martedì 30 novembre 2021

E' STATA LA MANO DI DIO

 
titolo originale: E' STATA LA MANO DI DIO (ITALIA, 2021)
regia: PAOLO SORRENTINO
sceneggiatura: PAOLO SORRENTINO
cast: FILIPPO SCOTTI, TONI SERVILLO, TERESA SAPONANGELO, LUISA RANIERI, RENATO CARPENTIERI, CIRO CAPUANO, BETTI PEDRAZZI, MARLON JOUBERT, ROSSELLA DI LUCCA
durata: 130 minuti
giudizio: 



Napoli, 1984. Il diciassettenne Fabio Schisa (per tutti "Fabietto") è un ragazzo timido e sognatore, molto legato alla sua numerosa famiglia, disfunzionale ma piena di affetto nei suoi confronti. La sua vita si trascina apparentemente serena, almeno fino a quando non viene sconvolta da due eventi straordinari: l'arrivo di Diego Maradona a Napoli (squadra di cui Fabio è accanito tifoso) e la tragica scomparsa dei genitori...




Quando nel 2014 Paolo Sorrentino salì sul palco del Dolby Theatre di Los Angeles per ricevere l'Oscar per il miglior film straniero (per La Grande Bellezza), in molti rimanemmo colpiti dal suo discorso di ringraziamento in cui citava, senza spiegare perchè, perfino Diego Armando Maradona. Pensammo (mi ci metto anch'io) a un colpo di teatro, una boutade, un vezzo da artista condito da un omaggio plateale a un altro genio, con il pallone tra i piedi. E' la dimostrazione, semmai ce ne fosse bisogno, di quanto sia difficile giudicare le persone (molto più che i film!), e soprattutto se sia giusto giudicare una persona senza conoscerla, o se sia giusto giudicarla a prescindere... Sorrentino con E' stata la mano di Dio ci dà una grande lezione a tutti, un bello schiaffo di vita a noi che ci dilettiamo a sproloquiare di cinema, e non solo quello (e molte volte a sproposito). Chapeau, Paolo. Palla al centro.

Estate 1984. Fabietto Schisa (Filippo Scotti, bravissimo) è il più giovane e il più introverso della sua famiglia: il padre Saverio (Toni Servillo) è un funzionario di banca amabilmente infedele; la madre Maria (Teresa Saponangelo) accudisce la casa e si diletta a fare scherzi atroci ad amici e parenti, forse per non pensare al marito fedifrago; il fratello Marco (Marlon Joubert) è uno studente universitario indolente e perennemente fuori corso; la sorella Daniela (Rossella di Lucca) passa le giornate chiusa in bagno, in attesa di chissà cosa; la zia Patrizia (Luisa Ranieri) è una donna avvenente, ancora giovane e segregata dal marito violento, tanto da fingersi pazza per fuggire da lui. In mezzo a tutto questo grottesco bailamme, all'improvviso una notizia-bomba sconvolge i fragili equilibri della famiglia e di una città intera: il Napoli calcio ha appena acquistato Maradona, il più grande giocatore di tutti i tempi, un nuovo Dio da accostare a San Gennaro e sceso in terra per ridare speranza a una città incredibilmente affascinante, complicata e malridotta...

"Preferiresti scopare zia Patrizia o vedere Maradona?"

La provocazione del fratello non insinua alcun dubbio in Fabietto: Maradona è a Napoli, incanta i tifosi, segna e vince partite e scudetti. Maradona lo si ama, lo si va a vedere allo stadio, agli allenamenti, in casa e in trasferta. E' la panacea che cura tutto, colui che fa dimenticare tutto il marcio nascosto sotto i tappeti... è l'eroe moderno che un popolo intero aspettava, il nuovo idolo delle folle, l'orgoglio di una tifoseria da sempre bistrattata e ripudiata. Ora, con Maradona, si può andare in trasferta a testa alta, e il calcio per Fabietto diventa un modo per socializzare e stringere nuove (e ambigue) amicizie, oltre che provare sensazioni forti e, perchè no, lasciarsi andare finalmente a fare cazzate (lui, sempre così "misurato").

