sabato 9 aprile 2022

SPENCER


titolo originale: SPENCER (USA, 2021)
regia:
 PABLO LARRAÍN

sceneggiatura:
 STEVEN KNIGHT
cast:
 KRISTEN STEWART, JACK FARTHING, TIMOTHY SPALL, SALLY HAWKINS, SEAN HARRIS, STELLA GONET
durata: 111 minuti
giudizio:
 



Natale 1991. La principessa Diana Spencer trascorre un ordinario weekend di orrore e frustrazione insieme all’intera famiglia reale, da cui non si è mai sentita così distante. Sarà l’ultimo passato insieme al marito Carlo, futuro re d’Inghilterra, prima dell’inevitabile separazione.




Per il terzo film consecutivo Pablo Larraìn porta sul grande schermo un ritratto di una donna sola, sofferente, incompresa: lo aveva già fatto con Ema (2019), ritratto di una madre alternativa e piena di sensi di colpa in un Cile non proprio da cartolina, e soprattutto con Jackie (2016) dove attraverso la figura devastata di Jaqueline Onassis, vedova Kennedy, portava a compimento un percorso politico-cinematografico inerente il Potere e la Storia americana del secolo scorso. E anche Spencer è a suo modo un film sul Potere, solo che questa volta ci viene mostrato esclusivamente il dramma privato di un'altra donna potente: lei è Diana Spencer, alias Lady D, principessa di Galles infelicemente imprigionata in un matrimonio senza amore (con il marito Carlo, erede al trono dei Windsor) che la porterà a una fine tragica... entrando (forse) nella leggenda.

Ma in Spencer di leggenda non c'è traccia. Fin dalle prime inquadrature vediamo una Diana confusa, spaesata, annichilità dall'infelicità e in preda a una crisi isterica, che smarrisce la strada per arrivare alla dimora reale di Sandringham e insieme anche il senso stesso della sua condizione, quella di una donna bellissima e attraente rinchiusa in una gabbia dorata senza via d'uscita. Larraìn sceglie per il suo nuovo film una partitura spettrale, con atmosfere quasi orrorifiche accompagnate da un commento musicale altrettanto opprimente (di Johnny Greenwood, chitarrista dei Radiohead e immenso artista, capace di passare dalla spensieratezza  di Licorice Pizza alla claustrofobia larrainiana) e coerenti con la sua idea di cinema: lo spettro del passato (come in Neruda), l'angoscia per il presente (come in Post Mortem), la pazzia del mondo (come in Ema), corollario di un film lugubre e decadente, come il personaggio che racconta.

Ma Spencer, a differenza di Jackie (ma anche di Neruda, Ema, Post Mortem...) si ferma qui. Si ferma a Diana, alla sua sofferenza, al suo ritratto intimo. E non va oltre. E' questo che non (mi) torna, e che per la prima volta mi fa storcere il naso davanti a un film di Pablo Larraìn: Spencer non va oltre il personaggio che racconta, e magari per chi legge e per molti critici che hanno recensito il film va benissimo così. Un film che dal punto di vista formale ed estetico è comunque sontuoso (come sempre, trattandosi di Larraìn) e non saranno certo le perplessità del sottoscritto a decretarne un giudizio poco lusinghiero. Il regista cileno rimane comunque uno dei maggiori autori "under 50" a livello planetario, tra i pochi capaci (ancora) di smarcarsi dalle sirene di Hollywood e perseguire uno stile del tutto personale, per alcuni indigesto, per molti altri peculiare e legato al suo vissuto (è un complimento).

Eppure, a me questo non basta. Da un grande Autore non mi aspetto "solo" un biopic puro e semplice, per quanto ben fatto sia (e ammesso che di biopic si possa parlare, dato che ci vengono mostrate appena 48 ore di uno spaccato di vita della protagonista). Non mi faccio problemi a dire che a me di Diana Spencer, del marito fedifrago Carlo, degli intrighi di corte e dei segreti inconfessabili della corona me ne è sempre fregato meno di zero. Ma questo non significa nulla: se volevo un ritratto di una principessa triste mi sarei guardato The Crown o altre mille serie e film che infestano le piattaforme streaming... invece da Pablo Larraìn mi sarei aspettato una visione più ampia rispetto a quella, pur disturbante, di una narrazione circoscritta al privato di Lady D, più esistenziale che storica, senza alcun rimando alla realtà.

