SCAMARCIO, ELENA LIETTI, ALBA ROHRWACHER, ADRIANO GIANNINI, ALESSANDRO SPERDUTI, DENISE TANTUCCI, ANNA BONAIUTO, PAOLO GRAZIOSI
durata: 119 minuti
giudizio: 




In un condominio borghese di Roma si intrecciano le esistenze, non proprio felici, di tre coppie: Vittorio e Dora sono due magistrati la cui vita viene sconvolta dal figlio ventenne, Andrea, che uccide una donna guidando in stato di ebbrezza. Lucio e Sara temono invece che la loro piccola figlia sia stata violentata dall'anziano vicino di casa, Renato, che le fa spesso da baby-sitter. E poi c'è Monica, una neo-mamma fragile e insicura, soprannominata "la vedova" dagli altri inquilini perchè sta sempre da sola, dato che il marito Giorgio passa lunghi periodi lontano da casa per lavoro...




Scena prima, esterno notte. Una ragazza incinta cerca disperatamente di fermare una macchina per andare in ospedale a partorire. Ma l'autista, ubriaco, non solo non la vede ma investe un'altra donna, uccidendola, e ferma la propria folle corsa sventrando il soggiorno di un appartamento a pianterreno. L'incidente scatenerà una serie di eventi che cambierà per sempre la vita di tre famiglie borghesi che abitano i Tre piani del palazzo in cui vivono. Metaforicamente, però, questo è anche il modo in cui Nanni Moretti si comporta con i personaggi del suo ultimo film, ovvero irrompendo come un elefante in una cristalleria. Davvero insolito per uno come lui, da sempre storicamente attentissimo agli equilibri (umani e cinematografici).

Tre piani è infatti un'opera incredibilmente squilibrata, in cui l'irriconoscibile regista romano si spoglia dei panni di attento osservatore della fauna umana, fin dagli esordi (da Ecce Bombo a Bianca, a La messa è finita) per trasformarsi in un anacronistico fustigatore della società borghese: il problema è che lo fa, appunto, con la grazia di un bulldozer e senza un minimo di analisi. Le tre storie che si intersecano nel film raccontano difficili relazioni coniugali e scontri generazionali tra genitori e figli, niente di nuovo per Moretti, ma quello che sorprende sono i giudizi tranchant che vengono attribuiti ai personaggi, tutti buoni (pochi) o cattivi (tanti), senza possibilità di appello, bianchi o neri, senza quelle sfumature che contraddstinguono ogni persona di questa terra. Ne esce fuori un film sgradevole, brutale, catartico ma mai empatico verso lo spettatore. Ci si accorge subito che stiamo assistendo a una rappresentazione posticcia, lontanissima dalla realtà.

Per quanto mi riguarda (so bene che in molti non la pensano così) l'ultimo Moretti contiene gli stessi difetti dei film dei gemelli D'Innocenzo, che da anni cercano (inutilmente) di approcciarsi al cinema di Haneke senza andarci neppure vicino, confondendo la scomodità per sgradevolezza, la severità per morbosità, l'ambiguità per ipocrisia. Dispiace però che anche Moretti sia caduto in questa mediocrità: esemplare in tal senso è il personaggio di Lucio (interpretato da Riccardo Scamarcio): un padre osessionato dall'idea che la figlioletta abbia subito violenza da parte di un vecchio, e che invece non impiega che pochi secondi per abusare di una minorenne sbarazzina che se lo sogna fin di piccola... un contrasto rozzo, assolutamente non credibile, che non solo non "disturba" affatto chi guarda ma lo fa pure incazzare per come un tema del genere sia trattato con così grossolana sciatteria.

E poi c'è la questione attoriale. La recitazione. Anche lo spettatore totalmente digiuno di cinema si accorge subito che tutti gli attori (tutti, nessuno escluso, nemmeno Moretti stesso, mai così a disagio davanti alla cinepresa) recitano in modo meccanico, innaturale, forzato, come se fossero degli automi costretti a interpretare un ruolo che non sentono loro. Sono tutti attori che da anni interpretano sempre lo stesso personaggio, e in questo film lo replicano nel modo peggiore: Margherita Buy sarà anche "la Meryl Streep italiana" come l'ha definita il regista, ma è dai tempi di Verdone (anni '90) che recita la parte della nevrotica svampita e insoddisfatta. Solito discorso per Alba Rohrwacher, che non esce dal clichè della povera matta disturbata (qui a livelli di ridicolo involontario) mentre su Scamarcio e Adriano Giannini è meglio stendere un velo pietoso. L'unico a salvarsi è Alessandro Sperduti (i cinefili lo ricorderanno come "il tenentino" di Torneranno i Prati, di Ermanno Olmi), l'unico che dimostra un minimo di umanità, peccato che il suo impegno sia vanificato da una sceneggiatura che banalizza irrimediabilmente il suo personaggio.