Succede che Fabietto per la prima volta si stacca dal cordone ombelicale dei genitori per seguire la squadra: lui, da solo, per la prima volta in trasferta senza mamma e papà. I quali nel frattempo hanno fatto la pace e anche loro fuggono da Napoli per andare in vacanza a Roccaraso, nella casetta di montagna che hanno appena acquistato per provare a ricostruire il loro rapporto. Solo che in quella casetta succede l'inverosimile, l'irreparabile. Succede che un nemico invisibile e vigliacco avvolge in un abbraccio mortale papà Saverio e mamma Maria, che se ne vanno (forse) in Paradiso, abbracciati anch'essi, stretti stretti sul divano. Così, la "mano di Dio" non è più solo quella, beffarda, del Pibe de oro (che gli arbitri non vedono), ma anche quella salvifica protesa da Maradona a un ragazzino spaesato che, malgrado tutto, sognava di vivere una vita meravigliosa.

Si dice che Sorrentino o lo si ama o lo si odia, non fosse altro perchè nelle sue ultime opere c'erano davvero parecchi, troppi "sorrentinismi", ovvero quei manierismi, quei trip, quei contorcimenti mentali ormai tipici suoi che mandano in sollucchero (qualcuno) o in bestia (parecchi). E invece stavolta il regista partenopeo ha sorpreso tutti raccontando una storia lineare, emozionante, commovente, nostalgica e senile. Siamo tornati dalle parti de La Grande Bellezza, solo che questa non è una storia qualsiasi: è la SUA storia, il racconto autobiografico, intimo e personale di un adolescente spaesato, miracolato dalla vita e devoto a essa, costretto a crescere troppo in fretta. E' stata la mano di Dio è un film armoniosamente diseguale: scanzonato, comico, quasi macchiettistico nella prima parte, avvincente e e straziante man mano che ci si avvicina all'epilogo, in parallelo con la vicenda personale di Fabietto/Sorrentino, il quale porta sempre le cuffie, le porta per quasi tutto il film, ma solo alla fine noi "sentiamo" la sua musica, quella musica che fino a quel momento non sentiva nemmeno lui: le cuffie erano solo un mezzo per straniarsi da una realtà troppo dura per un ragazzo così timido e schivo. Ma al momento di prendere la decisione più difficile della sua vita (fuggire da Napoli per studiare cinema, senza alcuna prospettiva), ecco che le note di Pino Daniele, la struggente Napule è, "arrivano" finalmente anche a noi, in un finale liberatorio in cui è davvero impossibile trattenere la commozione...

Napoli è un universo, un caleidoscopio di contraddizioni. Può essere il posto più bello della Terra ma anche un inferno, a seconda di come la si guarda. "Perchè Maradona dovrebbe venire in questa me**da?", pensano tutti, napoletani compresi, loro per primi devastati da una storia di eterne sofferenze. Paolo Sorrentino torna a Napoli da vincitore e allo stesso tempo da figliuol prodigo, proprio come Maradona, per restituire alla SUA città uno sguardo sublime e appassionato (erano vent'anni esatti, dal suo primo film, L'uomo in più, che Sorrentino non girava un film all'ombra del Vesuvio). Lo fa mettendosi a nudo, raccontando se stesso e la storia della sua famiglia nonchè dei propri concittadini, aiutato dalla splendida fotografia di Daria D'Antonio che ci regala panorami mozzafiato, orizzonti sconfinati alternati alle inquadrature anguste dei vicoli stretti della città vecchia, soffocanti come lo stato d'animo di un ragazzo sensibile deciso a non farsi strozzare dagli eventi. Distribuisce Netflix, ma questo è un film da vedere assolutamente al cinema perchè solo in sala si può apprezzare il linguaggio e la magìa di queste immagini che sono parte integrante del prodotto. Non lasciatevelo scappare.