Del resto, per ammissione dello stesso regista, Spencer è una favola horror che non ambisce a raccontare la verità ma si limita a immaginarla, così da potersi garantire libertà assoluta di rappresentazione. In questo modo i due giorni trascorsi trascorsi da Diana nel Norfolk insieme all’intera corte reale assumono la forma di un incubo dagli echi kubrickiani (i riferimenti a Shining sono palesi) che inizialmente intrigano non poco il pubblico. Solo che poi man mano che il film si dipana, e malgrado l’eccellente interpretazione di una Kristen Stewart nel ruolo finora più importante della sua carriera, Spencer si avvita su se stesso e non evita le trappole della prevedibilità, poco sorretto da un copione approssimativo firmato da Steven Knight, che oltre a far ricorso a mille luoghi comuni e situazioni abbondantemente viste e straviste, non coinvolge mai abbastanza per empatizzare con la protagonista, che rimane “imbalsamata” nella sua isterica dignità. Si esce dal cinema con la consapevolezza di aver assistito a un’opera accurata, qualitativamente eccellente ma significamente arida. E, lasciatemelo dire, neanche troppo necessaria.


11 commenti:

  1. Uhhhh che gioia.
    Quindi non è piaciuto nemmeno a te.
    E meno male! Perché io sono sempre molto buona nelle recensioni, ma questo film l'ho bocciato senza alcuna esitazione.
    Se avessi ascoltato il mio parere, avresti risparmiato i soldi del biglietto. Ahahahhaha 😜

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    1. A dire il vero il biglietto non l'ho pagato... :) ho visto il film alla Mostra del Cinema di Venezia, nel settembre scorso. In anteprima assoluta, dunque. Ma non mi è venuta affatto voglia di rivederlo: in questo sono d'accordo con te!

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  2. Per quello che ne capisco mi è sembrata una rappresentazione parecchio ingenerosa di Diana. Nel film sembra un'isterica, sull'orlo della pazzia, mentre invece sappiamo che era una donna che ha sempre mantenuto la sua dignità. Non so te che ne pensi.
    In ogni caso buona giornata e buona domenica.
    Mauro

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    1. Caro Mauro, io su Diana non penso molto. Come ho scritto non mi è mai importato nulla di lei nè delle sue beghe, e onestamente non so che tipo fosse... mi limito a dire che nessuno di noi, credo, la conoscesse intimamente e sapesse come si comportava nella vita privata. Larraìn ha provato a immaginarlo e magari potrebbe anche essere una rappresentazione plausibile. O magari no. Ma il film non parla di questo...

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    2. Ovviamente nessuno di noi comuni mortali ha mai conosciuto Diana in privato, ma ci sono innumerevoli testimonianze di persone a lei davvero vicine che la descrivono come una donna brillante e fiera, piena di classe e fascino, desiderosa di vivere nonostante tutto. E non c'è motivo di dubitare
      Mauro

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  3. A me è piaciuto tantissimo proprio per la sua natura di "reimmaginazione". Ho apprezzato la scelta di non raccontare l'ennesima biografia ma di immaginare lo snodo decisivo di una vita ormai allo sfacelo, sull'orlo del baratro, divorata da allucinazioni e incubi che sono "semplici" incarnazioni della sensazione di soffocamento di uno spirito libero. Al posto di Diana poteva esserci chiunque, ho molto apprezzato questo modo di renderla, davvero, la "pricipessa del popolo".

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    1. Insomma... non direi proprio chiunque: in ogni caso si parla di una donna potente, che di possibilità di scegliere ne aveva (come del resto hanno fatto - anche se non me ne importa un fico secco - Henry e Megan Markle). Ma aldilà di questo il film mi ha preso poco perchè a differenza degli altri di Larraìn "Spencer" l'ho trovato molto fine a se stesso, senza una visione più ampia delle cose. Ma magari è solo una mia sensazione, tecnicamente il film è molto bello, ci mancherebbe.

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  4. La Kristen però è davvero bravissima. Da sola regge il film. Incredibile che ancora qualcuno la consideri solo come la streghetta di twilight, come fosse una colpa poi!

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    1. Infatti. Hai detto bene, quasi fosse una colpa. Come se fosse l'unica attrice che si è fatta conoscere al grande pubblico con dei filmetti commerciali... dopo Twilight ha dimostrato ampiamente di saper recitare, interpretando ruoli difficili e di nicchia, girando vari festival e finendo per essere scelta da fior di registi. Il problema è che molti di quelli che le rinfacciano il ruolo in Twilight hanno visto SOLO Twilight... ;)

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  5. Mi è piaciuto per l'originalità con cui ha trattato un argomento sul quale un altro regista avrebbe probabimente girato una soap sdolcinata e lacrimevole. Larrain invece gli ha dato un'atmosfera horror che ho molto apprezzato.

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    1. Come detto, nulla dire sulla confezione (splendida come sempre): sono i contenuti stavolta a lasciarmi un po' perplesso

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