Viene il sospetto che Moretti non sia riuscito a "sentire" del tutto suo il romanzo omonimo di Eshkol Nevo, che non ho letto e da cui è tratto il film (il primo soggetto non originale per Nanni Moretti) e che probabilmente i tre sceneggiatori (Federica Pontremoli e Valia Santella, oltre allo stesso regista) abbiano trovato difficoltà nell'attualizzare un romanzo isrealiano alla realtà italiana, in cui le varie sensibilità sono finite evidentemente lost in translation, fattostà che fa (brutta) impressione vedere un film di Moretti così spento, arido, più anonimo che ineluttabile, in cui tutto sa di vecchio, già visto, tanto da farlo dimenticare davvero troppo in fretta, oppure essere ricordato come il primo, vero passo falso nella nobile carriera del Nanni nazionale. 

15 commenti:

  1. A me Moretti ha stufato da parecchio, vedrò anche questa sua ultima opera, ma già penso alla critica (un po'come con Allen..😉)

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    1. Non è bello andare al cinema prevenuti. Dimentica questa recensione e poi... fammi sapere!

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  2. Mi dispiace tantissimo! Ci contavo su un ritorno in grande stile di Nanni. Il sospetto di un passo falso ce l'avevo anch'io, nonostante i 10 minuti di applausi a Cannes. Quasi sempre mi trovo in sintonia con i tuoi giudizi: vedremo!

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    1. ..a me sta storia dei "dieci minuti di applausi" ad uno schermo mi ha sempre insospettito, e ne ho visti di opere meritevoli ai festival, ma mai "dieci minuti" di applausi..al massimo qualche scroscio estemporaneo.. rega'..dieci minuti so infiniti, forse non ce rendiamo conto.. ahah

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    2. Da frequentatore di festival, vi spiego come funziona l' "applausometro": i minuti di applausi (che sono veri) si riferiscono sempre alla proiezione ufficiale del film, vale a dire quella alla presenza di attori e regista, e con il pubblico pagante. In queste proiezioni succede che, di norma, quasi metà della sala è occupata dalla delegazione del film stesso, che garantisce dunque una claque in caso di bisogno. Ergo: gli applausi sono sempre a comando, e finiscono quando viene deciso di farli finire. Non c'è niente di spontaneo, è tutto programmato ad hoc

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  3. Visto ieri sera. In effetti è molto diverso dal Moretti di sempre però non posso dire mi sia dispiaciuto. E' una storia dolorosa che non lascia speranza un film tristissimo. Però mi ha toccato emotivamente, non posso nasconderlo. Forse è proprio questione di sensibilità, anche se ho capito la tua critica.
    Un saluto e buona domenica.
    Mauro

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    1. Ci mancherebbe, Mauro! Anzi, mi fa piacere che il film ti sia piaciuto... quando un film riesce a farti emozionare non c'è critica che tenga! Ricambio i saluti.

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  4. Andrò a vedrrlo mercoledì, da morettiano di ferro quale sono, e cercherò di dimenticare la tua critica. A volte siamo in dissenso sulle pellicole viste, quindi potrebbe piacermi :)

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    1. Ci mancherebbe! Anzi, ne sono felice: mi sento sempre un po' in colpa quando qualcuno mi dice di non aver visto un film dopo aver letto una mia recensione, proprio perché i gusti sono assolutamente personali. Quindi vai pure a vederlo e dopo ne riparliamo, più che volentieri!

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    2. Non sentirti in colpa, assolutamente, io vado indipendentemente dalle critiche positive o negative. Per me certi autori sono irrinunciabili, come Moretti, che ho visto oggi ... e, devo dire, mi è piaicuto molto. Inzialmente sembra un film tratto da Carver, ma piano piano prende piede il morettismo con tratti surreali (voglio però leggere il libro dal quale è tratto). Perfetta storia di una triste società in declino (covid o non covid, nel quale non se ne parla, anche perché era stato pensato/scritto prima). Sicuramente ne scriverò anche da me...

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  5. Ho letto il libro di Nevo, che aveva il grandissimo difetto di essere troppo didascalico nello spiegare fin troppo come i tre piani del palazzo rappresentassero i tre livelli della coscienza umana (Io, Es, Super Es) ma almeno raccontava bene dei personaggi ambigui che affrontavano situazioni ambigue con atteggiamenti ambigui, come è proprio anche della realtà. Temo che, per reazione a tutta questa ambiguità, Moretti abbia estremizzato tutto, come dici tu, nel tentativo di renderlo più chiaro ma rendendolo di fatto non credibile. Non ho ancora visto il film però, ma mi fido molto del tuo giudizio.

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    1. Esatto. Ho avuto proprio questa sensazione. Anche se il romanzo è stato parecchio rielaborato (nel libro le tre storie non si incrociano mai, nel film sì) devo dire che si sente parecchio, per me, la difficoltà di riadattarlo. Comunque quando lo avrai visto risentiamoci pure, sono curioso di sapere se la tua sensazione sarà confermata

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  6. Non ci si può aspettare che Moretti a 70 faccia gli stessi film che a 30. A me non è affatto dispiaciuto, non sarà il suo miglior lavoro ma avercene di film "brutti" come questo!

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    1. Ovviamente non è un film brutto in senso assoluto ma, per quanto mi riguarda, è una delusione cocente. Lo dico da morettiano convinto.

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