14 commenti:

  1. Bella recensione, che mi trova assolutamente d'accordo. E' il film più intimo e personale di Sorrentino, ci voleva un grande coraggio per mettersi a nudo così. Bravissimo il giovane protagonista.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, lui ha davvero avuto coraggio, un genuino coraggio (ben diverso, a mio parere, da quello di Bellocchio in un'operazione ritenuta "simile"...). Scotti è davvero bravo: il premio a Venezia come migliore promessa è assolutamente meritato)

      Elimina
  2. Ti leggerò dopo averlo visto, su Netflix, ma con un buon numero di pollici a suffragio.. ;)

    RispondiElimina
  3. Visto, finalmente. Un film degno di rappresentarci agli Oscar, anche questo molto felliniano: non a caso anche qui c'è Fellini, seppur indirettamente.
    Buona domenica.
    Mauro

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai ragione, Mauro. Per motivi di spazio ho completamente trascurato l'innegabile influenza felliniana (anche) in questo film: non solo perchè il maestro riminese viene espressamente citato (il fratello di Fabietto è in procinto di fare un provino proprio con Fellini) ma soprattutto perchè atmosfere e dinamiche nel film rimandano, anzi evocano la figura di Fellini. Ed è (anche) per questo che Sorrentino è molto amato negli USA, dove il nostro cinema è rimasto sempre lì...

      Elimina
  4. La cosa migliore del film comunque è Luisa Ranieri!! ;D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ah ah! Indubbiamente è un ottimo motivo per vedere il film!! :D
      Scherzi a parte, complimenti alla bella Luisa che a 48 anni ha trovato il coraggio di mettersi a nudo (in tutti i sensi!)

      Elimina
  5. Visto su Netflix, finalmente. Di certo il film più intimo e personale di Sorrentino, che finalmente si scioglie un po' dopo gli estetismi dei suoi ultimi lavori. Però... boh. Sarà che non amo il calcio e non arrivo a capire come si possa idolatrare un calciatore, anche se si chiama Maradona, è un mondo piuttosto distante da me, fattosta che non mi ha coinvolta come pensavo. Credevo di versare fiumi di lacrime come ho letto in molte critiche e invece sono rimasta un po' trattenuta. Ma forse, lo ripeto, è un problema mio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Come dico sempre, il cinema è una passione e il calcio una malattia... sei fortunata a non esserne stata (ancora) contagiata!

      Elimina
  6. Il Sorrentino dei primi tempi, meravigliato e meraviglioso. E soprattutto umile. Finalmente.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "Umile" secondo me è un aggettivo che non si addice molto a Sorrentino :) ma fa parte del suo stile ed è giusto così: questo film è un ritratto sincero e personale di sè ma girato con consapevolezza e armonia. Meraviglioso, sì, nel senso letterale della parola.

      Elimina
  7. L'ho visto ieri sera al cinema. Da buon "sorrentiniano" mi è piaciuto tantissimo, anche se in effetti i "sorrentinismi" iniziali e moderni del grande Paolo, quelli di cui ha inzuppato, a mio modesto parere, eccessivamente gli ultimi lavori da "Young pope" in poi, mi stuccano un pò. Non c'è solo l'ispirazione felliniana, citato esplicitamente, ma anche il dialetto, impensabile primi di "Gomorra", riferimenti impliciti al "Così parlò Bellavista", storico film napoletano. Del resto è un omaggio bellissimo, e molto graffiante ad una città unica, nel bene e nel male: con Napoli sicuramente non si vince l'Oscar, differentemente dalla Roma della "grande bellezza", ma lo trovo un film ancora più genuino e spontaneo e se il Fellini gridava "non ho niente da dire, ma lo voglio dire lo stesso", il nostro caro Paoletto ne ha tante cose da dire e incalzato dallo splendido personaggio del regista Caputo lo dice con forza e non si è disunito, anzi ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No, non si è affatto disunito :)
      Anch'io faccio un po' fatica, come tutti del resto, a seguire certi voli pindarici di Paolino... credo sia normale. Però fa parte del suo stile, del suo modo di dire le cose: è vero che i primi film (L'uomo in più, L'amico di famiglia, Le conseguenze dell'amore) erano più asciutti e meno "sperimentali", ma crescendo ci si evolve e si cambia, nell'arte come nella vita. Però credo che Sorrentino sia un autore assolutamente coerente con se stesso e suoi film sono perfettamente riconoscibili. Hai ragione: probabilmente non vincerà l'Oscar (molti americani non sanno nemmeno dove sia Napoli, mentre tutti conoscono Roma) ma non c'è dubbio che questo film ci riconcilia alla grande con il cinema. Grazie del commento!

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...