martedì 4 gennaio 2022

DON'T LOOK UP


titolo originale:
DON'T LOOK UP (USA, 2021)
regia: ADAM McKAY

sceneggiatura:
ADAM McKAY

cast:
LEONARDO DI CAPRIO, JENNIFER LAWRENCE, MERYL STREEP, JONAH HILL, MARK RYLANCE, CATE BLANCHETT, ROB MORGAN, TIMOTHEE CHALAMET, ARIANA GRANDE, RON PERLMAN

durata:
 144 minuti
giudizio: 




La dottoranda in astronomia Kate Dibiaski e il suo superiore Randall Mindy scoprono casualmente che una cometa sta per colpire la Terra e distruggerla: il genere umano ha sei mesi di tempo per cercare di mettersi in salvo, ma la cosa non sembra interessare nè alle autorità e nemmeno ai mass media, che reputano la notizia poco credibile e poco interessante...




Sembra un instant-movie, ma non lo è. Adam McKay ha "concepito" la sceneggiatura di Don't look up ancora nel 2018, partendo da un soggetto originale scritto a quattro mani con David Sirota. Ora, scartando l'ipotesi poco plausibile che McKay e Sirota siano dei veggenti in grado di predire il futuro (o delle Cassandre, nella fattispecie), è evidente che se quello che racconta il loro film si adatta alla perfezione al presente (cioè all'epoca del Covid, del complottismo, dei no-vax, dei tuttologi e della "casta") ciò è dovuto al fatto che quello che stiamo vivendo oggi altro non è altro che la conseguenza della degenerazione sociale e culturale cui assistiamo da troppo tempo. Traduzione: come diceva Einstein non c'è limite alla stupidità umana, che è sempre esistita e sempre esisterà. E purtroppo il vaccino per la stupidità è ancora ben lungi da venire...

Don't look up è infatti una satira, nemmeno troppo feroce, non solo contro la politica e la grettezza di chi la fa, ma soprattutto contro una cultura di massa che ormai prende per buono tutto quello che gli viene propinato da qualsiasi fonte, anche palesemente inattendibile, purchè in linea con le proprie convinzioni personali ritenute giuste per mere ragioni di comodo. Quella che una volta, in buona fede, si chiamava ignoranza adesso fa rima con arroganza, l'arroganza di chi non sa niente ma pretende di essere nel giusto semplicemente perchè urla più degli altri, forte della propria laurea presa all'università della vita e di un potere mediatico amplificato dai social: si ha ragione non perchè si è competenti, ma perchè si hanno più follower. E si hanno più follower perchè si fa la voce più grossa, perchè i ciarlatani sanno sempre vendersi meglio rispetto a chi prima di parlare prova a confutare le proprie teorie. Perchè, come si sa, quando il popolo-bove è messo alle strette sceglie sempre Barabba e mai Gesù. C'est la vie.

Tutto si può dire di Don't look up tranne che sia un film "grottesco", inteso come implausibile. Del resto lo dice anche il flano del film: "tratto da fatti realmente possibili". Ovvero: ciò che si vede nei 144 minuti di durata (un po' troppi), a parte il finale-farsa è perfettamente aderente alla realtà dei nostri tempi. Dove sono le esagerazioni? Sul fatto che i politici si preoccupano più delle loro poltrone piuttosto che del bene della collettività? Che i media di oggi puntano più sul sensazionalismo piuttosto che sull'autenticità delle notizie? Che vi sono legioni di inetti che, fidandosi dell'imbonitore mediatico di turno, assumono posizioni intransigenti costruite sulle fake-news più assurde? Avanti, spiegatemelo: dove "esagera" esattamente Don't look up? In cosa è scollegato dalla realtà?
    
Domande retoriche che trovano risposta in questa graffiante pseudo-commedia infarcita di humour nero e capace di farci masticare amaro sul fenomeno della bulimia di informazioni incontrollate, di qualsiasi tipo, che condizionano inevitabilmente le nostre vite: prime fra tutte ovviamente quelle sulla pandemia da Covid-19, cui alle risposte "ufficiali" fornite dalla scienza si affianca un intricato sottobosco di attività negazioniste e complottiste tese a fomentare un odio sociale allo scopo di scardinare i pilastri fondativi della democrazia. McKay costruisce un film stilisticamente un po' meno brillante rispetto ai precedenti Vice e La grande scommessa: forse eccessivo nella sua lunghezza, forse più convenzionale in sede di scrittura, di sicuro sempre sopra le righe per precisa scelta artistica, per illuderci di assistere a uno scherzo, una boutade mediatica creata ad arte per creare audience.

E invece no, è tutto terribilmente vero: alla fine la cometa arriva eccome sulle nostre malcapitate teste, come un incubo dal quale non ci si può svegliare. E se, almeno nelle prime due ore, il ritmo del film è abbastanza blando, diluito in gag e situazioni non tutte riuscite benissimo, al contrario la mezz'ora finale è splendida, carica di tensione e disagio ma anche di innegabile e sincero trasporto. Lo spunto non è originalissimo (come vi comportereste voi se foste consapevoli di essere arrivati all'ultimo giorno dell'umanità?) ma la messinscena è perfetta, ansiogena al punto giusto.

