martedì 7 dicembre 2021

CRY MACHO - RITORNO A CASA


titolo originale: CRY MACHO (USA, 2021)
regia: CLINT EASTWOOD
sceneggiatura: N.RICHARD NASH, NICK SCHENK
cast: CLINT EASTWOOD, EDUARDO MINETT, NATALIA TRAVEN, DWIGHT YOAKAM
durata: 104 minuti
giudizio: 



Un vecchio addestratore di cavalli attraversa il confine con il Messico per riportare a casa il figlio adolescente del suo ex datore di lavoro, ripudiato dalla madre alcolizzata. Il lungo viaggio di ritorno sarà l'occasione per il ragazzo di farsi uomo, e per l'uomo l'occasione per (ri)farsi una coscienza...




"Io la vecchiaia non la so curare", è la frase-simbolo di Cry Macho e di un uomo (prima che un regista) che usa il cinema per sentirsi vivo ed esorcizzare la senilità. I critici, soprattutto oltreoceano, si sono affrettati a scrivere che è "un Eastwood minore", poco riuscito, esile, tirato per i capelli... E forse hanno ragione (anche se io non sono d'accordo) ma in ogni caso, davvero, chissenefrega? Cry Macho non rimarrà certo nella storia della filmografia di Clint Eastwood, ma non scalfisce di un millimetro la figura monumentale di un uomo (prima che un regista) di una statura tale cui ormai perfino la Hollywood sempre più mainstream di oggi non ha il coraggio di limitarlo in nessun modo e impedirgli di fare tutto ciò che vuole, e questo è più che sufficiente per considerare Cry Macho, malgrado tutto, un film da vedere a prescindere: forse più per i fan di Clint che per gli amanti del cinema, ma del resto si può amare il cinema senza amare il vecchio Clint? (domanda assolutamente stra-retorica).

In Cry Macho, Eastwood è un ranchero avvizzito che viene spedito in Messico dal suo ultimo datore di lavoro (l'ex star della musica country Dwight Yoakam, per l'occasione prestato al cinema) per farsi riportare a casa il figlio tredicenne (Eduardo Minett), traviato da una madre alcolizzata e ninfomane. L'inizio del film è effettivamente zoppicante, forse anche peggio: la trama è affrettata, poco verosimile, mal supportata da una sceneggiatura che pare un bignami, come se l'ultranovantenne Clint avesse una dannata fretta di arrivare al sodo, come fanno del resto tutti quelli della sua età, consapevoli che il tempo ormai stringe e non può essere sprecato (per la cronaca il film è stato scritto dal fido Nick Schenk, che a sua volta ha adattato un vecchio soggetto del compianto N. Richard Nash. Ironia della sorte: Eastwood era stato contattato per ricoprire lo stesso ruolo già nel 1988, quando aveva 58 anni, ma si sentiva ancora "troppo giovane" e non se ne fece niente. Adesso invece - a 91 anni! - ha ritenuto di avere l'età giusta per interpretarlo...)

Si arriva quindi, molto velocemente, al nocciolo della storia, ovvero a quella parte del film in cui il vecchio e il ragazzo, ormai sfuggiti alla madre infuriata e braccati dalla polizia, si ritrovano costretti a soggiornare in un'anonima e polverosa cittadina in mezzo al deserto messicano, in cui il tempo pare essersi fermato. Questo fatiscente non-luogo diventa il riparo ideale per l' Eastwood attore e protagonista: dorme in una chiesa, aiuta un mandriano a addestrare i cavalli, s'improvvisa veterinario per la gente del posto, viene accolto, nutrito e coccolato da una vedova ancora attraente e... molto interessata! In questo strano Eden in mezzo ai cactus e a due passi dal Rio Grande (e dal confine con il Texas) si sviluppa in sospensione l'effimera felicità dell'anziano cowboy, che ovviamente non potrà durare molto ma che fa decollare una pellicola di cui, finalmente, arriviamo a capire la necessità.


Per una volta infatti, incredibile ma vero, il sottotitolo italiano Ritorno a casa è quantomai azzeccato: Cry Macho è la cronaca di un ritorno alle origini per Eastwood, vecchio repubblicano idealista e patriota ostinatamente ancorato all'idea di un' America salvifica e motore del mondo che da tempo ha invece rinnegato la sua missione. Nei 104 minuti di questo western decadente e un po' naif è condensata tutta la delusione per il crollo dell'American Dream (già estrinsecata magistralmente in Million dollar baby e in Mystic River), il rigetto per le indegne politiche razziste a stelle e strisce (come in Gran Torino), la disillusione verso un paese impaurito e violento (come in Un mondo perfetto) che ti costringe a vivere di ricordi, e soprattutto la demistificazione definitiva della figura dell'eroe, del "macho", del maschilismo tossico e fascista (come ne Gli Spietati) di cui per tanti anni Eastwood è stato assurdamente e ingiustamente accusato dalla critica miope di mezzo pianeta.