E' impossibile non pensare a Melancholia di Von Trier, e il paragone non è affatto blasfemo: alla fine sono le persone sincere, umili, disadattate verso una società che non le vuole a vivere serenamente la fine del mondo, mentre i "furbi", i potenti, gli inetti al potere scivolano verso una beffarda distruzione. Le due scene farsa che vengono dopo i titoli di coda (non muovetevi dalla sedia!) non leniscono anzi accrescono l'inquietudine che ci ha preso fino a quel momento.

Non è un film perfetto Don't look up, ma è un film che ti fa interrogare su quale sia il nostro posto in un mondo strampalato, e in questo è assolutamente sincero. Il supercast funziona bene (Di Caprio non sbaglia un colpo, le neomamma Jennifer Lawrence - auguri! - torna finalmente a "recitare" sul serio dopo tante brutte prestazioni, Meryl Streep per una volta non fa pesare la sua spocchia da regina di Hollywood e si cimenta in una parte sgradevole, Mark Rylance e Jonah Hill sono perfetti - non sono ironico - come inutili idioti, con menzione speciale per il cameo di Ron Perlman che interpreta alla perfezione il ruolo dell'americano medio, esaltato, decerebrato e guerrafondaio: è lui, a mio giudizio, la figura-simbolo del film) e impreziosisce una pellicola che ha il solo difetto di fare (forse, in certi punti) un'ironia un po' troppo facile e poco originale. 
Ma, sempre forse, il problema è nostro, non del film.

14 commenti:

  1. Tra le migliori pellicole dell'anno, a mio avviso, e hai ragione da vendere: il problema, semmai, è nostro, inchiavardati nella nostra visione da pianerottolo del mondo. Gente senza autoironia, grottescamente tronfia. Che questi film non li comprende neanche di striscio. ;)

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    1. Eh, sì... credo che chi non li comprende è solo perché non ha interesse a farlo. L'ironia è chiarissima: come si può dire di no?

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  2. A me, onestamente, la lunghezza non è affatto pesata e nemmeno il finale "farsa": anzi, quest'ultimo è proprio l'emblema perfetto dell'idiocracy che continua, senza freni, anche dopo che qualcuno è riuscito a capire di avere sprecato tutto. E' l'ironica condanna, davvero stupidissima, che meritiamo come specie, ne sono straconvinta.

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    1. Nemmeno io condanno il finale, ci mancherebbe! Era solo per dire che l'ultima mezz'ora (quella, appunto, prima del pre-finale farsa) è davvero drammatica e toccante. La tua considerazione, poi, sulla nostra specie è amara ma assolutamente condivisobile

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  3. Un perfetto, agghiacciante spaccato di questi tempi malsani, dove l'imbecillità della gente ha raggiunto livelli inimmaginabili.

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  4. Non amo questa comicità così pesante, non è nelle mie corde, l'ho dovuto abbandonare e per fortuna che lo hanno dato su Netflix: al cinema avrei sofferto. Lo so che chi ama il cinema resta "fino alla fine" ma proprio non mi ha preso
    In ogni caso, buon anno Sauro!
    Mauro

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    1. È il vantaggio (o svantaggio) dei film su piattaforma: a casa puoi interrompere la visione per trangugiare un sandwich e mangiare una buona bistecca. Non sarà ' indubbiamente - un comportamento molto "cinefilo" ma ormai ci stiamo abituando

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  5. Visto anch'io, finalmente! E felice di averlo visto nonostante mi abbia lasciato dentro un gran senso di frustrazione: possibile che siamo davvero così? Per "siamo" intendo il genere umano, noi tutti, ormai incapaci di saperci gestire da soli e capacissimi invece di mandare il mondo a puttane (scusa il francese!). Il film è uno specchio fedele della realtà odierna, chi sostiene il contrario o è in malafede o vive su marte :(

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    1. Nella media, forse sì. Siamo così. Del resto Mckay non è certo il primo a sostenere questa tesi... hai centrato la parola giusta, "frustrazione", che in effetti è il termine più giusto per definire questo film. Non rabbia, non rassegnazione ma frustrazione (che è comunque un sinonimo). Riusciremo a trasformarla in energia positiva? Qui mi fermo...

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  6. Lo hanno definito "l'Armageddon di sinistra", a buon ragione. L'ho trovato insopportabile per la spocchia intellettualoide e classista di cui è intriso. Se le canta e se le suona, contenti voi.

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    1. Francamente fatico a capire il senso di questo commento. "Voi" chi? "Noi" di sinistra?? "Noi" che ci preoccupiamo per la deriva del mondo? "Noi" che vorremmo che TUTTI fossero più responsabili, altruisti e meno imbecilli? Che il film prenda in giro l'America trumpiana (e quindi di ultra-destra) mi pare un dato di fatto. Che la destra trumpiana (e non solo) si schieri su posizioni insostenibili e inaccettabili altrettanto. Francamente non mi pareva di aver scritto una recensione politica, ma non ho alcun problema ad affermare che il mio modo di pensare è distante anni luce dalla destra di cui sopra. Se questo per te significa essere intellettualoide e classista, beh me ne farò una ragione.

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  7. In un certo senso l'ho trovato fin troppo didascalico nel voler esprimere, seppur tramite la saitra, i concetti che paradossalmente viviamo nella realtà quotidiana da ormai due anni. Però concordo alla grande, assolutamente un film che vale, soprattutto per il cast.

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    1. Sì, il cast è davvero super. Attori in gran forma dal primo fino all'ultimo. Quanto al didascalismo... ripeto: il film è stato concepito nel 2018 quando la situazione attuale non era nemmeno immaginabile. E come spesso accade la realtà supera la fantasia

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