Cry Macho è come una scatola dei ricordi, nel cui interno si può racchiudere tutto il cinema di Eastwood. Guai però a parlargli di film-testamento: sono almeno 10-15 anni che lo diciamo, e nel lui nel frattempo continua imperterrito a girare con lo stile essenziale e rigoroso di sempre. Lo ha fatto anche stavolta, con una pellicola molto più "easy" del solito, per forza di cose senile eppure piacevolissima alla visione. E dove ancora una volta la commozione ci viene incontro, inesorabile: non tanto nel ballo conclusivo, dolcissimo, con la bella messicana (Natalia Traven) che tanto ci ricorda la scena con Meryl Streep ne I ponti di Madison County, quanto per il toccante pre-finale in cui l'anziano cowboy conclude il suo compito fermandosi a qualche metro di distanza dal confine con gli Stati Uniti, a un passo da quel muro della vergogna eretto dalla presidenza Trump. Eastwood rifiuta di tornare in un'America che non riconosce più, scegliendo di restare dall'altra parte del confine per sciogliersi nell'abbraccio di una donna che (forse) è tornata a fargli battere il cuore. Come dargli torto?  

15 commenti:

  1. Mi aspettavo un "Cockfighter" di Monte Hellman, mi sono ritrovato davanti un "Filo da torcere" della terza età con un gallo da combattimento al posto di Clyde il gorilla, il cinema etico e di ampio respiro di Eastwood lo è anche quando si prende i suoi tempi con un film più piccolino, sempre un piacere ritrovare questa monumento cinematografico vivente scolpito nelle rughe ;-) Cheers

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    1. Sì, la penso come te. Come dice un mio carissimo amico, fedele compagno di visioni, "Clint va visto e basta, punto".
      A prescindere :)

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  2. "Easy" non significa banale, e "senile" non significa rincoglionito. Eastwood come dici giustamente ormai fa un po' quello che vuole, è una specie di "battitore" libero che può permettersi tutto, anche un film meno politico come questo. Anche se poi a ben vedere non più di tanto...

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    1. Ci mancherebbe! I film di Clint non sono mai del tutto "easy", nemmeno quelli apparentemente più leggeri come questo. In "Cry Macho" la politica c'entra eccome, in quel confine blindato col messico, nel ragazzino che chiama "gringo" lo yankee bianco, la polizia corrotta che cerca la droga... altro che rincoglionito, ogni suo film ci mette con le spalle al muro!

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  3. Vedere un film di Clint non è mai tempo sprecato, anche in caso di opere minori come questa. Che comunque è pur sempre migliore di tanta altra robaccia che passa in giro.

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    1. Altrochè! Condivido, avercene di film "minori" come questo...

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  4. Direi che il buon vecchio Clint merita quantomeno il premio alla carriera, anche se questo film non sarà ricordato come uno dei suoi migliori. Massimo rispetto per lui comunque.
    Buona serata e buona festività.
    Mauro

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    1. Una carriera come quella di Clint significa entrare nella storia del cinema americano (e non solo). Questo film non sarà ricordato tra i suoi più belli, ma contiene comunque infiniti rimandi proprio alle sue opere più importanti, e merita quindi considerazione e rispetto.

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  5. Per Clint massimo rispetto, sempre. Però questo è proprio un filmino... :) ma gli si perdona tutto ci mancherebbe!

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  6. Woody Allen e Clint Eastwood, due tra i registi che ho più idolatrato negli anni, sono anche due tra i registi che più in assoluto sono riusciti a deludermi con proprio per questa mia passione smodata nei loro confronti. Questo mi ha portato a non avere più la smania di accorrere a vedere subito le loro ultime fatiche e, in alcuni casi, come in questo specifico, a non averne nessuna voglia in generale. Aprioristicamente mi sembra un film che potrebbe sicuramente deludermi e da un film di Eastwood non me lo sarei mai aspettato, almeno fino a qualche anno fa.

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    1. Secondo me Allen è invecchiato molto, molto peggio di Eastwood (anche se anagraficamente è più "giovane" - si fa per dire - di qualche anno), ma ovviamente sono gusti personali: i fan di Allen sosterranno ovviamente il contrario. Capisco quello che dici, se si ama troppo un personaggio si ha paura della delusione... però io credo che finchè un autore che stimiamo continua a non tradire il suo spirito e i suoi principi, pur in presenza di film innegabilmente minori, non si corra il rischio di "tradimento". E in questo Cint è di un'integrità oserei dire granitica ;)

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  7. Sì tra i due, indubbiamente, quello invecchiato peggio è Allen, concordo :)

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  8. Ho adorato questo film, presto ne parlerò anche io

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